Sono solo le spese “utili” per la produzione e il raccolto, o anche quelle non necessarie? La parola alla Cassazione.
La vicenda da cui origina la questione sottoposta all'esame della Corte può essere così sintetizzata una società svolgeva, tra marzo e maggio del 2017, anche a mezzo di terzi, vari lavori di coltivazione di un vigneto su un fondo allora di proprietà di Tizia, Caia e Sempronia, e acquistato, nel giugno dello stesso anno, da Tizio, Caio e Sempronio, per l'importo complessivo di 32.500 euro. La società chiedeva al Tribunale di Pavia, ai sensi dell'articolo 821, comma 2, c.c., di condannare i proprietari - che avevano effettuato la vendemmia il cui valore era pari a oltre 37.00 euro - al rimborso di tale somma. Il Tribunale accoglieva la domanda nei confronti del solo Tizio. La Corte di Appello di Milano, decidendo sull'appello proposto da Tizio, Caio e Sempronio, in parziale riforma della sentenza impugnata, riduceva a 17.919,18 euro la somma spettante alla società mentre il Tribunale ha ritenuto che le spese per la produzione di cui all'articolo 821, comma 2, c.c. includono qualunque spesa, «anche sovrabbondante o non necessaria» purché «servita per la produzione», la Corte di Appello ha ritenuto che le spese di produzione di cui all'articolo 821, comma 2, c.c. includono le sole spese effettivamente “utili” per la produzione. Di qui, il ricorso in Cassazione della società, la quale sostiene che la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere «che le spese per la produzione ed il raccolto rimborsabili da parte del percettore dei frutti naturali non possano riferirsi a qualunque spesa sostenuta dal soggetto che ne chiede il rimborso». Il motivo, tuttavia, è infondato. La Cassazione, infatti, ricorda che «ai sensi del combinato disposto di cui agli articolo 821, comma 2, e 1149 c.c., il diritto alla restituzione dei frutti nasce limitato dalle spese sostenute per la relativa produzione» Cass. numero 16700 del 11/08/2015 . Correttamente, dunque, la Corte di Appello ha ritenuto che le spese che devono essere rimborsate da chi raccoglie i frutti sono solo le spese “utili” per la produzione e il raccolto, e non anche le spese che, pur se finalizzate alla produzione e al raccolto, sono “sovrabbondanti o non necessarie”. La soluzione adottata dalla Corte di Appello risponde anche alla ratio equitativa della disposizione e della azione generale di arricchimento non vi è nessuna ragione per cui «la parte che ha ottenuto un vantaggio identico a quello che avrebbe ottenuto se l'altra parte avesse affrontato spese minori rispetto a quelle affrontate, evitando spese sovrabbondanti o superflue, debba indennizzare la parte impoverita anche di queste spese ulteriori, le quali devono invece rimanere a suo carico in quanto frutto o di scelte economiche errate o comunque di opzioni soggettive». Pertanto, «l'arricchimento, per risparmio di spesa, derivante da una iniziativa dell'impoverito, la quale non sia sorretta da una causa giustificativa espressamente o implicitamente riconosciuta dall'ordinamento, deve essere restituito nei limiti della corrispondenza tra spesa affrontata dall'impoverito e spesa necessaria per il conseguimento del risultato utile per l'arricchito». Alla luce di tali considerazioni, la Corte afferma il seguente principio di diritto «l'articolo 821, comma 2, c.c., va interpretato nel senso che chi ha sostenuto spese per la produzione e il raccolto può chiedere a colui che fa propri i frutti il rimborso delle sole spese a tal fine indispensabili e necessarie e non di tutte le spese affrontate anche se superiori a quelle che ordinariamente si incontrano».
Presidente Orilia – Relatore Mondini Fatti della causa 1.la srl omissis ha svolto, tra marzo e maggio del 2017, anche a mezzo terzi, vari lavori di coltivazione di un vigneto su un fondo allora di F.C., G., F. e L. P., e acquistato, nel giugno dello stesso anno, da C., D. e V. C L'importo complessivo dei lavori è stato pari alla somma di 32.500 euro. La società ha chiesto al Tribunale di Pavia, ai sensi dell'articolo 821, comma 2, condannarsi i C. che avevano effettuato la vendemmia il cui valore era pari a oltre 37.000 euro al rimborso della somma suddetta. Il Tribunale ha accolto la domanda nei confronti del solo C.C La Corte di Appello di Milano, decidendo sull'appello proposto da C., D. e V. C., in parziale riforma della sentenza impugnata, ha ridotto a 17.919,18 euro la somma spettante alla attrice. Mentre il Tribunale ha ritenuto che le spese per la produzione di cui all'articolo 821, secondo comma, c.c. includono qualunque spesa, “anche sovrabbondante o non necessaria” purché “servita per” la produzione, la Corte di Appello ha ritenuto che le spese di produzione di cui all'articolo 821, secondo comma, c.c. includono le sole spese effettivamente “utili” per la produzione. Ha affermato che la norma “è diretta ad evitare un arricchimento ingiustificato da parte del percettore dei frutti e quindi non può riferirsi anche a spese che, in quanto superflue, spropositate o per lavori mal eseguiti, non hanno in realtà prodotto nessun arricchimento dello stesso”. Le spese utili sono state quantificate in 17.919,18 euro. La Corte di Appello ha anche precisato che le spese erano minori del valore del raccolto. 2.La srl omissis ricorre per la cassazione della sentenza in epigrafe sulla base di un unico motivo. 3. D. e C. C., in proprio e quali eredi di V. C., resistono con controricorso. 4. La Procura Generale ha chiesto rigettarsi il ricorso. 5. I controricorrenti hanno depositato memoria e nota spese. Ragioni della decisione 1.Con l'unico motivo di ricorso si denunzia “violazione ed errata applicazione delle norme di diritto di cui all'articolo 821 c.c. e all'articolo 2041 c.c.”, in relazione all'articolo 360, primo comma n.3, c.p.c. La ricorrente sostiene che la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere “che le spese per la produzione ed il raccolto rimborsabili da parte del percettore dei frutti naturali non possano riferirsi a qualunque spesa sostenuta dal soggetto che ne chiede il rimborso”. 2. Il motivo è infondato. 2.1. Il secondo comma dell'articolo 821 del codice civile prevede “Chi fa propri i frutti deve, nei limiti del loro valore, rimborsare colui che abbia fatto spese per la produzione e il raccolto”. La Corte ha già precisato che “ai sensi del combinato disposto di cui agli articolo 821, comma 2, e 1149 c.c., il diritto alla restituzione dei frutti nasce limitato dalle spese sostenute per la relativa produzione” Cass. Sez. 2, Sentenza n.16700 del 11/08/2015 . La disposizione dell'articolo 821, secondo comma, c.c., specifica, in riferimento all'acquisto dei frutti, il principio generale di cui al primo comma dell'articolo 2041 cod. civ. arricchimento senza causa “Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un'altra persona è tenuto, nei limiti dell'arricchimento, a indennizzare quest'ultima della correlativa diminuzione patrimoniale”. In termini generali l'arricchimento consiste in un qualsiasi vantaggio suscettivo di valutazione economica. Può quindi essere rappresentato da un incremento patrimoniale o da una mancata diminuzione patrimoniale e così, in particolare, dall'aver evitato una spesa. L'affermazione della Corte di Appello per cui le spese che devono essere rimborsate da chi raccoglie i frutti sono solo le spese “utili” per la produzione e il raccolto e non anche le spese che pur se finalizzate alla produzione e al raccolto sono “sovrabbondanti o non necessarie” risponde alla corretta interpretazione della legge la correlazione tra arricchimento di una parte e diminuzione patrimoniale dell'altra non sussiste per spese “sovrabbondanti o non necessarie” trattandosi di spese che, proprio in quanto ultronee rispetto a quelle necessarie e quindi utili, non possono dirsi correlate al vantaggio il vantaggio si sarebbe ugualmente prodotto in relazione alle sole spese “utili”. In dottrina, con riguardo all'articolo 2041 c.c., è stato scritto che “il risparmio deve avere ad oggetto una spesa ordinaria o necessaria. Le spese superflue o voluttuarie -che non siano state accettate dal beneficiario non sono rilevanti in termini di risparmio ma solo in quanto abbiano comportato un obiettivo incremento di valore del patrimonio”. La prima parte di questa affermazione è riferibile all'articolo 821 c.c. la norma trattando di spese destinate esclusivamente ai frutti e non di spese dirette a migliorare la cosa . È stato anche scritto che la norma di cui all'articolo 821, secondo comma, c.c. deriva da una tradizione liberale che, nella mediazione del conflitto tra proprietà e lavoro, “privilegia la prima e dà alla seconda il minor rilievo possibile”. In un'ottica diversa e in disparte la questione della rispondenza di un siffatto bilanciamento tra proprietà e lavoro alla prospettiva costituzionale articolo 42, secondo comma articolo 1,2,36 Cost. la soluzione adottata dalla Corte di Appello risponde alla ratio equitativa della disposizione e della azione generale di arricchimento non è conforme alla ratio che una parte si arricchisca senza giusta causa in danno di un'altra l'ordinamento come è stato scritto consente “di ripetere ogni arricchimento che, pur essendo attuato legalmente, appaia ingiustificato di fronte ai postulati dell'equità e della giustizia distributiva” nessuna ragione vi è per cui la parte che ha ottenuto un vantaggio identico a quello che avrebbe ottenuto se l'altra parte avesse affrontato spese minori rispetto a quelle affrontate, evitando spese sovrabbondanti o superflue, debba indennizzare la parte impoverita anche di queste spese ulteriori le quali devono invece rimanere a suo carico in quanto frutto o di scelte economiche errate o comunque di opzioni soggettive d'altronde, il principio di restituzione dell'arricchimento è limitato dal principio di auto-responsabilità per cui le conseguenze sfavorevoli del proprio agire materiale, liberamente volute, non possono essere addossate sempre agli altri. In conclusione, l'arricchimento, per risparmio di spesa, derivante da una iniziativa dell'impoverito, la quale non sia sorretta da una causa giustificativa espressamente o implicitamente riconosciuta dall'ordinamento, deve essere restituito nei limiti della corrispondenza tra spesa affrontata dall'impoverito e spesa necessaria per il conseguimento del risultato utile per l'arricchito. 2.2. E' quindi enunciabile il seguente principio di diritto l'articolo 821, secondo comma, c.c., va interpretato nel senso che chi ha sostenuto spese per la produzione e il raccolto può chiedere a colui che fa propri i frutti il rimborso delle sole spese a tal fine indispensabili e necessarie e non di tutte le spese affrontate anche se superiori a quelle che ordinariamente si incontrano. 3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. 4. Le spese seguono la soccombenza. 5. Sussistono i presupposti per il versamento, ad opera della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso condanna la società ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 4.000,00, per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti. Ai sensi dell'articolo 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.