Ammissibili le deposizioni della polizia giudiziaria sul contenuto delle videoriprese anche se le registrazioni sono andate perse

In tema di videoriprese effettuate dalla polizia giudiziaria, la Cassazione individua i mezzi di prova attraverso i quali può introdursi il relativo risultato nell’alveo dibattimentale, nell’ipotesi in cui i file delle registrazioni siano stati perduti.

Per i Giudici, «ancorché la registrazione della videoripresa costituisca la prova regina, “portatrice di certezze processuali”, ciò non esclude che, ove la fonte di prova sia deteriorata, sia ammissibile l'ingresso nel giudizio del suo risultato attraverso altri mezzi di prova». Il fatto La Corte d'Appello di Catania confermava, nei confronti di più imputati, la pronuncia del Tribunale di Catania che ne aveva affermato la penale responsabilità. In particolare, uno dei ricorrenti veniva ritenuto colpevole del reato ex articolo 81 c.p. e 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309, sulla base dei verbali descrittivi dell'attività compiuta dalla polizia giudiziaria, contenenti il riassunto del contenuto delle videoriprese effettuate, e la testimonianza degli agenti di polizia giudiziaria che avevano partecipato all'attività captativa delle immagini. Le registrazioni dei filmati, infatti, erano andate perdute a poche ore dal compimento delle operazioni, a causa di un problema tecnico. Le doglianze della difesa Il Giudice di prime cure aveva rigettato l'eccezione sollevata dalla difesa dell'imputato concernente l'inutilizzabilità degli atti della p.g. relativi all'osservazione delle riprese di videosorveglianza, effettuate tramite una telecamera le cui registrazioni, per un guasto tecnico, erano andate perdute a causa della sovrascrittura dei file ivi contenuti. A parere della difesa, l'ipotesi in questione doveva considerarsi analoga a quella in cui la memorizzazione dei file non sia mai avvenuta ciò in quanto, nel controllo effettuato poche ore dopo rispetto al compimento delle operazioni, gli operanti davano atto del problema tecnico verificatosi nel verbale riassuntivo. Richiamando l'arresto della Consulta con si è dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 268 c.p.p. nella parte in cui non prevedeva che – dopo la notificazione all'esecuzione dell'ordinanza che dispone una misura cautelare personale – il difensore potesse ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell'adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate Corte Cost., sent. 10 ottobre 2008, numero 336 , si asseriva che la visione delle riprese delle videocamere non potesse essere surrogata dal verbale riassuntivo redatto, in difetto di contraddittorio, dalla p.g., analogamente a quanto stabilito in relazione alle operazioni di intercettazione. Il difensore faceva, inoltre, riferimento al principio espresso dalle sezioni unite della Cassazione Cass. penumero , sez. unumero , 27 maggio 2010, numero 20300 , per cui l'illegittima deminutio del diritto di difesa – causata dalla mancata messa a disposizione del difensore delle registrazioni di conversazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla p.g. nei c.d. “brogliacci” di ascolto – determini l'inutilizzabilità delle trascrizioni nel giudizio de libertate. L'evidente analogia della materia delle videoriprese con la registrazione di comunicazioni, si assumeva, indurrebbe a concludere che la prova dei fatti non possa derivare dal verbale riassuntivo ma soltanto dal contenuto delle registrazioni documentate su supporti magnetici o informatici. Cionondimeno, il Giudice del primo grado aveva rigettato l'eccezione, osservando che i filmati fossero stati registrati e solo successivamente oggetto di sovrascrittura, escludendo che una tale fattispecie possa equipararsi alla mancata memorizzazione. La Corte d'Appello confermava l'esposta linea interpretativa del Tribunale di Catania. La difesa ricorreva dunque per Cassazione, ritenendo la motivazione predetta viziata da violazione di legge e manifesta illogicità. Si argomentava nel primo motivo di censura, infatti, che affermare che l'ammissibilità di fonti alternative di prova rispetto all'ascolto e/o visione della registrazione non più disponibile sia fondata sul rilievo che l'incisione sia esistita anziché sulla possibilità per la difesa di ottenerne copia, comporti una compressione del diritto di difesa. Tale diritto si esplica mediante la consultazione della prova, individuabile solo nel supporto magnetico sul quale sono impresse le videoregistrazioni. Peraltro, manifestamente illogica sarebbe l'affermazione per cui la registrazione delle immagini vi sarebbe stata e solo dopo sarebbe intervenuta la cancellazione poiché dai verbali riassuntivi emergeva che gli operanti avessero visionato il filmato successivamente sovrascritto, il che conforterebbe la conclusione per cui la registrazione è avvenuta. Secondo la difesa, l'espressione «visionato il filmato» dimostrerebbe soltanto che la telecamera sia riuscita a riprendere, ma non a memorizzare gli accadimenti e che gli operanti abbiano osservato le riprese esclusivamente «in diretta». Manifestamente illogico, infine, si reputava l'assunto per cui le videoregistrazioni sarebbero state effettuate correttamente, posto che nei giorni successivi al compimento delle operazioni il personale delle forze dell'ordine procedeva alla loro visione e alla redazione dei verbali riassuntivi, in quanto un teste aveva affermato che il verbale veniva redatto “al minuto” e che, mentre un agente visionava il filmato, l'altro scriveva. Manifestamente illogico sarebbe sostenere che, nei giorni successivi alle videoriprese, gli agenti operanti avessero proceduto alla visione dei relativi filmati, poiché, poche ore dopo, gli stessi avevano invece certificato l'esistenza del guasto tecnico. La statuizione della Cassazione La Suprema Corte rigettava il ricorso, sottolineando in via preliminare che nel caso di specie la pubblica accusa, constatato che le registrazioni fossero state sovrascritte, avesse fornito la prova del fatto contestato mediante i verbali descrittivi dell'attività compiuta dalla p.g. contenenti il riassunto del contenuto delle videoriprese e mediante la testimonianza degli agenti che avevano partecipato all'attività captativa delle immagini. In materia di intercettazioni di comunicazioni, la Corte di legittimità Cass., sez. II, 10 dicembre 2021, numero 4583, Abbondanza ha affermato il principio per cui la distruzione degli originali file delle comunicazioni intercettate e della relativa verbalizzazione sia da ritenersi causa di inammissibilità della deposizione della p.g. in ordine al contenuto delle conversazioni intercettate ciò, sul rilievo per cui non possa ammettersi il recupero di una prova inutilizzabile attraverso l'assunzione di una deposizione testimoniale sul suo contenuto. Cionondimeno, ad una tale conclusione la seconda sezione era pervenuta in un caso in cui erano andate distrutte tanto le registrazioni quanto i relativi verbali e la sanzione dell'inutilizzabilità era stata applicata ad alcune copie informali delle registrazioni in possesso della p.g., a causa dell'impossibilità di verificarne la conformità all'originale. Si soggiungeva, peraltro, che la Consulta Corte Cost., sent. 24 aprile 2002, numero 135 e la Cassazione Cass. penumero , sez. III, 21 novembre 2019 - 15 maggio 2020, numero 15206 hanno affermato che la captazione visiva di comportamenti non comunicativi non sia equiparabile alle intercettazioni di comunicazioni. In definitiva, sul tema, in ossequio a quanto statuito dalle Sezioni Unite Prisco Cass. penumero , sez. unumero , 28 marzo 2006, numero 26795 , le videoregistrazioni di immagini sono da ritenersi «prove documentali non disciplinate dalla legge», annoverate dall'articolo 189 c.p.p. e sottratte alla disciplina delle intercettazioni di comunicazioni o di conversazioni. Occorre, pertanto, distinguere la legittimità del mezzo di ricerca della prova le videoriprese , confortata nel caso di specie dal logico ragionamento per cui la sovrascrittura implica l'avvenuta registrazione, dalle modalità attraverso le quali il suo risultato possa fare ingresso nel giudizio «una volta stabilita la validità del mezzo di ricerca della prova, il relativo risultato può essere altrimenti introdotto nel giudizio». Il contenuto delle videoregistrazioni, nel caso di specie, era riportato nei verbali riassuntivi dei servizi di osservazione e veniva introdotto tra gli elementi gnoseologici a disposizione del giudice attraverso la testimonianza degli agenti di polizia giudiziaria. I giudici di merito hanno dunque valorizzato, con motivazione logicamente ineccepibile, le già avvenute registrazioni delle videoriprese, successivamente sovrascritte, per escludere l'inutilizzabilità della prova. In conclusione, si tratta, per i Giudici, di fattispecie non assimilabile all'omessa registrazione, ciò giustificando il rigetto del ricorso de quo.

Presidente Ciampi - Relatore Serrao Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Catania, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato con riguardo agli imputati ricorrenti D.L.A., M.S., R.G.S. e S.I.C. la sentenza con la quale il giudice del Tribunale di Catania, in data 11/02/2022, li aveva ritenuti responsabili dei seguenti reati - D.L.A. del delitto di cui agli articolo 81, comma 2, cod. penumero e 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309 per avere illecitamente detenuto a fini di cessione, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, sostanza stupefacente del tipo cocaina. In omissis dal omissis - S.M. del delitto di cui all'articolo 47 ter, comma 8, legge 26 luglio 1975, numero 354 in relazione all'articolo 385 cod. penumero perché, sottoposto al regime della detenzione domiciliare con provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di Catania del 12/07/2017, se ne era allontanato senza giustificato motivo. Con recidiva reiterata specifica e nel quinquennio. In omissis in data omissis - R.G.S. del delitto di cui all'articolo 47 ter, comma 8, legge numero 354/1975 in relazione all'articolo 385 cod. penumero perché, sottoposto al regime della detenzione domiciliare con provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di Catania del 18/10/2017, se ne era allontanato senza giustificato motivo. Con la recidiva reiterata specifica. In omissis in data omissis - S.I.C. del delitto previsto dall'articolo 47 ter, comma 8, legge numero 354/1975 in relazione all'articolo 385 cod. penumero perché, sottoposto al regime della detenzione domiciliare con provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di Trapani del 6/11/2018, se ne era allontanato senza giustificato motivo. Con la recidiva reiterata specifica e nel quinquennio. In omissis in data omissis . 2. D.L.A. propone ricorso per cassazione censurando la sentenza impugnata, con il primo motivo, per inosservanza ed erronea applicazione degli articolo 178, comma 1 lett. c , 191, 268, 271 cod. proc. penumero 89 disp. att. cod. proc. penumero 73, comma 5, T.U. Stup., 24, comma 2, Cost Impugnando anche l'ordinanza emessa dal Tribunale di Catania all'udienza del 28/05/2021 nonché il provvedimento di rigetto dell'eccezione difensiva emesso dalla Corte di appello di Catania, la difesa reitera l'eccezione di inutilizzabilità degli atti di polizia giudiziaria aventi ad oggetto l'osservazione delle riprese filmate eseguite con la telecamera denominata « OMISSIS » nei giorni 15 gennaio 2019, ore 12,34 17 gennaio 2019, ore 14,47-14,48 19 gennaio 2019 ore 16,25 19 gennaio 2019 ore 18,08. L'eccezione si fonda sul fatto che le condotte contestate all'imputato in relazione alle date suindicate sono state accertate mediante videoripresa con una telecamera denominata « omissis » i cui filmati, per un guasto tecnico, non sono stati recuperati perché è avvenuta una «sovrascrizione dei file della telecamera» secondo la difesa si tratterebbe di un'ipotesi analoga a quella nella quale la memorizzazione dei files non sia mai avvenuta, posto che nel controllo effettuato poche ore dopo gli operanti danno atto del guasto tecnico nel verbale riassuntivo. Richiamando la pronuncia della Corte Costituzionale con la quale nel 2008 è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 268 cod. proc. penumero nella parte in cui non prevedeva che, dopo la notificazione all'esecuzione dell'ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore potesse ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell'adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate, il difensore ritiene che la visione diretta delle riprese delle videocamere non possa essere surrogata dal verbale riassuntivo redatto, senza contraddittorio, dalla polizia giudiziaria analogamente a quanto stabilito in relazione alle operazioni di intercettazione. Le Sezioni Unite con la sentenza numero 20300 del 2010, La Sala hanno ritenuto che l'illegittima compressione del diritto di difesa derivante dalla mancata messa a disposizione del difensore delle registrazioni di conversazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei c.d. brogliacci di ascolto determini l'inutilizzabilità delle trascrizioni nel giudizio de libertate. L'evidente analogia della materia delle videoriprese alla registrazione di comunicazioni, si assume, induce a ritenere che la prova dei fatti non possa derivare dal verbale riassuntivo ma solo dal contenuto delle registrazioni documentate su supporti magnetici o informatici. Tuttavia, il Tribunale ha rigettato l'eccezione con una motivazione apparente ritenendo che i filmati siano stati registrati e solo successivamente oggetto di sovrascrittura, escludendo dunque che si possano equiparare alla mancata memorizzazione, e la Corte di appello ha confermato la linea interpretativa del giudice di primo grado. Tale motivazione, secondo la difesa, è viziata da violazione di legge e illogicità manifesta in quanto affermare che l'ammissibilità di fonti alternative di prova rispetto all'ascolto o alla visione della registrazione non più disponibile si fondi sulla circostanza che l'incisione anche per poco tempo vi sia stata e non sulla possibilità per la difesa di ottenerne copia comporta una palese compressione del diritto di difesa che si esercita mediante la consultazione della prova, rappresentata unicamente dal supporto magnetico sul quale sono state impresse le videoregistrazioni. Manifestamente illogica è l'affermazione secondo la quale la registrazione delle immagini vi è stata e solo successivamente è stata cancellata per un guasto tecnico in quanto dai verbali riassuntivi del 15, 17 e 19 gennaio risulta che gli operanti hanno visionato il filmato poi sovrascritto, il che dimostra che la registrazione vi è stata. Secondo la difesa l'espressione «visionato il filmato» dimostra solo che la telecamera sia riuscita a riprendere ma non a memorizzare gli accadimenti e che i militari abbiano osservato le riprese «in diretta» senza poter usufruire della memorizzazione. Manifestamente illogica è l'affermazione secondo la quale le videoregistrazioni sarebbero state effettuate correttamente, posto che nei giorni successivi il personale delle forze dell'ordine ha proceduto alla loro visione e alla redazione dei verbali riassuntivi in quanto il teste M. ha affermato che il verbale veniva redatto al minuto e mentre un agente guardava l'altro scriveva è manifestamente illogico sostenere che nei giorni successivi il personale delle forze dell'ordine abbia proceduto alla visione dei filmati, considerato che poche ore dopo lo stesso personale aveva certificato l'esistenza del guasto tecnico. 2.1. Con il secondo motivo deduce inosservanza ed erronea applicazione degli articolo 81,133 cod. penumero e 73, comma 5, T.U. Stup. La difesa contesta che le condotte ascritte al ricorrente possano ritenersi indicative della sussistenza del reato, non avendo gli agenti appurato da dove venisse e dove fosse diretta la persona da loro identificata nel D.L.A., né cosa avesse prelevato dal cespuglio dell'aiuola sita in via Boito, essendo genericamente descritti l'oggetto e l'intera vicenda. Risulta manifestamente illogico affermare che, essendo stati sequestrati nello stesso luogo cocaina e un bilancino di precisione in data 21 gennaio, se ne desume con certezza che ciò che era stato prelevato il 15 gennaio fosse cocaina. 2.2. Con il terzo motivo deduce inosservanza ed erronea applicazione degli articolo 81,133 cod. penumero e 73, comma 5, T.U. Stup. con riferimento alla frazione del reato continuato relativa alla condotta asseritamente commessa il 17 gennaio 2019. Il teste R. ha riferito di aver visto il D.L.A. a bordo di un'autovettura recatosi nei pressi dell'aiuola raccogliere un astuccio di colore bianco. La Corte ha trascurato che, nel caso in esame, il teste aveva parlato di un astuccio, mentre nell'episodio del 15 gennaio si parlava di un involucro di piccole dimensioni e, con ragionamento manifestamente illogico, i giudici di merito hanno ritenuto dimostrato il contenuto dell'astuccio sulla base del sequestro della cocaina e del bilancino di precisione del 21 gennaio nello stesso luogo in cui due giorni prima il D.L.A. era stato visto prelevare e poi lasciare una busta contenente involucri diversi dall'astuccio. 2.3. Con il quarto motivo deduce violazione degli articolo 81,133 cod. penumero e 73, comma 5, T.U. Stup. in relazione alla condotta asseritamente commessa dal 19 al 21 gennaio 2019 in quanto la difesa sosteneva come non potesse ritenersi provato oltre ogni ragionevole dubbio che fosse il D.L.A. l'uomo che aveva collocato la busta contenente lo stupefacente nei pressi del cespuglio, trattandosi di luogo frequentato da più di una persona. La motivazione offerta dalla Corte sarebbe viziata da contraddittorietà nella parte in cui vi si sostiene che in data 19 gennaio il D.L.A. fosse stato visto prelevare e poi lasciare una busta contenente involucri di colore bianco mentre alle pagg.10-11 non si dice che in quell'occasione il D.L.A. avesse lasciato la busta né si afferma che il D.L.A. avesse detenuto una busta. La motivazione è anche manifestamente illogica perché, posto che il D.L.A. il 19 gennaio non era stato visto detenere e lasciare la busta, non può logicamente sostenersi che quanto rinvenuto il 21 gennaio fosse stato deposto dall'imputato. 3. S.M. propone ricorso per cassazione censurando la sentenza, con unico motivo, per difetto di motivazione con riferimento alla rimodulazione della pena e alla concessione delle circostanze attenuanti generiche. La difesa si duole del fatto che la Corte territoriale abbia ignorato che l'imputato, rinunciando ai primi due motivi principali di appello, ha depositato una confessione scritta ammettendo le proprie responsabilità e scusandosi per la condotta tenuta. 4. R.G.S. propone ricorso censurando la sentenza, con il primo motivo, per mancanza di motivazione in ordine alla richiesta assolutoria. Considerato che, per costante orientamento della Suprema Corte, il riconoscimento fotografico operato dagli agenti di polizia giudiziaria non gode di uno statuto probatorio privilegiato, il giudice avrebbe dovuto valutarne l'attendibilità con le necessarie valutazioni di supporto. La mera giustificazione della conoscenza per ragioni di ufficio non è sufficiente e la Corte ha omesso di rispondere alla relativa doglianza sviluppata nell'atto di appello. Con il secondo motivo deduce mancanza di motivazione in ordine alle circostanze attenuanti generiche e alla determinazione della pena. La Corte si è limitata a negare le circostanze attenuanti generiche facendo riferimento alla reiterazione delle condotte in una zona ove insiste una nota piazza di spaccio senza tener conto di elementi di segno positivo presenti nelle risultanze processuali. Nella determinazione della pena la Corte non si è confrontata adeguatamente con i parametri dell'articolo 133 cod. penumero , confermando una pena assolutamente eccessiva in relazione all'effettiva portata antigiuridica della condotta ascritta al ricorrente. 5. S.I.C. propone ricorso per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla condanna per il reato previsto dall'articolo 385 cod. penumero Secondo la difesa non è agevole riscontrare gli sviluppi critici che connotano la decisione della Corte di appello. Non si evince nella condotta rimproverata al ricorrente la sussistenza del dolo, posto che lo S.I.C. non ha inteso sottrarsi ai controlli degli organi di polizia, tenendo anche conto del fatto che non vi è stato alcun apprezzabile allontanamento fisico dal luogo di residenza. Manca la prova, si assume, dell'assenza dell'imputato dal luogo detentivo. Non è stata fornita la prova in merito ai momenti nei quali si sarebbe verificata la fuga dal luogo detentivo o il rientro in quanto nessun componente delle forze dell'ordine ha verificato l'assenza dello S.I.C. all'interno della sua abitazione. 5.1. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione dell'articolo 131 bis cod. penumero La Corte territoriale non ha tenuto conto dei presupposti normativi che avrebbero reso applicabile tale norma. 5.2. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata esclusione dell'aumento di pena per la contestata recidiva. La Corte territoriale ha motivato il diniego dell'istanza difensiva esclusivamente basandosi sui precedenti penali dell'imputato senza tenere conto del criterio temporale delle condotte pregresse e senza valutare se l'azione posta in essere risultasse caratterizzata in termini maggiormente negativi. 5.3. Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. La Corte, si assume, avrebbe dovuto correttamente valutare la vicenda in esame ponendo a fondamento tutti i criteri di cui all'articolo 133 cod. penumero , che avrebbero potuto giustificare l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione. La motivazione è illogica e irragionevole e lascia intuire il preconcetto della Corte, che ha negato le generiche per la sola colpa di vivere in un'abitazione limitrofa a una piazza di spaccio. 5.4. Con il quinto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla determinazione del trattamento sanzionatorio. La sentenza è affetta da una superficiale e sintetica motivazione laddove si ritiene apoditticamente congrua la pena inflitta senza tenere conto della personalità dell'imputato o della gravità del fatto. Quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del potere discrezionale, non essendo sufficiente il ricorso a mere clausole di stile. 6. All'odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli articolo 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, numero 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, numero 176, 16 d.l. 30 dicembre 2021, numero 228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, numero 69, 35, comma 1, lett. a , 94, comma 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, numero 150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, numero 199 e 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, numero 215, le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo di ricorso la difesa introduce il tema della inammissibilità della testimonianza dei Carabinieri sul contenuto delle riprese filmate eseguite con la telecamera denominata « omissis » e dell'inutilizzabilità di questa prova dichiarativa, che è l'unica acquisizione istruttoria che collega l'imputato D.L.A. alla sostanza stupefacente e al bilancino rinvenuti il 21 gennaio 2019 in un cespuglio sito in via B. a omissis . Il difensore si era opposto all'ammissione della prova e ha impugnato con l'appello anche l'ordinanza istruttoria con la quale la prova era stata ammessa, chiedendo che la Corte di appello dichiarasse inutilizzabile la prova dichiarativa di cui si tratta. 2. La Corte territoriale, escludendo l'inutilizzabilità della prova in quanto delle videoriprese era stata eseguita regolare registrazione, ha rigettato il motivo di appello qualificando tali prove quali ricognizioni informali, da valutare attentamente in relazione al grado di conoscenza del soggetto identificato, alla qualità dei soggetti chiamati a deporre, alla convergenza di eventuali diverse identificazioni spostando, dunque, il baricentro del problema sull'attendibilità del narrato. 2.1. Occorre partire dal presupposto che la pubblica accusa, constatato che le registrazioni delle videoriprese erano state per un problema tecnico sovrascritte, ha offerto la prova dei fatti contestati mediante i verbali descrittivi dell'attività compiuta dalla polizia giudiziaria, contenenti anche il riassunto del contenuto delle videoriprese, e la testimonianza degli agenti di polizia giudiziaria che avevano partecipato all'attività captativa delle immagini. Il contenuto delle videoriprese era riportato nei verbali riassuntivi dei servizi di osservazione ed è stato introdotto nel dibattimento attraverso la testimonianza degli agenti di polizia giudiziaria. I giudici di merito hanno valorizzato, con motivazione logicamente ineccepibile, la già avvenuta registrazione delle videoriprese per escludere l'inutilizzabilità della prova Sez. 6, numero 47695 del 14/11/2022, Mastrogiacomo, Rv. 284072 - 01 Sez. 4, numero 45809 del 27/06/2017, Romano, Rv. 271054 - OlSez. 2 numero 44327 del 11/11/2010, Galinschi, Rv. 248909 - 01 , che secondo la difesa avrebbe dovuto conseguire alla immediata sovrascrittura delle videoriprese in quanto equiparabile all'omessa registrazione. 2.2. In materia di intercettazioni di comunicazioni, la distruzione dei files originali delle comunicazioni intercettate e della relativa verbalizzazione è stata ritenuta causa di inammissibilità della deposizione della polizia giudiziaria in ordine al contenuto delle conversazioni intercettate tanto sul rilievo che non possa ammettersi il recupero di una prova inutilizzabile attraverso l'assunzione di una deposizione testimoniale sul contenuto della stessa Sez. 2, numero 4583 del 10/12/2021, dep. 2022, Abbondanza, in motiv. . Occorre, però, osservare che tale principio è stato affermato in un caso in cui erano andate distrutte tanto le registrazioni quanto i relativi verbali e che la sanzione dell'inutilizzabilità è stata applicata ad alcune copie informali delle registrazioni in possesso della polizia giudiziaria per l'impossibilità di verificarne la conformità all'originale. 2.3. Occorre, anche, considerare quanto affermato dalla Corte Costituzionale a proposito del fatto che la captazione visiva di comportamenti non comunicativi non può equipararsi alle intercettazioni di comunicazioni Corte costituzionale numero 135 del 2002 Sez. 3, numero 15206 del 21/11/2019, dep. 2020, P., Rv. 279067 - 02 . A tal proposito, la Sez. 6, numero 5064 del 19/11/2013, dep.2014, Guarneri, Rv. 258767 - 01 ha specificato che in tema di videoregistrazioni non comunicative, non si applica, mancando identità di ratio, la disciplina recata dall'articolo 268, cod. proc. penumero nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale numero 336 del 2008 - che ha dichiarato l'illegittimità della disposizione nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l'esecuzione dell'ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate e utilizzate ai fini dell'adozione del provvedimento -, essendo sufficiente che le difese abbiano avuto piena facoltà di estrarre copia dei documenti riguardanti le riprese e di indicare al giudice l'esistenza di altri filmati ritenuti rilevanti prima della relativa acquisizione dibattimentale. Le videoregistrazioni di immagini sono state considerate dalle Sezioni Unite Prisco Sez. U, numero 26795 del 28/03/2006 quali «prove documentali non disciplinate dalla legge», previste dall'articolo 189 cod. proc. penumero e sottratte alla disciplina delle intercettazioni di comunicazioni o di conversazioni. 2.4. In alcune pronunce si è ritenuto che i vizi del procedimento di acquisizione delle intercettazioni di comunicazioni possano valere anche con riferimento alle registrazioni di video-riprese. Anche in tal caso, si è affermato, può dirsi che la prova dei fatti dalle stesse rappresentati non derivi dal riassunto, e dalla inevitabile interpretazione soggettiva, che di esse si faccia in atti di polizia giudiziaria, ma dal contenuto stesso delle registrazioni, documentate in supporti magnetici o informatici, posto che ciò che a tal fine conta non sono le condizioni e i presupposti per la legittima attivazione di mezzi di ricerca della prova, ma la idoneità del mezzo documentale a rappresentare adeguatamente il fatto documentato aspetto che contraddistingue indistintamente le intercettazioni sonore e quelle visive, o audio-visive Sez. 6, numero 37476 del 03/07/2017, S., Rv. 271371 - 01 Sez. 6, numero 45880 del 10/10/2011, Ceravolo, Rv. 251182 - 01 . Si tratta di un'interpretazione che estende, in favor rei, all'indagato e all'imputato le garanzie procedurali previste in materia di intercettazioni di comunicazioni e che, comunque, rimanda al tema iniziale della validità del mezzo di ricerca della prova allorché della videoripresa si sia operata la registrazione. 3. Occorre, tuttavia, distinguere la legittimità del mezzo di ricerca della prova, confortata nel caso in esame dal logico ragionamento secondo il quale la sovrascrittura implica la registrazione, dalle modalità attraverso le quali il suo risultato possa fare ingresso nel giudizio. Una volta stabilita la validità del mezzo di ricerca della prova, il relativo risultato può essere altrimenti introdotto nel giudizio. Ancorché la registrazione della videoripresa costituisca la prova regina, «portatrice di certezze processuali», ciò non esclude che, ove la fonte di prova sia deteriorata, sia ammissibile l'ingresso nel giudizio del suo risultato attraverso altri mezzi di prova. 3.1. La videoripresa «live» svolta durante un servizio di osservazione è attività di polizia giudiziaria che viene verbalizzata ai sensi dell'articolo 357, comma 2, lett. f , cod. proc. penumero e trasmessa al pubblico ministero articolo 373, comma 5, cod. proc. penumero . I verbali di tale attività d'indagine possono essere acquisiti al fascicolo per il dibattimento in quanto riproducono fatti e persone nel contesto di situazioni soggette a mutamento e garantiscono attraverso la scrittura nell'immediatezza della percezione la genuinità della rappresentazione successiva Sez. U, numero 4 del 28/10/1998, dep. 1999, Barbagallo, Rv. 212758 -01 Sez. 3, numero 26189 del 28/03/2019, C., Rv. 276081 - 01 Sez. 1, numero 4178 del 10/11/2003, dep. 2004, Longo, Rv. 229987 - 01 . La deposizione degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria sul contenuto delle immagini videoriprese nel corso di un servizio di osservazione non è, peraltro, vietata dalla legge articolo 195, comma 4, cod. proc. penumero , cosicché legittimamente, anche per tale profilo, il giudice di merito ha ammesso tale prova. 3.2. Se, da un lato, la giurisprudenza di legittimità ritiene pacificamente utilizzabili come prova le immagini tratte da riprese visive in luoghi pubblici e ne riconosce la valenza di prova «portatrice di certezze processuali», dall'altro non va trascurato che la ripresa visiva è un mezzo di ricerca della prova del quale la polizia giudiziaria può liberamente avvalersi ove le immagini siano captate in luoghi pubblici o aperti al pubblico. 3.3. Va, in conclusione, sgombrato il campo da ogni riferimento alla dedotta violazione del diritto incondizionato dell'imputato di avere accesso ai supporti magnetici o informatici contenenti le registrazioni di riprese audiovisive, giacché nel processo del quale si tratta tali riprese non sono state utilizzate ai fini della decisione. La prova dei fatti non è, invero, costituita dalle video-riprese, le cui registrazioni sono andate distrutte. Con riguardo al mezzo di ricerca della prova e della sua legittimità si è detto. 4. Il secondo, terzo e quarto motivo del ricorso di D.L.A. non superano il vaglio di ammissibilità. Occorre evidenziare che, a fronte di un compendio indiziario che i giudici hanno, non illogicamente, ritenuto connotato da elementi dotati di certezza, quali l'andirivieni ogni due giorni del D.L.A. e il prelievo di involucri da un nascondiglio nel quale sono stati rinvenuti una busta contenente cocaina e un bilancino di precisione, la difesa tende a parcellizzare la lettura di tali elementi indiziari. Si tratta di argomentazioni non conducenti, che si risolvono in una diversa lettura dei fatti, peraltro intrinsecamente priva di supporto giustificativo. La circostanza che altri soggetti potrebbero aver utilizzato quel nascondiglio non esclude, a ben vedere, la valenza probatoria degli indizi valutati dai giudici di merito a carico del D.L.A 5. Il primo motivo del ricorso di R.G.S. è manifestamente infondato. I giudici di merito hanno, infatti, indicato gli elementi idonei a corroborare l'attendibilità delle ricognizioni informali effettuate dalla polizia giudiziaria, facendo riferimento sia alla convergenza della deposizione di quattro agenti di polizia giudiziaria, sia al grado di conoscenza del soggetto identificato, direttamente conosciuto perché sottoposto a detenzione domiciliare. 6. Il primo motivo del ricorso di S.I.C. è manifestamente infondato. La difesa sostiene che, per affermare la sussistenza del reato di evasione, sia necessaria la prova dell'assenza dell'imputato dal luogo detentivo e ritiene che tale assenza, al pari dell'elemento soggettivo, non sia stata provata. Tale prospettazione si pone in contrasto frontale con quanto accertato nel corso del giudizio, posto che i testi di polizia giudiziaria hanno identificato nello S.I.C. il soggetto che dalle videoriprese risultava essersi ripetutamente allontanato dall'abitazione nei mesi di aprile e maggio 2019, uscendo per strada e talvolta dialogando con altri soggetti. Ne consegue la genericità di ogni allegazione tanto in merito all'elemento soggettivo del reato quanto in merito alla presenza dell'imputato all'interno dell'abitazione. 7. Il secondo motivo del ricorso di S.I.C. è inammissibile. Oltre a essere dedotta come motivo di ricorso una questione non sottoposta al giudice di appello, come correttamente evidenziato dalla Corte territoriale in merito ad analoga istanza proposta dal coimputato R.G.S., l'accertamento della recidiva reiterata specifica nel quinquennio è sintomatico di quella serialità di condotte che concretano l'abitualità ostativa, in base all'articolo 131 bis, comma 3, cod. penumero , all'applicazione della causa di non punibilità Sez. 5, numero 1489 del 19/10/2020, dep. 2021, Serra, Rv. 280250 - 01 Sez. 5, numero 26813 del 10/02/2016, Grosoli, Rv. 267262 - 01 . 8. I restanti motivi proposti dai ricorrenti unico motivo del ricorso di S.M., secondo motivo del ricorso di R.G.S., terzo, quarto e quinto motivo del ricorso di S.I.C. , afferenti al trattamento sanzionatorio, vengono ora trattati unitariamente. 8.1. In linea di principio, con riguardo al giudizio discrezionale di determinazione del trattamento sanzionatorio, va ricordato che una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti dal giudice si richiede quante volte la sanzione sia determinata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di merito, la sola scelta implicitamente basata sui criteri di cui all'articolo 133 cod. penumero di irrogare una pena in misura media o prossima al minimo edittale Sez. 4, numero 27959 del 18/06/2013, Pasquali, Rv.25835601 Sez. 2, numero 28852 del 8/05/2013, Taurasi, Rv.25646401 Sez. 4, numero 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv.25619701 . Si richiama, quanto all'onere motivazionale del giudice in punto determinazione della pena, il costante orientamento della Corte di legittimità Sez. U, numero 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 24593101 Sez. 3 numero 35570 del 30/05/2017, Di Luca, Rv. 27069401 Sez. 4 numero 48391 del 05/11/2015, Armuzzi, Rv. 26533201 . Nel presente processo, quanto alla pena base e agli aumenti a titolo di continuazione, si tratta di sanzioni pari o prossime al minimo edittale. Ne consegue la pertinenza del principio per il quale ricorre un onere attenuato di motivazione, che può essere soddisfatto anche solo attraverso il richiamo al canone dell'adeguatezza della pena inflitta, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all'articolo 133 cod. penumero ex multis, Sez. 2, numero 28852 del 08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464 Sez. 4, numero 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283 . Nel caso in esame, peraltro, i giudici di merito sono andati ben oltre la mera evocazione del criterio dell'adeguatezza della pena. 8.2. La ratio della disposizione di cui all'articolo 62 bis cod. penumero , che attribuisce al giudice la facoltà di cogliere, sulla base di numerosi e diversificati dati sintomatici, gli elementi che possono condurre ad attenuare la pena edittale, non impone, peraltro, al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi all'accoglimento delle istanze inerenti al riconoscimento o al giudizio di prevalenza di circostanze attenuanti. I motivi di ricorso inerenti a tale profilo del trattamento sanzionatorio sono, per tale ragione, inammissibili. La Corte di appello ha ritenuto di non valorizzare le allegazioni difensive ma, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso di S.M., nel secondo motivo di R.G.S. e nel quarto motivo del ricorso di S.I.C., ha fornito espressa indicazione delle ragioni poste a sostegno di tale giudizio discrezionale, peraltro congruamente ponendo in correlazione la condotta di evasione non solo con la contigua piazza di spaccio ma anche con la reiterazione delle condotte M. e S.I.C. o con la vicinanza a soggetti in piena attività di spaccio R.G.S. . 8.3. Giova, inoltre, evidenziare, con riferimento alle censure svolte dalla difesa di S.I.C. nel terzo motivo, che contrariamente a quanto dedotto nel ricorso i giudici di merito hanno valorizzato, oltre che i numerosi precedenti penali per furto, acquisto e detenzione di sostanze stupefacenti, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali e detenzione di materie esplodenti, il precedente specifico commesso nel quinquennio a sostegno del giudizio inerente all'indole criminosa dell'imputato e al suo disprezzo per la legge. Con tale valutazione il ricorso omette di confrontarsi. 9. Conclusivamente, il ricorso proposto da D.L.A. deve essere rigettato. Al rigetto segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. I ricorsi proposti da S.M., R.G.S. e S.I.C. sono inammissibili. Alla declaratoria d'inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, numero 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», i ricorrenti vanno condannati al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Rigetta il ricorso di D.L.A., che condanna al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibili i ricorsi di M.S., R.G.S. e S.I.C., che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.