Il mediatore ha diritto alla provvigione per la conclusione dell’affare ogni volta che è raggiunto lo scopo economico in virtù del quale gli era stato conferito l’incarico quindi, anche qualora mutino i soggetti della trattativa purché vi sia un legame, non necessariamente di rappresentanza ma anche di sola continuità, tra la parte che in origine ha dato l’incarico e quella che successivamente ha concluso l’affare.
Il caso Una società, tramite il suo rappresentante, conferisce ad un'altra l'incarico di adoperarsi per la vendita di un immobile di sua proprietà. Tizia presenta proposta di acquisto che tuttavia viene rifiutata dalla società proprietaria. Successivamente quest'ultima cede il suo patrimonio ad una società di nuova costituzione che è collegata all'aspirante acquirente poiché suo cognato è nominato amministratore. La società di mediazione chiede dunque la corresponsione della provvigione richiesta visto il raggiungimento dell'affare. In primo grado la richiesta viene rigettata perché l'affare concluso avrebbe una natura ontologicamente diversa rispetto a quello per il quale era stato dato l'incarico. In secondo grado la domanda della mediatrice è accolta, con conseguente condanna del legale della società prima proprietaria al pagamento della provvigione, in virtù 1 della continuità sussistente tra il soggetto che ha partecipato alle trattative e quello stipulante 2 del rapporto di causalità tra l'opera del mediatore e la conclusione dell'affare. La decisione della Cassazione La Suprema Corte ribadisce che il diritto del mediatore alla provvigione nasce per il semplice fatto che è concluso l'affare non rileva un mutamento soggettivo delle parti, che si verifica quando l'affare sia concluso da parti diverse da quelle cui è stato proposto, purché vi sia un legame, anche non necessariamente di rappresentanza, tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello con cui l'affare è stato effettivamente concluso principio già affermato da Cass. numero 6552/2018, numero 8126/2009, numero 20549/2004 . Ciò che conta secondo la Suprema Corte è che sia stato raggiunto lo scopo economico in virtù del quale era stato dato incarico al mediatore, poiché l'art 1755 c.c. parla di affare e non di contratto, sicché il diritto al compenso sorge anche se non c'è perfetta corrispondenza tra il contratto concluso e quello prospettato con l'incarico Cass. numero 11127/2022, numero 8676/2009 che tale scopo sia collegato con l'efficacia dell'intervento del mediatore, nesso di causalità ex multis cfr Cass. numero 538/2024 che vi sia continuità tra il soggetto che ha conferito l'incarico e quello che ha stipulato il contratto Cass. numero 11127/2022 . Rappresentanza La Cassazione censura la sentenza di secondo grado per aver condannato al pagamento della provvigione solo il rappresentante legale della società prima proprietaria in luogo della società stessa giacché tutti gli atti compiuti dal rappresentante ricadono sulla società rappresentata. Resta ferma la responsabilità personale del rappresentante ove si provi che abbia agito nell'interesse proprio o ingenerando nel terzo il legittimo affidamento che lo stesse incaricando della vendita di un bene nella propria signoria o disponibilità.
Presidente Di Virgilio – Relatore Grasso Osserva 1. P.M., nella qualità di rappresentante legale della OMISSIS , conferì all' OMISSIS s.r.l., rappresentata da L.P., l'incarico di adoperarsi per la vendita d'un immobile sito in Roma a un prezzo non inferiore a €. 1.100.000,00. La parte venditrice rifiutò l'offerta di € 1.040.000,00 fatta pervenire da N.P., la quale, unitamente alla proposta, aveva accettato per iscritto un compenso a favore della mediatrice di € 30.000,00. Successivamente, su sollecitazione della N.P. e di E.C., P.M., R.D.M. e P.S., avevano ceduto l'intero patrimonio della OMISSIS , ciascuno per la propria quota di partecipazione sociale, per il prezzo di € 1.040.000,00, alla s.r.l. OMISSIS , il cui amministratore era D.C., fratello di E.C., marito della N.P 1.1. La società di mediazione e, anche a titolo personale, la sua amministratrice, davanti al rifiuto di corrispondere la provvigione richiesta, citarono in giudizio N.P., E.C. e D.C., la OMISSIS s.r.l., nonché P.M. e la OMISSIS s.r.l. Il Tribunale adito, sulla resistenza dei convenuti, rigettò la domanda sulla base dell'argomento, giudicato decisivo, che prendeva spunto dalla natura ontologicamente diversa dell'affare concluso, rispetto a quello per il quale era stato dato l'incarico di mediazione, nonostante che il patrimonio della OMISSIS fosse costituito solo dall'immobile di cui si discute. 2. La Corte d'appello di Roma, preso atto della raggiunta mediazione tra gli appellanti L.P. e OMISSIS s.r.l. e i convenuti E.C. e D.C., M.L. e OMISSIS s.r.l. nella quale era stata incorporata per fusione la OMISSIS s.r.l. , dichiarata cessata la materia del contendere fra costoro, accolto nel resto il gravame, condannò P.M. a pagare a L.P., in proprio e nella qualità, la somma di € 40.000,00, oltre accessori. 2.1. Il diverso opinamento del Giudice di secondo grado, consiglia, sia pure in sintesi, riprendere il ragionamento sposato dalla Corte di Roma. - La L.P. indubitabilmente aveva ricevuto l'incarico di reperire un compratore dell'immobile da P.M., nella qualità e costui, proprio per permettere di adempiere a un tal mandato, aveva consegnato alla mediatrice le “carte” necessarie riguardanti il bene. - La mediatrice aveva messo in contatto il P.M. con la N.P., che aveva avanzato formale proposta d'acquisto per € 1.040.000,00, non accettata. - In epoca immediatamente successiva si era addivenuti alla cessione delle quote sociali di cui si è detto. - Sussisteva continuità tra il soggetto che aveva partecipato alle trattative e quello stipulante, nonché rapporto di causalità tra l'opera del mediatore e la conclusione dell'affare. - L'operazione finale aveva avuto l'esclusivo effetto di assicurare la cessione immobiliare con un risparmio fiscale. - P.M. andava condannato < < al pagamento della provvigione, per essere stato concluso sostanzialmente un contratto che ha realizzato lo stesso fine per il quale il P.M. si era avvalso dell'opera di mediazione svolta dall'appellante> > . 3. P.M. ricorre sulla base di tre motivi. L.P., anche nella qualità di rappresentante legale di OMISSIS s.r.l., resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative. 4. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell'articolo 132, co. 2, numero 4, cod. proc. civ. Si afferma che il costrutto motivazionale della sentenza impugnata è affetto da un irriducibile contrasto, tale da non potersi apprezzare quale giustificazione della decisione. In particolare, viene evidenziato che la Corte locale, dopo avere affermato che la L.P. era stata incaricata dal P.M., quale amministratore della OMISSIS s.r.l., aveva illogicamente concluso nel senso che era stato il P.M. ad avvalersi dell'opera di mediazione, rimanendo estranei la OMISSIS e gli altri due soci, P.S. e R.D.M 5. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 1388 e 2475 cod. civ. Secondo l'assunto, poiché gli amministratori hanno solo la rappresentanza della società e il contratto concluso con il rappresentante e nell'interesse del rappresentato produce i propri effetti direttamente su quest'ultimo, la Corte d'appello avrebbe dovuto concludere nel senso che responsabile dell'incarico di mediazione era la OMISSIS e non già P.M. in proprio. 6. I due motivi, tra loro collegati, meritano di essere accolti nei termini di cui appresso. L'incarico di mediazione ad OMISSIS s.r.l., rappresentata da L.P., come si è visto, venne conferito da OMISSIS s.r.l., rappresentata da P.M I soci della OMISSIS P.M., e P.S. e R.D.M. cedettero le rispettive quote sociali, corrispondenti all'intero patrimonio sociale, costituito solo ed esclusivamente dalla proprietà immobiliare di cui qui si discute. Un tale quadro di riferimento è ben chiaro alla Corte di Roma, la quale, tuttavia, senza esplicitare la ragione della riportata conclusione, in fine a pag. 8, afferma < < Ed è proprio P.M. che va condannato al pagamento della provvigione, per essere stato concluso sostanzialmente un contratto che ha realizzato lo stesso fine per il quale il P.M. si era avvalso dell'opera di mediazione dell'appellante … , rimanendo estranei all'incarico di mediazione originariamente conferito, sia la OMISSIS s.r.l. che gli altri soci di essa, P.S. e R.D.M.> > . La conclusione cui giunge il Giudice d'appello, astrattamente plausibile, non risulta però sorretta da un costrutto motivazionale e da un ragionamento giuridico apprezzabile. Gli effetti degli atti compiuti, nell'ambito dei suoi poteri, dal rappresentante legale di società, specie dotata di piena autonomia patrimoniale e personalità giuridica, ricadono ovviamente sulla società rappresentata organicamente. In concreto, tuttavia, non può escludersi la personale responsabilità dell'agente ove resti provato anche per via presuntiva che costui abbia agito anche nell'interesse proprio e qui gli elementi fattuali che il Giudice del merito avrebbe potuto analizzare sono costituiti dalle evidenze già richiamate natura, per così dire, domestica e familiare della OMISSIS , qualità del suo patrimonio , o seppure si sia mosso ingenerando nel terzo il legittimo affidamento che lo stesse incaricando della vendita di un bene nella propria signoria e piena disponibilità. Come si è anticipato, nella sentenza manca del tutto una spiegazione giuridicamente corretta che consenta di reputare superato lo schermo sociale. 7. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 1755 cod. civ., sul presupposto che non fosse rimasto dimostrato il rapporto causale tra l'opera del mediatore e la conclusione dell'affare, stante la non identità del negozio stipulato rispetto a quello per la conclusione del quale il mediatore era stato incaricato. 7.1. Il motivo è infondato. Per un verso deve ribadirsi che il diritto del mediatore alla provvigione consegue alla conclusione dell'affare, mentre non rileva che questo sia concluso dalle medesime parti ovvero da parti diverse da quelle cui è stato proposto, purché vi sia un legame, anche se non necessariamente di rappresentanza, tra la parte originaria - che resta debitrice nei confronti del mediatore, per avere costei avuto rapporti con lo stesso - e quella con cui è stato successivamente concluso, tale da giustificare, nell'ambito dei reciproci rapporti economici, lo spostamento della trattativa o la stessa conclusione dell'affare su un altro soggetto Sez. 2, numero 6552, 16/03/2018, Rv. 647854 – 01 conf., ex multis, Cass. nnumero 8126/2009 e 20549/2004 . Per altro verso, la parte che abbia chiesto l'opera del mediatore è tenuta a corrispondere a quest'ultimo il previsto compenso < < se l'affare è concluso per effetto del suo [del mediatore] intervento> > . Non a caso l'articolo 1755 cod. civ. parla di “affare” e non di “contratto”, stante che il diritto al compenso non è condizionato dalla esatta corrispondenza formale tra il contratto prospettato con l'incarico nella specie la vendita e quello attraverso il quale si è reso possibile il regolamento dei privati interessi nella specie cessione delle quote sociali, che si risolve esclusivamente nella cessione dell'immobile , bensì dal raggiungimento dello scopo economico per la persecuzione del quale la parte aveva dato incarico al mediatore. Significativamente val la pena richiamare il principio di recente enunciato da questa Corte, secondo il quale il diritto del mediatore alla provvigione consegue non alla conclusione del negozio giuridico, ma dell'affare, inteso come qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, anche se articolatasi in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti nel loro complesso a realizzare un unico interesse economico, anche se con pluralità di soggetti pertanto, la condizione perché il predetto diritto sorga è l'identità dell'affare proposto con quello concluso, che non è esclusa quando le parti sostituiscano altri a sé nella stipulazione finale, sempre che vi sia continuità tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che ne prende il posto in sede di stipulazione negoziale, e la conclusione dell'affare sia collegabile al contatto determinato dal mediatore tra le parti originarie, che sono tenute al pagamento della provvigione Sez. 2, numero 11127, 06/04/2022, Rv. 664381 – 01 . Ed ancora, il diritto del mediatore alla provvigione si ricollega all'efficacia del suo intervento nel favorire la conclusione dell'affare, non alle forme giuridiche mediante le quali l'affare medesimo è concluso Sez. 2, numero 11655, 14/05/2018 Rv. 648495 – 01, in parte qua . In definitiva, rigettato il motivo, appare opportuno enunciare il seguente principio di diritto “il mediatore ha diritto alla provvigione ove le parti concludano l'affare, senza che possa assumere rilievo la veste giuridica da costoro prescelta, ma solo il raggiungimento dello scopo economico, per perseguire il quale esse avevano dato incarico al mediatore”. 9. Cassata la sentenza, in relazione agli accolti motivi, il Giudice del rinvio, sulla base delle già acquisite emergenze di causa, procederà a nuovo esame, statuendo, inoltre, sul capo delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso e rigetta il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione agli accolti motivi e rinvia alla Corte d'appello di Roma, altra composizione, anche per il regolamento del capo delle spese del giudizio di legittimità.