Il lavoratore che agisce per il «rimborso» di quanto indebitamente trattenuto a titolo di acconto per le imposte altro non fa che vantare il diritto alla integrità della retribuzione, in quanto erosa da trattenute non dovute. Alla luce di ciò, l’azione di restituzione delle somme indebitamente trattenute a titolo di ritenute d’acconto si prescrive con il decorso dell’ordinario termine decennale, che decorre dal momento in cui la trattenuta viene operata.
Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con l'ordinanza numero 16889 depositata 19 giugno 2024. Il caso La Corte di Appello di Napoli, riformando la pronuncia di primo grado, condannava la Società alla restituzione agli eredi di una lavoratrice nelle more deceduta delle somme trattenute in eccesso - a causa di una non corretta applicazione delle aliquote fiscali sul trattamento pensionistico integrativo - all'Erario, quale sostituta di imposta, avendo ottenuto all'esito di un giudizio tributario il rimborso delle suddette somme da parte dell'Agenzia dell'Entrate. Nello specifico, ad avviso della Corte di merito, tale fattispecie era da inquadrare «nell'ambito dell'istituto della negotiorum gestio» e, pertanto, la Società era tenuta a rimettere «l'utile della gestione» i.e., quanto recuperato all'esito del giudizio tributario alla lavoratrice posto che la prescrizione del relativo diritto decorreva dal momento in cui la società aveva ricevuto il riaccredito delle somme versate in eccesso. Contro tale pronuncia il datore di lavoro ricorreva alla Corte di Cassazione, articolando vari motivi. Non si può parlare di «gestione d'affari altrui» quando una determinata attività è compiuta in adempimento di un obbligo di legge In particolare, per quel che qui rileva, la ricorrente si doleva della violazione e falsa applicazione di norme di legge atteso che, contrariamente a quanto affermato dai Giudici di merito, non di gestione di affari altrui si doveva parlare bensì di applicazione di una norma imperativa di legge. Motivo che viene condiviso dalla Cassazione la quale, accogliendo il ricorso, ritiene condivisibilmente che il datore di lavoro, agendo nella sua qualità di sostituto d'imposta, «svolge sostanzialmente funzioni di esattore dell'amministrazione finanziaria versando direttamente a quest'ultima gli acconti di imposta per conto del contribuente sostituito» e provvedendo al soddisfacimento dell'obbligazione tributaria «con il denaro del sostituito». Per l'effetto, nell'avviso della Corte, «in caso di successivo accertamento di insussistenza del debito fiscale, vi è l'obbligo del datore di lavoro di restituire al lavoratore la quota di retribuzione trattenuta e non versata o non più versata al Fisco, in modo analogo a quanto accade in relazione alle somme trattenute sulla retribuzione [….]». La prescrizione decorre dal momento in cui si verifica un danno nella sfera patrimoniale del lavoratore Con un ulteriore motivo, il ricorrente si doleva della violazione e falsa applicazione delle norme in materia di prescrizione, per aver la Corte di merito ritenuto che quest'ultima decorresse dal momento in cui il datore di lavoro aveva ricevuto l'accredito delle imposte versate in eccesso. Motivo che ancora una volta viene condiviso dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, cassa la sentenza impugnata. In particolare, nell'avviso della Corte, nella fattispecie in commento «come in quell a della retribuzione versata in misura ridotta per effetto di trattenute non dovute, viene in rilievo un'azione di inesatto adempimento del debito - nella specie, gravante sulla società […]» poiché, operando una erronea ed eccessiva trattenuta, il datore di lavoro «ha effettuato un pagamento solo parzialmente satisfattivo della pretesa creditoria, producendo così un danno nella sfera patrimoniale della lavoratrice». È quindi questo, nell'avviso della Corte, «il momento in cui è iniziato a decorrere il termine ordinario di prescrizione per l'azione volta a recuperare le somme indebitamente trattenute» e non, come erroneamente ritenuto dai Giudici di Appello, il diverso e successivo momento in cui il datore di lavoro ha ri ottenuto le somme versate in eccesso. A questi fini, risulta del tutto irrilevante l'incertezza medio tempore occorsa in ragione del summenzionato giudizio tributario sulla debenza o meno di tali somme posto che «l'impossibilità di agire, cui la legge attribuisce rilevanza quale causa che osta al decorso del termine di prescrizione, è solo quella che deriva da impedimenti legali e non abbraccia l'ignoranza in cui versi il titolare del diritto in ordine al fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sull'esistenza di tale diritto o il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento».
Presidente Garri – Relatore Marchese Rilevato che 1. la Corte d'appello di Napoli, in riforma della decisione di primo grado che aveva dichiarato prescritto il diritto azionato, accoglieva la domanda della dante causa degli odierni controricorrenti, ex dipendente di OMISSIS S.p.A. in liquidazione di seguito, solo OMISSIS in particolare, condannava OMISSIS alla restituzione, in favore della prima, delle somme versate in eccesso all'Erario, quale sostituto d'imposta, e di cui la società aveva ottenuto il rimborso, con sentenza passata in giudicato 2. per ciò che più rileva in questa sede, la Corte territoriale, superate le eccezioni preliminari relative a profili in questa sede non riproposti, quanto alla questione di prescrizione del diritto alla restituzione, osservava in premessa come sulla stessa si fossero formati due diversi orientamenti giurisprudenziali, in sede di merito 3. alcuni giudici avevano fissato il dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione al momento del passaggio in giudicato della sentenza che aveva accertato il diritto al rimborso in favore del sostituto 4. altri, invece, avevano ancorato il dies a quo al momento di effettuazione delle trattenute 5. entrambe le ricostruzioni erano giunte al vaglio della Corte di cassazione ma le relative pronunce la nr. 6347 del 2019 e la nr. 5125 del 2020 non erano d'ausilio ai fini della soluzione della questione 6. per la Corte di appello era preferibile la prima soluzione, sia pure sulla base di argomentazioni diverse da quelle già adottate 7. per i Giudici territoriali, l'azione esperita dalla de cuius era da inquadrare nell'ambito dell'istituto della negotiorum gestio e da ricondurre al riconoscimento, pro quota, dell'utile della gestione, vale a dire di quanto la società OMISSIS era riuscita a recuperare dall'Agenzia delle Entrate per effetto dell'esito favorevole del giudizio tributario, promosso anche nell'interesse della lavoratrice, in quanto avente ad oggetto somme originariamente di spettanza della stessa ma trattenute alla fonte dal sostituto d'imposta 8. di conseguenza, in virtù del combinato disposto degli articolo 2030 e 1713 cod.civ., il sostituto d'imposta, vittorioso nei confronti del terzo Agenzia delle Entrate nel diritto al recupero della originaria ritenuta d'acconto versata in favore di questi nell'interesse del sostituito, era obbligato a rimettere a quest'ultimo il risultato utile della gestione. Pertanto, il conseguimento dell'utile risultato era il momento al quale fare riferimento per fissare il dies a quo dell'ordinario termine di prescrizione solo da tale data che nella specie andava fissata al momento della sentenza che in via definitiva riconosceva il rimborso il sostituito poteva agire per il recupero di ciò che il gestore aveva conseguito a causa del mandato 9. le esposte argomentazioni fondavano, altresì, il rigetto dell'eccezione di difetto di legittimazione passiva, sollevata da OMISSIS , posto che la società era titolare della situazione giuridica sostanziale dedotta in giudizio, per come qualificata 10. per la cassazione della decisione, ha proposto ricorso, affidato a cinque motivi, la società OMISSIS , successivamente illustrati con memoria gli eredi indicati in epigrafe hanno resistito con controricorso e depositato, altresì, memoria 11. il Collegio ha riservato il deposito dell'ordinanza nel termine di sessanta giorni dall'adozione della decisione in Camera di consiglio. Considerato che 12. con il primo motivo - ai sensi dell'articolo 360 nr. 4 cod.proc.civ. - OMISSIS ha prospettato la nullità della sentenza per vizio di costituzione del giudice ex articolo 158 cod.proc.civ., previa questione di legittimità costituzionale degli articolo 62 – 72 della legge 9 agosto 2013 nr. 98 di conversione con modifiche del d.l. nr. 69 del 2013, in relazione ai parametri costituzionali degli articolo 102, 1° co., e 106, 1° e 2° comma, Cost. poiché il Collegio d'appello era composto anche da un giudice onorario, relatore ed estensore della sentenza 13. il motivo è infondato 14. nelle more della fissazione dell'adunanza, la Corte costituzionale, con la sentenza nr. 41 del 2021, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articolo 62, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71 e 72 del decreto-legge nr. 69 del 2023 Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia , convertito, con modificazioni, in legge nr. 98 del 2013 nella parte in cui non prevedono che essi si applichino fino a quando non sarà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dall'articolo 32 del decreto legislativo nr. 116 del 2017 Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge nr. 57 del 2016 nel dichiarare l'illegittimità costituzionale delle norme che hanno istituto e disciplinato i giudici onorari ausiliari, la Corte costituzionale ha però ritenuto necessario lasciare al legislatore un sufficiente lasso di tempo che «assicuri la necessaria gradualità nella completa attuazione della normativa costituzionale». Ha così indicato il termine previsto dall'articolo 32, primo periodo, del d.lgs. nr. 116 del 2017, di riforma generale della magistratura onoraria, ossia quello del 31 ottobre 2025. Fino ad allora, secondo la Corte costituzionale, la «temporanea tollerabilità costituzionale» dell'attuale assetto è volta ad evitare l'annullamento delle decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari e a non privare immediatamente le Corti d'appello dell'apporto di questi giudici onorari per la riduzione dell'arretrato nelle cause civili 15. la questione prospettata è, dunque, all'attualità da respingere 16. con il secondo motivo –ai sensi dell'articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ. – OMISSIS deduce la violazione o falsa applicazione delle norme relative all'istituto della negotiorum gestio, articolo 2028,2030 e 1713 cod.civ., in relazione all'articolo 38 d.P.R. nr. 602 del 1973, per avere la Corte di appello ritenuto che, nella fattispecie in esame, ricorressero tutti i presupposti della gestione d'affari altrui. In particolare, non vi sarebbe stata l'intenzione di gestire un affare altrui, dal momento che, ai sensi del d.P.R. 602 del 1973, sia il sostituto che il sostituito possono agire per il rimborso. Inoltre, il sostituto d'imposta versa al Fisco gli acconti d'imposta per conto del contribuente sostituito, provvedendo in adempimento di un preciso obbligo di legge e non in esecuzione di un mandato negoziale o come gestione di affari altrui neppure ricorrerebbe l'absentia domini, intesa come impossibilità di intervenire da parte del diretto interessato 17. con il terzo motivo – ai sensi dell'articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta la violazione o falsa applicazione delle norme in materia di prescrizione, articolo 2943,2935,2943,2946 cod.civ. anche in relazione all'articolo 38 del d.P.R. nr. 602 del 1973, per aver la Corte ritenuto che il diritto di credito del «sostituito» non si fosse prescritto, ancorando il dies a quo del termine ordinario di prescrizione al momento del conseguimento del risultato utile da parte del sostituto. A tale riguardo, ha richiamato il costante orientamento di questa Corte in materia di impedimenti giuridici e di fatto. Ha dedotto che il passaggio in giudicato della sentenza resa tra sostituto d'imposta ed Agenzia delle Entrate non era condizione per intraprendere l'azione di restituzione il diritto al rimborso era sorto al momento della liquidazione e della contestuale trattenuta operata nel 1999 ed era dunque prescritto al momento della domanda restitutoria 18. con il quarto motivo – ai sensi dell'articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ. – è dedotta la violazione o falsa applicazione delle norme in tema di legittimazione passiva e di manleva, articolo 75,102 e 106 cod.proc.civ., per avere la sentenza impugnata respinto l'eccezione di difetto di legittimazione passiva della società, sebbene l'unica legittimata passiva della pretesa azionata, così come di ogni domanda accessoria e consequenziale, fosse l'Agenzia delle Entrate 19. i tre motivi pongono questioni connesse e, pertanto, è opportuno esaminarli congiuntamente 20. questa Corte si è già espressa in relazione all'ipotesi di versamento in eccesso, da parte del datore di lavoro, delle ritenute fiscali, sia pure in relazione alla differente ipotesi di trattenute operate sulla retribuzione dovuta al lavoratore 21. a tale riguardo ha osservato che - il datore di lavoro, in qualità di sostituto di imposta, svolge sostanzialmente funzioni di esattore dell'amministrazione finanziaria versando direttamente a questa ultima gli acconti d'imposta per conto del contribuente sostituito, nel caso di specie del lavoratore subordinato provvede, cioè - sia pure in adempimento di un preciso obbligo di legge e non in esecuzione di un mandato negoziale o come gestione di affari altrui - ad adempiere ad un'obbligazione altrui, quella appunto del sostituito nei confronti dell'amministrazione finanziaria - l'obbligato principale nei confronti del Fisco è, dunque, sempre il percettore del reddito, indipendentemente dal fatto che l'esazione del tributo avvenga in tutto o in parte mediante il sistema della ritenuta alla fonte infatti, alla fine dell'esercizio fiscale, in occasione della compilazione della dichiarazione dei redditi, è il sostituito a dover conteggiare quanto ancora dovuto, scalando dall'importo dell'imposta lorda, oltre alle detrazioni di imposta, gli acconti già versati o da lui direttamente oppure per suo conto dal sostituto d'imposta oppure anche, eventualmente, da una pluralità di sostituti d'imposta. In termini, Cass. nr.14502 del 2019 - tuttavia, benché il soggetto passivo dell'obbligazione tributaria sia il sostituito, l'adempimento della stessa grava sul sostituto, perché così stabilisce l'articolo 64, comma 2, D.P.R. nr. 600 del 1973 Cass., sez.unumero , nr. 10378 del 2019 . Resta fermo, però, che l'obbligazione è soddisfatta con il denaro del sostituito il sostituto, cioè, almeno di regola, trattiene il denaro del contribuente direttamente dalle sue fonti di reddito e poi le versa al creditore così Cass. nr. 10258 del 2021 e Cass nr.19179 del 2023 nelle rispettive motivazioni . Pertanto, in caso di successivo accertamento di insussistenza del debito fiscale, vi è l'obbligo del datore di lavoro di restituire al lavoratore «la quota di retribuzione trattenuta e non versata o non più versata al Fisco, in modo analogo a quanto accade in relazione alle somme trattenute sulla retribuzione, a titolo di contribuzione previdenziale, per le quali sia successivamente accertata l'inesistenza del debito contributivo» Cass. nr. 14502 del 2019 cit., in motivazione. punto 2.2. 22. l'espresso orientamento confermato anche da Cass. nr. 31035 e nr. 31699 del 2019 nonché, più di recente, tra le tante, da Cass. nr. 34723 del 2021, Cass. nnumero 30828 e 30829 del 2022 si pone in linea con gli arresti più risalenti delle sezioni unite che, in ordine alla giurisdizione Cass., sez.unumero , nr. 8312 del 2010 , già avevano statuito che le controversie tra sostituto di imposta e sostituito, in ordine al corretto esercizio del diritto di rivalsa delle ritenute alla fonte versate dal sostituto, rientrassero nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto relative al diritto del sostituito verso il sostituto nell'ambito di un rapporto di tipo privatistico, cui resta estraneo l'esercizio della potestà impositiva propria del rapporto tributario 23. tuttavia, quello che in questa sede vuole rimarcarsi è soprattutto il fatto che il lavoratore che agisce per il «rimborso» di quanto indebitamente trattenuto a titolo di acconto per le imposte altro non fa che vantare «il diritto alla integrità della retribuzione, in quanto erosa da trattenute non dovute» Cass. nnumero 31035 e 31699 del 2019, in motivazione , con ogni conseguenza quanto all'applicazione dell'intera «disciplina afferente al rapporto di lavoro, comprese le disposizioni di cui all'articolo 429 c.p.c. in tema di interessi e rivalutazione» così pronunce citate e numerose altre 24. i richiamati principi orientano, a giudizio del Collegio, anche la soluzione delle questioni qui controverse e conducono ad affermare che le conclusioni della Corte di appello, in punto di qualificazione giuridica dei fatti di causa e di conseguente individuazione del dies a quo dell'esercitata azione, non sono corrette 25. la peculiarità della fattispecie è data dal fatto che le somme di cui la lavoratrice ha chiesto la restituzione riguardano le ritenute d'acconto operate al momento di liquidazione forzosa del Fondo previdenziale integrativo della Società OMISSIS . Vi è stato, cioè, un pagamento in eccesso all'Erario, a titolo di tassazione, della capitalizzazione del trattamento pensionistico integrativo, originato dalla non corretta applicazione di aliquote fiscali v. in merito alla descrizione della vicenda di causa, anche Cass. nr. 2741 del 2009 26. non muta, però, la natura del rapporto tra la lavoratrice e il datore di lavoro, quanto al profilo dell'obbligazione fiscale e delle responsabilità che ne conseguono 27. anche in questo caso, come in quello della retribuzione versata in misura ridotta per effetto di trattenute non dovute, viene in rilievo un'azione di inesatto adempimento del debito - nella specie, gravante sulla società OMISSIS - sia pure in relazione al trattamento pensionistico integrativo aziendale che è stato decurtato di una somma maggiore di quella dovuta. È in effetti accaduto che, in sede di liquidazione del Fondo, nel 1999, OMISSIS ha effettuato un pagamento solo parzialmente satisfattivo della pretesa creditoria, producendo così un danno nella sfera patrimoniale della lavoratrice ed è questo il momento in cui è iniziato a decorrere il termine ordinario di prescrizione per l'azione volta a recuperare le somme indebitamente trattenute né è, in qualche modo, invocabile il principio contra non valentem agere non currit praescriptio, cui si ispira l'articolo 2935 cod.civ. Come in più occasioni chiarito da questa Corte, l'impossibilità di agire, cui la legge attribuisce rilevanza quale causa che osta al decorso del termine di prescrizione, è solo quella che deriva da impedimenti legali e non abbraccia l'ignoranza in cui versi il titolare del diritto in ordine al fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sull'esistenza di tale diritto o il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento Cass. nr. 14193 del 2021. In argomento, v., altresì, tra le pronunce più risalenti, Cass. nr. 21495 del 2005 . Ne deriva che alcun rilievo, ai fini dello spostamento del termine di decorrenza della prescrizione, ha assunto il procedimento tributario di accertamento dell'erronea applicazione delle aliquote fiscali in sede di ripartizione del Fondo, trattandosi di evento non impeditivo dell'azione per cui è causa 28. conclusivamente, deve perciò affermarsi che l'azione di «restituzione» delle somme indebitamente trattenute a titolo di ritenute d'acconto, in sede di capitalizzazione del Fondo previdenziale integrativo OMISSIS , si prescrive con il decorso dell'ordinario termine decennale, che decorre dal momento di ripartizione delle quote 29. vanno, quindi, accolti il secondo ed il terzo motivo di ricorso 30. è, invece, da disattendere il quarto motivo OMISSIS è la parte debitrice e, quindi, legittimata passiva del rapporto controverso. Estranea alla fattispecie è l'azione di cui all'articolo 38 del d.P.R nr. 602 del 1972 34. con un quinto motivo -ai sensi dell'articolo 360 nr. 5 cod.proc.civ. - è denunciato l'omesso esame di un fatto decisivo. L'omissione è riferita all'assenza del nominativo della lavoratrice nell'elenco trasmesso dall'Agenzia delle Entrate ad OMISSIS 35. il motivo è infondato. È sufficiente osservare che la circostanza è stata specificamente esaminata e valutata dalla Corte di merito v. punto 8 della sentenza impugnata , che, tuttavia, è pervenuta a conclusioni differenti. Si aggiunga, in ogni caso, che il documento non è trascritto nel corpo del motivo, in violazione degli oneri di specificità desumibili dall'articolo 366 cod.proc.civ. 36. per quanto innanzi, vanno accolti il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri. La sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che, nel riesaminare la questione della prescrizione, farà applicazione dei principi qui esposti. Al giudice di rinvio è rimessa, altresì, la regolazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.