Le Sezioni Unite precisano le condizioni di utilizzabilità della messaggistica dei criptofonini

Sono state depositate il 14 giugno 2024 le motivazioni delle due sentenze numero 23755 e 23756 delle Sezioni Unite che hanno definito le vicende processuali legale ai criptofonini. 

Sono note le vicende che hanno portato alla duplice prospettazione delle questioni davanti alle Sezioni Unite Cass. penumero , sez. Unite, ud. 29 febbraio 2024 dep. 14 giugno 2024 , numero 23755 e numero 23756, Pres. Cassano Est. Corbo ., considerati i diversi orientamenti prospettati in materia dalle sezioni semplici, nonché la dialettica che si è sviluppata all'interno della Corte di cassazione ed anche dentro le stesse sezioni, anche alla luce dei suoi sviluppi di una questione estremamente rilevante considerate le diverse posizioni interpretative di una materia che coinvolgeva profili riguardanti anche questioni connesse alla dimensione sovranazionale.  Le due sezioni anche sulla scorta delle differenti questioni sollevate dalla difesa prospettavano soluzioni diverse. Così la sezione terza tenuto conto di quanto affermato dalla sezione sesta che aveva prospettato un orientamento difforme da quello consolidato rimetteva la questione nei seguenti termini «Se l'acquisizione di messaggi su chat di gruppo, scambiati con sistema cifrato, attraverso un ordine europeo di indagine presso un'autorità giudiziaria straniera che ne abbia eseguito la decrittazione costituisca acquisizione di documenti e di dati informatici ai sensi dell'articolo 234-bis c.p.p. o di documenti ex articolo 234 c.p.p. ovvero sia riconducibile ad altra disciplina relativa all'acquisizione di prove» nonché «se l'acquisizione di cui sopra debba essere oggetto, ai fini della utilizzabilità dei relativi dati, di preventiva o successiva verifica giurisdizionale della sua legittimità da parte dell'autorità giurisdizionale nazionale».  La sezione sesta successivamente, considerata questa prospettazione, chiedeva alle Sezioni Unite «se l'acquisizione, mediante ordine europeo di indagine, dei risultati di intercettazioni disposte da un'autorità giudiziaria straniera su una piattaforma informatica criptata integri l'ipotesi disciplinata nell'ordinamento interno dall'articolo 270 c.p.p. nonché “se l'acquisizione, mediante ordine europeo di indagine, dei risultati di intercettazioni disposte da un'autorità giudiziaria straniera attraverso l'inserimento di un captatore informatico sui server di una piattaforma criptata sia soggetta nell'ordinamento interno a un controllo giurisdizionale, preventivo o successivo, in ordine all'utilizzabilità dei dati raccolti».  Le due vicende sono state trattate davanti al Collegio riunito contemporaneamente ancorché separatamente a due decisioni stante la diversità delle questioni sollevate che tuttavia nella formulazione finale delle questioni di diritto risultano integrate.  I due percorsi motivazionali che hanno analizzato i diversi motivi di ricorso per dare due risposte sulle questioni di diritto prospettate presentato entrambi una struttura suddivisa in tre punti una prima introduttiva di esposizione dei motivi diversi dei ricorsi, una seconda conclusiva di rigetto dei ricorsi ed una terza esattamente identica nelle sue determinazioni con la quale la corte formula la sua ricostruzione che conduce alla definizione del nucleo delle questioni di diritto punti da tre a dieci nella sentenza numero 23755 e punti da sei a quattordici nella sentenza numero 23756 . Invero, aldilà di altri rilievi legati al caso di specie misure cautelari , la difesa nella causa della terza sezione riteneva con le conseguenze del caso che gli atti provenienti dalla Francia dovessero qualificarsi come documenti informatici articolo 234 c.p.p. oppure come traffico, ubicazione e comunicazione elettronica articolo 132 d.lgs. numero 196/2003 e i difensori della sesta invece ritenevano che si trattava di intercettazioni telefoniche assunte in procedimento separato articolo 270 c.p.p. anche in questo caso con le conseguenti ricadute processuali.  In prima battuta la Corte esclude quindi l'interpretazione maggiormente diffusa nella giurisprudenza per la quale i messaggi scambiati in chat di gruppo mediante un sistema cifrato e poi a disposizione dell'autorità straniera possano essere inquadrati nell'articolo 234-bis c.p.p.  L'articolo 234 introdotto dall'articolo 2 comma 1-bis d.l. numero 7 del 2015 conv. con l. numero 43 del 2015 prevede testualmente che è sempre consentita l'acquisizione di dati informatici conservati all'estero anche diversi da quelli disponibili al pubblico previo consenso in questo caso del legittimo titolare.  Si tratta di una disposizione che non disciplina i mezzi di prova, ma solo una modalità di acquisizione di elementi di prova presenti all'estero, ma in via diretta dall'autorità giudiziaria, che prescinde da forme di collaborazione con le autorità giudiziarie di un altro stato.  Diversa è la disciplina relativa all'O.I.E. che attiene invece all'acquisizione di elementi conservati all'estero da ottenere o ottenuti con la collaborazione dell'autorità giudiziaria di un altro stato.  Deve ritenersi pertanto che trattandosi di una collaborazione tra autorità giudiziarie di stati dell'unione europea occorre fare riferimento alla direttiva 2014/41/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio d'Europa del 3 aprile 2014 dove viene disciplinato appunto l'Ordine di Indagine Europeo O.I.E. che consente l'acquisizione anche di prove già acquisite e in possesso dello stato di esecuzione, con il rispetto dei principi dell'ordinamento costituzionale e della Carta dei diritti fondamentali dell'unione europea in temi di diritti fondamentali, nonché in tema di diritti di libertà e di giusto processo.  Il punto nodale e problematico è costituito dall'affermazione per la quale ai fini dell'utilizzabilità di atti acquisiti mediante O.I.E. dall'autorità giudiziaria italiana è necessario garantire il rispetto dei diritti fondamentali previsti dalla Costituzione e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e tra questi del diritto di difesa e della garanzia del giusto processo, ma non anche l'osservanza da parte dello stato di esecuzione di tutte le disposizioni previste dall'ordinamento giuridico italiano in tema di formazione e acquisizione di tali atti.  In altri termini, si sottolinea che l'atto istruttorio assunto all'estero è inutilizzabile solo quando venga prospettata l'assenza nell'ordinamento dello stato richiesto di una normativa a tutela delle garanzie difensive, ma non anche quando si contesti la mera inosservanza delle regole dettale dal codice di diritto dello stato italiano richiedente.  Sotto questo profilo deve essere valutata la natura dell'atto trasmesso dall'autorità francese al fine di individuare le modalità con le quali possono entrare nel processo italiano ai fini della loro utilizzabilità dovendosi tenere conto delle stesse condizioni di un atto interno analogo.  Il tema coinvolge la questione della necessità o meno che l'atto sia richiesto dal giudice ovvero sia sufficiente una richiesta del pubblico ministero.  Le Sezioni Unite evidenziano sul punto che il sistema italiano è governato dalle regole di cui agli articolo 238 e 270 c.p.p. e articolo 78 disp.att. c.p.p.  Analizzando le prospettazioni difensive in relazione alle indicate qualificazioni degli atti, la Cassazione esclude che siano tanto nel caso in cui si ritenga che si tratti di documenti informatici quanto di traffico, ubicazione e comunicazione elettronica, sia necessario l'intervento del giudice nella richiesta dell'O.I.E. Quanto alla ritenuta natura di documento informatico la giurisprudenza secondo quanto previsto dall'articolo 15 Cost. fa riferimento all'autorità giudiziaria p.m. e giudice e in relazione alla ritenuta qualifica di traffico, ubicazione e comunicazione elettronica che la previsione si riferisce all'acquisizione presso il gestore e non anche all'ubicazione di dati presenti in procedimento penale diverso da quelli in cui sono stati acquisiti, anche perché al rispetto dei diritti fondamentali questi sono stati assicurati nell'atto genetico dall'intervento del giudice.  Considerazioni analoghe vengono sviluppate da Cass. numero 23756 in relazione alla dedotta prospettazione difensiva per la quale si tratterebbe di conversazioni e comunicazioni.  La materia è regolata dall'articolo 270 c.p.p. ove si afferma che «i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza nonché fermo restando quanto previsto dal comma 1, i risultati delle intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico su dispositivo elettronico portatile possono essere utilizzati anche per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione qualora risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti indicati dall'articolo 266, comma 2-bis». In tutti i casi secondo la Corte resta ferma la possibilità per la difesa di eccepire la invalidità e la inutilizzabilità degli atti.  Sia in termini generali, sia con riferimento alle intercettazioni Opera quanto previsto da Cass. 17.01.2004 Esposito R.V. 229245.  Sulle conclusioni non incide neppure il fatto che le intercettazioni siano state acquisite mediante l'inserimento del captatore informatico nel server di una piattaforma di un sistema informatico telematico al fine di acquisire le chiavi di cifratura delle comunicazioni custodite nei dispositivi dei singoli utenti.  Secondo la Cassazione si tratta di una naturale modalità attuativa delle captazioni.   Con riferimento al segnalato deficit da parte della difesa della conoscenza dell'algoritmo si fa notare al riguardo in termini non convincenti che la sua alterazione determinerebbe l'incomprensione della traduzione di quanto criptato.  In relazione all'intercettazione in un paese straniero per il quale invero sussisterebbe l'obbligo dell'informazione con il potere per lo stato di escluderla mancando quest'ultima l'utilizzabilità in Italia non sarebbe consentita nel caso in cui sia disposta per un reato per il quale la legge nazionale non prevede la possibilità di ricorrere a tale mezzo di ricerca della prova.  L'accorpamento delle analisi delle questioni rimesse alle Sezioni Unite ha portato la Cassazione a riscrivere in modo complessivo e organico la risposta ai quesiti rispetto alle massime provvisorie.  Si è così deciso che «La trasmissione, richiesta con ordine europeo di indagine, del contenuto di comunicazioni scambiate mediante criptofonini, già acquisite e decrittate dall'autorità giudiziaria estera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, non rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 234-bis c.p.p., che opera al di fuori delle ipotesi di collaborazione tra autorità giudiziarie, bensì nella disciplina relativa alla circolazione delle prove tra procedimenti penali, quale desumibile dagli articolo 238 e 270 c.p.p. e 78 disp. att. c.p.p.».  «In materia di ordine europeo di indagine, le prove già In possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione possono essere legittimamente richieste ed acquisite dal pubblico ministero italiano senza la necessità di preventiva autorizzazione da parte del giudice del procedimento nel quale si intende utilizzarle».  «L'emissione, da parte del pubblico ministero, di ordine europeo di indagine diretto ad ottenere il contenuto di comunicazioni scambiate mediante criptofonini, già acquisite e decrittate dall'autorità giudiziaria estera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, non deve essere preceduta da autorizzazione del giudice italiano, quale condizione necessaria a norma dell'articolo 6 Direttiva 2014/41/UE, perché tale autorizzazione, nella disciplina nazionale relativa alla circolazione delle prove, non e richiesta per conseguire la disponibilità del contenuto di comunicazioni già acquisite in altro procedimento».  «La disciplina di cui all'articolo 132 d.lgs. numero 196 del 2003, relativa all'acquisizione dei dati concernenti il traffico di comunicazioni elettroniche e l'ubicazione dei dispositivi utilizzati, si applica alle richieste rivolte ai fornitori del servizio, ma non anche a quelle dirette ad altra autorità giudiziaria che già detenga tali dati, sicché, in questo caso, il pubblico ministero può legittimamente accedere agli stessi senza chiedere preventiva autorizzazione al giudice davanti al quale intende utilizzarli».  «L'utilizzabilità del contenuto di comunicazioni scambiate mediante criptofonini, già acquisite e decrittate dall'autorità giudiziaria estera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, e trasmessi sulla base di ordine europeo di indagine, deve essere esclusa se il giudice italiano rileva che il loro impiego determinerebbe una violazione dei diritti fondamentali, fermo restando che l'onere di allegare e provare i fatti da cui inferire tale violazione grava sulla parte interessata».  «L'impossibilità per la difesa di accedere all'algoritmo utilizzato nell'ambito di un sistema di comunicazioni per criptare il testo delle stesse non determina una violazione dei diritti fondamentali, dovendo escludersi, salvo specifiche allegazioni di segno contrario, il pericolo di alterazione dei dati in quanto il contenuto di ciascun messaggio è inscindibilmente abbinato alla sua chiave di cifratura, ed una chiave errata non ha alcuna possibilità di decriptarlo anche solo parzialmente».  Va sottolineato che la decisione si pone in linea di continuità con quanto da ultimo deciso dalla Corte di giustizia Grande Sezione 30 aprile 2024 M V Encrochat con la quale si è precisato che   «L'articolo 1, par. 1, e l'articolo 2, lett. c , della direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all'ordine europeo di indagine penale, devono essere interpretati nel senso che un ordine europeo di indagine inteso a ottenere la trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione non deve essere adottato necessariamente da un giudice quando, in forza del diritto dello Stato di emissione, in un procedimento puramente interno a tale Stato, la raccolta iniziale di tali prove avrebbe dovuto essere ordinata da un giudice, ma competente ad ordinare l'acquisizione di dette prove è il pubblico ministero.  L'articolo 6, par. 1, della direttiva 2014/41/UE deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un pubblico ministero adotti un ordine europeo di indagine inteso a ottenere la trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione, qualora tali prove siano state acquisite a seguito dell'intercettazione, da parte di tali autorità, nel territorio dello Stato di emissione, di telecomunicazioni dell'insieme degli utenti di telefoni cellulari che permettono, grazie a un software speciale e a un hardware modificato, una comunicazione cifrata da punto a punto, purché un tale ordine di indagine rispetti tutte le condizioni eventualmente previste dal diritto dello Stato di emissione per la trasmissione di tali prove in un caso puramente interno a detto Stato.  L'articolo 31 della direttiva 2014/41/UE deve essere interpretato nel senso che una misura connessa all'infiltrazione in apparecchi terminali, diretta a estrarre dati relativi al traffico, all'ubicazione e alle comunicazioni di un servizio di comunicazione basato su Internet, costituisce un'«intercettazione di telecomunicazioni», ai sensi di tale articolo, che deve essere notificata all'autorità a tal fine designata dallo Stato membro sul cui territorio si trova la persona sottoposta all'intercettazione. Nel caso in cui lo Stato membro di intercettazione non sia in grado di identificare l'autorità competente dello Stato membro notificato, tale notifica può essere inviata a qualsiasi autorità dello Stato membro notificato che lo Stato membro di intercettazione ritenga idonea a tal fine.  L'articolo 31 della direttiva 2014/41/UE deve essere interpretato nel senso che esso mira anche a tutelare i diritti degli utenti interessati da una misura di «intercettazione di telecomunicazioni», ai sensi di tale articolo.  L'articolo 14, par. 7, della direttiva 2014/41/UE deve essere interpretato nel senso che esso impone al giudice penale nazionale di espungere, nell'ambito di un procedimento penale avviato a carico di una persona sospettata di atti di criminalità, informazioni ed elementi di prova se tale persona non è in grado di svolgere efficacemente le proprie osservazioni su tali informazioni ed elementi di prova e questi ultimi siano idonei ad influire in modo preponderante sulla valutazione dei fatti» .