Con le sentenze numero 23755 e 23756, le Sezioni Unite Penali della Cassazione sono tornate sul tema dei criptofonini affermando importanti principi di diritto.
Ecco i principi enunciati «La trasmissione, richiesta con ordine europeo di indagine, del contenuto di comunicazioni scambiate mediante criptofonini, già acquisite e decrittate dall'autorità giudiziaria estera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, non rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 234-bis c.p.p., che opera al di fuori delle ipotesi di collaborazione tra autorità giudiziarie, bensì nella disciplina relativa alla circolazione delle prove tra procedimenti penali, quale desumibile dagli articolo 238 e 270 c.p.p. e 78 disp. att. c.p.p.». «In materia di ordine europeo di indagine, le prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione possono essere legittimamente richieste ed acquisite dal pubblico ministero italiano senza la necessità di preventiva autorizzazione da parte del giudice del procedimento nel quale si intende utilizzarle». «L'emissione, da parte del pubblico ministero, di ordine europeo di indagine diretto ad ottenere i risultati di intercettazioni disposte da un'autorità giudiziaria straniera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, ed effettuate attraverso l'inserimento di un captatore informatico sui server di una piattaforma criptata, è ammissibile, perché attiene ad esiti investigativi ottenuti con modalità compatibili con l'ordinamento italiano, e non deve essere preceduta da autorizzazione del giudice italiano, quale condizione necessaria ex articolo 6 Direttiva 2014/41/UE, perché tale autorizzazione non è richiesta nella disciplina nazionale». «L'utilizzabilità dei risultati di intercettazioni disposte da un'autorità giudiziaria straniera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, ed effettuate su una piattaforma informatica criptata e su criptofonini, deve essere esclusa se il giudice del procedimento nel quale dette risultanze istruttorie vengono acquisite rileva che, in relazione ad esse, si sia verificata la violazione dei diritti fondamentali, fermo restando che l'onere di allegare e provare i fatti da cui inferire tale violazione grava sulla parte interessata». «L'impossibilità per la difesa di accedere all'algoritmo utilizzato nell'ambito di un sistema di comunicazioni per criptare il testo delle stesse non determina una violazione dei diritti fondamentali, dovendo escludersi, salvo specifiche allegazioni di segno contrario, il pericolo di alterazione dei dati in quanto il contenuto di ciascun messaggio è inscindibilmente abbinato alla sua chiave di cifratura, ed una chiave errata non ha alcuna possibilità di decriptarlo anche solo parzialmente» Cass. penumero , sez. Unite, ud. 29 febbraio 2024 dep. 14 giugno 2024 , numero 23755 e numero 23756, Pres. Cassano Est. Corbo .