La destinazione di un locale ad alloggio del portiere è inquadrabile nello schema della servitù

Il negozio con cui si imprime ad un immobile il vincolo di destinazione in perpetuo ad alloggio del portiere, non è sussumibile nella categoria delle obbligazioni propter rem ”. Il vincolo di destinazione, essendo volto a beneficiare di un servizio anche le unità immobiliari di proprietà esclusiva degli obbligati, si risolve non già in un azzeramento delle facoltà spettanti ai proprietari, ma in una convenzione che ne disciplina un uso diverso.

Il caso Il costruttore aveva concesso al condominio l'immobile alloggio al piano terra in uso perpetuo, affinché venisse utilizzato come alloggio per il portiere , «al fine di assicurarsi in contropartita eventuali servizi indispensabili, servizi che in ogni caso saranno retribuiti a parte», riservandosi la proprietà ed escludendo che l'alloggio rientrasse nelle cose comuni di cui all' articolo 1117 c.c. Premesso ciò, a seguito di compravendita , il condominio era stato citato in giudizio da Tizio e Caio, i quali chiedevano al giudice l'inopponibilità del diritto d'uso dell'alloggio e, per l'effetto, la condanna al condominio alla restituzione dell'immobile e al pagamento di indennità per l' illegittima occupazione . I giudici di merito rigettavano la domanda. La cessione delle quote In particolare, secondo la Corte territoriale, la disposizione del regolamento di condominio , di natura contrattuale, era vincolante per tutti i condomini e per i loro successori in quanto trascritto ex articolo 2643 c.c. L'assegnazione dei servizi ai quali faceva riferimento la clausola indicava i motivi e non la causa della concessione in uso perpetuo del locale , che l'unità aveva continuato, senza soluzione di continuità, a essere adibita a portineria. Negli anni erano state cedute quote di proprietà dell'unità portineria unitamente alla proprietà dei vari alloggi, tanto che gli stessi appellanti avevano acquistato una quota dell'immobile e poi nell'atto di acquisto, ai due appellanti, erano state cedute “ tutte le quote di spettanza ” dell'immobile, indicando espressamente che trattavasi di unità “ adibita a portineria ”. Dunque, a parere dei giudici, l' intenzione dell'originaria proprietaria era quella di concessione di uso perpetuo , da intendersi come vincolo suscettibile di trasmissione, di natura reale e da qualificare come servitù atipica, in favore di tutti gli immobili costituenti il condominio. Le contestazioni dei ricorrenti Avverso il provvedimento in commenti, Tizio e Caio promuovevano ricorso in Cassazione eccependo che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d'appello, il diritto d'uso del condominio era sottoposto alla condizione risolutiva della preferenza del condominio nell'affidare i servizi alla società costruttrice per cui, avendo questa venduto l'alloggio del portiere a persone fisiche, era venuto meno sia il diritto d'uso del condominio sia il diritto di preferenza nell'assegnazione dei servizi, con la conseguenza che i proprietari potevano rientrare nel possesso dell'immobile. L'interpretazione del contratto La sentenza impugnata aveva interpretato correttamente la clausola del regolamento espressamente escludendo il carattere di sinallagmaticità tra la destinazione del locale a portierato e l'assegnazione di servizi alla società proprietaria del locale , ritenendo che la clausola costituiva una servitù di natura atipica. Quindi, poiché l'interpretazione del contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, i ricorrenti avrebbero dovuto fare valere la violazione dei canoni legali di interpretazione del negozio. Vincolo di destinazione in perpetuo ad alloggio del portiere In tal contesto, conformemente all'orientamento giurisprudenziale, i giudici di legittimità escludono che il vincolo di destinazione in perpetuo ad alloggio del portiere sia sussumibile nella categoria delle obbligazioni propter rem , difettando il requisito della tipicità. Viceversa, può assumere carattere di realità, così da essere inquadrato nello schema delle servitù, in quanto inteso a restringere permanentemente i poteri normalmente connessi alla proprietà di quel bene e ad assicurare correlativamente particolari vantaggi e utilità alle altre unità immobiliari e alle parti comuni. Di conseguenza, nella fattispecie, non avevano pregio i richiami dei ricorrenti ai princìpi valevoli in tema di usufrutto e di uso , in ordine alla durata non superiore al trentennio di tali diritti reali costituiti a favore di persona giuridica, perché analogo limite temporale non è previsto per le servitù. Vincolo di destinazione diretto a beneficiare di un servizio I giudici escludono che il vincolo relativo all'alloggio del portiere si risolva in uno svuotamento del contenuto del diritto di proprietà , non solo in quanto si tratta di vincolo di destinazione diretto a beneficiare di un servizio anche l'unità immobiliare di proprietà esclusiva degli obbligati, ma anche in quanto il vincolo non annulla qualsiasi utilità connessa al godimento dell'immobile ciò in quanto, sia nei periodi nei quali il condominio eventualmente deliberi di non avvalersi del servizio di portierato, sia nel caso in cui il condominio deliberi la cessazione definitiva di quel servizio, sono i proprietari che possono utilizzare l'immobile. In conclusione, il ricorso è stato integralmente rigettato.

Presidente Mocci – Relatore Cavallino Fatti di causa 1. F.G. e E.R. hanno convenuto avanti il Tribunale di Torino il Condominio OMISSIS di OMISSIS , piazza OMISSIS , esponendo di avere acquistato da OMISSIS s.a.s. con atto a rogito notaio B. 13 dicembre 2017 un alloggio al piano terra del Condominio, censito al CT di OMISSIS al foglio OMISSIS l'originaria proprietaria e costruttrice del fabbricato aveva concesso l'immobile in uso perpetuo al Condominio, affinché venisse utilizzato come alloggio per il portiere, “al fine di assicurarsi in contropartita eventuali servizi indispensabili, servizi che in ogni caso saranno retribuiti a parte”, riservandosi la proprietà ed escludendo che l'alloggio rientrasse nelle cose comuni di cui all' articolo 1117 cod. civ. , secondo la previsione dell'articolo 20 del regolamento del Condominio. Hanno chiesto che il diritto d'uso dell'alloggio fosse dichiarato a loro inopponibile e che il Condominio convenuto fosse condannato alla restituzione e al pagamento di indennità per l'illegittima occupazione. Il Condominio si è costituito contestando la domanda, sostenendo che il vincolo era di natura reale-pertinenziale e con sentenza numero 3753/2020 depositata il 26-10-2020 il Tribunale di Torino ha rigettato le domande degli attori, condannandoli alla rifusione delle spese di lite. 2. F.G. e E.R. hanno proposto appello, che la Corte d'appello di Torino ha rigettato con sentenza numero 207/2023 depositata in data 27-2-2023. La sentenza ha considerato che l'articolo 20 del regolamento di condominio a rogito di data 12-11-1964, di natura contrattuale, vincolante per tutti i condomini e per i loro successori in quanto trascritto ex articolo 2643 cod. civ. , aveva previsto che i locali di portineria restavano di proprietà della società costruttrice OMISSIS ed erano concessi “in uso perpetuo” al Condominio con tale destinazione “al fine di assicurarsi in contropartita eventuali servizi indispensabili alla OMISSIS , servizi che in ogni caso saranno retribuiti a parte”. Ha rilevato che l'assegnazione dei servizi ai quali faceva riferimento la clausola indicava i motivi e non la causa della concessione in uso perpetuo del locale, che l'unità dal 1964 aveva continuato, senza soluzione di continuità, a essere adibita a portineria, che negli anni erano state cedute quote di proprietà dell'unità portineria unitamente alla proprietà dei vari alloggi, tanto che gli stessi appellanti avevano acquistato la quota di 171/100000 dell'immobile e poi nell'atto di acquisto dalla società OMISSIS , rappresentata dalla stessa F.G., ai due appellanti, erano state cedute “tutte le quote di spettanza” dell'immobile, indicando espressamente che trattavasi di unità “adibita a portineria”. Ha dichiarato che intenzione dell'originaria proprietaria era quella di concessione di uso perpetuo, da intendersi come vincolo suscettibile di trasmissione, di natura reale e da qualificare come servitù atipica, in favore di tutti gli immobili costituenti il condominio. 3.Avverso la sentenza F.G. e E.R. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Condominio OMISSIS ha resistito con controricorso. In data 2-10-2023 il consigliere delegato ex articolo 380-bis cod. proc. civ. ha depositato proposta di definizione anticipata nel senso dell'inammissibilità o manifesta infondatezza del ricorso e il 27-10-2023 il difensore dei ricorrenti munito di nuova procura speciale ha chiesto procedersi al giudizio. Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex articolo 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell'adunanza in camera di consiglio i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa. All'esito della camera di consiglio del 5-6-2024 la Corte ha riservato il deposito dell'ordinanza. Ragioni della decisione 1.Il primo motivo di ricorso è proposto lamentando la violazione e falsa applicazione degli articolo 979 e 1026 cod. civ. in relazione all' articolo 360 co. 1 numero 3 cod. proc. civ. I ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata, ritenendo che l'articolo 20 del regolamento di condominio costituisse a favore del Condominio una concessione di uso perpetuo, da intendersi come vincolo suscettibile di trasmissione erga omnes, di natura reale, avrebbe dovuto considerare che il diritto reale istituito a favore di persona giuridica, ai sensi degli articolo 1026 e 979 cod. civ. , non può superare il trentennio evidenziano che il riconoscimento di un diritto perpetuo d'uso a favore del Condominio implicherebbe, ai danni dei ricorrenti, l'attribuzione di un diritto di proprietà vuoto, senza alcuna delle facoltà spettanti al proprietario. Sostengono che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d'appello, il diritto d'uso del Condominio era sottoposto alla condizione risolutiva della preferenza del Condominio nell'affidare i servizi alla società costruttrice per cui, avendo la società costruttrice venduto l'alloggio del portiere a persone fisiche, è venuto meno sia il diritto d'uso del Condominio sia il diritto di preferenza nell'assegnazione dei servizi, con la conseguenza che i proprietari possono rientrare nel possesso dell'immobile. 2.Il secondo motivo è proposto lamentando la violazione e falsa applicazione dell' articolo 1117 co.1 numero 2 cod. civ. in relazione all' articolo 360 co.1 numero 3 cod. proc. civ. I ricorrenti sostengono che la Corte d'appello abbia qualificato la fattispecie nell'ambito delle servitù atipiche sulla base di una erronea lettura della giurisprudenza di legittimità e che invece avrebbe dovuto ritenere che il contratto aveva come causa lo scambio tra il diritto d'uso dell'appartamento e il diritto di preferenza nell'assegnazione degli appalti per cui, venuto meno il secondo termine del sinallagma, l'immobile doveva essere restituito ai proprietari. 3.I motivi, esaminati unitariamente stante la connessione, sono infondati. 3.1.In primo luogo, non hanno fondamento le deduzioni con le quali i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata abbia erroneamente interpretato la clausola numero 20 del regolamento di condominio. La sentenza impugnata ha interpretato la clausola espressamente escludendo il carattere di sinallagmaticità tra la destinazione del locale a portierato e l'assegnazione di servizi alla società proprietaria del locale e ritenendo che la clausola avesse costituito una servitù di natura atipica. Quindi, poiché l'interpretazione del contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, i ricorrenti avrebbero dovuto fare valere la violazione dei canoni legali di interpretazione del negozio di cui agli articolo 1362 e ss. c.c. , non solo facendo esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, ma anche precisando in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si fosse discostato dai canoni legali assunti come violati, o se lo stesso li avesse applicati sulla base di considerazioni illogiche o insufficienti la censura non poteva risolversi nella mera contrapposizione tra l'interpretazione dei ricorrenti e quella accolta dalla sentenza impugnata, poiché quest'ultima non deve essere l'unica astrattamente possibile, ma solo una delle plausibili interpretazioni Cass. Sez. 1 9-4-2021 numero 9461 Rv. 661265-01, Cass. Sez. 3 28-11-2017 numero 28319 Rv. 646649-01, Cass. Sez. 1 15-11-2017 numero 27136 Rv. 646063-01 . Evidentemente non ha pregio l'affermazione dei ricorrenti nella memoria, secondo la quale la loro richiesta è quella di cassare la sentenza “al fine di interpretare il contratto intercorso tra le parti in modo conforme al principio di diritto già formulato con la citata sentenza Cass. numero 193 del 2020 ” a tale fine i ricorrenti avrebbero dovuto svolgere il motivo facendo emergere che l'interpretazione del contratto eseguita dal giudice di merito era stata eseguita in violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, in quanto il dato non è insito in sé nel fatto che l'interpretazione da loro sostenuta del testo contrattuale possa trovare conferma in principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte. In altri termini, al fine di invocare l'applicazione del principio posto da Cass. 193/2020 , i ricorrenti avrebbero dovuto dimostrare che la clausola contrattuale di cui si discute avesse contenuto tale da consentire l'applicazione di quel principio. 3.2.Inoltre, non hanno fondamento le deduzioni volte a sostenere che il regolamento di condominio di natura contrattuale, predisposto dall'originaria unica proprietaria dell'immobile e accettato da tutti i condomini in quanto contenuto negli atti di acquisto e trascritto, secondo quanto accertato dalla sentenza impugnata, non potesse costituire una servitù atipica, quale diritto reale avente a oggetto la destinazione di locale ad alloggio del portiere, con previsione poi riprodotta anche nell'atto di acquisto di quell'unità immobiliare da parte dei ricorrenti. Come già evidenziato non solo nella sentenza impugnata ma anche nella proposta di definizione anticipata, la Cassazione ha già avuto modo di dare atto che la destinazione di locale ad alloggio del portiere è inquadrabile nello schema della servitù. Dopo che già Cass. Sez. 2 24-10-2018 numero 26987 Rv. 654985 aveva escluso che il vincolo di destinazione in perpetuo ad alloggio del portiere fosse sussumibile nella categoria delle obbligazioni propter rem, Cass. Sez. 6-2 14-10 -2022 numero 30302 Rv. 665975-01 , pronunciando in lite avente a oggetto il vincolo di destinazione ad alloggio del portiere di unità immobiliare di proprietà esclusiva compresa in un condominio, ha confermato che il vincolo non è sussumibile nella categoria delle obbligazioni propter rem, difettando il requisito della tipicità, e può viceversa assumere carattere di realità, così da essere inquadrato nello schema delle servitù, in quanto inteso a restringere permanentemente i poteri normalmente connessi alla proprietà di quel bene e ad assicurare correlativamente particolari vantaggi e utilità alle altre unità immobiliari e alle parti comuni. Ne consegue che non hanno pregio i richiami dei ricorrenti ai principi valevoli in tema di usufrutto e di uso, in ordine alla durata non superiore al trentennio di tali diritti reali costituiti a favore di persona giuridica, perché analogo limite temporale non è previsto per le servitù quindi, non è pertinente alla fattispecie il precedente di Cass. Sez. 2 9-1-2020 numero 193 Rv. 656828 sul quale insistono i ricorrenti, in quanto relativo a fattispecie nella quale il titolo aveva costituito diritto reale d'uso a favore di persona giuridica ex articolo 1026 e 979 cod. civ. Si esclude che, inquadrato nello schema della servitù, il vincolo relativo all'alloggio del portiere si risolva in uno svuotamento del contenuto del diritto di proprietà, come pure lamentano i ricorrenti, non solo in quanto si tratta di vincolo di destinazione diretto a beneficiare di un servizio anche l'unità immobiliare di proprietà esclusiva degli obbligati, ma anche in quanto il vincolo non annulla qualsiasi utilità connessa al godimento dell'immobile in questo senso già Cass. Sez. 2 14-9-2022 numero 26980, non massimata ciò in quanto, sia nei periodi nei quali il Condominio eventualmente deliberi di non avvalersi del servizio di portierato, sia nel caso in cui il Condominio deliberi la cessazione definitiva di quel servizio, sono i proprietari che possono utilizzare l'immobile. La situazione che ne deriva non è dissimile a quella della servitù di parcheggio, riconosciuta a condizione che la facoltà che ne deriva risulti attribuita a diretto vantaggio del fondo dominante, per la sua migliore utilizzazione, quale utilitas di carattere reale cfr. da ultimo Cass. Sez. U 13-2-2024 numero 3925 Rv. 670197-01 . 4.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato. In applicazione del principio della soccombenza, i ricorrenti devono essere condannati alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate. Inoltre, poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ex articolo 380bis cod. proc. civ. , devono essere applicati, come previsto dal comma terzo dello stesso articolo 380bis cod. proc. civ. , il terzo e il quarto comma dell' articolo 96 cod. proc. civ. , con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento a favore del controricorrente di somma equitativamente determinata nella misura di cui in dispositivo, nonché al pagamento di ulteriore somma a favore della cassa delle ammende. Come evidenziato da Cass. Sez. U 27-9-2023 numero 27433 Rv. 668909-01 e Cass. Sez. U 13-10-2023 numero 28540 Rv. 669313-01 , l'articolo 380-bis co.3 cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l' articolo 96 co. 3 e 4 cod. proc. civ. , codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un'ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata. In considerazione dell'esito del ricorso, ai sensi dell'articolo 13 co. 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 numero 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna i ricorrenti alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.500,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege condanna i ricorrenti ex articolo 96 co.3 e 4 cod. proc. al pagamento di Euro 4.500,00 a favore del controricorrente e di Euro 3.000,00 a favore della cassa delle ammende. Sussistono ex articolo 13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 numero 115 i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.