Minacce al CSM su YouTube: per la condanna occorre l’effettiva conoscenza del contenuto del video

L’uomo, dopo aver pubblicato su YouTube un video di minacce contro magistrati e CSM, era stato rinviato a giudizio ai sensi dell’articolo 338 c.p., ma la Cassazione ribalta la decisione dei giudici di merito.

Oggetto della vicenda in esame è la condanna ai sensi dell'articolo 338 c.p. di un uomo che aveva minacciato, in un video pubblicato su YouTube nel 2020, i componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, per un torto subito da parte dei giudici circa oltre vent'anni prima e rispetto al quale chiedeva il risarcimento del danno. Ma l'uomo non ci sta, e quindi ricorre in Cassazione, sostenendo che le minacce erano poco credibili e che il contenuto dell'audio-video non era stato portato a conoscenza dei destinatari la Corte d'Appello, infatti, aveva dato per scontata la sicura conoscenza dello stesso in capo al CSM e ai suoi componenti. Il ricorso coglie nel segno. I Giudici, infatti, affermano che nell'ipotesi in cui il reato sia stato commesso mediante un «processo esecutivo frazionabile», come quando la minaccia non sia stata esternata alla presenza del destinatario ma sia stata allo stesso veicolata in modo indiretto, è necessario accertare - per stabilire l'esatto inquadramento nella fattispecie del delitto consumato e/o del delitto tentato - se la minaccia sia venuta o meno a conoscenza del soggetto passivo nella seconda ipotesi, il reato rimane confinato allo stadio del tentativo punibile ex multis, Cass. numero 45506 del 27/04/2023 . Nel caso in esame, non è emerso che il ricorrente avesse esternato il suo pensiero al cospetto dei Magistrati interessati, avendo lo stesso diffuso il messaggio attraverso YouTube. Ora, per quanto il canale di comunicazione abbia assicurato una veicolazione in tempo reale e altamente diffusiva del messaggio, non può tale modalità comunicativa assicurare la sicura ed immediata conoscenza del contenuto del video in capo ai diretti interessati le concrete modalità di comunicazione imponevano dunque al giudice di merito di accertare se il messaggio audio-video postato dal ricorrente fosse stato veicolato e fosse effettivamente entrato nel patrimonio cognitivo dei soggetti passivi. Per questi motivi, il ricorso viene accolto.

Presidente Di Stefano – Relatore Ianniciello Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza sopra indicata, la Corte di appello di Roma confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Latina in data 15 giugno 2021, con cui P.M. veniva ritenuto responsabile del reato di cui all'articolo 338 cod. penumero per avere minacciato, in un video pubblicato sul sito omissis in data omissis , i componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, per un torto asseritamente subito da parte dei giudici circa oltre venti anni prima e rispetto al quale chiedeva il risarcimento del danno. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il P.M., con atto sottoscritto dal suo difensore, affidato a tre distinti motivi. 2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge in relazione all'articolo 338 cod. penumero per avere la Corte distrettuale ravvisato il reato, nonostante le minacce proferite fossero poco credibili e nonostante il contenuto dell'audio-video non fosse stato portato a conoscenza dei destinatari. 2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione, per avere i giudici di merito erroneamente valutato la portata offensiva del video-messaggio che - per forma e contenuto ma anche per le condizioni di salute del ricorrente - era privo di carica minatoria essendo riconducibile piuttosto ad una mera goliardata . 2.3. Con il terzo motivo, il difensore ha dedotto il vizio di motivazione per avere i giudici negato i benefici di legge. 3. Il procedimento è stato trattato nell'odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all'articolo 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, numero 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, numero 176, i cui effetti sono stati prorogati da successive modifiche legislative. Considerato in diritto 1. Ritiene la Corte che il ricorso vada accolto, essendo fondati il primo e il secondo motivo. 1.1. Il devolutum consiglia una sintetica ricognizione degli approdi interpretativi della giurisprudenza di legittimità in ordine agli elementi costituivi del reato in contestazione. Al proposito, si è ritenuto che, con la norma in contestazione, il legislatore abbia inteso garantire l'effettivo funzionamento delle istituzioni democratiche, perseguendo, con una sorta di anticipazione di tutela, ogni tentativo, minatorio o violento, finalizzato all'eterodirezione dell'organo politico, amministrativo o giudiziario e/o dei suoi componenti. La ratio puniendi impone, dunque, l'accertamento della idoneità della violenza e/o della minaccia, in tutte le loro declinazioni, ad eliminare o ridurre apprezzabilmente nel soggetto passivo la capacità di determinarsi e di agire secondo la propria indipendente volontà. Non richiede, invece, che l'impedimento o la turbativa si realizzino effettivamente. Analogamente, ai fini della consumazione del reato, non assume rilevanza l'eventuale resistenza alla minaccia del soggetto passivo ed è sufficiente che la condotta minatoria o violenta sia stata esternata anche solo alla presenza di un singolo componente dell'organo collegiale e non necessariamente alla presenza dell'organo collegiale riunito ex multis, Sez. 6, numero 2810 del 14.10.1994 Sez. 6, numero 45506 del 27.4.2023 . Con precipuo riferimento al thema relativo alla valutazione della idoneità del comportamento e/o dell'atteggiamento intimidatorio è ius receptum come la idoneità debba essere necessariamente rapportata alle concrete circostanze del fatto e, quindi, innanzitutto al contesto socio-ambientale in cui la condotta si realizza, di guisa che anche un comportamento o un atteggiamento che, in altri contesti, possano sembrare neutri ed indifferenti o costituire, ad esempio, una sollecitazione, per quanto deprecabile, in determinate circostanze possono invece assumere un significato fortemente minaccioso, ex multis, Sez. 6, numero 3828 del 4/11/2005, Rv 232858-01 . 2. Tale essendo le regulae iuris cui attenersi, si rileva come - nel caso in esame - il giudice di merito si sia solo in parte uniformato agli enunciati principi di diritto. La Corte distrettuale - nel richiamare la trama motivazionale della sentenza impugnata - aveva inferito la serietà della minaccia dal tenore esplicito delle parole minacciose, dalla invasività del mezzo di comunicazione, dalla evocazione di soggetti di elevato spessore criminale, dal richiamo a pregresse esperienze militari e dal riferimento ad una vicenda realmente accaduta sent. pagg. 3 e 4 . 2.1. Ritiene, purtuttavia, il Collegio che detti elementi abbiano un valore neutro, vieppiù al cospetto di un profluvio di parole, assai vaghe e indeterminate, e di una teatralità evocativa di farneticazione, piuttosto che espressione di una vera e propria intimidazione. La insufficienza degli elementi enunciati dal giudice di merito ai fini della formulazione del giudizio di serietà della minaccia si traduce nel denunciato vulnus motivazionale, sì da richiedere un nuovo giudizio sul punto per l'eventuale indicazione ed apprezzamento di ulteriori e concreti elementi da cui inferire la idoneità della minaccia ex articolo 338 cod. penumero 3. Fondato è altresì il motivo relativo alla qualificazione giuridica della fattispecie concreta, contestata e ritenuta nelle forme del delitto consumato, ma da ricondurre, secondo il difensore, nella ipotesi del tentativo ex articolo 56 cod. penumero La Corte distrettuale - benché sollecitata a scrutinare la dedotta quaestio iuris - è rimasta completamente silente, associando alle modalità di comunicazione del messaggio, oggettivamente invasive, la sicura conoscenza dello stesso in capo all'organo collegiale del C.S.M. e/o ai suoi componenti. Il sillogismo, tuttavia, non convince. Nella ipotesi in cui il reato sia stato commesso mediante un «processo esecutivo frazionabile», come quando la minaccia non sia stata esternata alla presenza del destinatario ma sia stata allo stesso veicolata in modo indiretto, è necessario accertare - per stabilire l'esatto inquadramento nella fattispecie del delitto consumato e/o del delitto tentato - se la minaccia sia venuta o meno a conoscenza del soggetto passivo. Nella seconda ipotesi, il reato rimane confinato allo stadio del tentativo punibile ex multis, Sez. 6, numero 45506 del 27/04/2023, Bagarella, Rv. 285548 - 01 . 3.1. Nel caso in esame, dalla ricostruzione in fatto della vicenda sub iudice, operata dai giudici di merito, non è emerso che il P.M. avesse esternato il suo pensiero al cospetto dei Magistrati interessati, avendo lo stesso diffuso il messaggio per il tramite del social network OMISSIS . Ora, per quanto il canale di comunicazione abbia assicurato una veicolazione in tempo reale e altamente diffusiva del messaggio, non può la descritta modalità comunicativa assicurare eo ipso la sicura ed immediata conoscenza del propalato in capo ai diretti interessati. Le concrete modalità di comunicazione imponevano al giudice di merito di accertare se, nel caso concreto, il messaggio audio-video postato dal ricorrente fosse stato veicolato e fosse effettivamente entrato nel patrimonio cognitivo dei soggetti passivi. 4. I motivi di ricorso relativi alla mancata concessione dei benefici di legge restano assorbiti dovendosi procedere ad un nuovo giudizio. 5. Per le ragioni esposte, si impone dunque l'annullamento della sentenza con rinvio per nuovo giudizio perché sia accertata la idoneità della minaccia e, in caso di valutazione positiva, sia verificata l'effettiva conoscenza del contenuto del messaggio minatorio in capo all'organo collegiale del C.S.M. o quantomeno di uno dei suoi componenti, ai fini della esatta qualificazione giuridica, in termini di delitto consumato e/o tentato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma.