Ambiente stressogeno con difficoltà relazionali a scuola: possibile risarcimento per l’assistente amministrativa

Riprende vigore l’istanza avanzata da una donna nei confronti del Ministero dell’Istruzione. Illogico, secondo i Giudici, ritenere le difficoltà relazionali accertate nella struttura scolastica e lamentate dalla assistente amministrativa come imputabili anche a lei, senza, però, considerare che l’ambiente lavorativo stressogeno è configurabile come fatto ingiusto.

Riflettori puntati su una scuola e sul complicato rapporto tra il dirigente e un’assistente amministrativa, destinataria addirittura di un trasferimento – poi annullato – per incompatibilità ambientale . Questa situazione di difficile convivenza ha inevitabili strascichi giudiziari uno, in particolare, concerne la richiesta di risarcimento avanzata dall’assistente amministrativa nei confronti del Ministero dell’Istruzione per il danno subito, a suo dire, per le vessazioni inflittele dal datore di lavoro, ossia dal dirigente scolastico. Per i giudici di merito, però, l’istanza è priva di fondamento, soprattutto perché si sono rivelate generiche le prove fornite dalla lavoratrice in ordine alla presunta persecutorietà delle condotte tenute nei suoi confronti da colleghi e superiori. Inoltre, le difficoltà relazionali sono risultate, secondo i giudici, imputabili anche alla lavoratrice. Non a caso, a riprova dell’esistenza di un difficile clima lavorativo e di un degrado dei rapporti professionali, situazione , questa, imputabile anche alla lavoratrice , viene evidenziato che una prima sanzione disciplinare nei confronti dell’assistente amministrativa era stata annullata per vizi meramente procedurali, mentre altre due sanzioni disciplinari erano state confermate. Per la lavoratrice è assurda, ovviamente, la valutazione compiuta in appello. Ecco spiegato il suo ricorso in Cassazione, centrato sulla condotta persecutoria da lei subita nell’ambiente di lavoro. Su questo punto, in particolare, il legale che la rappresenta osserva che ci si trova di fronte a condotte reiterate nel tempo da parte del dirigente scolastico e consistenti in comportamenti ostili di carattere discriminatorio e persecutorio , da cui era conseguita la mortificazione morale e l’emarginazione della dipendente nell’ambiente di lavoro, con effetti lesivi del suo equilibrio psico-fisico e della sua personalità. Non a caso, aggiunge il legale, in Tribunale è stata dichiarata l’illegittimità del trasferimento per incompatibilità ambientale della lavoratrice, trasferimento disposto dal dirigente scolastico nel 2005. Tirando le somme, il legale pone in rilievo in Cassazione il protrarsi delle tensioni , dell’ostilità e della conflittualità nel contesto lavorativo in cui era inserita la sua cliente. Prima di prendere in esame la specifica vicenda, i Giudici richiamano alcuni principi di diritto, ribadendo che la nozione di mobbing come quella di straining è una nozione di tipo medico-legale, che non ha autonoma rilevanza ai fini giuridici e serve soltanto per identificare comportamenti che si pongono in contrasto con la norma del Codice Civile a tutela delle condizioni di lavoro e con la normativa in materia di tutela della salute negli ambienti di lavoro, e aggiungendo che è configurabile il mobbing lavorativo ove ricorra l’elemento obiettivo, integrato da una pluralità continuata di comportamenti pregiudizievoli per la persona interni al rapporto di lavoro , e quello soggettivo dell’ intendimento persecutorio nei confronti della vittima , e ciò a prescindere dalla illegittimità intrinseca di ciascun comportamento, in quanto la concreta connotazione intenzionale colora in senso illecito anche condotte altrimenti astrattamente legittime, il tutto secondo un assetto giuridico pianamente inquadrabile nell’ambito civilistico, ove si consideri che la determinazione intenzionale di un danno alla persona del lavoratore da parte del datore di lavoro o di chi per lui è in re ipsa ragione di violazione di quanto stabilito dal Codice Civile e quindi di responsabilità contrattuale. In aggiunta, è configurabile lo straining quando vi siano comportamenti stressogeni scientemente attuati nei confronti di un dipendente , anche se manchi la pluralità delle azioni vessatorie. In questo quadro va aggiunta un’ulteriore riflessione un ambiente lavorativo stressogeno è configurabile come fatto ingiusto , suscettibile di condurre anche al riesame di tutte le altre condotte datoriali allegate come vessatorie, ancorché apparentemente lecite o solo episodiche, in quanto la tutela del diritto fondamentale della persona del lavoratore trova fonte direttamente nella lettura, costituzionalmente orientata, della norma del Codice Civile in materia di tutela delle condizioni di lavoro. Passando dall’orizzonte più ampio ai dettagli della vicenda oggetto del processo, i magistrati di Cassazione censurano la valutazione compiuta in appello, poiché si sono ritenute le difficoltà relazionali accertate nella struttura scolastica e lamentate dalla assistente amministrativa come imputabili anche a lei, senza, però, considerare che «l’ambiente lavorativo stressogeno è configurabile come fatto ingiusto, suscettibile di condurre anche al riesame di tutte le altre condotte datoriali allegate come vessatorie , pur se non necessariamente viene accertato l’intento persecutorio che unifica tutte le condotte denunciate – come richiesto solo per il mobbing – ancorché apparentemente lecite o solo episodiche», e, inoltre, «senza operare una precisa e completa ricostruzione dei fatti» relativi «all’annullamento del trasferimento della dipendente per incompatibilità ambientale e all’annullamento di due sanzioni disciplinari a lei irrogate, e senza esaminare tali episodi nel contesto complessivo della condotta datoriale».

Presidente Tria – Relatore Buconi Fatti di causa 1. La Corte d'Appello di Bologna ha rigettato il gravame proposto da L.G. avverso la sentenza del Tribunale di Forlì, che aveva respinto il suo ricorso, volto ad ottenere il risarcimento del danno per le vessazioni datoriali subite. 2. Richiamata la giurisprudenza di legittimità sul mobbing e sullo straining, la Corte territoriale ha considerato generiche le allegazioni contenute nel ricorso introduttivo in ordine alla persecutorietà della condotta di colleghi e superiori, ed insussistente la relativa prova. 3. Il giudice di appello ha rilevato che dalla sentenza numero 132/2008 del Tribunale di Forlì solo così richiamata era emerso il mancato assolvimento, da parte del Ministero, dell'onere probatorio relativo alla sussistenza di ragioni che legittimassero il trasferimento per incompatibilità ambientale della lavoratrice, poi annullato. 4. A fronte delle risultanze della prova testimoniale espletata in quel giudizio ha affermato che le difficoltà relazionali erano imputabili anche alla L.G 5. A riprova dell'esistenza di un difficile clima lavorativo e di un degrado dei rapporti professionali imputabile anche alla L.G., ha inoltre evidenziato che una prima sanzione disciplinare nei confronti della medesima era stata annullata per vizi meramente procedurali, mentre altre due sanzioni disciplinari erano state confermate. 6. Avverso tale sentenza L.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. 7. Il Ministero dell'Istruzione ha resistito con controricorso, illustrato da memoria. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 2, 3, 4, 32 e 35 Cost , nonché degli articolo 2087 e 2049 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., in relazione all'articolo 360, comma primo, numero 3 cod. proc. civ. Critica la sentenza impugnata per avere ritenuto generiche le allegazioni relative alla condotta persecutoria da parte di colleghi o superiori ed insussistente la relativa prova. Evidenzia che le condotte descritte nel ricorso introduttivo, assolutamente non generiche, riguardano condotte reiterate nel tempo da parte del dirigente scolastico e consistenti in comportamenti ostili di carattere discriminatorio e persecutorio, da cui era conseguita la mortificazione morale e l'emarginazione della L.G. nell'ambiente di lavoro, con effetti lesivi del suo equilibrio psico-fisico e della sua personalità. 2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articolo 2, 3, 4, 32 e 35 Cost , nonché degli articolo 2087 e 2049 cod. civ. e 115 cod. proc. civ. in relazione all'articolo 360, comma primo, numero 3 cod. proc. civ. Evidenzia che la sentenza numero 132/2008 del Tribunale di Forlì aveva dichiarato l'illegittimità del trasferimento per incompatibilità ambientale della ricorrente disposto dal dirigente scolastico nel 2005. 3. Si duole della mancata considerazione, da parte della Corte territoriale, della totalità delle argomentazioni svolte nella sentenza numero 132/2008 del Tribunale di Forlì. 4. Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione degli articolo 2, 3, 4, 32 e 35 Cost , nonché degli articolo 2087 e 2049 cod. civ. e 115 cod. proc. civ. in relazione all'articolo 360, comma primo, numero 4 cod. proc. civ. Evidenzia che la Corte territoriale ha ritenuto generiche ed irrilevanti le richieste istruttorie della parte ancorché contenessero precisi riferimenti spazio temporali e fossero volte a dimostrare il protrarsi delle tensioni, dell'ostilità e della conflittualità nel contesto lavorativo in cui era inserita la L.G Lamenta la nullità della sentenza per manifesta illogicità, avendo la Corte territoriale rigettato la domanda senza ancorare la propria valutazione ai principi e alle regole in tema di disponibilità delle prove. 5. Il ricorso è fondato. 6. Per consolidato orientamento di questa Corte la nozione di mobbing come quella di straining è una nozione di tipo medico-legale, che non ha autonoma rilevanza ai fini giuridici e serve soltanto per identificare comportamenti che si pongono in contrasto con l' articolo 2087 cod. civ. e con la normativa in materia di tutela della salute negli ambienti di lavoro Cass. 19 febbraio 2016, numero 3291 Cass. numero 32257/2019 . Secondo gli orientamenti maturati presso questa Corte, è configurabile il mobbing lavorativo ove ricorra l'elemento obiettivo, integrato da una pluralità continuata di comportamenti pregiudizievoli per la persona interni al rapporto di lavoro e quello soggettivo dell'intendimento persecutorio nei confronti della vittima Cass. 21 maggio 2018, numero 12437 Cass. 10 novembre 2017, numero 26684 , a prescindere dalla illegittimità intrinseca di ciascun comportamento, in quanto la concreta connotazione intenzionale colora in senso illecito anche condotte altrimenti astrattamente legittime, il tutto secondo un assetto giuridico pianamente inquadrabile nell'ambito civilistico, ove si consideri che la determinazione intenzionale di un danno alla persona del lavoratore da parte del datore di lavoro o di chi per lui è in re ipsa ragione di violazione dell' articolo 2087 cod. civ. e quindi di responsabilità contrattuale, anche con i maggiori effetti di cui all' articolo 1225 cod. civ. per il caso di dolo è configurabile lo straining, quando vi siano comportamenti stressogeni scientemente attuati nei confronti di un dipendente, anche se manchi la pluralità delle azioni vessatorie Cass. 10 luglio 2018, numero 18164 . In materia di tutela della salute nell'ambiente di lavoro, questa Corte ha inoltre chiarito che un “ambiente lavorativo stressogeno” è configurabile come fatto ingiusto, suscettibile di condurre anche al riesame di tutte le altre condotte datoriali allegate come vessatorie, ancorché apparentemente lecite o solo episodiche, in quanto la tutela del diritto fondamentale della persona del lavoratore trova fonte direttamente nella lettura, costituzionalmente orientata, dell' articolo 2087 cod. civ. vedi, tra le altre Cass. 7 febbraio 2023 numero 3692 e nello stesso senso Cass. nnumero 33639/2022 , 33428/2022 , 31514/2022 Si è inoltre affermato che per l'applicazione dell' articolo 2087 cod. civ. si deve fare riferimento alla normativa internazionale soprattutto Convenzioni ONU, OIL e CEDU e UE e, quindi, alle pronunce delle due Corti europee centrali CGUE e Corte EDU e che tale applicazione è caratterizzata dalla necessità di operare un bilanciamento tra il diritto al lavoro e alla salute del dipendente articolo 4 e 32 Cost. e la libertà di iniziativa economica del datore di lavoro privato articolo 41 Cost. ovvero per il dato di lavoro pubblico le esigenze organizzative e i limiti di spesa. L'elemento di base di questa operazione è rappresentato dalla adozione come definizione di salute non è quella di “semplice assenza dello stato di malattia o di infermità”, ma quella di “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale” originariamente contenuta nel Preambolo della Costituzione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità OMS oppure World Health Organization, WHO, entrata in vigore il 7 aprile 1948 , cui si riferiscono tutte le Carte internazionali in materia − a partire dalla importante Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità − e che è stata espressamente riprodotta nell' articolo 2, comma 1, lettera o del d.lgs. 9 aprile 2008, numero 81 . 7. La sentenza impugnata non è conforme a tali principi, in quanto ha ritenuto le difficoltà relazionali siano imputabili anche alla L.G., senza considerare che l' “ambiente lavorativo stressogeno” è configurabile come fatto ingiusto, suscettibile di condurre anche al riesame di tutte le altre condotte datoriali allegate come vessatorie pur se non necessariamente viene accertato l'intento persecutorio che unifica tutte le condotte denunciate come richiesto solo per il mobbing ancorché apparentemente lecite o solo episodiche inoltre, senza operare una precisa e completa ricostruzione del fatto, ha dato atto dell'annullamento del trasferimento della L.G. per incompatibilità ambientale che, ad avviso della Corte d'appello, risulterebbe dalla sentenza numero 132/2008 del Tribunale di Forlì, richiamata senza alcun chiarimento della relativa della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni ivi svolte e senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame e dell'annullamento di due sanzioni disciplinari irrogate alla medesima, senza esaminare tali condotte nel contesto complessivo della condotta datoriale. 8. Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di Appello di Bologna, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.