Investigazioni difensive preventive in vista della revisione: il potere di filtro del giudice dell’esecuzione

In caso di istanza del difensore del condannato in via definitiva di accesso ai reperti formulata ex articolo 327, comma 2, c.p.p. in vista di un futuro, eventuale, giudizio di revisione, rientra nel perimetro della decisione che deve prendere il giudice dell’esecuzione anche una valutazione sull’utilità dell’accertamento tecnico richiesto ai fini del giudizio di revisione e sulla novità della prova che vorrebbe introdurre in esso.

I fatti Un imputato, condannato in via definitiva per omicidio con sentenza irrevocabile del settembre 2021, proponeva, a mezzo difensore, istanza alla Corte d'assise d'appello, in funzione di giudice dell'esecuzione , per essere autorizzato a prelevare – in vista di un eventuale giudizio di revisione – il DNA mitocondriale dei capelli rinvenuti tra le mani della vittima, ad effettuare altre analisi su taluni reperti, ivi compresi gli esami del sangue. Il giudice dell'esecuzione respingeva l'istanza escludendo l'utilità degli accertamenti tecnici richiesti ai fini di un eventuale giudizio di revisione, nel rilievo che essi non costituiscono “prova nuova” perché in parte erano stati formulati anche nel giudizio di cognizione – e già respinti perché ritenuti assolutamente non necessari ai fini del decidere – ed in parte erano comunque deducibili sicché, in definitiva, l'istanza dissimulava, sotto le forme dell'incidente dell'esecuzione, la pretesa del condannato di cercare di ottenere un nuovo grado di impugnazione. Il ricorso per cassazione Avverso il rigetto dell'istanza di accertamenti tecnici, interponeva ricorso per cassazione il condannato che deduceva vizio di motivazione, sostenendo che il giudice dell'esecuzione, oltre ad aver offerto spiegazioni ricostruttive diverse da quelle effettuate in sede di cognizione, si sarebbe arrogato poteri del giudice della revisione, anticipando il giudizio di in ammissibilità dell'eventuale istanza, valutazione che sarebbe estranea rispetto al perimetro della decisione che gli era stata sottoposta. Il dictum La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha rigettato il ricorso ritenendo che l'ordinanza del giudice dell'esecuzione - che aveva in sostanza ritenuto non utili, ai fini di un eventuale giudizio di revisione, gli accertamenti tecnici richiesti con lo strumento delle investigazioni difensive preventive - resiste a tutte le censure che le sono state rivolte. La Cassazione ribadisce il proprio orientamento di legittimità più recente secondo il quale, a fronte di istanza di accesso ai reperti presentata dal difensore del condannato ex articolo 327-bis, comma 2, c.p.p. , rientra nel perimetro della decisione che deve prendere il giudice dell'esecuzione anche una valutazione sulla utilità dell'accertamento richiesto ai fini dell'eventuale giudizio di revisione e sulla novità della prova che si vorrebbe introdurre con esso. Ciò perché la delimitazione dei poteri del giudice dell'esecuzione non può che essere strettamente correlata ai requisiti di cui deve essere munita l'istanza difensiva per poter essere presa in considerazione in senso favorevole, in termini di decisività e di specificità , senza che possa darsi accesso ad libitum ad istanze meramente “esplorative” perché prive, ad esempio, di qualsivoglia prospettazione di nuove metodologie scientifiche da applicare ai richiesti accertamenti . I precedenti in tema di indagini difensive le sentenze “gemelle” Piemonte La sentenza in commento compie un'attenta disamina dei precedenti in materia sui poteri del giudice dell'esecuzione in caso di investigazioni difensive preventive , a partire dalle sentenze “gemelle” Piemonte , rese dalla Cassazione in due fasi diverse del medesimo procedimento penale. Con la prima, la Corte attribuisce la competenza del giudice dell'esecuzione e non già al giudice che sarebbe competente per il giudizio di revisione della sentenza di condanna a provvedere sull'istanza con la quale il difensore del condannato chiede l'autorizzazione al prelievo di campioni sui reperti sequestrati e in custodia dell'autorità giudiziaria, qualora il mandato al difensore sia stato conferito per compiere attività investigativa preventiva , consistente nella ricerca ed individuazione di elementi di prova per l'eventuale promuovimento del giudizio di revisione della sentenza di condanna, in quanto tale attività di indagine difensiva, consistente in una serie di operazioni tecnico scientifiche, risulta meramente prodromica alla eventuale presentazione dell'istanza di revisione Cass. penumero , sez. I, 5 dicembre 2006, dep. 2007, numero 1599 , Piemonte, Rv. 236236 conforme Cass. penumero , sez. I, 12 gennaio 2021, numero 2603 , Bossetti, Rv. 280356, resa a fronte di istanza di accesso ai corpi di reato nella nota vicenda dell'omicidio di Yara Gambirasio . Nella seconda, la Corte regolatrice si è invece posta il problema – che riaffiora anche nella vicenda oggi al vaglio – del rapporto tra l'istanza presentata al giudice dell'esecuzione ed eventuali istanze già presentate sullo stesso punto durate il giudizio di cognizione, precisando che il giudice dell'esecuzione, competente a decidere sull'istanza con la quale il condannato, a mezzo del proprio difensore, chieda l'autorizzazione al prelievo di campioni da reperti tuttora in giudiziale sequestro, onde utilizzarli per indagini difensive in vista di una eventuale richiesta di revisione, non può negare la suddetta autorizzazione sol perchè tale richiesta sarebbe, a suo avviso, destinata ad essere dichiarata inammissibile Cass. penumero , sez. I, 8 aprile 2008, Piemonte, Rv. 239581 . Indagini difensive preventive non è potere esercitabile ad libitum Nel comune percorso tratteggiato dalle due sentenze Piemonte , il perimetro della decisione del giudice dell'esecuzione è segnato dall' articolo 391-novies c.p.p. disciplinante le investigazioni preventive. Questa norma, però, contiene solo un'attribuzione del potere ma non indica esplicitamente i limiti di tale potere e, quindi, quali sono le attività autorizzabili dal giudice dell'esecuzione. Da ciò sono derivate talune incertezze applicative, anche con qualche dilatazione dell'ambito di estensione delle istanze del condannato autorizzabili in questa fase preventiva dal giudice dell'esecuzione ad esempio Cass. penumero , sez. I, 8 febbraio 2017, numero 13623 , Zagirov, annullando un provvedimento del giudice dell'esecuzione che aveva negato l'accesso del difensore del condannato ai campioni ematici ancora in sequestro, ha affermato l'autorizzabilità dell'istanza ex articolo 391-novies c.p.p. , mediante incidente di esecuzione, financo di un accertamento tecnico che provochi la distruzione del campione e rendano così l'esame irripetibile , in quanto, ormai, l'autorità giudiziaria ha definito il sequestro probatorio a suo tempo eseguito . Sono allora seguite alcune importanti precisazioni nella giurisprudenza successiva – tutta oggi debitamente menzionata nella sentenza in commento – puntualizzandosi che l'attività di investigazione difensiva preventiva, proprio perché si svolge su beni in sequestro, non può essere effettuata senza controllo , come fosse un potere esercitabile ad libitum lasciando la parte istante libera in ogni momento di instare il compimento delle indagini che stimi utile, ma è necessario che la parte istante deduca la decisività dello specifico atto di indagine difensivo richiesto così Cass. penumero , sez. I, 21 luglio 20017, numero 39754, Camassa . Di qui la conseguente necessità – ribadita dalla sentenza in epigrafe – di un vero e proprio filtro che il giudice dell'esecuzione non solo può, ma deve esercitare sull' ammissibilità e fondatezza dell'istanza di accesso ai reperti, ancorato in modo esplicito ai parametri di valutazione di ammissibilità della prova ai fini del futuro, eventuale, giudizio di revisione v. Cass. penumero , sez. I, 3 maggio 2018, numero 44591 , C., Rv. 273879 fattispecie in cui la Corte ha negato il carattere di “novità” degli accertamenti difensivi richiesti dal condannato in base alla non allegata emergenza di elementi estranei e diversi da quelli definiti nel processo di cognizione . Conclusioni Conclusivamente, compete al giudice dell'esecuzione la valutazione della “ esploratività ” o meno dell'istanza difensiva di accesso ai reperti e della “ novità ” della prova richiesta, senza che ciò renda il suo giudizio un'anticipazione o una sovrapposizione della valutazione di ammissibilità della prova che compete al giudice della revisione, il quale è organo giudiziario diverso articolo 633 c.p.p. da quello che decide l'istanza di incidente di esecuzione articolo 665 c.p.p. .

Presidente Di Nicola – Relatore Russo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 10 luglio 2023 la Corte di assise d'appello di Bari, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha respinto l'istanza di C.A., condannato in via definitiva per l'omicidio di B.B. con sentenza della stessa Corte del 20 settembre 2021, irrevocabile il 23 settembre 2022, di essere autorizzato, in vista di un eventuale giudizio di revisione, ad estrapolare il DNA mitocondriale dalle formazioni pilifere, rinvenute tra le mani della vittima, contrassegnate negli atti del giudizio dai numeri 1, 2, 4, 9, 10 della tabella redatta dal consulente tecnico del pubblico ministero, a verificare la presenza o meno della radice sulle formazioni pilifere attaccate all'orecchino rinvenuto sotto il corpo della vittima, ad esaminare ed analizzare la bottiglietta rinvenuta sul luogo del fatto al fine di accertare la natura del prodotto contenuto in essa, effettuare esami sul sangue della vittima contenuto in carta filtro facente parte dei reperti agli atti. In particolare, il giudice dell'esecuzione ha rilevato che la difesa dell'imputato aveva formulato la medesima richiesta nel giudizio di cognizione, in cui aveva chiesto sia la perizia sui capelli rinvenuti tra le mani della vittima sia l'accertamento sul se la bottiglia in questione contenesse benzacolferri il giudice della cognizione aveva respinto l'istanza, che era stata formulata in appello nel giudizio di rinvio, in quanto non assolutamente necessaria all'accertamento dei fatti l'imputato aveva proposto ricorso per cassazione avverso tale punto, ricorso che era stato respinto. Ne consegue che, secondo il giudice dell'esecuzione, gli accertamenti richiesti non costituiscono prova nuova , perché erano già stati richiesti al giudice della cognizione e perché l'istanza ripropone questioni già vagliate su elementi che per un verso erano già noti e già dedotti quanto alle formazioni pilifere ed alla bottiglia , e per un altro erano deducibili quanto alla formazione non colorata artificialmente l'istanza, pertanto, dissimula, sotto le forme dell'incidente di esecuzione, la pretesa del condannato di cercare di ottenere un nuovo grado di impugnazione. 2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con unico motivo, in cui deduce vizio di motivazione in quanto, con riferimento al rigetto della richiesta di accertamento sui capelli rinvenuti nelle mani della vittima, il giudice dell'esecuzione si è affidato alla preclusione del giudicato perché la richiesta è già stata avanzata e respinta nel processo di cognizione, però, in realtà, non si trattava della medesima richiesta, perché nel processo di cognizione non si era mai fatto cenno alla diversità morfo-strutturale del capello numero 10, e perchè in ogni caso una tale preesistenza non è in grado di fondare il rigetto della richiesta, poi il giudice dell'esecuzione si arroga il giudizio di anticipare il giudizio di ammissibilità dell'eventuale istanza di revisione inoltre lo stesso inserisce una spiegazione ricostruttiva dell'esistenza di tali formazioni pilifere diversa da quella effettuata dal giudice della cognizione per ciò che riguarda le formazioni pilifere attaccate all'orecchino non appartenente alla vittima sotto il suo cadavere, il giudice dell'esecuzione introduce un argomento nuovo per giustificare la presenza di tali capelli diverso da quello speso dal giudice della cognizione per quanto riguarda il rigetto dell'accertamento sul capello, la motivazione che l'elemento di prova non ha costituito prova a carico del ricorrente è errata perché la rilevanza dell'accertamento richiesto non discende dalla capacità della prova di essere prova a carico, ma è la conseguenza diretta della circostanza che essa non è stata presa in considerazione nel giudizio di cognizione nella sentenza che lo ha definito. 3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, Ettore Pedicini, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. Con memoria scritta i difensori del ricorrente, avv. Antonio Quaranta e Nicola Ferrari, hanno insistito per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. Nell'unico motivo il ricorso deduce che il giudice dell'esecuzione si è arrogato i poteri del giudice della revisione, valutando l'istanza alla luce dell'eventuale ammissibilità di tali prove nel giudizio di revisione, valutazione che sarebbe estranea rispetto al perimetro della decisione che gli era stata sottoposta. Il percorso logico del provvedimento impugnato passa, in effetti, attraverso la valutazione della novità della prova che si vorrebbe ottenere mediante gli accertamenti tecnici richiesti, della circostanza che si trattasse di elementi già dedotti o comunque deducibili nel giudizio di cognizione, della loro incidenza sul giudizio di colpevolezza del condannato v., in particolare, pag. 7 della motivazione . Il giudice dell'esecuzione ha, in definitiva, respinto l'istanza, ritenendo gli accertamenti richiesti non utili ai fini di un eventuale giudizio di revisione, effettuando quella anticipazione del giudizio di revisione che il ricorso censura. L'argomento è, ciò nonostante, infondato, in quanto il collegio ritiene di dare continuità all'orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità più recente, che si cita di seguito ai punti 1.4. ed 1.5., che ha ritenuto che nel perimetro della decisione che deve prendere il giudice dell'esecuzione rientra anche una valutazione sulla utilità dell'accertamento richiesto ai fini del giudizio di revisione e sulla novità della prova che si vorrebbe introdurre in esso. 1.1. La giurisprudenza della Corte sui poteri del giudice dell'esecuzione sull'istanza di accesso ai reperti presentata dal difensore del condannato in vista di un futuro, eventuale, giudizio di revisione si è formata su due sentenze gemelle, emesse in due fasi diverse del medesimo procedimento penale. La prima pronuncia, emessa in sede di regolamento del conflitto di competenza, nell'attribuire la competenza a provvedere su tale tipo di istanza al giudice dell'esecuzione, ha ritenuto che il provvedimento del giudice dell'esecuzione che decide sull'istanza di accertamenti tecnici del difensore finalizzati al giudizio di revisione ex articolo 327-bis, comma 2, cod. proc. penumero debba valutare l'ammissibilità e fondatezza dell'istanza sulla base dei parametri normativi offerti dall' articolo 391-novies cod. proc. penumero per lo svolgimento di attività investigativa preventiva Sez. 1, numero 1599 del 05/12/2006, dep. 2007, confl. comp. in proc. Piemonte, rv. 236236 , La successiva sentenza Sez. 1, numero 16798 del 08/04/2008, Piemonte, rv. 239581, che ha deciso sul provvedimento emesso dal giudice dell'esecuzione all'esito della risoluzione del conflitto, ha confermato che il quadro normativo di riferimento, per la decisione dell'incidente, resta pertanto costituito dalle disposizioni sulle investigazioni difensive e, ovviamente, da quelle del codice di rito, delle relative disposizioni di attuazione e del testo unico sulle spese di giustizia in materia di destinazione delle cose sequestrate , ed ha aggiunto che ad essa è, pertanto, estranea ogni valutazione in punto di ammissibilità della ipotetica richiesta di revisione che eventualmente, nel caso di accoglimento della istanza, il condannato potrebbe formulare, all'esito delle indagini difensive esperite sui campioni dei materiali biologici, tuttora in sequestro , e che la considerazione della negativa delibazione della possibilità della revisione, posta dalla Corte territoriale a base del rigetto dell'incidente, non è pertinente al tema decidendum . La seconda pronuncia Piemonte si è posta anche il problema del rapporto tra l'istanza presentata al giudice dell'esecuzione e le eventuali istanze già presentate sullo stesso punto durante il giudizio di cognizione e lo ha risolto nel senso che la preclusione del giudicato, a' termini dell' articolo 649 C.P.P. , non involge le statuizioni del giudice della cognizione in punto di ammissione della prova sicché la intervenuta reiezione, nel corso del giudizio, della istanza difensiva di perizia biologica su campioni del tessuto osseo in sequestro non pregiudica, di per sé sola, la ammissibilità della istanza del condannato di ottenere dal giudice della esecuzione la consegna di alcuni campioni per espletare indagini difensive . 1.2. Nel sistema disegnato dalle pronunce Piemonte, quindi, il perimetro della decisione del giudice dell'esecuzione è dato dalle norme che disciplinano le investigazioni difensive preventive, ed, in particolare, dall' articolo 391-novies cod. proc. penumero Questa norma, però, si limita a disporre in modo generico al comma 1 che l'attività investigativa prevista dall'articolo 327 bis, con esclusione degli atti che richiedono l'autorizzazione o l'intervento dell'autorità giudiziaria, può essere svolta anche dal difensore che ha ricevuto apposito mandato per l'eventualità che si instauri un procedimento penale , e contiene, pertanto, soltanto una attribuzione del potere, ma non una indicazione esplicita dei limiti di tale potere, e quindi delle attività autorizzabili dal giudice. I poteri del difensore in sede di investigazioni difensive erano stati, però, approfonditi in altra pronuncia della Suprema Corte, Sez. 4, numero 46270 del 14/10/2005, P.M. in proc. Campa, Rv. 232912, che ha ritenuto abnorme il decreto con il quale il giudice autorizza, in sede di investigazione difensiva preventiva, l'accesso del difensore di soggetti, che non erano indagati o persone offese, a luoghi privati e non aperti al pubblico nella specie sottoposti a sequestro probatorio da parte del P.M. nell'ambito di procedimento avviato contro ignoti per il crollo di una palazzina , poiché, in sede di investigazione preventiva, non è consentito al difensore lo svolgimento di atti che richiedono l'autorizzazione o l'intervento dell'autorità giudiziaria, vale a dire del P.M. o del giudice . In motivazione la sentenza Campa ha precisato che in sede di investigazione preventiva non è consentito lo svolgimento di atti che richiedono l'autorizzazione o l'intervento dell'autorità giudiziaria, vale a dire del pubblico ministero o del giudice, e tra essi ha citato espressamente la richiesta di autorizzazione affinché il consulente tecnico possa esaminare le cose sequestrate od oggetto di ispezioni ovvero intervenire alle ispezioni articolo 233 c.p.p. , comma 1 bis , sostenendo che gli atti di cui è consentito lo svolgimento durante le investigazioni difensive preventive si riducono, in sostanza, al colloquio non documentato, alla ricezione di dichiarazione scritta o all'assunzione di informazioni dal potenziale testimone, alla richiesta di documentazione alla pubblica amministrazione ed all'accesso ai luoghi pubblici o aperti al pubblico . Nella sistematica della pronuncia Campa il decreto con il quale il giudice autorizzi, in sede di investigazione difensiva preventiva, l'accesso a luoghi privati e non aperti al pubblico, o, come nel caso oggetto dell'odierno giudizio, l'esame dei reperti in sequestro, pertanto, si pone, sotto il profilo strutturale e funzionale, fuori dal sistema organico della legge processuale . 1.3. Il riferimento generico delle pronunce Piemonte alle norme che disciplinano le investigazioni difensive preventive, ed il richiamo ad una norma quale quella dell' articolo 391-novies cod. proc. penumero , che contiene soltanto una attribuzione del potere, ma non una delimitazione dei limiti di tale potere, ha determinato delle incertezze applicative, e delle necessità di precisazioni, nella giurisprudenza successiva. La sentenza Sez. 1, numero 13623 del 08/02/2017, Zagirov, numero m., annullando un provvedimento del giudice dell'esecuzione che aveva negato l'accesso del difensore del condannato ai campioni ematici ancora in sequestro, ha affermato, infatti, che l'autorizzazione o l'intervento dell'autorità giudiziaria di cui all'articolo 391-nonies fanno riferimento ad atti di rilevanza processuale e non già a quelli di mero controllo amministrativo il sequestro ha perso efficacia con la definitività della sentenza e comunque il processo ha esaurito ogni sua fase procedimentale e che la disposizione dell' articolo 233, comma 1-bis, cod. proc. penumero sarebbe estranea alla materia in esame, in quanto trova applicazione alla fattispecie procedimentale ivi descritta e richiamata e non già nel contesto processuale determinatosi all'esito di sentenza definitiva in relazione alla quale si intende promuovere domanda di revisione . All'esito di questo percorso logico la pronuncia Zagirov ritiene autorizzabile, mediante la procedura dell'incidente di esecuzione sull'istanza del difensore del condannato ex articolo 391-novies, comma 1, cod. proc. penumero , finanche un accertamento tecnico su campioni in sequestro che provochino la distruzione del campione e rendano l'esame eventualmente irripetibile, in quanto l'eventuale irripetibilità dell'esame ematico per il quale il ricorrente ha richiesto il prelievo è, allo stato, privo di interesse per l'autorità giudiziaria, la quale ha ormai definito il processo per il quale il sequestro probatorio fu a suo tempo eseguito e sarà il giudice della revisione a valutare l'ammissibilità e la rilevanza, ai fini del giudizio, di una eventuale maturata irripetibilità dell'atto eseguito dalla difesa non in contraddittorio . 1.4. Di fronte a questa dilatazione dell'ambito di estensione delle istanze autorizzabili in questa fase dal giudice dell'esecuzione, la giurisprudenza successiva della Corte ha ritenuto necessario tornare sull'argomento dei poteri che spettano al giudice dell'esecuzione nel giudizio di ammissibilità e fondatezza dell'istanza del difensore del condannato di autorizzazione al prelievo di campioni in sequestro per lo svolgimento di accertamento tecnici. La successiva pronuncia Sez. 1 numero 39754 del 21/07/2017, Camassa, numero m., infatti, dopo aver prestato ossequio all'orientamento espresso dalle due pronunce Piemonte, ha aggiunto, però, che su questo tema, tuttavia, sono necessarie puntualizzazioni . La sentenza Camassa, in particolare, ha puntualizzato che l'attività di investigazione difensiva preventiva del difensore del condannato - proprio perché, svolgendosi su beni in sequestro, comporta il coinvolgimento della amministrazione giudiziaria nel suo complesso - non può essere effettuata senza controllo, costruendo l'esercizio del potere di cui all' articolo 391-novies, cod. proc. penumero come un potere esercitabile ad libitum lasciando la parte libera in ogni momento di instare per il compimento delle indagini che stimi utili . La sentenza Camassa ha affermato che, invece, spetta alla parte dedurre la decisività dello specifico atto di indagine difensiva richiesto e l'utilità che si mira a conseguire attraverso l'esercizio del diritto. In un'ottica non dissimile da quanto previsto dall' articolo 410 cod. proc. penumero che, a pena di inammissibilità, per la prosecuzione delle indagini preliminari richiede che l'oggetto di esse presenti particolari condizioni di concretezza e specifici . La pronuncia Camassa, pertanto, pur non attribuendo mai in modo esplicito al giudice dell'esecuzione l'anticipazione di un potere del giudice della revisione, ha ritenuto che nel giudizio di ammissibilità e fondatezza dell'istanza il giudice dell'esecuzione debba valutare anche l'utilità, e decisività, della prova che si intende trarre dagli accertamenti tecnici sui campioni in sequestro. 1.5. L'orientamento della pronuncia Camassa è stato consolidato dalla sentenza immediatamente successiva tornata ad occuparsi dell'argomento, Sez. 1, numero 44591 del 03/05/2018, Calvia, rv. 273979, che, ponendosi in modo esplicito nel solco dei principi tracciati dalla pronuncia Camassa, ha ritenuto necessario un filtro del giudice dell'esecuzione sull'ammissibilità e fondatezza dell'istanza ed ha ancorato in modo esplicito questo filtro ai parametri di valutazione dell'ammissibilità della prova ai fini del futuro, eventuale, giudizio di revisione. Nella sentenza Calvia si legge, infatti, che la delimitazione dei poteri del giudice nella fase d'interesse non può che essere strettamente correlata ai requisiti di cui dev'essere munita l'istanza per poter essere presa in considerazione in senso favorevole. La prima considerazione da fare è che l'attività investigativa preventiva richiesta determina, per il necessario rispetto del principio del contraddittorio, il coinvolgimento del Pubblico Ministero e della struttura giudiziaria nel suo complesso, con i correlati oneri economici per lo Stato, sicché non è consentito ritenere che essa si possa svolgere senza nessun controllo e che tale potere sia esercitabile ad libitum lasciando la parte libera in ogni momento di instare per il compimento delle indagini che stimi utili. Si deve, quindi, giocoforza, affermare che spetta alla parte dedurre la decisività dello specifico atto di indagine difensiva richiesto e l'utilità che si mira a conseguire attraverso l'esercizio del diritto e si aggiunge che non può costituire prova nuova un elemento già esistente negli atti processuali, ancorché non conosciuto o valutato dal giudice per mancata deduzione o mancato uso dei poteri d'ufficio . Sulla base di questa costruzione di principio la pronuncia Calvia ha ritenuto, quindi, corretta la decisione del giudice dell'esecuzione che ha respinto l'istanza in quanto da un lato ha negato il carattere di novità degli accertamenti richiesti in base alla non allegata emergenza di elementi estranei e diversi da quelli definiti nel processo, e, dall'altro, ha stigmatizzato il carattere sostanzialmente esplorativo della richiesta per la mancata indicazione, da parte dell'istante, alla luce della prospettazione di nuove metodologie scientifiche da applicare negli accertamenti suddetti, di un diverso specifico risultato cui, tramite siffatte nuove metodologie, sarebbe stato possibile pervenire . Secondo la pronuncia Calvia, infatti, “il ragionamento del giudice dell'esecuzione si è, infatti, arrestato laddove ha motivatamente ritenuto superflui e, ormai, inutili gli accertamenti richiesti in funzione della revisione del processo. D'altro canto, nessuna illogicità manifesta risiede nella valutazione critica della mancata indicazione, da parte dell'istante, dello specifico, diverso risultato cui l'accertamento richiesto sarebbe approdato, in quanto trattasi di valutazione coerente con i principi, anche di ordine sistematico, poc'anzi richiamati, che negano l'ammissibilità a una richiesta istruttoria meramente esplorativa , ossia ad una richiesta del tutto sprovvista, come nella specie, della allegazione di elementi circostanziali specifici capaci di orientare le indagini nella direzione di una decisiva modifica del quadro probatorio cristallizzato nel giudizio di cui si chiede la revisione . Nella pronuncia Calvia, quindi, il collegamento tra la decisione del giudice dell'esecuzione e la pronuncia di revisione è esplicito, sia sotto il profilo della utilità della prova che si intende trarre dagli accertamenti tecnici, sia sotto il profilo della novità della stessa rispetto agli elementi già dedotti, o deducibili, nel giudizio di cognizione. 1.6. La successiva pronuncia Sez. 1, numero 2603 del 12/01/2021, Bossetti, rv. 280356, non ha apportato ulteriori elementi utili, in quanto, per le particolarità del caso di specie, si è arrestata in limine, ed ha ritenuto soltanto che il mandato al fine di svolgere attività difensive può riguardare anche la fase dell'esecuzione penale ovvero può essere finalizzato a promuovere il giudizio di revisione, ed in tal caso si svolge, per alcuni limitati atti, tra cui quello in cui il difensore intenda accedere a beni in sequestro, sotto il controllo del giudice dell'esecuzione, che non può, quindi, declinare la propria competenza a provvedere. 1.7. Come anticipato sopra, il collegio ritiene di dare continuità all'orientamento compendiato nelle pronunce Camassa e Calvia sopra citate. Il potere di filtro del giudice dell'esecuzione nel valutare le istanze del difensore del condannato di accesso ai reperti in sequestro si ricava, infatti, dal complesso del sistema processuale, che in ogni fase processuale prevede che il diritto alla prova delle parti processuali articolo 190 cod. proc. penumero non sia assoluto, ma sottoposto ad un filtro di valutazione del giudice. Il potere di filtro del giudice è diverso a seconda delle fasi processuali, in quanto in primo grado il giudice ha il potere di escludere soltanto le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti articolo 495 cod. proc. penumero , che richiama l'articolo 190 citato in appello, invece, il giudice ha un potere di filtro più ampio, perché la rinnovazione dell'istruttoria è ammessa soltanto se il giudice ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti articolo 603 cod. proc. penumero nel giudizio di revisione il potere di filtro è ancora diverso, perchè il diritto alla prova può essere esercitato soltanto se le prove nuove sono sopravvenute o scoperte dopo la condanna e se esse da, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto articolo 630 e 631 cod. proc. penumero . Sarebbe, pertanto, incoerente con il sistema processuale costruire, nella sola fase che intercorre tra il giudicato di condanna e l'inizio del giudizio di revisione, come fa la pronuncia Zagirov, una sorta di diritto assoluto alla prova del condannato, che impedisca al giudice di filtrare le istanze e che renda l'autorizzazione vincolata. L'incoerenza emerge ancor di più nel caso in esame, in cui il brevissimo tempo meno di un anno trascorso tra il momento in cui la sentenza di condanna è divenuta irrevocabile e quella in cui è stata presentata istanza, e la quasi completa sovrapponibilità degli accertamenti tecnici che si chiede di poter effettuare nella istanza di incidente di esecuzione con quelli che la difesa dell'imputato aveva chiesto di effettuare nel corso del giudizio di rinvio, permettono all'ordinanza impugnata di affermare, in modo non incoerente con gli atti del giudizio, che l'istanza di incidente di esecuzione dissimula, in realtà, la volontà dell'imputato di ottenere, attraverso di essa, un ulteriore grado di impugnazione. Il potere di filtro nella ammissione della prova, che, pertanto, inevitabilmente spetta al giudice dell'esecuzione, deve svolgersi nella fase in esame, oltre che nei limiti fissati dalle norme sulle indagini difensive preventive richiamati dalle pronunce Piemonte, anche alla luce dei parametri della non esploratività della richiesta e della novità della prova, evidenziati dalla pronuncia Calvia, in quanto parametri di valutazione del diritto alla prova coessenziali al sistema processuale. La non esploratività della istanza, che la pronuncia Calvia ritiene essere un filtro necessario per evitare le istanze mirate ad accertamenti che appaiano all'evidenza superflui o inidonei a determinare modificazioni sostanziali del quadro probatorio , è, infatti, un parametro di valutazione del diritto alla prova che è necessario in ogni fase processuale, persino in quelle di carattere interlocutorio come la procedura di opposizione all'archiviazione di cui all' articolo 410 cod. proc. penumero , come spiegano bene sia la pronuncia Camassa che quella Calvia. La novità della prova è, invece, un filtro di valutazione dell'istanza che si ricava dalla specifica fase processuale in cui la stessa si inserisce, ovvero dopo il giudicato di condanna, in cui il diritto alla prova ormai ha la possibilità di essere declinato soltanto a condizione che le prove siano sopravvenute o scoperte dopo la condanna e siano, peraltro, idonee, da sole o unite a quelle già valutate, a dimostrare che il condannato debba essere prosciolto. La novità della prova è, pertanto, un filtro che non deriva dal giudicato, come aveva ritenuto la seconda pronuncia Piemonte, ma dalla limitatezza delle facoltà processuali a disposizione del condannato nella specifica fase successiva al giudicato di condanna. L'attribuzione al giudice dell'esecuzione di un potere di valutazione della non esploratività della istanza e della novità della prova non rende il suo giudizio una anticipazione della valutazione di ammissibilità della prova che compete al giudice della revisione, che è un organo giudiziario diverso articolo 633 cod. proc. penumero da quello che decide l'istanza di incidente di esecuzione articolo 665 cod. proc. penumero . L'attribuzione al giudice dell'esecuzione di un potere di valutazione della non esploratività della istanza e della novità della prova non è pregiudicante, peraltro, rispetto alla decisione del giudice della revisione, che non è in alcun modo condizionato processualmente dalla diversa valutazione del giudice dell'esecuzione e dall'eventuale esaurimento delle vie di impugnazione della sua decisione. Da ultimo, l'attribuzione al giudice dell'esecuzione di un potere di valutazione della non esploratività della istanza e della novità della prova non comporta la sovrapposizione tra il giudizio del giudice dell'esecuzione e quello del giudice della revisione, perché quello del giudice dell'esecuzione ha un perimetro molto più limitato, sia quanto a potere di filtro della non esploratività che quanto ad ampiezza della motivazione, perché le sue attribuzioni nella materia in esame trovano il loro fondamento, in definitiva, soltanto nel suo ruolo di dominus delle statuizioni sui beni in sequestro che si ricava dall' articolo 676 cod. proc. penumero L'ordinanza che decide l'incidente di esecuzione non deve, pertanto, vagliare funditus la idoneità degli accertamenti tecnici invocati a scardinare il giudizio di responsabilità, ma, nell'ambito del potere di filtro sul diritto alla prova, che è coessenziale al sistema processuale, e che gli spetta quale giudice che procede, si deve limitare a respingere le istanze di accertamenti non nuovi, in quanto già dedotti o deducibili, o che sono superflui o inidonei a determinare modificazioni sostanziali del quadro probatorio , secondo la formula usata dalla pronuncia Calvia. 1.8. Alla luce di questi principi, l'ordinanza del giudice dell'esecuzione resiste alle censure che le sono state rivolte. Con riferimento al rigetto dell'accertamento sui capelli nelle mani della vittima, l'osservazione del giudice dell'esecuzione che si tratta della reiterazione di una richiesta che era stata già presentata al giudice della cognizione è sufficiente per rendere conforme ai principi generali e non manifestamente illogica la decisione di rigetto dell'istanza. L'argomento speso nel ricorso secondo cui la richiesta è parzialmente nuova, perché il capello numero 10 non era mai stato citato nelle istanze avanzate al giudice della cognizione, non è sufficiente a disarticolare il percorso logico dell'ordinanza, in quanto si tratta di accertamenti su campioni che erano già in sequestro nel corso del giudizio, e quindi di prove comunque deducibili. Il ricorso deduce che l'accertamento sarebbe nuovo, in quanto nuova sarebbe la metodica con cui verrebbe effettuato, ma l'ordinanza impugnata evidenzia che anche al giudice della cognizione l'accertamento era stato proposto come nuovo in quanto da effettuare con nuove metodiche. Nella motivazione dell'ordinanza impugnata, infatti, emerge pag. 5, in nota 3 che nel giudizio di cognizione la difesa aveva chiesto l'accertamento sostenendo che nelle more vi sarebbero delle nuove tecniche che consentirebbero di superare l'ostacolo originario . Il ricorso contesta l'ordinanza impugnata limitandosi a richiamare la relazione del proprio consulente di parte sulla novità delle metodiche, ma la pronuncia di condanna è del 21 settembre 2021, quindi non particolarmente risalente da permettere di apprezzare senza bisogno di particolare motivazione il progresso delle tecnologie di sequenziamento massivo parallelo di DNA e RNA , per assumere rilevanza nell'incidente di esecuzione la novità della metodica dovrebbe essere successiva al giudizio di cognizione Sez. 4, Sentenza numero 28724 del 14/07/2021 , Del Papa, Rv. 281740 Sez. 5, Sentenza numero 2982 del 26/11/2009, dep. 2010, Veneruso, Rv. 245840 , circostanza che non è neanche ipotizzata in ricorso. Il ricorso deduce, per ciò che riguarda le formazioni pilifere attaccate all'orecchino non appartenente alla vittima sotto il suo cadavere, che il giudice dell'esecuzione avrebbe introdotto un argomento nuovo per giustificare la presenza di tali capelli diverso da quello speso dal giudice della cognizione, ma l'argomento è inammissibile in quanto non conferente con la motivazione dell'ordinanza impugnata che ha respinto l'istanza sulla base della mera esploratività della stessa, che, come ricostruito sopra, è un parametro di giudizio che appartiene alla cognizione del giudice dell'esecuzione adito dal condannato per ottenere l'autorizzazione al prelievo di campioni in sequestro. Il ricorso deduce che la formazione pilifera diversa dalle altre non ha costituito prova a carico del ricorrente, ma potrebbe costituire prova a discarico, rendendo illogica la motivazione dell'ordinanza impugnata che sostiene che l'accertamento richiesto riguarda una prova che non è mai stata posta a carico. L'argomento, pur essendo corretto sul piano strettamente logico, è inammissibile in quanto inidoneo, per le stesse ragioni, a disarticolare la motivazione dell'ordinanza impugnata che si fonda anche sulla non novità della prova che era già deducibile nel corso del processo di cognizione, valutazione che, come detto, appartiene al perimetro del giudizio del giudice dell'esecuzione. Il ricorso è, nel complesso, infondato. 2. Ai sensi dell' articolo 616, comma 1, cod. proc. penumero , alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. 3. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell' articolo 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell 'articolo 52 d.lgs. 196/0 3 in quanto imposto dalla legge.