Qualora sia accertata, all’esito di un giudizio di querela di falso, la mancata sottoscrizione di alcune richieste di riscatto anticipato di polizze assicurative e contestualmente, venga accolta la domanda di annullamento per dolo dei contratti stipulati con le somme derivanti dai riscatti, la società di assicurazione deve procedere alla restituzione delle somme di cui sopra, senza che sia necessaria una specifica domanda da parte del cliente.
Con la ordinanza numero 15728 del 5 giugno 2024 il S.C., riprendendo il tema del collegamento negoziale, chiarisce che, in caso di annullamento di una serie di contratto collegati – come nel caso di specie – il soggetto che ha agito per l'annullamento non deve procedere con la richiesta di restituzione delle somme di cui ai contratti annullati e collegati, essendo la restituzione effetto naturale, in ragione dell'accertato collegamento negoziale. Il caso La vicenda decisa – con rinvio – dalla Cassazione con la pronuncia in commento deriva dalle modalità con le quali, a dire del ricorrente, sarebbero state sottoscritte alcune polizze assicurative. In particolare, il ricorrente – ed attore in primo grado – sosteneva che sarebbe stato carpito con dolo il suo consenso a sostituire due delle polizze vita già acquistate, in scadenza, con altre due polizze asseritamente più vantaggiose alla base, vi era l'impegno, da parte dell'assicurazione, che la differenza di capitale versata sulle prime due polizze rispetto all'importo necessario per accendere le seconde due gli sarebbe stata restituita accreditandola su un'altra polizza già esistente e che continuava ad essere operativa. In realtà, dopo qualche tempo il cliente accertava che le nuove polizze sottoscritte erano in realtà state emesse a condizioni più sfavorevoli rispetto alle precedenti e, soprattutto, che non gli era più stata restituita la differenza a suo credito, mentre venivano emesse due quietanze di riscatto anticipato in relazione alle due polizze in scadenza e sostituite, in tal modo facendole apparire come polizze anticipatamente riscattate. Per quanto di rilievo in questa sede, in primo grado l'attore chiedeva l'annullamento delle nuove polizze per vizi del consenso e la restituzione dell'intero capitale investito nelle precedenti polizze, o comunque la condanna della compagnia di assicurazioni a restituirgli la differenza tra il capitale in precedenza investito nelle due polizze in scadenza e quello reimpiegato, e comunque il risarcimento dei danni. La domanda veniva accolta in primo grado ma la decisione era parzialmente riformata in appello, nel senso che la Corte affermava che la restituzione della differenza non rientrava tra le conseguenze naturali e dirette dell'annullamento delle nuove polizze, perché il ricorrente non aveva mai chiesto l'annullamento del negozio con il quale aveva riscattato le vecchie polizze. Avverso questa pronuncia veniva promosso ricorso per Cassazione. Le caratteristiche del dolo il rapporto con la truffa Le norme civilistiche in materia di dolo riecheggiano quelle penalistiche in materia di truffa di cui all'articolo 640 c.p., attribuendo entrambe un forte rilievo alla necessità della presenza di artifizi o raggiri nell'opera ingannatrice consumata da una parte contrattuale. Invero, solo in tali casi può configurarsi una ipotesi di dolus malus, unico rilevante, al contrario del dolus bonus, al fine dell'accoglimento della domanda di annullamento per vizi della volontà. Dolo commissivo e dolo omissivo La dottrina e la giurisprudenza distinguono il dolo commissivo da quello omissivo, senza peraltro mancare di rilevare che gli artifizi o raggiri debbano sussistere anche nelle ipotesi di dolo emissivo, salve le ipotesi in cui sia previsto uno specifico onere di informazione a carico della parte, come nei casi di contratto di assicurazione. Dolo e riqualificazione della domanda La specificità del vizio “dolo” impedisce che la domanda di annullamento del contratto per violenza morale possa essere riqualificata dal giudice come domanda di annullamento per dolo, egli incorrendo, altrimenti, in ultrapetizione per mutamento del fatto costitutivo Annullamento del contratto e dolo Come pacificamente riconosciuto in giurisprudenza, ai fini della configurabilità del dolo, gli artifici o i raggiri, la reticenza o il silenzio devono essere valutati in relazione alle particolari circostanze di fatto ed alle qualità e condizioni soggettive dell'altra parte, onde stabilire se erano idonei a sorprendere una persona di normale diligenza, giacché l'affidamento non può ricevere tutela giuridica se fondato sulla negligenza. Orbene, nel caso in esame, è stata dimostrata la falsità dei riscatti anticipati, le cui somme – ridotte in ragione del riscatto – sono state impiegate per la stipula di due nuove polizze, così determinando una evidente situazione di raggiro in danno del cliente. La prova del dolo In particolare, il dolo, quale vizio del consenso e causa di annullamento del contratto, assume rilevanza quando incide sul processo formativo del consenso, dando origine ad una falsa o distorta rappresentazione della realtà all'esito della quale il contraente si sia determinato a stipulare ne consegue che l'effetto invalidante dell'errore frutto di dolo è subordinato alla circostanza, della cui prova è onerata la parte che lo deduce, che la volontà negoziale sia stata manifestata in presenza od in costanza di questa falsa rappresentazione. Il collegamento negoziale Nella ricostruzione dei fatti emerge un chiaro collegamento negoziale tra le polizze riscattate in anticipo e le due nuove polizze sottoscritte, posto che le secondo sono state sottoscritte con il denaro ricavato dal riscatto delle prime. In tale ipotesi, il collegamento rileva anche sul piano causale, così da imporre la considerazione unitaria della fattispecie è presente, infatti, non solo il requisito oggettivo costituito dal nesso teleologico tra i negozi, ma anche quello soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere, insieme all'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici. In altri termini, il cliente non avrebbe sottoscritto le nuove polizze se non avesse avuto la disponibilità ricavata dal riscatto, peraltro non voluto dallo stesso e sulla origine della quale è stato, infatti, ingannato. Annullamento del contratto e restituzione delle somme Sulla base delle considerazioni sopra riportate, la Cassazione accoglie il ricorso, rilevando che la corte d'appello ha accertato l'esistenza del dolo da parte della compagnia di assicurazioni, nel far sottoscrivere le nuove polizze al cliente e nel configurare il nuovo contratto come frutto di un anticipato scioglimento del precedente ed ha, di conseguenza, annullato per dolo i contratti di stipulazione delle nuove polizze. Si è anche accertato, per il tramite di un giudizio di querela di falso, che le due quietanze per anticipato riscatto delle prime due polizze rilasciate dalla controricorrente fossero un falso, preordinato dalla compagnia di assicurazioni a supporto del disegno di far sottoscrivere al cliente le nuove polizze incamerando della differenza. Di conseguenza, null'altra iniziativa processuale avrebbe dovuto intraprendere rispetto ad essi il ricorrente, tanto meno chiedere l'annullamento del negozio di anticipato riscatto che sono stati accertati come falsi e come tali privati di ogni effetto.
Presidente De Stefano – Relatore Rubino Fatti di causa 1.- V.G. investiva i suoi risparmi acquistando dalla OMISSIS , poi divenuta OMISSIS spa, cinque polizze vita. 2.- Successivamente, agiva in giudizio assumendo che - era stato carpito con dolo il suo consenso a sostituire due delle polizze vita acquistate, in scadenza, con altre due polizze asseritamente più vantaggiose, con l'assicurazione che la differenza di capitale versata sulle prime due polizze rispetto all'importo necessario per accendere le seconde due gli sarebbe stata restituita accreditandola su un'altra polizza già esistente e che continuava ad essere operativa - dopo qualche tempo, constatava però che le nuove polizze sottoscritte erano in realtà state emesse a condizioni più sfavorevoli rispetto alle precedenti e, soprattutto, che non gli era più stata restituita la differenza a suo credito, pari ad oltre 22.237,77 €, mediante l'accredito sull'altra polizza. Inoltre, le OMISSIS emettevano due quietanze di riscatto anticipato in relazione alle due polizze in scadenza e sostituite, in tal modo facendole apparire come polizze anticipatamente riscattate, incamerando la differenza. Il V.G. chiedeva quindi l'annullamento delle nuove polizze per vizi del consenso, a causa del dolo delle OMISSIS , e la restituzione dell'intero capitale investito nelle precedenti polizze, o comunque la condanna della compagnia di assicurazioni a restituirgli la differenza tra il capitale in precedenza investito nelle due polizze in scadenza e quello reimpiegato, e comunque il risarcimento dei danni. 2.1. - In giudizio, il V.G. proponeva querela di falso in via incidentale per far accertare la falsità delle firme apparentemente apposte sulle quietanze di anticipata estinzione e sulla polizza. 2.2. - Il giudice di primo grado, pur accogliendo la querela di falso in relazione alle quietanze di riscatto anticipato, rigettava le altre domande proposte originariamente sia dal V.G. che dalla figlia, L.V., intervenuta, che aveva a sua volta acquistato altre polizze. 3. - Proposto appello da entrambe le parti, l'impugnazione era accolta in parte la Corte d'appello di Milano dichiarava l'annullamento per dolo determinante delle due polizze di nuova sottoscrizione e condannava OMISSIS s.p.a. a restituirgli le somme erogate per la sottoscrizione delle stesse, ma per il resto confermava la sentenza impugnata e, quindi, rigettava ogni domanda del V.G. volta a recuperare la differenza tra il capitale conferito nelle prime due polizze e il capitale che era stato versato per l'acquisto delle successive due polizze, estorte con l'inganno. 3.1. – La Corte d'appello assumeva poi che l'importo poteva essere stato trattenuto da OMISSIS per costi di gestione e che incombeva sull'attore, appellante, l'onere di provare che quelle somme non erano state legittimamente trattenute. 3.2. - In particolare, la Corte d'appello affermava che la restituzione della differenza non rientrava tra le conseguenze naturali e dirette dell'annullamento delle nuove polizze, perché la differenza si riferiva non alle nuove ma alle vecchie polizze ed assumeva che il ricorrente non avesse mai chiesto l'annullamento del negozio con il quale aveva riscattato le vecchie polizze solo in questo caso sarebbe stato possibile chiedere la restituzione di quella differenza. Né le somme potevano essere riconosciute a titolo di danno, in mancanza della prova “che le stesse non sarebbero state applicate quali costi di gestione anche in caso di mantenimento delle vecchie polizze”. 4.- V.G. propone ricorso per cassazione articolato in undici motivi ed illustrato da memoria nei confronti delle OMISSIS s.p.a. per la cassazione della sentenza numero 2327 del 2021, emessa dalla Corte d'appello di Milano, pubblicata in data 21 luglio 2021, non notificata. 5. – Resiste, con controricorso illustrato da memoria, OMISSIS s.p.a. 6. - La causa è stata avviata alla trattazione in adunanza camerale, all'esito della quale il Collegio ha riservato il deposito della ordinanza nei successivi sessanta giorni. Ragioni della decisione 1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia la nullità parziale della sentenza per violazione dell'articolo 101 c.p.c. in quanto la Corte d'appello avrebbe emesso una sentenza della terza via, o a sorpresa, avendo fondato la propria decisione su una questione rilevata d'ufficio senza prima promuovere alcun contraddittorio tra le parti, là dove fa riferimento alla omessa proposizione di una specifica domanda di annullamento del negozio di riscatto delle vecchie polizze da parte del dottor V.G., questione mai posta da alcuna delle parti, né in primo grado né in appello, e sulla quale le parti non hanno avuto modo di prendere posizione né di soffermarsi. Il ricorrente sottolinea che la Corte d'appello ha pregiudicato il suo diritto di difesa perché non gli ha dato modo di prendere posizione e dimostrare agevolmente l'infondatezza della questione, non avendo mai il ricorrente stipulato con le OMISSIS alcun negozio che prevedesse il riscatto delle vecchie polizze anticipatamente e con costi a carico del cliente. Ribadisce di aver semplicemente estinto le vecchie polizze in scadenza, a costo zero e di aver accettato, con consenso estorto mediante il dolo, giudizialmente accertato, dell'assicurazione, di reinvestire il capitale liquidato su altre due nuove polizze, meno redditizie. Evidenzia che non sono in alcun modo qualificabili nel senso di un anticipato riscatto i due documenti denominati richiesta di liquidazione per scadenza e reimpiego delle somme maturate relative alle vecchie polizze proprio perché essi indicano chiaramente che si tratti di una liquidazione per scadenza e non di riscatto anticipato. Ricorda poi che le quietanze delle vecchie polizze sono state accertate come falsi. Introducendo il tema centrale del ricorso, che sarà oggetto anche dei motivi successivi, il ricorrente ribadisce quindi di non aver mai sottoscritto alcun negozio di riscatto anticipato con costi a suo carico delle vecchie polizze perché non è mai intervenuto alcun riscatto anticipato, per cui, non essendo stato concluso alcun negozio di riscatto anticipato con costi a carico del richiedente, la parte ricorrente non avrebbe dovuto formulare alcuna domanda di annullamento di un negozio non viziato, ma mai concluso. 2. - Con il secondo motivo denuncia la nullità parziale della sentenza per violazione dell'articolo 132 comma uno numero 4 c.p.c. e la motivazione apparente in quanto alla Corte d'appello non avrebbe indicato gli elementi posti a fondamento della sua decisione di rigettare la domanda di condanna nei confronti delle OMISSIS a restituirgli quella differenza di 22.000 € circa e non avrebbe illustrato l'iter logico posta a base della decisione. 3. - Con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c., in quanto La Corte d'appello ha rigettato la domanda di restituzione al V. della somma di 22.000 € circa invocando un negozio di riscatto con costi inesistente, mai concluso e del quale non è mai stata accertata l'esistenza. 4. - Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 115 c.p.c. avendo la Corte d'appello rigettato la medesima domanda sulla base della medesima argomentazione, ovvero richiamando un negozio di riscatto con costi a carico dell'acquirente la cui esistenza non è mai stata accertata. 5. - Col quinto motivo si denuncia la nullità parziale della sentenza e la motivazione apparente laddove la Corte d'appello ha affermato che il V.G. avrebbe dovuto chiedere l'annullamento del negozio di riscatto con costi a suo carico, pur avendo accertato che il V.G. non lo avesse mai stipulato. 6. - Con il sesto motivo si denuncia nuovamente la nullità parziale della sentenza e la motivazione apparente in quanto contraddittoria perché la Corte d'appello, pur avendo considerato interdipendenti tra di loro il presunto negozio di riscatto con costi delle vecchie polizze e i negozi di stipulazione delle nuove polizze e pur avendo annullato per dolo questi ultimi due contratti, ha poi ritenuto che fosse necessaria un'autonoma domanda di annullamento del negozio di riscatto delle vecchie polizze. 7. - Con il settimo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 1321,1322 e 1441 c.c. per avere la Corte d'appello ritenuto che il V.G. avrebbe dovuto chiedere l'annullamento per dolo del negozio di anticipato riscatto, in violazione del principio simul stabunt simul cadent applicabile in funzione del collegamento negoziale esistente tra il negozio di riscatto e i negozi di stipulazione delle nuove polizze. Il ricorrente aggiunge poi che, se non come restituzione dovuta in conseguenza dell'annullamento delle nuove polizze, la compagnia di assicurazioni avrebbe dovuto essere condannata a restituirgli la somma indebitamente trattenuta titolo di risarcimento del danno. Di qui il secondo gruppo di motivi. 8. - Con l'ottavo motivo il V.G. denuncia la nullità parziale della sentenza per violazione dell'articolo 101 c.p.c. nella parte in cui non gli ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, sulla base di una eccezione, che avrebbe dovuto essere sollevata dalla compagnia di assicurazioni, sollevata d'ufficio, relativa all'esistenza di costi di gestione atti a giustificare la mancata restituzione della differenza, senza neppure sottoporla al previo contraddittorio delle parti. Sottolinea che se la Corte d'appello avesse sollecitato il contraddittorio sul punto l'attore avrebbe potuto agevolmente dimostrare, sulla base dell'esame delle vecchie polizze, che non esistevano costi di gestione emergenti che avrebbero potuto giustificare l'incameramento di ben 22.000 € cioè una somma pari ad un terzo del capitale investito. 9. - Con il nono motivo si deduce la nullità parziale della sentenza per violazione dell'articolo 132 primo comma numero 4 c.p.c. e l'esistenza di motivazione apparente perché la Corte d'appello non ha indicato gli elementi sui quali ha fondato la propria decisione di non condannare la OMISSIS a pagare al V.G. la somma di 22.000 euro a titolo risarcitorio ma si è pronunciata sulla base di mere congetture, ipotizzando l'esistenza di costi di gestione non risultanti dagli atti. 10. - Con il decimo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell'articolo 112 c.p.c. per non aver la Corte d'appello riconosciuto il suo diritto di ottenere il pagamento della somma di 22.000 € circa a titolo risarcitorio sulla base di un'eccezione sollevata d'ufficio, non fondata su alcuna circostanza di fatto rilevabile dagli atti o dai documenti di causa. 11. - Con l'undicesimo censura la violazione degli articoli 115 c.p.c. e 2697 c.c. per aver negato l'accoglimento della domanda risarcitoria in favore del V.G. sulla base di una circostanza di fatto non soltanto non sottoposta al contraddittorio, non provata e neppure ricavabile dagli atti di causa, ovvero che potessero esistere, in relazione alle due polizze vita di cui si discute, del valore complessivo di euro 60.000,00 circa, costi di gestione nella misura di 22.000 €. 12. - Il ricorso è fondato, per quanto di ragione. A tale riguardo, possono essere considerati complessivamente i primi sette motivi, ovvero il settimo, agevolmente qualificabile come in grado di compendiare gli altri che resterebbero, così, assorbiti . Il V.G. correttamente ha proposto domanda di annullamento dei soli due negozi relativi alla accensione delle nuove polizze, a condizioni più sfavorevoli, il cui consenso ha affermato gli fosse stato estorto con dolo. La corte d'appello ha accertato l'esistenza del dolo da parte della compagnia di assicurazioni, nel far sottoscrivere le nuove polizze al cliente e nel configurare il nuovo contratto come frutto di un anticipato scioglimento del precedente, in luogo di un semplice reinvestimento del capitale che si liberava per la scadenza ed ha, di conseguenza, annullato per dolo i contratti di stipulazione delle nuove polizze. Ha anche accertato, in accoglimento della querela di falso proposta dal ricorrente, che le due quietanze per anticipato riscatto delle prime due polizze rilasciate dalla controricorrente fossero un falso, preordinato dalla compagnia di assicurazioni a supporto del disegno di far sottoscrivere al cliente le nuove polizze incamerando della differenza. Eliminati i due contratti a seguito dell'annullamento, accertata la falsità materiale delle quietanze per anticipato riscatto, null'altra iniziativa processuale avrebbe dovuto intraprendere rispetto ad essi il V.G., che è stato accertato non ne fosse l'autore, tanto meno chiedere l'annullamento del negozio di anticipato riscatto del quale ha sempre allegato l'inesistenza affermando di non aver mai espresso alcuna manifestazione di volontà di anticipato riscatto risultante da quei due atti che, conformemente alle sue allegazioni, sono stati accertati come falsi e come tali privati di ogni effetto. La corte d'appello, pur avendo pronunciato l'annullamento per dolo dei due “nuovi” contratti, e la falsità delle due quietanze per anticipato riscatto, non ha posto in collegamento questi due passaggi, all'interno dell'unica operazione negoziale di reinvestimento dei capitali su sollecitazione dell'intermediario, e non ha tratto le conseguenze corrette che discendono dalla sua stessa pronuncia estinzione alla scadenza delle due vecchie polizze ed obbligo restitutorio dell'intero capitale su di esse versato, se non trattenuto per altra causa. Va accolto quindi il settimo motivo, col quale il ricorrente si duole che la corte d'appello abbia erroneamente ritenuto che egli avesse l'onere di richiedere anche l'annullamento per dolo del negozio di anticipato riscatto senza tener conto delle conseguenze della sua stessa pronuncia e del fatto che, caducate le due quietanze per essere state accertate come un falso commesso dall'agente della compagnia di assicurazioni per rappresentare l'avvenuto riscatto anticipato, risultava implicitamente accertato che le polizze erano cessate alla loro naturale scadenza, non essendo mai intervenuta la conclusione del diverso negozio di scioglimento anticipato. Non avrebbe dovuto quindi la corte d'appello pretendere la proposizione di altre azioni relative a negozi non esistenti, ma semplicemente disciplinare, a fronte dell'avvenuta proposizione della domanda di restituzione della differenza tra i due investimenti, gli effetti restitutori, derivanti dall'annullamento delle nuove polizze e dall'accertamento di falso delle quietanze di anticipato riscatto, ovvero disporre la restituzione in capo al V.G. non solo del capitale transitato sulle nuove polizze, annullate, ma di tutto il capitale versato sulle vecchie polizze, scadute. Vanno poi accolti l'undicesimo motivo e, per quanto di ragione, anche l'ottavo mentre il nono e il decimo restano assorbiti , che addebitano alla corte d'appello, oltre all'errore di onerare l'attore della proposizione di una domanda non necessaria, anche di aver sollevato d'ufficio una questione rilevabile soltanto ad istanza di parte e di aver, nel fare ciò, operato un ribaltamento degli oneri probatori. In riferimento al trattenimento della differenza tra il capitale investito nelle prime due polizze e il capitale successivamente reinvestito, la corte d'appello solleva infatti d'ufficio la questione che un tale comportamento poteva essere giustificato dalla sussistenza di costi di gestione. Si tratta di questione rilevabile ad istanza di parte, in quanto specifica causa excipiendi o difesa atta a paralizzare gli obblighi restitutori della compagnia di assicurazioni con un fatto estintivo o almeno modificativo di quelli. In più, oltre ad introdurre d'ufficio la questione, la corte d'appello, come correttamente censurato dall'undicesimo motivo, ribalta sul ricorrente i relativi oneri probatori, affermando che gravava su di lui l'onere di provare l'inesistenza di tali costi. Spetta invece alla parte che, in possesso di una somma di denaro conferitagli da un terzo per un investimento concluso, solo parzialmente reinvestita in un nuovo programma di investimento, restituire la differenza tra il primo e il secondo investimento ancora nella sua disponibilità, non avendo più alcun titolo per trattenerla sulla base dell'andamento dei rapporti negoziali – a meno che non provi di aver una diversa ragione per rimanerne, in tutto o in parte, in possesso. Sarebbe stato quindi onere della compagnia di assicurazioni provare, a fronte di una estinzione delle prime polizze alla scadenza pattuita, di avere un diverso titolo – spese o altro – per trattenere la differenza tra il capitale investito nelle prime due polizze, che in difetto di un nuovo valido investimento avrebbe dovuto essere integralmente restituito al cliente, e quello riversato sulle seconde. Spetterà quindi al giudice di rinvio accertare se la relativa eccezione sia stata tempestivamente proposta, e se la parte onerata ne abbia provato la fondatezza e in che misura. In accoglimento dei motivi 7, 8 e 11, con assorbimento dei restanti, la sentenza impugnata è pertanto cassata. La causa è rinviata alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. Accoglie i motivi settimo, ottavo e undicesimo, assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.