Il nesso causale può escludersi quando si dimostri che l'incidente si sarebbe ugualmente verificato anche senza condotta antigiuridica

L'obbligo di moderare adeguatamente la velocità in relazione alle caratteristiche del veicolo e alle condizioni ambientali deve essere inteso nel senso che il conducente deve essere non solo sempre in grado di padroneggiare assolutamente il veicolo in ogni evenienza, ma deve anche prevedere le eventuali imprudenze altrui e tale obbligo trova il suo limite naturale unicamente nella ragionevole prevedibilità degli eventi, oltre il quale non è consentito parlare di colpa.

Questo il principio di diritto riaffermato dalla Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 22587, depositata in cancelleria il 5 giugno 2024. All'esito di giudizio abbreviato il G.I.P. assolveva l'imputato, chiamato a rispondere del reato di cui all' articolo 589- bis ccomma 1 e 2 c.p. , perché, ponendosi alla guida di un autoveicolo in stato di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti positivo all'esame tossicologico per la presenza di marijuana con valori superiori alla soglia , cagionava per colpa, consistita nella violazione degli articolo 141, comma 1 e 11 , e 187, comma 1, C.d.S. , la morte del conducente di un ciclomotore , perché il fatto non sussiste. La sentenza di Appello, sul gravame proposto dal P.M. e dalla parte civile, confermava la pronuncia di primo grado. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione il Procuratore Generale, che lamenta inosservanza o erronea applicazione dell' articolo 141 C.d.S. e degli articolo 40, 41 e 43 c.p., e la parte civile che deduce erronea applicazione dell' articolo 43 c.p. quanto ai criteri che devono essere applicati al fine di verificare la sussistenza del rapporto di causalità fra la condotta posta in essere dall'imputato e l'evento violazione dell' articolo 141 C.d.S. in relazione alla corretta interpretazione delle finalità di prevenzione cui è sotteso e in particolare con riferimento alla sussistenza di un rapporto diretto fra il superamento del limite di velocità imposto e l'impatto a seguito del quale si è verificato il decesso manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione quanto alla esclusione della rilevanza causale della condotta posta in essere all'imputato. Il Collegio, premette che, con doppia conforme, recante motivazione logica, congrua e corretta in punto di diritto, è stata esclusa la prova che l'imputato guidasse in stato di alterazione psico-fisica da stupefacenti, stante l'insufficienza dell'esito positivo dell'accertamento compiuto sui campioni biologici a dimostrare l'attualità dello stato di alterazione, che deve essere riscontrato da dati sintomatici della pregressa assunzione di sostanza drogante, rilevati al momento del fatto. Tuttavia, entrambi i giudici del merito, nell'offrire una singolare quanto errata interpretazione dell' articolo 141 C.d.S. , non hanno operato un corretto governo della giurisprudenza di legittimità in materia di colpa stradale . In tal senso, la Corte ricorda di aver già chiarito, in numerose pronunce, che l' articolo 141 C.d.S. impone al conducente di modulare la velocità in modo che, avuto riguardo alla tipologia, allo stato e al carico del veicolo, nonché alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e a ogni altra circostanza di qualsiasi natura che possa incidere sulla circolazione, sia possibile assicurare l'arresto tempestivo od orientare diversamente la guida e.g. attraverso una repentina sterzata dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile, che si presenti sia nella propria direttrice di marcia, sia che provenga da quella opposta, con i consolidati limiti che incontra nella circolazione stradale il c.d. principio di affidamento , al fine di evitare - entro i limiti del campo di visibilità e tanto più in caso di visibilità limitata, in ore notturne o di avverse condizioni atmosferiche - ogni pericolo per la sicurezza stradale. Peraltro, neanche il rispetto dei limiti consentiti esclude la responsabilità del conducente qualora la causazione dell'evento sia comunque riconducibile alla violazione delle regole di condotta stabilite dal citato articolo 141 , che non necessita l'individuazione della specifica velocità, essendo sufficiente che si proceda in modalità non adeguata rispetto alle condizioni di tempo e di luogo. In tema di causalità della colpa e concretizzazione del rischio , prosegue la Corte, costituisce ius receptum che, in tema di omicidio da incidente , la violazione, da parte di uno dei conducenti di una specifica norma di legge dettata per la disciplina della circolazione stradale non può, di per sé, far presumere l'esistenza del nesso causale tra il suo comportamento e l'evento dannoso, che occorre sempre provare e che deve essere escluso quando sia dimostrato che l'incidente si sarebbe ugualmente verificato anche qualora la condotta antigiuridica non fosse stata posta in essere. Ne deriva che può essere ascritto all'autore a titolo di culpa non qualsiasi evento riconducibile causalmente alla condotta trasgressiva, ma solo quello che, a seguito di verifica in concreto, risulti evitabile con l'osservanza delle norme cautelari. Inoltre, ricorda ancora il Collegio, in tema della prevedibilità dell'evento , il principio di affidamento - quale applicazione del principio del rischio consentito, che costituisce una pietra angolare della tipicità colposa - trova un temperamento, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, nell'opposto principio secondo il quale l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché questo rientri nel limite della prevedibilità ed evitabilità da parte dell'agente modello. Se, da un lato, è pur vero che su strada si configura un'intensa interazione che mostra frequenti violazioni delle regole di prudenza, dall'altro, il codice della strada presenta norme, quali gli articolo 141, 145 e 191 , che sembrano estendere al massimo l' obbligo di attenzione e prudenza , sino a comprendere il dovere di prospettarsi le altrui condotte irregolari che, proprio perché frequenti, costituiscono un rischio tipico, prevedibile, da governare nei limiti del possibile. In conclusione, la sentenza è stata annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello, che dovrà uniformarsi ai principi citati, calibrati nella corretta individuazione del rischio cautelato dall' articolo 141 C.d.S. , tenendo anche conto dell'eventuale concorso di colpa della vittima.

Presidente Di Salvo Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 7 dicembre 2021, all'esito di giudizio abbreviato, il GIP presso il Tribunale di Napoli assolveva Eq.Anumero dal reato a lui ascritto perché il fatto non sussiste rigettava, poi, le richieste di parte civile ed ordinava la restituzione agli aventi diritto, ai soli effetti penali, del ciclomotore Aprilia tg. Omissis sottoposto a sequestro, salva la sussistenza di eventuali ulteriori vincoli di carattere amministrativo. L'Eq.Anumero era stato tratto a giudizio per rispondere del reato p. e p. dall' articolo 589 bis, commi 1 e 2 cod. penumero perché, ponendosi alla guida della FIAT PANDA targata Omissis in stato di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope positivo all'esame tossicologico per la presenza di marijuana con valori superiori alla soglia di CUTT OF F , cagionava per colpa, consistita in particolare nella violazione degli articolo 141 commi 1 e 11 che prescrivono l'obbligo del conducente di regolare la velocità del veicolo in modo che, avuto riguardo alle caratteristiche, allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose ed ogni altra causa di disordine per la circolazione e 187 comma 1 guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope del D.Lgs. nr. 285/1992 . la morte di Ra.Anumero Francesco che era alla guida del ciclomotore APRILIA 50 CC targato Omissis. In Napoli il 29/11/2020. Avverso detta sentenza ebbero a proporre appello il locale Pubblico Ministero e la costituita parte civile chiedendo il primo emettersi sentenza di condanna a carico di Eq.Anumero , per il delitto di cui al capo di imputazione e la seconda il ricorso ai poteri probatori d'integrazione ex articolo 441 co. 5 cod. proc. penumero La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 9 ottobre 2023, ha confermato la sentenza impugnata. 2. Avverso tale provvedimento hanno proposto ricorso per Cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall' articolo 173, co. 1, disp. att., cod. proc. penumero • Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Napoli. Con un primo motivo il PG ricorrente lamenta inosservanza o erronea applicazione dell' articolo 141 cod. strada e degli articolo 40, 41 e 43 cod. penumero La Corte partenopea ci si duole ha erroneamente interpretato, in particolare alle pagg. 7-8 della motivazione che si trascrivono in ricorso, l' articolo 141 cod. strada , la cui violazione, invece, si ritiene abbia integrato il presupposto della colpa specifica contestata all'imputato nella determinazione del decesso del Ra.Anumero e, di conseguenza, non ha correttamente applicato le norme poste dal codice penale in materia di causalità materiale e di responsabilità colposa. I giudici del gravame del merito hanno, infatti, limitato la funzione della regola cautelare posta dall' articolo 141 del codice della strada in favore unicamente dei veicoli eventualmente antecedenti e di tutti i soggetti che si fossero trovati a percorrerla o a incrociarla , ritenendo del tutto imprevedibile il comportamento dei conducenti dei veicoli provenienti dalia corsia opposta non osservanti l'obbligo di rispettare il margine destro della propria corsia di marcia, come quello attribuito alla vittima. Ma tale limitazione secondo il PG ricorrente non si desume dal testo dell' articolo 141 cod. strada la cui singolare lettura restrittiva, affermata nella decisione impugnata, si porrebbe in contrasto anche con i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità. Essa, in particolare, sembra confondere la funzione cautelare cui è preposta la norma di comportamento relativa alla velocità dei veicoli, oggetto della violazione specifica contestata all' imputato, con quelle attribuite dalle norme di comportamento in materia della posizione dei veicoli sulla carreggiata e di distanza tra i veicoli articolo 143 e 149 cod. strada . Si ricorda in ricorso che nella sentenza di primo grado è stata accertata in 61 km orari quindi una velocità ben al di sopra del limite massimo consentito per quel tratto di strada la velocità alla quale viaggiava il veicolo condotto dall' imputato. E che il significativo superamento del limite di velocità imposto per quel tratto di strada e, comunque, derivante dalle condizioni dell'orario notturno e del manto stradale ha rappresentato la principale causa per la quale l'imputato non è stato in condizione di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l'arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e, quindi, non si è posto nelle condizioni di evitare ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose ed ogni altra causa di disordine per la circolazione. Né può ritenersi che la condotta di guida della vittima fosse un evento del tutto imprevedibile in particolare, oltre a richiamare in astratto i principi espressi costantemente dalla giurisprudenza di legittimità in merito alla prevedibilità dei comportamenti imprudenti degli utenti del codice della strada , il PG ricorrente rileva come nel caso concreto il mancato rispetto del margine destro della propria corsia fosse ben prevedibile da parte dell'imputato, posto che anche lui non lo stava rispettando, come si legge nella sentenza di primo grado La p.g. concludeva per l'ipotesi che lo scontro fosse avvenuto a ridosso della linea di mezzeria e che, quindi, nessuno dei due veicoli viaggiasse accostato al proprio margine destro anche se i detriti prodotti dall' urto erano concentrati nella semi-corsa di marcia del ciclomotore… paragrafo 9, pag. 5 e confermato nella sentenza di appello …ossia l'impatto con il ciclomotore del Ra.Anumero , dovuto alla marcia condotta, da entrambi, eccessivamente a ridosso della linea di mezzeria… il richiamo è a pag. 7 della sentenza impugnata, pag. 7 . La condotta dell'imputato prosegue il ricorso ha determinato la collisione con il ciclomotore condotto dal Ra.Anumero nelle violente modalità che hanno determinato il decesso di quest'ultimo che, pur non essendo voluto, si è verificato a causa della cosciente e volontaria violazione della norma cautelare dell' articolo 141 cod. strada ad opera dell'Eq.Anumero . Il comportamento della vittima conclude il PG ricorrente potrà essere valutato, in caso di accoglimento del presente ricorso, sotto altri profili, ma non certo per escludere il rapporto di causalità, tenuto conto delle univoche disposizioni degli articolo 40, comma 1 e 41, comma 1, cod. penumero , delle quali si deve sempre tenere conto anche nell'impostazione del rapporto di causalità in materia di responsabilità colposa, seguita dalla Corte di Appello di Napoli nella sentenza in esame. Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata. • La costituita parte civile Ra.Anumero a mezzo del difensore e procuratore speciale Avv. Sergio De Vita , che propone tre motivi di ricorso. Con il primo motivo, si lamenta erronea applicazione dell' articolo 43 cod. penumero quanto ai criteri che devono essere applicati al fine di verificare la sussistenza del rapporto di causalità fra la condotta posta in essere dall'imputato e l'evento. Rileva il difensore ricorrente che dalla mera lettura della sentenza emessa dalla Corte partenopea risulterebbe evidente l'intrinseca illogicità e contraddittorietà delle motivazioni in ordine alla corretta applicazione dell' articolo 43 cod. penumero in considerazione della ricostruzione della dinamica del sinistro fatta sia nella sentenza di primo grado che in quella di impugnazione. Ed infatti, sebbene sia stata riconosciuto che l'imputato stava viaggiando in maniera imprudente, in prossimità della linea di mezzeria ad una velocità non adeguata alle condizioni di luogo e di tempo e, comunque, superiore al limite prescritto, ha escluso in maniera assertiva che tale condotta possa essere stata causa dell'urto fra i due veicoli e quindi della morte del Ra.Anumero . In particolare, in relazione a tale profilo la Corte d'Appello si è limitata ad osservare Orbene, in applicazione dei principi di diritto richiamati, si osserva che, pur essendo stata accertata la sussistenza di una condotta antigiuridica per violazione di norme specifiche di legge articolo 141 del codice della strada non è possibile desumere che, se l'Eq.Anumero avesse tenuto la condotta conforme ed avesse, dunque, proceduto alla velocità rientrante nei limiti di legge, avrebbe evitato l'impatto con il motoveicolo condotto da Ra.Fr Ed invero, nel caso di specie, manca del tutto la prova in ordine alla efficacia salvifica che il comportamento lecito alternativo avrebbe determinato, anche perché la velocità tenuta all'imputato, solo lievemente superiore a quelle imposte dal codice della strada , non può ritenersi, con certezza, un fattore determinante del sinistro né si può affermare che, in presenza del contegno conforme, lo stesso sarebbe stato evitato . E ancora Ed invero, non risultano agli atti elementi dai quali desumere che la violazione della regola cautelare di cui all' articolo 141 del codice della strada la sola contestata al prevenuto si sarebbe posto il rapporto causale diretto con il rischio concretizzatosi, ossia l'impatto col ciclomotore del Ra.Anumero , dovuto alla marcia condotta, da entrambi eccessivamente a ridosso della linea di mezzeria … Ed infatti, la regola cautelare violata dall'Eq.Anumero che impone al conducente un preciso limite di velocità non è volta ad evitare il rischio dell'improvvisa collisione con altro mezzo che, benché occupante la corsia opposta, viaggi eccessiva-mente in prossimità della linea centrale della carreggiata ciò vale escludere, in radice, il collegamento eziologico tra la regola violata e l'evento verificatosi, non potendosi all'agente chiedere di osservare detti limiti per far fronte a condotte altrui non prevedibili e, comunque, scorrette . Ebbene, per la parte civile ricorrente il percorso motivazionale attraverso il quale il giudice dell'impugnazione è pervenuto alla conclusione che, anche nel caso in cui l'Eq.Anumero avesse tenuto una velocità adeguata alle condizioni atmosferiche ed al manto stradale quindi ben inferiore al limite prescritto di 50 km/h , l'incidente si sarebbe comunque determinato, è evidentemente contraddittorio rispetto ai criteri di valutazione della ed. causalità della colpa definiti dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alle condotte di natura commissiva e, quindi, alla corretta applicazione dell' articolo 43 cod. penumero Ed infatti, è stato chiarito che in questi casi il giudice, per escludere il nesso di causalità fra condotta ed evento, è tenuto a dimostrare in termini concreti e non meramente assertivi, come fatto dalla Corte territoriale, che la prima non ha influito in alcun modo sulla determinazione dell'evento. Condizione che sostanzialmente lo stesso Gup sottolinea nel proprio ricorso il difensore di parte civile non ha escluso, limitandosi ad osservare che nel caso di specie permanevano ragionevoli dubbi in ordine all'esistenza del nesso di causalità tra la sua condotta … . E che è stata sostanzialmente riconosciuta anche dalla Corte d'Appello. In realtà, per la p.c. ricorrente le conclusioni cui sono pervenuti i giudici di merito sarebbero evidentemente contraddittorie con la stessa ricostruzione del sinistro fatta sia nella sentenza di primo grado, richiamata per relationem dalla Corte partenopea, che in quella di appello, di cui vengono riportati in ricorso ampi stralci. Per il difensore ricorrente è davvero difficile comprendere come si possa affermare che non abbia inciso nei determinismo causale dell'urto fra i due veicoli la circostanza che l'Eq.Anumero viaggiasse in maniera imprudente a ridosso della linea di mezzeria come espressamente rilevato dalla Corte d'Appello ad una velocità che al momento esatto dell'urto era di 61 km/h, ovvero superiore di ben 11 km/h a quella consentita ex lege, e che, secondo il tra acquisito, solo sei secondi prima dell'impatto teneva una velocità di 70,8 km/h come espressamente segnalato nell'atto di impugnazione . Eppure, nel caso specifico, come espressamente contestato, il limite di velocità non avrebbe dovuto essere parametrato a quello previsto di 50 km/h, ma a quello di gran lunga inferiore determinato dalle condizioni di dissesto e di viscidità del tratto di stradale causato dalla pioggia, condotte descritte e riconosciute nelle sentenze impugnate. E' ben evidente secondo la tesi che si propone in ricorso che, se l'imputato avesse viaggiato ad una velocità più bassa, confacente alle condizioni del luogo, egli avrebbe potuto avvedersi della presenza del veicolo sulla corsia opposta ed avere il tempo necessario per accostarsi sul margine destro della sua corsia di marcia o, addirittura fermarsi, in modo da evitare il rischio dell'impatto. D'altronde, anche rispetto al punto d'impatto, la ricostruzione della Corte d'appello sarebbe intrinsecamente illogica laddove ha affermato che l'urto si determinò in quanto i due veicoli viaggiavano imprudentemente in prossimità della linea di mezzeria. Condizione evidentemente insufficiente a giustificare l'urto che, senza dubbio, fu causato dalla invasione, seppur minima, della corsia opposta da parte di uno dei due. Ebbene, quanto a questo fondamentale aspetto, è suggestivo per il ricorrente che la Corte territoriale, sebbene espressamente sollecitata, non abbia espresso alcuna valutazione in ordine a quanto evidenziato dallo stesso Gup nella sentenza di primo grado laddove ha specificato che La PG. concludeva per l'ipotesi che lo scontro fosse avvenuto a ridosso della linea di mezzeria e che, quindi, nessuno dei due veicoli viaggiasse accostato al proprio margine destro anche se i detriti prodotti dall'urto erano concentrati nella semicorsia di marcia del ciclomotore . E che all'atto dei rilievi di polizia giudiziaria i veicoli venivano rinvenuti nella posizione statica assunta dopo la collisione ciò agevolava una prima ricostruzione dell'evento. La Panda si trovava nell'opposta semicorsia con le ruote anteriori adagiate sul marciapiedi. Il motorino, invece, risultava riverso sulla fiancata destra all'interno della sua direttrice, col lato posteriore rivolto verso la macchina. Nei pressi della ruota anteriore destra dell'auto, invece, giaceva in posizione prona il corpo esanime del Ra.Anumero , con ancora indosso il casco protettivo . In sostanza, ci si duole che la Corte del merito abbia completamente omesso di valutare tali condizioni, che consentono di escludere che il veicolo condotto dalla vittima abbia potuto invadere la corsia opposta. E chetai contrario, secondo la parte civile ricorrente, lasciano ipotizzare che fu l'auto guidata dall'imputato a immettersi, ad una velocità assolutamente inadeguata, in quella percorsa dal ciclomotore condotto dal Ra.Anumero fino ad impattare con il marciapiedi opposto e, quindi, omettendo qualsiasi manovra elusiva. I rilievi operati dalla p.g. e riportati in sentenza consentono secondo la tesi proposta in ricorso di affermare che, proprio a causa della velocità in relazione all'asfalto viscido e dissestato, l'imputato non potè attuare la corretta manovra elusiva che avrebbe imposto, anche per una reazione istintiva, l'accostamento verso il margine destro della careggiata. Manovra che l'Eq.Anumero senz'altro avrebbe potuto effettuare se avesse viaggiato ad una velocità consona alle condizioni del tratto di strada, che avrebbe dovuto essere di gran lunga inferiore a quella imposta per legge di 50 km/h. D'altro canto, non potrebbe certo ritenersi imprevedibile la manovra di accostamento al centro della carreggiata posta in essere da un veicolo proveniente dalla direzione opposta funzionale alla esecuzione di una svolta a sinistra. Con il secondo motivo si lamenta violazione dell' articolo 141 cod. strada quanto alla corretta interpretazione delle finalità di prevenzione cui è sottesa tale disposizione del codice della strada ed in particolare con riferimento alla sussistenza di un rapporto diretto fra il superamento del limite di velocità imposto e l'impatto a seguito del quale perse la vita il Ra.Anumero . Sotto questo profilo, per il difensore ricorrente, è evidentemente irricevibile la considerazione fatta in sentenza per escludere la responsabilità dell'imputato secondo la quale nel caso in esame, la disposizione violata era destinata a garantire una andatura corretta e regolare nell'ambito della corsia di marcia dell'agente per la tutela dei veicoli eventualmente antecedenti e di tutti i soggetti che si fossero trovati a percorrerla o a incrociarla, e non anche per scongiurare l'ipotesi in cui, in maniera del tutto imprevedibile, un veicolo proveniente nel senso contrario si sarebbe accostato eccessivamente al margine sinistro della propria corsia, quasi intersecando quella opposta . Affermazione che, evidentemente, è stata fondata su di una errata interpretazione della regole poste dall' articolo 141 cod. strada al fine di garantire la sicurezza della circolazione e prevenire episodi come quelli oggetto della contestazione, laddove in sentenza è stato scritto che …l'obbligo di moderare adeguatamente la velocità, in relazione alle caratteristiche del veicolo e alle condizioni ambientali va inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo, altresì conto di eventuali imprudenze altrui, purché esse siano ragionevolmente prevedibili Sez. 4, numero 25552 del 27/04/2017, Luciano, v 270176 . Nel caso in esame, la disposizione violata era destinata a garantire un'andatura corretta e regolare nell'ambito della corsia di marcia dell'agente per la tutela dei veicoli eventualmente antecedenti e di tutti i soggetti o che si fossero trovati a percorrerla o incrociarla, ma non anche per scongiurare l'ipotesi in cui, in maniera del tutto imprevedibile, un veicolo proveniente dal senso contrario si sarebbe accostato eccessivamente al margine sinistro della propria corsia, quasi intersecando quella opposta . Si tratta di un'interpretazione che il difensore ricorrente ritiene non possa essere condivisa, sia in considerazione del tenore della norma che del criterio di prevedibilità. Non essendo stato accertato che la condotta della vittima fosse così atipica ed eccezionale da rendersi assolutamente imprevedibile per l'Eq.Anumero , non vi sarebbe per il ricorrente alcun dubbio che il significativo superamento del limite di velocità comunque imposto per quel tratto di strada abbia rappresentato la principale causa per la quale l'imputato non è stato in condizione, come previsto dalla norma di cui all'imputazione, di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l'arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile e quindi di evitare ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose ed ogni altra causa di disordine per la circolazione . Prescrizione che ribadisce il difensore ricorrente non può essere limitata a garantire un'andatura corretta e regolare nell'ambito della corsia di marcia dell'agente per la tutela dei veicoli eventualmente antecedenti e di tutti i soggetti che si fossero trovati a percorrerla o incrociarla, come apoditticamente affermato dalla Corte d'Appello. Al contrario, si ritiene essere possibile affermare che la velocità tenuta, di ben 70,00 km/h, ha rappresentato il motivo principale per il quale l'Eq.Anumero condizionato anche dall'assunzione di cannabinoidi ha invaso la corsia opposta, come accertato in sentenza o, comunque, gli ha impedito l'attivazione della dovuta manovra elusiva e ha favorito l'invasione della corsia dopo l'urto, così amplificando il danno patito dal Ra.Anumero . D'altronde, si sostiene in ricorso che, nel caso di condotta commissiva, la sussistenza di un rapporto di causalità efficiente fra la condotta posta in essere e l'evento è condizione sufficiente a dimostrare la responsabilità dell'agente. In queste ipotesi, il rapporto di causalità può essere escluso solo nel caso in cui sia possibile dimostrare in concreto che, anche laddove la condotta vietata fosse stata rispettata, l'evento si sarebbe comunque verificato. Principio che si ricorda in ricorso è stato ben chiarito anche da Sez. 4 numero 24898/2007, richiamata in motivazione. Tali considerazioni in ordine i profili di responsabilità colposa da sinistro stradale per la parte civile ricorrente trovano pieno conforto nella lettura interpretativa costantemente offerta dalla giurisprudenza di legittimità in ultimo da Sez. 4 numero 7094/2021 e numero 38548/2017 in un caso analogo a quello che ci occupa. Viene poi ricordata l'ampia giurisprudenza di questa Corte di legittimità sui limiti del principio di affidamento in materia di circolazione stradale. Con il terzo motivo ci si duole della manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione quanto alla esclusione della rilevanza causale della condotta posta in essere all'imputato, così come dalla ricostruzione della dinamica del sinistro accertata dai giudici di merito, ed in particolare alla individuazione del punto d'urto fra i due veicoli e quanto alle ragioni per le quali non si è proceduto, applicando i poteri officiosi di integrazione probatoria, alla predisposizione di uno specifico accertamento tecnico diretto a verificare tale aspetto della vicenda, essenziale per individuare la sussistenza della responsabilità dell'imputato. Si lamenta altresì travisamento della prova fotografica, dalla quale si ritiene essere possibile rilevare con esattezza il punto del veicolo condotto dall'imputato nel quale impattò il ciclomotore condotto dal Ra.Anumero rispetto alla ricostruzione della dinamica del sinistro. Ricorda il difensore ricorrente che con l'atto d'impugnazione erano stati sollecitati i poteri officiosi di parziale rinnovazione del dibattimento nel giudizio d'appello sulla base delle valutazioni espresse dal giudice in ordine alla mancanza di un accertamento diretto a stabilire in concreto la misura della velocità che l'imputato avrebbe dovuto tenere per poter evitare con certezza l'impatto con il motoveicolo condotto dal sig. Ra.Anumero , condizione che avrebbe dovuto imporre l'attivazione dei poteri di integrazione probatoria officiosi previsti dal quinto comma dell' articolo 441 cod. proc. penumero , attività che potrà essere legittimamente posta in essere nel giudizio di appello così nell'atto di appello . Ebbene, a dispetto della accertata violazione del precetto normativo da parte dell'imputato, sia in ordine al superamento del limite di velocità stabilito nel tratto di strada che in relazione a quello empirico funzionale alle condizioni del luogo ora notturna, asfalto dissestato e bagnato , della accertata invasione da parte dell'autovettura condotta dall'imputato della corsia opposta nella quale viaggiava il ciclomotore condotto dal Ra.Anumero , della presenza dei detriti prodotti dall'urto solo in tale tratto della carreggiata, la motivazione della sentenza sarebbe manifestamente illogica laddove la Corte territoriale ha completamente omesso di individuare il punto d'urto fra i veicoli, limitandosi ad osservare che l'incidente si determinò perché entrambi viaggiavano in prossimità della linea di mezzeria. Omissione ancor più ingiustificata si legge in ricorso in considerazione del punto con il quale il veicolo condotto dall'imputato travolse il ciclomotore della vittima, posto quasi al centro del paraurti anteriore della sua auto. Condizione che risulterebbe con evidenza dalle fotografie effettuate dalla Polizia Giudiziaria nell'immediatezza del fatto. Si tratterebbe di un elemento di valutazione assolutamente non toccato e non assorbito dalla testimonianza del Mo., e completamente travisato dalla Corte territoriale a dispetto delle articolate osservazioni tecniche svolte dalla difesa della parte civile nella memoria depositata nel corso del giudizio d'appello. Sulla base di tali presupposti, il difensore della p.c. ricorrente ritiene essere manifestazione illogica e contraddittoria la decisione della Corte territoriale in relazione alle ragioni per le quali non ha inteso attivare i poteri officiosi di integrazione probatoria malgrado dalla stessa lettura della sentenza risulti con evidenza che non sia corretto quanto affermato a pagina 4 del provvedimento, ovvero, che la ricostruzione del sinistro verificatosi nella notte del 29 novembre 2021, in cui perdeva la vita Ra.Fr., appare del tutto incontrovertibile, essendo stata accertata, con dovizia di particolari, la dinamica dello stesso, sicché non si ritiene esservi sopravvenuta esigenza probatoria da soddisfare, né mediante la rinnovazione dell'istruttoria né adoperando i poteri integrativi del giudice . La parte civile ricorrente, che allega al ricorso, ai fini del travisamento della prova, foto tratte dalla informativa di p.g. dell'auto condotta dall'Eq.Anumero , chiede anch'essa annullarsi la sentenza impugnata, con vittoria di spese. 3. Le parti hanno concluso in pubblica udienza come riportato in epigrafe. Considerato in diritto 1. I motivi di ricorso proposti sia dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Napoli che dalla costituita parte civile Ra.Anumero in punto di erronea applicazione dell' articolo 141 cod. strada e di prevedibilità dell'evento sono fondati e assorbenti su ogni altro, e, pertanto, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Napoli, cui va demandata anche la regolamentazione delle spese tra le parti in questo giudizio di legittimità. 2. Ed invero, la Corte partenopea, come già il giudice di primo grado, non opera un corretto governo della giurisprudenza di questa Corte di legittimità in materia di colpa stradale. Come si andrà ad illustrare in dettaglio nelle pagine che seguono, i giudici del gravame del merito offrono una singolare quanto errata interpretazione dell'articolo 141 cod. strada laddove ritengono che tale norma sia destinata a garantire una andatura corretta e regolare nell'ambito della corsia di marcia dell'agente per la tutela dei veicoli eventualmente antecedenti e di tutti i soggetti che si fossero trovati a percorrerla o a incrociarla, ma non anche per scongiurare l'ipotesi in cui, in materia del tutto imprevedibile, un veicolo proveniente dal senso contrario si sarebbe accostato eccessivamente al margine sinistro della propria corsia, quasi intersecando quella opposta… pagg. 7-8 della sentenza impugnata . E che lo sia, invece, il non contestato articolo 143 cod. strada . Errata in punto di diritto è anche l'affermazione che si legge a pag. 7 della sentenza impugnata secondo cui … la regola cautelare violata dall' Eq.Anumero , che impone al conducente un preciso limite di velocità, non è volta ad evitare il rischio dell' improvvisa collisione con altro mezzo che, benché occupante la corsia opposta, viaggi eccessivamente in prossimità della linea centrale della carreggiata ciò vale ad escludere, in radice, il collegamento eziologico tra la regola violata e l'evento verificatosi, non potendosi richiedere di osservare detti limiti, per far fronte a condotte altrui non prevedibili e, comunque, scorrette . Va premesso, invece, che, con doppia conforme valutazione e con una motivazione logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e che, pertanto, si sottrae alle proposte censure di legittimità i giudici del merito escludono che vi sia la prova che l'Eq.Anumero guidasse il proprio veicolo in stato di alterazione psicofisica derivante dall'assunzione di stupefacenti cfr. pag. 8 de la sentenza impugnata e pag. 9 di quella di primo grado . Ciò nel solco della consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui, in tema di omicidio stradale, ai fini della configuirabilità della circostanza aggravante della guida in stato di alterazione da stupefacenti, l'esito positivo dell'accertamento compiuto sui campioni biologici del conducente nella specie, l'analisi delle urine non è sufficiente a dimostrare l'attualità dello stato di alterazione, dovendo questo essere riscontrato da dati sintomatici della pregressa assunzione di sostanza drogante, rilevati al momento del fatto così, ex multis, Sez. 4, numero 5890 del 25/01/2023, De Rosa, Rv. 284099 01 e la richiamata Sez. 4, numero 48632 del 5/10/2022, Guarino, Rv. 283927 01 . I giudici del merito pervengono ad una logica conclusione sul punto, rilevando che, a fronte del riscontro positivo all'analisi presumibilmente sulle urine cfr. pag. 4 della sentenza di primo grado ove si legge che In atti è presente al riguardo il referto del laboratorio di patologia clinica dell'Ospedale Cardarelli. Anche se il dato non è chiaro, sembra che l'esame sia stato effettuato su un campione di urine , non vi era null'altro. Ciò perché l'Eq.Anumero , in sede di verbalizzazione degli accertamenti urgenti sulla persona, assumeva un contegno del tutto normale, né presentava caratteristiche sintomatiche di qualsivoglia stato di alterazione psicofisica e, a conferma di quanto asserito vi è la circostanza che nemmeno il personale di PG dava atto di alcunché all'interno del verbale di accertamento. Sicché, in assenza di evidenze sul punto e facendo applicazione dei principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, i giudici partenopei hanno ritenuto escludersi che la positività agli esami tossicologici disposti potesse, da sola, provare che il prevenuto versasse in condizioni di alterazione, dovute all'assunzione di sostanza stupefacente. Sul punto, peraltro, va rilevato che vi è giurisprudenza di legittimità concorde laddove si tratti di analisi delle urine. Diversamente, in caso di analisi del sangue, va affermandosi un più recente orientamento cfr. Sez. 4, numero 14919 del 21/03/2019, Simi, Rv. 275650 01 in motivazione, oltre che le recentissime Sez. 4 numero 3383 del 23/11/2023 dep. 2024, Pulici, non mass., Sez. 4 numero 31514 del 19/4/2023, Mounir, non mass, e Sez. 7 numero 10351 del 21/02/2 014, Maestri, non mass. , mentre gli accertamenti su campioni piliferi e sulle urine hanno una affidabilità limitata perché rilevano tracce di sostanze stupefacenti che restano depositate in tessuti e organi anche per un periodo di tempo prolungato, gli esami ematici hanno una affidabilità di gran lunga maggiore, rilevando la presenza di sostanze tossiche che, al momento dell'accertamento, per il fatto di essere in circolazione nel sangue, sono inevitabilmente destinate a raggiungere il cervello ed il sistema nervoso e, proprio per questo, sono suscettibili di alterare lo stato cognitivo e i riflessi del soggetto, per cui bastano da soli a ritenere lo stato di alterazione. Sarà compito del giudice del rinvio verificare se dagli atti e dai mezzi di prova assunti emerga effettivamente che si tratti di analisi delle urine. In ogni caso, pur eliminato il profilo di colpa della guida sotto l'influenza dell'assunta marijuana, il punto critico, che porta la motivazione della sentenza impugnata ad essere così radicalmente viziata da costituire violazione di legge, riguarda la circostanza che il giudizio controfattuale doveva prendere in considerazione quanto meno le altre due evidenti circostanze di fatto che, in sinergia tra loro, hanno cagionato l'evento in danno di Ra.Fr., ovvero 1. quella che l'Eq.Anumero viaggiava ad una velocità superiore al limite di velocità previsto per quella strada 2. che procedeva in prossimità della striscia di mezzeria. La ratio decidendi, in altri termini, non poteva prescindere dalla sinergia di queste circostanze che, pur dovendosi valutare un eventuale concorso di colpa della persona offesa, agiscono sempre sullo stesso punto la procurata impossibilità o, comunque, la ritardata prontezza dello scarto improvviso che avrebbe consentito all'Eq.Anumero di non impattare contro l'ostacolo che gli veniva di fronte. La sentenza impugnata, così come quella di primo grado, richiama in maniera non corretta i concetti di concretizzazione del rischio e di causalità della colpa, laddove diversamente da quanto opinano i giudici partenopei l' articolo 141 cod. strada cautela, tra gli altri, proprio il rischio che si è concretizzato. 3. I fatti, per come ricostruiti dai giudici del merito sono incontestati. In data 29 novembre 2021, in orario notturno, si verificava, in Napoli, in via Nazionale delle Puglie, nei pressi del civico 248, un sinistro stradale, a seguito del quale decedeva Ra.Fr Nel dettaglio, è emerso che il ciclomotore condotto dalla vittima impattava contro una Fiat Panda guidata dall'odierno imputato che procedeva nel senso opposto di marcia, ad una velocità pari a 61 km/h documentata, come ricorda il giudice di primo grado a pag. 4 della propria pronuncia, anche dai dati acquisiti dal rilevatore satellitare montato sulla Fiat Panda. Solo a seguito dello scontro, l'autovettura invadeva la corsia contrapposta, terminando la propria corsa sul marciapiede, mentre lo scooter veniva scaraventato sul margine destro della strada, lungo la sua direttrice. All'esito degli accertamenti tossicologici disposti su entrambi i conducenti veniva accertato che Ra.Fr., vittima del sinistro, era assuntore abituale di sostanze stupefacenti e che, al momento dei fatti, lo stesso presentava un tasso alcolemico particolarmente elevato, pari a 1,7 g/l, mentre l'Eq.Anumero risultava positivo all'assunzione di marjuana. Pacifici sono gli elementi su cui nell'editto accusatorio era stata incentrata l'accusa. In primis, l'alta velocità a cui procedeva l'autovettura dell'Eq.Anumero , ben al di sopra del limite massimo consentito per quel tratto di strada e in quelle specifica situazione di tempo e di luogo. Peraltro, che il significativo superamento del limite di velocità imposto per quel tratto di strada e, comunque, derivante dalle condizioni dell'orario notturno e del manto stradale abbia rappresentato la principale causa per la quale l'imputato non è stato in condizione di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l'arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e, quindi, non si è posto nelle condizioni di evitare ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose ed ogni altra causa di disordine per la circolazione, pare essere elemento non smentito dalle pronunce di merito. Come si legge sin dalla sentenza di primo grado …La 'scatola nera' installata sulla Panda indica che al momento dell'impatto la vettura viaggiava a 61 km/h, una velocità ben al di sopra del limite massimo consentito per quel tratto di strada, pari a 50Km/h. … Infatti, la Polizia Municipale attesta che nel punto interessato dal sinistro non c'è segnaletica verticale con la conseguenza che il limite massimo consentito è quello previsto in via generale per i centri abitati ovvero 50 Km/h. pag. 7 . E nel provvedimento impugnato si dà anche atto delle condizioni del manto stradale … Il tracciato evidenziava che al momento dell' impatto crash la vettura viaggiava alla velocità di 61 km/h, superiore, quindi, al massimo consentito sulle strade urbane di 50 Km/h. Sulla base di questo dato, delle condizioni di dissesto del manto stradale, reso anche viscido dalla pioggia, la polizia municipale ravvisava la violazione dell' articolo 141 c.d.s. avendo l'Eq.Anumero circolato ad alta velocità che oltre ad essere superiore ai limiti di legge era da ritenere non consona rispetto alle condizioni stradali e meteo-atmosferiche esistenti al momento del sinistro. … Inoltre, sempre ad avviso dei verbalizzanti, la circostanza che Eq.Anumero procedesse ad una velocità inadeguata era ricavabile anche dagli ingenti danni prodotti dalle carrozzerie oltre che, come già detto, dalle condizioni stradali non ottimali… così sentenza di primo grado, paragrafo 8, pag. 4, e paragrafo 9, pag. 5 . Incontestata, ancora è la circostanza che entrambi mezzi coinvolti nell'incidente viaggiassero in prossimità delle rispettive strisce di mezzeria. Ancora, neppure viene posto in discussione che l'Eq.Anumero come, peraltro, anche la persona offesa si fosse messo alla guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti. E che la persona offesa, positiva ai riscontri circa l'assunzione di alcool sugli stupefacenti valendo le stesse considerazioni già operate per l'imputato , viaggiasse su uno scooter privo di copertura assicurativa e senza la patente di guida, che gli era stata sospesa dal 2018 per tre anni. 4. Come si diceva in precedenza, l'errar iuris che caratterizza entrambe le sentenze di merito attiene alla valutazione circa la concretizzazione, nel caso che ci occupa, del rischio cautelato dalla norma la cui violazione è stata contestata all'Eq.Anumero , ovvero quella di cui all' articolo 141 cod. strada . Il giudice di primo grado fornisce, a pagina 8 della propria sentenza una risposta non conforme ai consolidati orientamenti ermeneutici, ritenendo che adeguare la velocità alle condizioni del caso concreto non sia una regola di comportamento preposta a scongiurare il pericolo di scontro tra veicoli che marciano in direzioni opposte. Semmai scrive ancora il Gup, ma come si dir così non è è l'obbligo di procedere in prossimità del margine destro della strada previsto dall' articolo 143 cod. strada che si prefigge tale scopo, ma di tale precetto non si può in alcun modo tenere conto non avendo formato oggetto di contestazione. La Corte di appello perviene a identica errata conclusione, evidenziando a pagina 5 del proprio provvedimento che, diversamente da quanto sostenuto dagli appellanti, il giudice di prime cure non ha compiuto l'accertamento della causalità omissiva ma ha provveduto a verificare, escludendone la sussistenza, cosiddetta causalità della colpa così pag. 5-6 della motivazione della sentenza impugnata . Perciò, la Corte territoriale conferma la conclusione del primo giudice secondo cui, anche a voler ritenere che Eq.Anumero abbia violato la norma relativa ai limiti di velocità di cui all'articolo 141 codice strada, unica contestata, allorché si giunge ad operare la verifica sul piano della causalità della colpa deve escludersi che gli abbia con la sua condotta determinato la condizione di un rischio che le regole stesse erano intese a prevenire. Ciò perché come già evidenziato in premessa ritiene erroneamente che la norma cautelare violata non sia volta ad evitare il rischio dell'improvvisa collisione con un altro mezzo che, benché occupante la corsia opposta, viaggi eccessivamente in prossimità della linea centrale della carreggiata, il che varrebbe ad escludere in radice e il collegamento eziologico tra la regola violata e l'evento verificatosi, non potendosi all' agente richiedere di osservare detti limiti per far fronte a condotte altrui non prevedibili e comunque scorrette. Per i giudici del gravame del merito il giudice di primo grado ha correttamente posto l'accento sulla dirimente considerazione che, non essendo stata contestata la violazione dell' articolo 143 cod. strada , bensì il solo articolo 141, la condotta di guida dell'Eq.Anumero , anche se relazionata all'evento sul piano della causalità fenomenica materiale, non poteva dirsi a esso correlata sul piano eminentemente normativo della causalità della colpa, stante l'insussistenza di dati che avrebbero consentito, all'esito di un giudizio controfattuale, di affermare cori certezza che, ove l'Eq.Anumero avesse proceduto alla velocità prescritta,avrebbe evitato l'impatto. La Corte di Appello di Napoli ha ritenuto, pertanto, di limitare la funzione della regola cautelare posta dall' articolo 141 cod. strada in favore unicamente dei veicoli eventualmente antecedenti e di tutti i soggetti che si fossero trovati a percorrerla o a incrociarla , ritenendo del tutto imprevedibile il comportamento dei conducenti dei veicoli provenienti dalla corsia opposta non osservanti l'obbligo di rispettare il margine destro della propria corsia di marcia, come quello attribuito alla vittima. 5. La singolare limitazione, affermata nella decisione oggetto del presente ricorso, tuttavia, come fondatamente rileva il PG ricorrente, non si desume dal testo dell' articolo 141 cod. strada e si pone in contrasto anche con i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità in relazione a tale norma. La stessa, in particolare, sembra confondere la funzione cautelare cui è preposta la norma di comportamento relativa alla velocità dei veicoli, oggetto della violazione specifica contestata all' imputato, con quelle attribuite dalle norme di comportamento in materia della posizione dei veicoli sulla carreggiata e di distanza tra i veicoli articolo 143 e 149 cod. strada . Il profilo di colpa specifica di cui all'imputazione che si aggiunge a quello afferente all'essersi posto alla guida in stato di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di marijuana, che i giudici di merito, come visto, escludono attiene alla violazione dell'articolo 141 co. 1 cod. strada , norma secondo cui 1. è obbligo del conducente regolare la velocità del veicolo in modo che avuto riguardo alle caratteristiche, allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose ed ogni altra causa di disordine per la circolazione . Orbene, in proposito, ritiene il Collegio che vada chiarito che l' articolo 141 cod. strada impone al conducente di un veicolo di modulare a velocità dello stesso in modo che, avuto riguardo alla tipologia, allo stato ed al carico del veicolo stesso, nonché alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura che possa incidere sulla circolazione, sia possibile assicurare l'arresto tempestivo del mezzo o orientarne diversamente la guida ad esempio attraverso una repentina sterzata dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile, che si presenti sia nella propria direttrice di marcia, che provenga da quella opposta, con i consolidati limiti che incontra nella circolazione stradale il c.d. principio di affidamento, al fine di evitare entro i limiti del campo di visibilità e tanto più in caso di visibilità limitata, in ore notturne o di avverse condizioni atmosferiche ogni pericolo per la sicurezza stradale. E questa Corte di legittimità, già in passato, ha sottolineato che l'obbligo di moderare adeguatamente la velocità, in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali, va inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo altresì conto di eventuali imprudenze altrui, purché ragionevolmente prevedibili così la citata ma non correttamente applicata Sez. 4, numero 25552 del 27/4/2017, Luciano, Rv. 2.70176, che ha ritenuto ragionevolmente prevedibile la presenza, di sera, in una strada cittadina poco illuminata, in un punto situato nei pressi di una fermata della metropolitana, di persone intende all'attraversamento pedonale nonostante l'insistenza in loco di apposito sottopassaggio conf. Sez. 4 numero 42099 del 14/10/2021, Pinzino, non mass. . Peraltro, questa Corte di legittimità ha chiarito che, in tema di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale, neanche il rispetto del limite massimo di velocità consentito che, peraltro, non è il caso che ci occupa esclude la responsabilità del conducente qualora la causazione dell'evento sia comunque riconducibile alla violazione delle regole di condotta stabilite dall' articolo 141 cod. strada così la recente Sez. 4, numero 7093 del 27/1/2021, Di Liberto, Rv. 280549 che ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità per omicidio colposo, ai danni di un pedone, del conducente che, pur viaggiando a velocità moderata, aveva omesso, attese le condizioni metereologiche avverse, il centro abitato e la ridotta visibilità, di tenere una condotta di guida tale da potergli consentire di avvistare per tempo il pedone ed arrestare il mezzo . E che la contestazione del profilo di colpa specifica di cui all' articolo 141 cod. strada , peraltro, non necessita nemmeno che sia individuata la specifica velocità di marcia, essendo sufficiente che si proceda ad una velocità non adeguata rispetto alle condizioni di tempo e di luogo in cui il mezzo si trovava a circolare. Dunque, nel formulare il proprio apprezzamento sull'eccesso di velocità relativa vale a dire su una velocità non adeguata e pericolosa in rapporto alle circostanze di tempo e di luogo, indipendentemente dai prescritti limiti fissi di velocità il giudice non è tenuto a determinare con precisione ed in termini aritmetici il limite di velocità ritenuto innocuo, essendo sufficiente l'indicazione degli elementi di fatto e delle logiche deduzioni in base ai quali la velocità accertata è ritenuta pericolosa in rapporto alla situazione obiettiva ambientale cfr. Sez. 4, numero 8526 del 13/2/2015, De Luca Cardillo, Rv. 262449, in una fattispecie in cui l'imputato aveva mantenuto una velocità prossima, per difetto, al limite vigente nel tratto stradale interessato dal sinistro, valutata, tuttavia, non adeguata in considerazione della scarsa visibilità notturna, della prossimità sia alle strisce pedonali sia all'intersezione con altra strada nonché della presenza a bordo del motociclo da lui condotto di un passeggero prive di casco . Tale ultimo principio va rilevato è in contrasto con quanto afferma il giudice di primo grado a pag. 7 della propria pronuncia, e i giudici di appello avallano, secondo cui nessun accertamento è stato effettuato per verificare … quale avrebbe dovuto essere l'andatura prudente in grado di evitare ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose ed ogni altra causa di disordine per la circolazione come prescrive l'articolo 141 comma 1 … non lo ipotizza la polizia municipale non lo dice una consulenza cinematica . Diversamente da quanto opinano i giudici partenopei, dunque, questa Corte non ha mai affermato che l' articolo 141 cod. strada tuteli la sicurezza della circolazione con riferimento esclusivo a coloro che procedono lungo la stessa direttrice di marcia di chi lo violi. Anzi, pur con tutte le specificazioni del caso concreto all'opposto di quanto si legge in sentenza il principio è stato sancito da numerose pronunce di questa Corte per le violazioni di cui all' articolo 143 cod. strada . Si è affermato, infatti, che in tema di circolazione stradale, l'obbligo di circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della medesima, anche quando la strada è libera , previsto dall' articolo 143 cod. strada , ha la finalità di garantire un'andatura corretta e regolare nell'ambito della propria corsia di marcia per la tutela del veicolo procedente e degli altri che la percorrono, e non di evitare il rischio dell'improvvisa occupazione della corsia da parte di un veicolo proveniente dalla direzione opposta, sicché, in caso di inosservanza di tale regola cautelare, deve comunque escludersi la responsabilità del conducente per l'incidente dovuto ad invasione della corsia da parte di altro veicolo così Sez. 4, numero 18802 del 11/04/2019, Catalani Rv. 275655 01 conf. Sez. 4, numero 40050 del 29/03/2018, Lenarduzzi, Rv. 273870 01 che, nell'affermare il principio che la responsabilità colposa implica che la violazione della regola cautelare deve aver determinato la concretizzazione del rischio che detta regola mirava a prevenire, poiché alla colpa dell'agente va ricondotto non qualsiasi evento realizzatosi, ma solo quello causalmente riconducibile alla condotta posta in essere in violazione della regola cautelare, ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per omicidio colposo per incidente stradale, fondata sulla violazione dell' articolo 143 cod. strada in riferimento al comportamento del conducente che non aveva tenuto strettamente la destra della carreggiata ed aveva investito un pedone in fase di attraversamento Sez. 4, numero 50024 del 04/10/2017, Delfino, Rv. 271490 01 Sez. 4, numero 32126 del 16/06/2010, Zampetti e altri, non massimata in senso contrario Sez. 4, numero 14290 del 05/03/2019, Cavallaro, Rv. 275601 01 e Sez. 4, numero 2568 del 04/11/2010, dep. 2011, Berlanda, Rv. 249622 01 secondo cui l' articolo 143 cod. strada è volto ad evitare interferenze o urti fra veicoli provenienti da direzioni opposte . 6. Le sentenze di merito dei giudici partenopei, a ragione, richiamano concetti quali la causalità della colpa e la concretizzazione del rischio. Ma non ne operano una corretta applicazione in ragione dell'erronea interpretazione della portata dell' articolo 141 cod. strada . Costituisce, infatti, ius receptum che, in tema di omicidio colposo da incidente stradale, la violazione, da parte di uno dei conducenti dei veicoli coinvolti, di una specifica norma di legge dettata per la disciplina della circolazione stradale non può, di per sé, far presumere l'esistenza del nesso causale tra il suo comportamento e l'evento dannoso, che occorre sempre provare e che deve essere escluso quando sia dimostrato che l'incidente si sarebbe ugualmente verificato anche qualora la condotta antigiuridica non fosse stata posta in essere così Sez. 4, numero 45589 del 10/11/2021, Laganà, Rv. 282596 01 che, in relazione alla morte del conducente di uno dei veicoli determinata dalla perdita di controllo dell'autovettura e dall'improvvisa invasione dell'opposta corsia di marcia, per lo scontro con altra vettura proveniente in senso opposto, ha ritenuto irrilevante il superamento, da parte di quest'ultima, del limite di velocità, non sussistendo nesso eziologico tra la regola cautelare violata e l'evento verificatosi conf. Sez. 4, numero 17000 del 05/04/2016, Scalise, Rv. 266645 01 Sez. 4, numero 40802 del 18/09/2008, Spoldi, Rv. 241475 01 Sez. 4, numero 24898 del 24/05/2007 Venticinque, Rv. 236854 01 in cui in relazione alla morte del conducente di uno dei veicoli, determinata dallo sbandamento della vettura, dall'invasione dell'opposta corsia di marcia e dallo scontro con altra vettura proveniente in senso opposto, è stato ritenuto irrilevante il superamento, da parte di quest'ultima, del limite di velocità, in quanto, pur in assenza di tale violazione, il fatto si sarebbe egualmente verificato . Può, dunque, essere ascritto all'autore a titolo di colpa non qualsiasi evento riconducibile causalmente alla condotta trasgressiva ma solo quello evitabile con la condotta non trasgressiva. Si tratta, in altri termini, di accertare il rapporto di causalità tra la condotta colposa e l'evento, verificando la sussumibilità dell'evento determinato dalla condotta trasgressiva di una regola cautelare nel novero di quegli eventi che la stessa norma mirava a scongiurare. Si tratta del principio della c.d. causalità della colpa, più volte spiegato da Corte di legittimità nel senso che l rimprovero colposo deve riguardare la realizzazione di un fatto di reato che poteva essere evitato mediante l'esigibile osservanza delle norme cautelari violate. Dal che si profila il versante più oggettivo della colpa, nel senso che, per potere affermare una responsabilità colposa, non è sufficiente che il risultato offensivo tipico si sia prodotto come conseguenza di una condotta inosservante di una determinata regola cautelare … ma occorre che il risultato offensivo corrisponda proprio a quel pericolo che la regola cautelare violata intendeva fronteggiare. Occorre, cioè, che il risultato offensivo sia la concretizzazione del pericolo preso in considerazione dalla norma cautelare ovvero, in altri termini, che l'evento lesivo rientri nella classe di eventi alla cui prevenzione era destinata la norma cautelare. Si evidenzia così la cd. causalità della colpa e cioè il principio secondo cui il mancato rispetto della regola cautelare di comportamento da parte di uno dei soggetti coinvolti in una fattispecie colposa non è di per sé sufficiente per affermare la responsabilità di questo per l'evento dannoso verificatosi, se non si dimostri l'esistenza in concreto del nesso causale tra la condotta violatrice e l'evento così, ex multis, Sez. 4, numero 38786 del 22/9/2011, Michelini, non mass. . La titolarità di una posizione di garanzia, in altri termini, non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione da parte del garante di una regola cautelare generica o specifica sia della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire sa cosiddetta concretizzazione del rischio , sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso vedasi in proposito Sez. 4, numero 5404 del 8/1/2015, Corso, Rv. 262033 che, in applicazione di tale ha escluso che l'omessa rimozione, in violazione della specifica previsione normativa regionale, di un cavo d'acciaio -l'impatto nel quale aveva determinato la caduta di un elicottero, con il decesso del pilota e dei passeggeri potesse determinare la configurabilità del delitto di disastro aviatorio e di omicidio colposo nei confronti dei proprietari dei fondi sui quali tale cavo insisteva, atteso che la norma regionale tutelava specificamente la navigazione dei mezzi aerei antincendio, costretti funzionalmente a volare a bassa quota conf. Sez. 4, numero 24462 del 6/5/2015, Ruocco, Rv. 264128 che ha escluso che la circolazione di un autoarticolato lungo la Costiera Amalfitana in giorno festivo, avvenuta in violazione del divieto specifico dettato dalla normativa di settore, potesse determinare la configurabilità del delitto di omicidio colposo a carico del guidatore di detto mezzo, atteso che la disposizione regolamentare sopra richiamata era diretta a tutelare le esigenze del traffico veicolare e non espressamente a prevenire eventuali sinistri . Già in precedenza, peraltro, si era precisato che ai fini dell'affermazione della responsabilità per colpa o è necessaria non solo la violazione di una norma cautelare ma anche la constatazione che il rischio che la cautela intende presidiare si sia concretizzato nell'evento così Sez. 4, numero 43645 del 11/10/2011, Putzu, Rv. 251930 che, in applicazione del principio, ha censurato la decisione con cui il giudice di appello ha affermato la responsabilità del datore di lavoro, in ordine al reato di cui all' articolo 590 cod. penumero nei confronti di un lavoratore, salito su un tetto per la tinteggiatura di un comignolo per l'omessa realizzazione di un ponteggio, in quanto il rischio cautelato dalla predisposizione di un ponteggio è quello di caduta nel corso della lavorazione, rischio che non si era affatto concretizzato, perché la lavorazione aveva avuto termine senza alcun pregiudizio, mentre la caduta al suolo si era verificata nel corso della discesa dalla scala utilizzata per accedere al tetto . La sentenza impugnata richiama correttamente anche il principio della c.d. concretizzazione del rischio, vale a dire la introduzione, da parte del soggetto agente, del fattore di rischio, concretizzatosi con l'evento, posto in essere attraverso la violazione delle regole di cautela tese a prevenire e a rendere evitabile proprio il prodursi di quel rischio così la richiamata Sez. 4, numero 40050 del 29/3/2018, Lenarduzzi, Rv. 273870 e Sez. 4, numero 17000 del 05/04/2016, Scalise, Rv. 266645 . A tali principi, dunque, dovrà uniformarsi il giudice del rinvio, calibrandoli, tuttavia, nella corretta individuazione del rischio cautelato dall' articolo 141 cod. strada nei termini sopra chiariti al Par. 5, pag. 16. 7. Occorrerà anche rivalutare il tema della prevedibilità dell'evento. Il cosiddetto principio di affidamento complessa questione teorica, ricca di implicazioni applicative evocato implicitamente nelle sentenze di merito a favore dell'imputato, assumendosi la non prevedibilità del comportamento tenuto dalla persona offesa, che procedeva con il suo scooter a ridosso della linea di mezzeria, diversamente da quanto evidentemente opinano i giudici partenopei, in tema di circolazione stradale, trova un temperamento, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, nell'opposto principio secondo il quale l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità cfr. ex multis Sez. 4, numero 24414 del 06/05/2021, Busdraghi, Rv. 281399 01 che, in applicazione di tale principio, ha ritenuto immune da vizi l'affermazione della responsabilità per omicidio stradale del conducente di un'autovettura che, in autostrada, aveva investito un pedone che si trovava accanto alla propria autovettura, ferma per un precedente sinistro, dovendosi ritenere prevedibile l'eventualità di un incidente tale da comportare l'ostruzione totale o parziale della strada conf. Sez. 4, numero 7664 del 06/12/2017, dep. 2018, Bonfrisco, Rv. 272223 01 che ha ritenuto immune da vizi la sentenza con la quale era stata ritenuta la responsabilità per omicidio colposo del conducente di un motociclo, su cui era trasportata la vittima, che, a una velocità del sessanta per cento superiore a quella consentita, aveva tentato la manovra vietata di sorpasso a sinistra per evitare l'impatto con l'auto che lo precedeva la quale, giunta in prossimità di un incrocio, senza avere azionato l'indicatore di direzione e senza controllare che da tergo non provenisse nessuno, aveva iniziato a bassa velocità manovra di svolta a sinistra Sez. 4, numero 27513 del 10/05/2017, Mulas, Rv 269997, che ha ritenuto immune da vizi la sentenza con la quale era stata ritenuta la responsabilità per lesioni del conducente di un ciclomotore che aveva investito un pedone mentre attraversava al di fuori delle strisce pedonali, in un tratto rettilineo ed in condizioni di piena visibilità, per la condotta di guida non idonea a prevenire la situazione di pericolo derivante dal comportamento scorretto del pedone, rischio tipico e ragionevolmente prevedibile della circolazione stradale Sez. 4, numero 5691 del 2/2/2016, Tettamanti, Rv. 265981, relativa ad un caso in cui la Corte ha confermato la sentenza impugnata ritenendo la responsabilità dell'imputate che, alla guida della propria vettura, aveva effettuato un repentino cambio dalla corsia di sorpasso a quella di destra senza segnalare per tempo la sua intenzione, andando così a collidere con un motociclo che sopraggiungendo dietro di lui aveva tentato, imprudentemente, di sorpassarlo a destra . E nell'affermare il medesimo principio, con altra condivisibile pronuncia Sez. 4, numero 12260 del 9/1/2015, Moccia ed altro, Rv. 263010 , questa Corte aveva annullato la sentenza con la quale era esclusa la responsabilità del guidatore per omicidio colposo di un pedone, il quale, sceso dalla portiera anteriore dell'autobus in sosta lungo il lato destro della carreggiata, era passato davanti all'automezzo ed era stato investito dall'imputato, che aveva rispettato il limite di velocità ma non aveva provveduto a moderarla in ragione delle condizioni spazio-temporali di guida e, segnatamente, della presenza in sosta del pullman . Il Collegio ritiene pienamente condivisibile il percorso motivazionale di cui alla citata sentenza Sez. 4, numero 5691 del 2/2/2016, Tettamanti, Rv. 265981 che ritiene pertanto opportuno ripercorrere e sottoporre all'attenzione del giudice del rinvio. Il principio di affidamento -come si ricordava in quella pronuncia costituisce applicazione del principio del rischio consentito dover continuamente tener conto delle altrui possibili violazioni della diligenza imposta avrebbe come risultato di paralizzare ogni azione, i cui effetti dipendano anche dal comportamento altrui. Al contrario, l'affidamento è in linea con la diffusa divisione e specializzazione dei compiti ed assicura il migliore adempimento delle prestazioni a ciascuno richieste. Nell'ambito della circolazione stradale tale principio è sotteso ad assicurare la regolarità della circolazione, evitando l'effetto paralizzante di dover agire prospettandosi tutte le altrui possibili trascuratezze. Il principio di affidamento, d'altra parte, sarebbe da connettere pure al carattere personale e rimproverabile della responsabilità colposa, circoscrivendo entro limiti plausibili ed umanamente esigibili l'obbligo di rapportarsi alle altrui condotte. Pertanto come ricorda ancora la sentenza 5691/2016 esso è stato efficacemente definito come una vera e propria pietra angolare della tipicità colposa. Pacificamente, la possibilità di fare affidamento sull'altrui diligenza viene meno quando l'agente è gravato da un obbligo di controllo o sorveglianza nei confronti di terzi o, quando, in relazione a particolari contingenze concrete, sia possibile prevedere ed è il caso che ci occupa che altri non si atterrà alle regole cautelari che disciplinano la sua attività. Un'analisi della costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità in materia consente di individuarvi una tendenza, in ambito stradale, a escludere o limitare al massimo la possibilità di fare affidamento sull'altrui correttezza. In tal senso vanno lette, ad esempio, oltre a quelle ricordate in precedenza, le più risalenti, ma tuttora attuali, pronunce in cui si è affermato che, poiché le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza, proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente. Coerentemente con tale assunto, è stata perciò, ad esempio, confermata l'affermazione di responsabilità in un caso in cui la ricorrente aveva dedotto che, giunta con l'auto in prossimità dell'incrocio a velocità moderata e, comunque, nei limiti della norma e della segnaletica, aveva confidato che l'autista del mezzo che sopraggiungeva arrestasse la sua corsa in ossequio all'obbligo di concedere la precedenza Sez. 4, numero 4257 del 28/3/1996, Lado, Rv. 204451 . E, ancora, sulle medesime basi si è affermato, che anche nelle ipotesi in cui il semaforo verde consente la marcia, l'automobilista deve accertarsi della eventuale presenza, anche colpevole, di pedoni che si attardino nell'attraversamento in quanto il conducente favorito dal diritto di precedenza deve comunque non abusarne, non trattandosi di un diritto assoluto e tale da consentire una condotta di guida negligente e pericolosa per gli altri utenti della strada, anche se eventualmente in colpa Sez. 4, numero 12879 del 18/10/2000, Cerato, Rv. 218473 e che l'obbligo di calcolare le altrui condotte inappropriate deve giungere sino a prevedere che il veicolo che procede in senso contrario possa improvvisamente abbagliare, e che quindi occorre procedere alla strettissima destra in modo da essere in grado, se necessario, di fermarsi immediatamente Sez. 4, numero 8359 del 19/6/1987, Chini, Rv. 176415 . Come rileva, ancora, la richiamata e condivisibile sentenza 5691/2016 di questa Corte, si tratta, allora, di comprendere se l'atteggiamento rigorista abbia una giustificazione o debba essere invece temperato con l'introduzione, entro limiti ben definiti, del principio di affidamento. Senza dubbio quello della circolazione stradale è un contesto meno definito di quello del lavoro in equipe con riferimento alla colpa professionale dei medici , ove il principio in parola trova pacifica applicazione. Su strada si configura, infatti, un'impersonale, intensa interazione che mostra frequenti violazioni delle regole di prudenza. D'altra parte, il codice della strada presenta norme che sembrano estendere al massimo l'obbligo di attenzione e prudenza, sino a comprendere il dovere di prospettarsi le altrui condotte irregolari. Tra questi vanno ricordati 1. l'articolo 141, che impone di regolare la velocità in relazione a tutte le condizioni rilevanti, in modo che sia evitato ogni pericolo per la sicurezza e di mantenere condizioni di controllo del veicolo idonee a fronteggiare ogni ostacolo prevedibile 2. l'articolo 145, che pone la regola della massima prudenza nell'impegnare un incrocio 3. l'articolo 191, che prescrive la massima prudenza nei confronti dei pedoni, sia che si trovino sugli appositi attraversamenti, sia che abbiano comunque già iniziato l'attraversamento della carreggiata. Tali norme è stato condivisibilmente rilevato nel recente arresto giurisprudenziale di questa Corte di legittimità più volte citato, alla cui articolata motivazione si rimanda tratteggiano obblighi di vasta portata, che riguardano anche la gestione del rischio connesso alle altrui condotte imprudenti. D'altra parte, le condotte imprudenti nell'ambito della circolazione stradale sono tanto frequenti che esse costituiscono un rischio tipico, prevedibile, da governare nei limiti del possibile. Costituisce, tuttavia, ius receptum di questa Corte, sin dalla giurisprudenza più risalente nel tempo, il principio che nell'ambito della circolazione stradale che qui interessa, si debba tenere conto degli elementi di spazio e di tempo, e di valutare se l'agente abbia avuto qualche possibilità di evitare il sinistro la prevedibilità ed evitabilità vanno, cioè, valutate in concreto Sez. 4, numero 14188 del 18/9/1990, Petrassi, Rv. 185559 Sez. 4, numero 6173 del 9/5/1983, Togliardi, Rv. 159688 Sez. 5, numero 6783 del 2/2/1978, Piscopo, Rv. 139204 . Successivamente questa Corte ha ripetutamente chiarito Sez. 4, numero 37606 del 6/7/2007, Rinaldi, Rv. 237050 Sez. 4, numero 12361 del 7/2/2008 Biondo, Rv. 239258 che l'esigenza della prevedibilità ed evitabilità in concreto dell'evento si pone in primo luogo e senza incertezze nella colpa generica, poiché in tale ambito la prevedibilità dell'evento ha un rilievo decisivo nella stessa individuazione della norma cautelare violata ma anche nell'ambito della colpa specifica la prevedibilità vale non solo a definire in astratto la conformazione del rischio cautelato dalla norma, ma rileva pure in relazione al profilo squisitamente soggettivo, al rimprovero personale, imponendo un'indagine rapportata alle diverse classi di agenti modello ed a tutte le specifiche contingenze del caso concreto. Certamente tale spazio valutativo è pressoché nullo nell'ambito delle norme rigide la cui inosservanza da luogo quasi automaticamente alla colpa ma nell'ambito di norme elastiche che indicano un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti, vi è spazio per il cauto apprezzamento in ordine alla concreta prevedibilità ed evitabilità dell'esito antigiuridico da parte dell'agente modello. Non può essere escluso del tutto che contingenze particolari possano rendere la condotta inosservante non soggettivamente rimproverabile a causa, ad esempio, della imprevedibilità della condotta di guida dell'altro soggetto coinvolto nel sinistro. Tuttavia, tale ponderazione non può essere meramente ipotetica, congetturale, ma deve di necessità fondarsi su emergenze concrete e risolutive, onde evitare che l'apprezzamento in ordine alla colpa sia tutto affidato all'imponderabile soggettivismo del giudice. L'esigenza di una indagine concreta, si è pure affermato dalla giurisprudenza da ultimo indicata, non viene meno neppure quando, come nella circolazione stradale, la condotta inosservante di altri soggetti non costituisce in sé una contingenza imprevedibile, laddove si è chiarito che lo spazio per l'apprezzamento che giunga a ritenere imprevedibile la condotta di guida inosservante dell'altro conducente è ristretto e va percorso con particolare cautela. Ciò nonostante, l'esigenza di preservare la già evocata dimensione soggettiva della colpa id est la concreta rimproverabilità della condotta ha condotto questa Corte ad enunciare che, come si è prima esposto, le particolarità del caso concreto possono dar corpo ad una condotta realmente imprevedibile. Alla prima, ampia, configurazione della responsabilità, la giurisprudenza successivamente consolidatasi, in epoca più recente, ha, dunque, costantemente apposto il limite della imprevedibilità cfr. Sez. 4, numero 41029 del 24/9/2008, Moschiano, Rv. 241476, che ha ritenuto integrare il reato di lesioni colpose la condotta del conducente di un veicolo che investa un pedone in autostrada quando quest'ultimo già si trovi sulla carreggiata nel momento in cui l'agente abbia percepito la sua presenza, atteso che in tale situazione appare prevedibile la pur imprudente intenzione dello stesso pedone di attraversare la carreggiata ed è dunque dovere del conducente porre comunque in atto le manovre necessarie ad evitare il suo investimento in motivazione la Corte ha precisato che diversamente, qualora il pedone fosse stato fermo sulla piazzola di sosta, la particolare conformazione dell'autostrada quale sede destinata al traffico veloce avrebbe consentito legittimamente al conducente di escludere l'intenzione del pedone di attraversare la carreggiata, trattandosi di comportamento in tali condizioni non prevedibile che talvolta si è richiesto essere assoluta così Sez. 4, numero 26131 del 3/6/2008, Garzotto, Rv. 241004 che ha escluso la colpa generica del conducente dell'autovettura coinvolta in un sinistro stradale cui era seguita la morte della persona trasportata, poiché si è ritenuto che il conducente dell'altra autovettura avesse provocato imprevedibilmente l'incidente, ponendosi alla guida in stato d'etilismo acuto che non gli consentiva di controllare adeguatamente la marcia del proprio veicolo . In altra pronuncia, in senso maggiormente condivisibile, si è ritenuto che le imprudenze altrui fossero ragionevolmente prevedibili così Sez. 4, numero 46818 del 25/6/2014, Nuzzolese, Rv. 261369 in una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto circostanza prevedibile l'ingombro della carreggiata da parte di un altro veicolo in un incrocio cittadino . 8. Va dunque, ad avviso del Collegio, riaffermato il principio che l'obbligo di moderare adeguatamente la velocità in relazione alle caratteristiche del veicolo e alle condizioni ambientali deve essere inteso nel senso che il conducente deve essere non solo sempre in grado di padroneggiare assolutamente il veicolo in ogni evenienza, ma deve anche prevedere le eventuali imprudenze altrui e tale obbligo trova il suo limite naturale unicamente nella ragionevole prevedibilità degli eventi, oltre il quale non è consentito parlare di colpa. Questa Corte di legittimità ha in più occasioni affermato che il conducente di un veicolo deve prefigurarsi anche l'eccessiva velocità da parte degli altri veicoli che possono sopraggiungere, onde porsi nelle condizioni di porvi rimedio, atteso che tale accadimento rientra nella normale prevedibilità vedasi anche, oltre la già citata Sez. 4, numero 12361 del 7/2/2008, Biondo Rv. 239258 relativa al caso, ben meno grave di quello che ci occupa, del mero ingombro di un crocevia ed anche Sez. 4, numero 8090 del 15/11/2013 dep. 2014, Saporito, Rv. 259277 . Se questi sono i principi giuridici di riferimento, va perciò osservato come, nel caso che ci occupa, che, fondatamente, il PG ricorrente rilevi che la condotta di guida della vittima comunque da valutare da parte del giudice del rinvio, va ribadito, ai fini di un eventuale concorso di colpa della stessa fosse un evento del tutto imprevedibile. Dovendosi anche tenere conto, come si rileva in ricorso, che il mancato rispetto del margine destro della propria corsia anche da parte di chi proveniva da quella opposta era immaginabile da parte dell'imputato, posto che anche lui stesso non lo stava rispettando, come si legge nella sentenza di primo grado e non è mai stato contestato nel corso del giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli, cui demanda altresì la regolamentazione delle spese tra le parti relative al presente giudizio di legittimità.