Palazzo Spada ha accolto le istanze cautelari promosse dalle Società fiduciarie e Associazioni di categoria e formulate all’interno dei ricorsi avverso le sentenze del TAR Lazio con il precipuo intento di far dichiarare illegittime le disposizioni del c.d. registro dei titolari effettivi, nella parte in cui si ritiene siffatto onere applicabile ai trust e, soprattutto, agli istituti affini.
La decisione rappresenta un passaggio significativo in una vicenda giuridica complessa e di grande rilevanza per il settore delle società fiduciarie e delle associazioni coinvolte nella gestione dei trust. Esaminiamo nel dettaglio le ragioni e le implicazioni di questa sospensione. L'ordinanza del Consiglio di Stato Il Consiglio di Stato ha sospeso l'operatività del registro dei titolari effettivi. Questa sospensione, sancita dall'ordinanza del 17 maggio 2024 della Sesta Sezione del Consiglio di Stato, si pone in antitesi con l'impugnate sentenze del TAR del Lazio del 9 aprile 2024. La pronuncia, tuttavia, ha natura cautelare, il che significa che ha un effetto ‘temporaneo', in attesa di una decisione definitiva nel merito della questione. Il Consiglio di Stato ha, infatti, ritenuto che sussistesse un periculum in mora e un fumus boni iuris, giustificando così l'intervento immediato sospensivo. Per comprendere le ragioni di tale approdo occorre però analizzare tutta la vicenda sin dal principio. Il registro del titolare effettivo La disputa ruota attorno al registro dei titolari effettivi disciplinato dal d.lgs. numero 231/2007 e ss.mm.ii., che impone ai soggetti obbligati di procedere all'identificazione del cliente o del titolare effettivo al fine di individuare e, dunque, prevenire l'ingresso nel sistema legale di risorse di origine criminale. Tale controllo può essere effettuato anche attraverso la consultazione del registro TE, il quale consente di verificare – con riguardo alle società di capitali e non solo, anche trust e figure affini, – chi sia il titolare effettivo di quella specifica società. A questo proposito, con decreto interministeriale numero 55/2022 si è prescritto agli amministratori delle imprese dotate di personalità giuridica, nonché ai fiduciari di trust e alle figure affini e qui si pone il problema in esame di comunicare all'ufficio del registro delle imprese della Camera di commercio territorialmente competente i dati e le informazioni relativi alla propria titolarità effettiva. La data di adempimento era prevista per l'11 dicembre 2023 attraverso la piattaforma telematica DIRE. A tal riguardo, si rammenta che il titolare effettivo è la «persona fisica o le persone fisiche, diverse dal cliente, nell'interesse della quale o delle quali, in ultima istanza, il rapporto continuativo è instaurato, la prestazione professionale è resa o l'operazione è effettuata» cfr. allegato tecnico al suddetto d.lgs. numero 231/2007 . In Italia, come detto, il d.lgs. numero 231/2007, modificato dal d.lgs. numero 125/2019, stabilisce gli obblighi di comunicazione delle informazioni sulla titolarità effettiva per persone giuridiche e trust, includendo gli istituti giuridici affini, individuati anche nel mandato fiduciario. Il decreto ministeriale del 2022 e il manuale operativo del 2023 hanno poi attuato queste disposizioni a livello pratico, a fronte di una normativa eurounitaria specifica. Segnatamente, la direttiva UE numero 2015/849 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, per come modificata dalla direttiva UE numero 2018/843 di seguito anche solo direttiva UE numero 2015/849 , dispone quanto segue Articolo 31 «1. Gli Stati membri assicurano che il presente articolo si applichi ai trust e ad altri tipi di istituti giuridici, quali, tra l'altro, fiducie … quando tali istituti hanno un assetto o funzioni affini a quelli dei trust. Gli Stati membri definiscono le caratteristiche in base alle quali determinare se un istituto giuridico ha assetto o funzioni affini a quelli dei trust per quanto riguarda tali istituti giuridici disciplinati ai sensi del diritto nazionale. Ciascuno Stato membro prescrive che i fiduciari di trust espressi amministrati nel proprio territorio nazionale ottengano e mantengano informazioni adeguate, accurate e attuali sulla titolarità effettiva del trust. Tali informazioni includono l'identità a del costituente o dei costituenti b del «trustee» o dei «trustee» c del guardiano o dei guardiani se esistono d dei beneficiari o della classe di beneficiari e delle altre persone fisiche che esercitano il controllo effettivo sul trust. Gli Stati membri garantiscono che le violazioni del presente articolo siano soggette a misure o sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive. … Gli Stati membri provvedono affinché le informazioni sulla titolarità effettiva di un trust o di un istituto giuridico affine siano accessibili in ogni caso a alle autorità competenti e alle FIU, senza alcuna restrizione b ai soggetti obbligati, nel quadro dell'adeguata verifica della clientela a norma del capo II c a qualunque persona fisica o giuridica che possa dimostrare un legittimo interesse d a qualunque persona fisica o giuridica che faccia una richiesta scritta in relazione a un trust o a un istituto giuridico affine che detiene una partecipazione di controllo in una società o in un altro soggetto giuridico diverso da quelli di cui all'articolo 30, paragrafo 1, attraverso il possesso, diretto o indiretto, anche tramite azioni al portatore, o attraverso il controllo con altri mezzi. … Gli Stati membri adottano misure adeguate per assicurare che siano rese disponibili attraverso i rispettivi registri nazionali e attraverso il sistema di interconnessione dei registri soltanto le informazioni di cui al paragrafo 1 che sono aggiornate e corrispondono realmente alla titolarità effettiva, e che l'accesso a tali informazioni sia conforme alle norme sulla protezione dei dati». In ottemperanza alle previsioni di cui all'articolo 31, par. 10 della direttiva UE 2015/849, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha notificato alla Commissione europea l'esistenza nell'ordinamento italiano del “mandato fiduciario” e del “vincolo di destinazione”, quali istituti giuridici affini al trust e, conseguentemente, è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale UE 2019/C 360/05 un “Elenco dei trust e degli istituti giuridici affini disciplinati ai sensi del diritto degli Stati membri quali notificati alla Commissione”, dal quale risulta che, nell'ordinamento italiano, gli istituti giuridici affini al trust sono il a “mandato fiduciario” e b il “vincolo di destinazione». Il quadro normativo e regolamentare nazionale A livello nazionale, il legislatore, in attuazione della direttiva UE numero 2015/849, con l'articolo 21 del d.lgs. 21 novembre 2007, numero 231, rubricato «Comunicazione e accesso alle informazioni sulla titolarità effettiva di persone giuridiche e trust», per come modificato dall'articolo 2, comma 1, lett. h , numero 1 e numero 2 , del d.lgs. numero 125/2019», ha stabilito, poi, quanto segue «1. Le imprese dotate di personalità giuridica tenute all'iscrizione nel Registro delle imprese di cui all'articolo 2188 del codice civile e le persone giuridiche private tenute all'iscrizione nel Registro delle persone giuridiche private di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, numero 361, comunicano le informazioni relative ai propri titolari effettivi, per via esclusivamente telematica e in esenzione da imposta di bollo, al Registro delle imprese, ai fini della conservazione in apposita sezione. L'omessa comunicazione delle informazioni sul titolare effettivo è punita con la medesima sanzione di cui all'articolo 2630 del codice civile I trust produttivi di effetti giuridici rilevanti a fini fiscali, secondo quanto disposto dall'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986 numero 917 nonché gli istituti giuridici affini stabiliti o residenti sul territorio della Repubblica italiana, sono tenuti all'iscrizione in apposita sezione speciale del Registro delle imprese. Le informazioni di cui all'articolo 22, comma 5, relative alla titolarità effettiva sono comunicate, a cura del fiduciario o dei fiduciari, di altra persona per conto del fiduciario o della persona che esercita diritti, poteri e facoltà equivalenti in istituti giuridici affini, per via esclusivamente telematica e in esenzione da imposta di bollo, al Registro delle imprese, ai fini della relativa conservazione. L'omessa comunicazione delle informazioni sul titolare effettivo è punita con la medesima sanzione di cui all'articolo 2630 del codice civile. L'accesso alle informazioni di cui all'articolo 22, comma 5, relative alla titolarità effettiva dei medesimi trust è consentito … lett. d-bis … ai soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi diffusi, titolari di un interesse giuridico rilevante e differenziato, nei casi in cui la conoscenza della titolarità effettiva sia necessaria per curare o difendere un interesse corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, qualora abbiano evidenze concrete e documentate della non corrispondenza tra titolarità effettiva e titolarità legale. L'interesse deve essere diretto, concreto ed attuale e, nel caso di enti rappresentativi di interessi diffusi, non deve coincidere con l'interesse di singoli appartenenti alla categoria rappresentata. In circostanze eccezionali, l'accesso alle informazioni sulla titolarità effettiva può essere escluso, in tutto o in parte, qualora l'accesso esponga il titolare effettivo a un rischio sproporzionato di frode, rapimento, ricatto, estorsione, molestia, violenza o intimidazione ovvero qualora il titolare effettivo sia una persona incapace o minore d'età, secondo un approccio caso per caso e previa dettagliata valutazione della natura eccezionale delle circostanze». L'articolo 22, comma 5 bis d.lgs. numero 231/2007 inserito dall'articolo 2, comma 1, lett. i , numero 5 d.lgs. numero 125/2019 , per quanto interessa in questa sede, a sua volta, prevede che «Per le finalità di cui al presente decreto, si considerano istituti giuridici affini al trust gli enti e gli istituti che, per assetto e funzioni, determinano effetti giuridici equivalenti a quelli dei trust espressi, anche avuto riguardo alla destinazione dei beni ad uno scopo ed al controllo da parte di un soggetto diverso dal proprietario, nell'interesse di uno o più beneficiari o per il perseguimento di uno specifico fine». I motivi di ricorso Secondo la prospettazione dei ricorrenti i provvedimenti impugnati si paleserebbero illegittimi per i seguenti motivi. Contestazione dell'inclusione del mandato fiduciario tra gli istituti affini al trust l'Amministrazione avrebbe erroneamente incluso il mandato fiduciario nella nozione di “istituti giuridici affini al trust” rilevante ai fini del d.lgs. numero 231/2007. Invero, sussisterebbe una omessa o quantomeno carente motivazione nella considerazione della distinzione tra le diverse forme di mandato fiduciario quelle che comportano il trasferimento della proprietà fiducia romanistica e quelle che prevedono solo la legittimazione ad amministrare fiducia germanistica . Tale scelta violerebbe peraltro i principi di ragionevolezza e proporzionalità. Contrasto con la Direttiva UE se la norma nazionale fosse interpretata includendo i mandati fiduciari come istituti giuridici affini al trust, dovrebbe essere disapplicato l'articolo 22, co. 5 bis del d.lgs. numero 231/2007 per contrasto con l'articolo 31, par. 1 della Direttiva UE numero 2015/849 ss.mm.ii. Questione di pregiudizialità richiesta di rinvio pregiudiziale per dichiarare l'invalidità della norma per contrasto con l'articolo 5, parr. 1 e 4 TUE e l'articolo 288, par. 3 TFUE, in quanto generica e non idonea a garantire l'armonizzazione delle disposizioni nazionali. Questione di costituzionalità se l'articolo 31, par. 1 della Direttiva UE numero 2015/849 ss.mm.ii. non ostasse a una disciplina nazionale che assimili il mandato fiduciario agli istituti giuridici affini ai trust espressi, l'articolo 22, co. 5 bis del d.lgs. numero 231/2007 sarebbe incostituzionale per formulazione generica e in contrasto con il principio di prevedibilità degli effetti della legge. Accesso alle informazioni sulla titolarità effettiva i ricorrenti contestano l'articolo 7, comma 2 del DM MEF numero 55/2022, che prevede un accesso generalizzato alle informazioni sulla titolarità effettiva, in contrasto con la sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea del 22 novembre 2022, che limita l'accesso al pubblico per prevenire il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Le argomentazioni succinte dell'ordinanza del TAR in primo grado In primo grado, il TAR Lazio ordinanza numero 8083/2023 si è pronunciato sul ricorso proposto da alcune società fiduciarie e da Associazioni di categoria, affermando che le plurime articolate e censure promosse dai ricorrenti con riferimento ai provvedimenti impugnati sollevavano questioni di compatibilità euro-unitaria che richiedevano approfondimento nella sede che poteva essere solo quella di merito. Quanto al periculum, il TAR riteneva che la rilevanza delle situazioni giuridiche suscettibili di essere incise in un pericolo irreparabile potesse confermare la possibilità di sospendere i provvedimenti impugnati, sino alla definizione del giudizio. Questo riconoscimento del periculum rifletteva una considerazione prudente delle possibili conseguenze negative derivanti dall'immediata esecuzione dei provvedimenti contestati. Nell'ordinanza cautelare, benché fosse richiamato sia il requisito del periculum che del fumus boni iuris, in realtà il fumus boni iuris era valutato dal Collegio non tanto nella meritevolezza o meno della tesi formulata da controparte ad essere accolta, quanto ai profili di complessità involgenti anche questioni di compatibilità euro-unitaria. Il TAR, in sostanza, riconosceva che le questioni sollevate erano di tale complessità da giustificare un approfondimento più dettagliato in sede di merito. Non si può dire quindi che il TAR nella fase di merito poi abbia ‘cambiato idea' rispetto alla fase cautelare, in quanto nella fase cautelare in realtà sul punto legittimità o meno dei provvedimenti non si era sbilanciato neanche ad un primo avviso. Questo naturalmente però non esclude che nel momento in cui, in fase di merito, il Tribunale ha rigettando il ricorso, i ricorrenti siano rimasti lievemente spiazzati, anche tenuto in considerazione gli effetti che tutto ciò comportava. Le sentenze di primo grado Il 9 aprile, il TAR del Lazio nnumero 6837, 6839, 6840, 6841, 6844, 6845 , infatti, ha respinto i ricorsi delle fiduciarie, confermando la validità del decreto MIMIT e riattivando quindi l'obbligo di comunicazione. Questa decisione ha lasciato alle società solo 48 ore per adempiere ai nuovi requisiti, creando panico e confusione tra gli Operatori Economici, nonché i loro commercialisti. La fretta imposta dalla sentenza aveva sollevato dubbi sulla possibilità concreta di adeguamento da parte delle società italiane, molte delle quali non erano in grado di rispettare i termini imposti. Le motivazioni del pronunciamento di primo grado Segnatamente, le regole di trasparenza, secondo i giudizi amministrativi di primo grado, sono funzionali ad evitare che, attraverso il mascheramento dei titolari effettivi, venga facilitato il compimento di operazioni illecite e la loro impunità. Nella prospettiva europea, dunque, occorre che tutti gli istituti che, come il trust, sono in grado di occultare la titolarità effettiva siano soggetti alle misure previste dalle direttive antiriciclaggio. Quanto al mandato fiduciario il Giudice Amministrativo non ha ravvisato alcun contrasto dei provvedimenti impugnati con la disciplina statale ed eurounitaria del settore, tenuto conto che l'effetto pratico di mascheramento ratio del mandato fiduciario è esattamente ciò che il legislatore europeo vuole contrastare con la previsione degli esposti obblighi informativi e comunicativi riguardanti la titolarità effettiva. Deve pertanto concludersi che il mandato fiduciario, sotto il profilo appena evidenziato, presenti criticità analoghe al truste che dunque quest'ultimo parimenti al primo debbano essere sottoposti alla disciplina contestata. Sul punto, peraltro, a parere del Collegio i paventati timori di comunicazioni di dati ontologicamente protetti sono superati segnalando che in gran parte dei trust e degli istituti affini non vi è mai piena corrispondenza tra titolarità effettiva e titolarità legale. Quanto poi alla violazione del principio di proporzionalità, argomentata in ragione della vigenza nel nostro ordinamento di una serie di norme che già prevedevano meccanismi di controllo per risalire ai titolari effettivi. In senso contrario alla fondatezza del dedotto vizio, il TAR Lazio rimarca «la precipua finalità della nuova disciplina il contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo , che ha reso necessario, da un lato, ampliare la platea dei soggetti che possono accedere alle informazioni sui titolari effettivi non solo l'autorità giudiziaria e le autorità di vigilanza, ma anche le categorie dei cc.dd. soggetti obbligati e legittimati , dall'altro, introdurre più puntuali e stringenti regole di conservazione dei predetti dati e un più agevole meccanismo di accesso agli stessi». E stato poi sancito che non sia ravvisabile né una violazione del principio di tassatività né il vizio di eccessiva estensione della norma nei provvedimenti impugnati «in quanto il legislatore nazionale ha specificato il contenuto della predetta nozione nel senso che “si considerano istituti giuridici affini al trust gli enti e gli istituti che, per assetto e funzioni, determinano effetti giuridici equivalenti a quelli dei trust espressi, anche avuto riguardo alla destinazione dei beni ad uno scopo ed al controllo da parte di un soggetto diverso dal proprietario, nell'interesse di uno o più beneficiari o per il perseguimento di uno specifico fine. E a tale definizione è univocamente riconducibile l'istituto del mandato fiduciario che trova la sua disciplina di riferimento nel d.m. del 16 gennaio 1995 recante “Elementi informativi del procedimento di autorizzazione all'esercizio dell'attività fiduciaria e di revisione e disposizioni di vigilanza” e, prim'ancora, alla legge 23 novembre 1939, numero 1966 recante la Disciplina delle società fiduciarie e di revisione». Rigettata anche dalla sentenza è stata, poi, la sollevata questione pregiudiziale di interpretazione eurounitaria «se l'articolo 31, par. 1 della Direttiva UE numero 2015/849, come modificato dall'articolo 1, par. 16 della Direttiva UE numero 2018/843, interpretato alla luce del principio di proporzionalità, osta ad una normativa nazionale che assimila l'istituto del “mandato fiduciario”, da intendersi nel senso sopra chiarito, ai trust e ad altri tipi di istituti giuridici che hanno un assetto o funzioni affini a quelli dei trust». Invero, secondo il Giudice di Primo Grado «Diversamente da quanto sostiene parte ricorrente, la scelta di includere il mandato fiduciario nella nozione di istituti affini ai trust non appare irragionevole né “sproporzionata”, ma si rivela del tutto coerente con l'esigenza di acquisire, anche per i mandati fiduciari, informazioni sulla titolarità effettiva in vista del perseguimento dell'interesse e delle finalità proprie della disciplina europea. Del resto, parte ricorrente non prospetta alcuna misura alternativa, meno invasiva e più in linea con l'invocato principio di proporzionalità, che il legislatore avrebbe potuto adottare per assicurare, anche in relazione al mandato fiduciario, il conseguimento degli obiettivi previsti dalle direttive antiriciclaggio né fornisce alcun argomento decisivo volto a contrastare la conclusione secondo cui anche il mandato fiduciario possa essere utilizzato per occultare fenomeni di riciclaggio o di finanziamento al terrorismo». Così come respinta dal TAR Lazio è stata la richiesta di effettuare «il rinvio pregiudiziale per far dichiarare l'invalidità della predetta norma, “per contrasto con l'articolo 5, parr. 1 e 4 TUE e con l'articolo 288, par. 3 TFUE, in quanto irragionevolmente generica e non idonea a garantire l'armonizzazione delle disposizioni nazionali relative alle informazioni sulla titolarità effettiva dei trust e degli “istituti giuridici affini”, in contrasto con i principi di parità e di certezza del diritto, pure richiamati dalla Direttiva UE numero 2015/849 ss.mm.ii.» Sul punto, infatti, il Giudice di prime cure ha ritenuto che «la scelta di utilizzare una nozione, quale quella di “istituti giuridici affini ai trust”, di carattere generale, e per certi versi “indeterminata”, è l'effetto non già di una inadeguata tecnica legislativa, ma della consapevolezza, da parte del legislatore europeo, che gli ordinamenti nazionali utilizzano congegni e istituti giuridici diversi per conseguire le finalità proprie del trust. A fronte di questa consapevolezza, per evitare disparità di trattamento e assicurare l'uniforme applicazione del diritto dell'Unione, il legislatore europeo, in luogo di elaborare una categoria rigida, - cui difficilmente avrebbero potuto essere ricondotti i diversi istituti che perseguono l'effetto di mascheramento del titolare effettivo, del tutto ragionevolmente, ha deciso di dar rilievo all'assetto o alla funzione degli istituti che devono essere “affini” a quelli dei trust”». Quanto alla dedotta incostituzionalità dell'articolo 22, comma 5-bis, d.lgs. numero 231/2007 in quanto formulato in modo “evidentemente generico, in contrasto con il principio di prevedibilità degli effetti della legge”, il TAR Lazio la ha ritenuta manifestamente infondata «dovendosi escludere che l'articolo 22, comma 5 bis, del d.lgs. numero 231/2007 lasci incertezze in ordine all'individuazione degli istituti giuridici affini al trust nel nostro ordinamento. Siffatta disposizione, infatti, specifica che “si considerano istituti giuridici affini al trust gli enti e gli istituti che, per assetto e funzioni, determinano effetti giuridici equivalenti a quelli dei trust espressi, anche avuto riguardo alla destinazione dei beni ad uno scopo ed al controllo da parte di un soggetto diverso dal proprietario, nell'interesse di uno o più beneficiari o per il perseguimento di uno specifico fine”. E tale definizione, come pure già chiarito nell'esaminare il primo motivo di ricorso, è univocamente riconducibile a quella del mandato fiduciario che trova la sua disciplina di riferimento nei citati d.m. del 16 gennaio 1995 e nella legge 23 novembre 1939, numero 1966. Tutto ciò esclude che possano ravvisarsi profili di indeterminatezza relativi all'applicazione della normativa censurata». Anche gli ulteriori motivi, non sono stati ritenuti fondati dal TAR Lazio Tra essi, quello relativo all'articolo 7, comma 2, del DM MEF numero 55/2022 che sarebbe stato illegittimo in via derivata per effetto dell'illegittimità costituzionale dell'articolo 21, comma 4, lett. d-bis del d.lgs. numero 231/2007, per contrasto con i principi espressi dalla sentenza della Grande Sezione della Corte di Giustizia dell'Unione europea, del 22 novembre 2022, pronunciata nelle cause C-97/20 C-601/20, WM e Sovim SA c. Luxembourg Business Registers. Per il Giudice di Prime cure non sussiste la dedotta violazione. La Corte di Giustizia, difatti, non ha affermato l'illegittimità di qualsiasi forma di accesso al pubblico al registro dei titolari effettivi, ma si è limitata a dichiarare invalida la previsione di cui all'articolo 1, paragrafo 15, lettera c , della V Direttiva antiriciclaggio nella parte in cui detta norma ha modificato l'articolo 30, paragrafo 5, primo comma, lettera c , della IV Direttiva antiriciclaggio, eliminando il riferimento al legittimo interesse quale presupposto dell'accesso del pubblico. In altre parole, nessuna obiezione viene mossa nei confronti del “vecchio regime” ripristinato dalla pronuncia in questione , ove l'accesso al pubblico alle informazioni sulla titolarità effettiva è subordinato alla ricorrenza di un “interesse legittimo” – come nella disciplina quivi di interesse – ove è previsto che il richiedente sia titolare di un interesse giuridicamente rilevante e differenziato. La reazione dei ricorrenti e degli OO.EE. La decisione del TAR Lazio ha, dunque, innescato una reazione immediata da parte delle associazioni di categoria, che hanno iniziato ad esplorare possibili azioni per contrastare l'obbligo di comunicazioni, tra le altre, l'appello inevitabile della sentenza testè analizzata. Il caos generato dalla sentenza, nel mentre, è stato ulteriormente complicato dal fatto che molte camere di commercio avevano rigettato le istanze di comunicazione durante il periodo di sospensione dei provvedimenti, aggravando l'incertezza e il disordine. Promosso il ricorso in appello, i ricorrenti hanno – come per il primo grado – formulato istanza cautelare. Le implicazioni della sospensione le ordinanze cautelari del Consiglio di Stato Il Consiglio di Stato ordinanze nnumero 3366, 3367, 3532, 3533 e 3534 del 17 maggio 2024 , come anticipato in apertura di questo articolo, ha sospeso la sentenza evidenziando come il cuore del problema sembrerebbe essere la compatibilità della norma nazionale con quella comunitaria. Qui la succinta motivazione «considerato che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, risulta prevalente quello della Società appellante la quale, in difetto di misura cautelare, sarebbe onerata del complesso di adempimenti previsti dalla normativa in questione e della rilevazione dei dati, attività che, all'esito della fase di merito, potrebbero risultare non legittimamente imposte per converso, l'interesse dell'Amministrazione alla reiezione della misura risulta fondato sulla necessità di scongiurare l'accertamento di un'infrazione tuttavia, non vi sono elementi per affermare la serietà e concretezza di tale rischio e, comunque, è ragionevole supporre che la procedura non verrà definita prima del vaglio delle stesse questioni di compatibilità unionale indicate nel precedente punto, che potrebbero richiedere un intervento della Corte di Giustizia dell'Unione europea». La sospensione ordinata dal Consiglio di Stato, a seguito di tali istanze, è, dunque, un segnale di apertura. Sebbene sia solo una misura cautelare, essa offre un respiro temporaneo alle società coinvolte, che ora attendono la sentenza nel merito. Se il Consiglio di Stato dovesse confermare l'illegittimità dei provvedimenti impugnati, potrebbe aprirsi la strada a una revisione complessiva del sistema di registrazione dei titolari effettivi per i trust e gli istituti affini. Il prossimo capitolo della vicenda Questo, dunque, è solo l'ultimo capitolo di questa complessa vicenda che vedrà il prosieguo nella fase di merito. A seguito del deposito di memorie e di repliche da parte di tutte le Parti coinvolte, verrà discussa la causa in udienza pubblica. Dopo la discussione di settembre 2024, se il Consiglio di Stato non riterrà necessaria un'istruttoria, si potrà attendere la decisione entro gli ordinatori 60 giorni. Questo sarà - probabilmente - l'ultimo capitolo, in cui si verificherà se i provvedimenti prima sospesi e poi confermati sono effettivamente legittimi oppure no.