Estinzione anticipata del mutuo: il diritto del mutuatario alla restituzione dei costi

Con una panoramica sulla giurisprudenza costituzionale ed eurounitaria, la Corte Suprema scioglie il nodo della restituzione dei costi in caso di estinzione anticipata del mutuo.

Il consumatore ha diritto ad una riduzione del costo del credito in caso di rimborso anticipato oppure non è ragionevole far gravare sul mutuante gli effetti di una scelta liberamente effettuata dal mutuatario nell'estinguere anticipatamente il finanziamento? Riaffermato, nell'ordinanza in esame, il diritto del consumatore alla ripetizione dei costi in caso di adempimento anticipato. Cenni sui fatti di causa Un cliente compulsava innanzi al Giudice di Pace di Napoli la banca di sua fiducia per ottenerne la condanna alla restituzione delle commissioni e dei costi di intermediazione non maturati a seguito dell'estinzione anticipata del contratto di mutuo al consumo stipulato nel dicembre 2003. Accolta la domanda del cliente seguiva, con successo, il gravame della banca. Il Tribunale di Napoli evidenziava, per quanto qui d'interesse, che i costi di cui il consumatore ha chiesto la restituzione, oggetto di estinzione anticipata del finanziamento, sono quelli c.d. up-front non rimborsabili e non quelli c.d. recurring rimborsabili . Per questo motivo la decisione di primo grado veniva riformata non essendo ragionevole far gravare sul mutuante gli effetti di una scelta liberamente effettuata dal mutuatario nell'estinguere anticipatamente il finanziamento. Da qui il ricorso per cassazione. Il diritto di ripetere i costi di erogazione del credito non maturati per l'estinzione anticipata del contratto Lamenta il ricorrente che il Tribunale di Napoli non avrebbe correttamente individuato e applicato la normativa di settore regolatrice della materia. Il diritto di ripetere i costi di erogazione del credito non maturati discende, ad avviso del ricorrente, dal combinato disposto dell'articolo 125 T.U.B., nella formulazione medio tempore vigente, e dell'articolo 3 comma 1, del D.M. Tesoro 8 luglio 1992. In breve, distinguere, a suo dire, tra costi up-front del contratto di erogazione del credito al consumo e costi recurring dello stesso, implica la violazione delle disposizioni europee in materia. Tale doglianza è accolta dalla Prima Sezione Civile. Segue il tracciato orientamento di legittimità Merita condivisione, precisa anzitutto il Collegio, la posizione assunta dalla Corte Suprema, peraltro in vicenda analoga a quella dibattuta, con la recente pronuncia del 6 settembre 2023 numero 25997. In tale occasione sono stati enunciati i seguenti principi di diritto  «L'articolo 125 del TUB, nella formulazione antecedente alle modifiche inserite con il D. Lgs. numero 141 del 2010, prevede che, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto ad un'equa riduzione del costo complessivo  del credito, secondo le modalità stabilite dal CICR. In caso di assenza della norma integrativa o di norma integrativa che rinvii all'autonomia contrattuale, il consumatore ha diritto al rimborso di tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il finanziamento» «È nulla la clausola contrattuale che escluda il rimborso dei costi sostenuti, in caso di estinzione anticipata del contratto di finanziamento perché determina a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, ai sensi dell'articolo 33 del D. Lgs. numero 206/2005».   Nella motivazione di quella pronuncia è stato valorizzato, fra l'altro, l'articolo 8 della Direttiva 87/102/CEE secondo cui «il consumatore deve avere la facoltà di adempiere in via anticipata gli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, in conformità alle disposizioni degli Stati membri, egli deve avere diritto a una equa riduzione del costo complessivo del credito». Sempre in quella pronuncia è stato ben chiarito che il «diritto alla riduzione del costo totale del credito è previsto dalla normativa interna e dalle direttive europee, sia perché confligge con l'orientamento giurisprudenziale volto a fornire ampia tutela al consumatore nell'ambito del credito al consumo, non solo nella fase di formazione del rapporto e della sua attuazione ma anche nell'ipotesi di adempimento anticipato del contratto. Tale finalità è evidente nella disposizione dell'articolo 125 del TUB, attuativo delle direttive 87/102/CEE e 90/88/CE, che prevedono il diritto del consumatore ad “un'equa riduzione del costo complessivo del credito”, concetto che ricomprende “tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il credito». Uno sguardo alla Corte di Giustizia La Prima Sezione Civile mostra piena adesione alla motivazione della pronuncia di legittimità numero 25997/2023 anche laddove osservato che «dall'esame della legislazione europea e del diritto interno si ricava che il diritto del consumatore al rimborso dei costi in caso di adempimento anticipato, nell'ambito del credito al consumo, non è estraneo alla disciplina antecedente all'articolo 125-sexies del TUB» “come affermato dalla Corte di Giustizia nella sentenza Lexitor dell'11.3.2019, nella causa C-383/18, le direttive relative al credito al consumo vanno interpretate non soltanto sulla base del loro tenore letterale, ma anche alla luce del suo contesto nonché degli obiettivi perseguiti dalla normativa di settore” «Afferma la Corte di Giustizia nella sentenza Lexitor che l'effettività del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito risulterebbe sminuita qualora la riduzione del credito potesse limitarsi alla presa in considerazione dei soli costi presentati dal soggetto concedente il credito come dipendenti dalla durata del contratto, dato che i costi e la loro ripartizione sono determinati unilateralmente dalla banca inoltre, limitare la possibilità di riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito» «anche in assenza di una norma attuativa del CICR, il consumatore non può essere privato del suo diritto al rimborso dei costi sostenuti, come previsto dalla norma primaria e dalle direttive citate. Se è vero, infatti, che le direttive hanno una efficacia diretta soltanto verticale e che le stesse non possono essere invocate nelle controversie fra privati, è pur vero, in senso opposto, che, in ogni caso, il Giudice di merito è tenuto ad interpretare la normativa interna di recepimento in modo conforme al diritto europeo».    ​Sulla scia dell'orientamento sopra richiamato, interno e comunitario, la Prima Sezione Civile avverte che l'interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia nella sentenza Lexitor all'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, partendo dal riferimento alla riduzione del costo totale del credito, è orientata ad una elevata tutela del consumatore – che previene il rischio di abusi, a beneficio anche della concorrenza – in presenza di contrappesi ritenuti adeguati a favore dei creditori. Detta interpretazione, soggiunge la Prima Sezione, è estensibile alla direttiva 87/102/CEE, che richiama il concetto più ampio di «equa riduzione del costo complessivo del credito”, ma soprattutto alla direttiva 90/88/CE, che introduce il concetto del costo totale del credito, comprendendovi “tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il finanziamento». E neppure l'autonomia contrattuale potrebbe incidere, in conclusione, sul diritto del consumatore al rimborso dovendosi ritenere nulla la clausola che escluda il rimborso dei costi sostenuti, in caso di estinzione anticipata del contratto di finanziamento, perché determina a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, ai sensi dell'articolo 33 del d.lgs. numero 206/2005. Uno sguardo alla Corte Costituzionale ​Ciò chiarito, la Corte Suprema richiama infine la sentenza della Costituzionale numero 263 del 2022 nella quale – oltre alla ricostruzione della normativa interna ed eurounitaria relativa al credito al consumo – vengono ribaditi importanti principi in tema di norme integrative secondarie e di efficacia nell'ordinamento interno delle sentenze interpretative della Corte di Giustizia. In particolare, la Corte Costituzionale ha affermato che il concetto di «riduzione del costo totale del credito», contenuto nella direttiva numero 2008/49 CE, ha sostituito il precedente richiamo alla «nozione generica di equa riduzione » presente nell'articolo 8 della direttiva 87/102/CEE sentenza Lexitor, punto 28 . La Consulta ha poi richiamato il canone dell'interpretazione teleologica, ispirata all'esigenza di garantire «un'elevata protezione del consumatore» sentenza Lexitor, punto 29 , per rilevare che «limitare la possibilità di riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito, poiché il soggetto concedente il credito potrebbe essere tentato di ridurre al minimo i costi dipendenti dalla durata del contratto» sentenza Lexitor, punto 32 . Qualche primo riferimento bibliografico sui precedenti menzionati nell'ordinanza annotata Cfr. Cass. numero 25977/2023, in Foro it., 2023, 10, I, 2801, con nota di Pagliantini, La Cassazione e Lexitor una sentenza abusata?   Lexitor Corte giust. 11 settembre 2019, causa C-383/18 , in Foro it., 2019, IV, 605 Corte cost. 22 dicembre 2022, numero 263, in Foro it., 2023, I, 329 Affinito, L'estinzione anticipata dei contratti di credito con i consumatori, in Riv. trim. dir. econumero , 2023, 3, 90 Cacopardi, Il “diritto” alla riduzione totale del costo del credito tra “duty of consistent interpretation” e ipertutela del consumatore, in Banca borsa, tit. cred., 2023, 4, 465.

Presidente De Chiara – Relatore Campese Fatti di causa 1. Con atto ritualmente notificato il 15 febbraio 2018, Ca.Da. citò Unicredit Spa innanzi al Giudice di Pace di Napoli onde ottenerne la condanna alla restituzione di Euro 1.778,94, quali commissioni bancarie e costi di intermediazione non maturati a seguito della estinzione anticipata del contratto di mutuo al consumo numero omissis da lui stipulato l'1 dicembre 2003 con Fineco Bank Spa ora Unicredit . 1.1. Costituitasi la convenuta, che contestò l'avversa pretesa, il Giudice di Pace, con sentenza del 27 marzo 2018, numero 12134, accolse la domanda dell'attore e condannò Unicredit Spa al pagamento, in suo favore, della somma predetta, oltre interessi. 2. Pronunciando sul gravame promosso da quest'ultima contro tale decisione, l'adito Tribunale di Napoli l'accolse integralmente con sentenza del 19 novembre 2019, numero 10316, pronunciata nel contraddittorio con il Ca.Da., e compensò le spese di entrambi i gradi. 2.1. Per quanto qui ancora di interesse, quel tribunale i preliminarmente, richiamò la disciplina introdotta dal legislatore in epoca successiva alla stipulazione del contratto, avvenuta nel 2003 , cioè l'articolo 125-sexies del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia D.Lgs. numero 385 del 1993 , modificato con D.Lgs. numero 141 del 2010, ed il decreto del Ministero del Tesoro 8 luglio 1992, articolo 3, comma 1 emesso in conformità alla Direttiva Europea 87/102/CEE , giungendo alla conclusione per cui Il rimborso delle somme spettanti al cliente, così come disposto dalla legge, è rappresentativo di una corretta applicazione del principio di trasparenza e buona fede contrattuale tra le parti del contratto di credito sottoscritto ii aggiunse che, A loro volta, le Disposizioni di Vigilanza del 29 luglio 2009 e s.m.i. Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti , alla Sezione VII, parag. 5.2.1 - Contratti di credito come aggiornato ai fini del recepimento della Direttiva sul credito ai consumatori , prevedono che i contratti di credito indicano in modo chiaro e conciso il diritto del consumatore al rimborso anticipato previsto dall'articolo 125-sexies, comma 1, del T.U. e la procedura per effettuarlo nonché, in presente delle condizioni ivi stabilite, il diritto del creditore a ottenere, ai sensi dell'articolo 125-sexies, comma 2, T.U., un indennizzo a fronte del rimborso anticipato e le relative modalità di calcolo, chiarendo ulteriormente che, nei contratti di credito con cessione del quinto dello stipendio e della pensione e nelle fattispecie assimilate, le modalità di calcolo della riduzione del costo totale del credito a cui il consumatore ha diritto in caso di estinzione anticipata includono l'indicazione degli oneri che maturano nel corso del rapporto e che devono essere quindi restituiti per la parte non maturata dal finanziatore o da terzi, se questi li ha corrisposti anticipatamente al finanziatore iii rimarcò che Su questa base normativa, da cui indubbiamente emerge lo stretto collegamento tra la trasparenza contrattuale ex ante ed il tema della ripetibilità dei costi anticipati in caso di scioglimento parimenti anticipato del contratto, è intervenuta la Comunicazione del Governatore della Banca d'Italia del 10 novembre 2009 Cessione del quinto dello stipendio e operazioni assimilate cautele e indirizzi per gli operatori , ove si è sottolineato che relativamente all'estinzione anticipata, la Banca d'Italia ha stigmatizzato la prassi, seguita dagli intermediari, di indicare cumulativamente, nei contratti e nei fogli informativi, l'importo di generiche spese, non consentendo quindi una chiara individuazione degli oneri maturati e di quelli non maturati iv affermò, pertanto, che la distinzione delle spese da restituire a seguito di estinzione anticipata, è sempre stata collocata nell'ambito della esigenza di trasparenza nei rapporti contrattuali tra intermediario finanziario e l'altra parte non professionista v osservò che Dal contesto sopra riassunto, emerge in primo luogo che, se è vero che le fonti primarie dispongono unicamente che il consumatore ha diritto ad un rimborso, in caso di estinzione anticipata del rapporto di finanziamento, pari all'importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del rapporto , senza entrare nei dettagli del criterio di calcolo, tuttavia le fonti secondarie indicano con sufficiente chiarezza, in primo luogo, che il tema si collega alla direttiva generale della trasparenza contrattuale ed, in secondo luogo, che ai costi recurring si deve applicare il principio di competenza economica, posto che si tratta di costi che maturano in ragione del tempo e, di conseguenza, che essi sono da rilevare pro rata temporis vi evidenziò che, i costi di cui la originaria parte istante chiede la restituzione in relazione alla estinzione anticipata del finanziamento sono da considerarsi up front e non recurring . In effetti, dalla lettera del contratto emerge chiaramente punto A - a1 e a2 che sia la commissione bancaria che la provvigione di intermediazione attengono esclusivamente al momento genetico del rapporto non essendo prevista alcuna attività successiva alla conclusione del contratto , trattandosi, in effetti di attività che non si riducono per il caso di estinzione anticipata del finanziamento e che prescindono del tutto dalla durata effettiva del rapporto vii riformò, dunque, la decisione di primo grado e rigettò la domanda del Ca.Da., precisando che la distinzione tra spese up front e spese recurring , contrariamente a quanto argomentato dalla difesa dell'appellato, ha ancora un significato non essendo ragionevole far gravare sul soggetto mutuante gli effetti di una scelta liberamente effettuata dal mutuatario nell'estinguere anticipatamente il finanziamento . 3. Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso Ca.Da., affidandosi a due motivi, illustrati anche da memoria ex articolo 380-bis.1 cod. proc. civ. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso è rubricato Sulla violazione del nr. 5 del primo comma dell'articolo 360 cod. proc. civ. in cui è incorso il Tribunale di Napoli per omessa decisione su un fatto decisivo del giudizio in relazione all'articolo 83 cod. proc. civ. in combinato disposto con l'articolo 1 della legge nr. 54 del 21 gennaio 1994 . Assume il ricorrente che il tribunale partenopeo non si era minimamente pronunciato sulla sua eccezione di improcedibilità dell'avverso gravame per difetto della necessaria procura ad litem in quanto la stessa risultava non allegata alla pec di notificazione dell'atto introduttivo del secondo grado di giudizio e, in occasione della costituzione ex articolo 165 cod. proc. civ., l'allora appellante depositava una procura su fogno separato non recante alcuna data di conferimento sì da non consentire - neppure per relationem - l'attribuzione di una data certa al necessario atto di attribuzione del potere di rappresentanza processuale . 1.1. Questa doglianza risulta inammissibile. 1.2. Invero, nella sentenza impugnata non c'è traccia di analoga questione posta in grado di appello dall'odierno ricorrente circostanza specificamente contestata dalla controricorrente , sicché deve trovare applicazione il principio, ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte cfr., ex aliis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. numero 25909 del 2021 Cass. nnumero 5131 e 9434 del 2023 Cass. nnumero 2607, 5038, 5478 e 6127 del 2024 , secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l'avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d'inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d'ufficio cfr. Cass. numero 32804 del 2019 Cass. numero 2038 del 2019 Cass. numero 20694 del 2018 Cass. numero 15430 del 2018 Cass. numero 23675 del 2013 7981/07 Cass. 16632/2010 . In quest'ottica, il ricorrente ha l'onere - nella specie rimasto completamente inosservato - di riportare, a pena d'inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado cfr. Cass. numero 9765 del 2005 Cass. numero 12025 del 2000 . Nel giudizio di cassazione, infatti, è preclusa alle parti la prospettazione di nuovi questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito cfr. Cass. numero 19164 del 2007 Cass. numero 17041 del 2013 Cass. numero 25319 del 2017 Cass. numero 20712 del 2018 Cass. numero 5478 del 2024 . 2. Il secondo motivo di ricorso è rubricato Sul nr. 3 del primo comma dell'articolo 360, cod. proc. civ. in cui è incorso il Tribunale di Napoli per violazione e falsa applicazione di norme di diritto in riferimento all'articolo 125 del D.Lgs. numero 385/1993, all'articolo 3 del D.M. Tesoro 08/07/1992, in relazione alle direttive nnumero 87/102/CEE e 90/88/CEE del Consiglio Europeo . Assume il Ca.Da. che i L'error in iudicando in cui è incorso il Tribunale di Napoli risiede nel non avere correttamente individuato ed applicato la normativa di settore regolatrice della materia e, per logica conseguenza, deciso la vexata quaestio in materia difforme ai relativi precetti il diritto dell'odierno ricorrente di ripetere i costi di erogazione del credito non maturati per l'intercorsa estinzione anticipata del contratto discende dal combinato disposto dell'articolo 125 T.U.B., nella formulazione medio tempore vigente, e dell'articolo 3 comma 1, del D.M. Tesoro 8 luglio 1992. Tale fonte secondaria, a differenza di quanto sostenuto dal Giudice di merito, si ritiene essere norma di completamento dell'articolo 125 comma secondo del D.Lgs. 1 settembre 1993, nr. 385, nella formulazione testé menzionata, in considerazione del fatto che il Ministero del Tesoro abbia adempiuto alla delega legislativa contenuta all'articolo 21 comma 10 della legge nr. 142/1992, come emerge senza dubbio dal preambolo. ii Il descritto quadro normativo costituisce il recepimento interno delle direttive 87/102/CEE e 90/88/CEE. di integrazione e parziale modifica della prima iii Qualsiasi operazione ermeneutica della disciplina del settore del credito al consumo dovrebbe, dunque, essere condotta con riferimento alle richiamate fonti sovranazionali iv il diritto del consumatore ad un'equa riduzione del costo complessivo del credito mediante versamento al creditore del capitale residuo, degli interessi e degli altri oneri maturati fino a quel momento, non possa non avere applicazione sincrona con l'articolo 1, comma 2, lettera d , della direttiva 87/102/CEE del Consiglio del 22 dicembre 1986 che, nell'offrire la definizione del costo totale del credito al consumatore , individua in esso l'integralità dei costi sostenuti per l'erogazione del credito. v . distinguere tra costi cd. up-front del contratto di erogazione del credito al consumo e costi cd. recurring dello stesso, implichi la violazione delle richiamate disposizioni Europee vi La Corte di Giustizia Europea, con sentenza emessa dalla prima corte in data 11 settembre 2019 in materia di credito al consumo, ha statuito che l'effettività del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito risulterebbe sminuita qualora la riduzione del credito potesse limitarsi alla presa in considerazione dei soli costi presentati dal soggetto concedente il credito come dipendenti dalla durata del contratto affermando che l'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore . 2.1. Questa doglianza si rivela fondata alla stregua di tutto quanto desumibile dall'ordinanza resa, in fattispecie assolutamente analoga a quella odierna, dalla recente Cass. 6 settembre 2023, numero 25977, la quale ha enunciato i seguenti principi di diritto i L'articolo 125 del TUB, nella formulazione antecedente alle modifiche inserite con il D.Lgs. numero 141 del 2010, prevede che, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto ad un'equa riduzione del costo complessivo del credito, secondo le modalità stabilite dal CICR. In caso di assenza della norma integrativa o di norma integrativa che rinvii all'autonomia contrattuale, il consumatore ha diritto al rimborso di tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il finanziamento ii È nulla la clausola contrattuale che escluda il rimborso dei costi sostenuti, in caso di estinzione anticipata del contratto di finanziamento perché determina a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, ai sensi dell'articolo 33 del D.Lgs. numero 206/2005 . 2.2. Nella menzionata ordinanza, la cui motivazione è condivisa dal Collegio, si è osservato, innanzitutto, che L'articolo 8 della direttiva numero 87/102/CEE, che contiene norme di ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo, all'articolo 8 prevede che il consumatore deve avere la facoltà di adempiere in via anticipata gli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, in conformità alle disposizioni degli Stati membri, egli deve avere diritto a una equa riduzione del costo complessivo del credito . La direttiva 90/88/CEE ha modificato la direttiva 87/102/CEE in relazione al metodo di calcolo del tasso annuo effettivo globale, al fine di promuovere l'instaurazione e il funzionamento del mercato interno e garantire ai consumatori un elevato grado di tutela . In particolare, l'articolo 1 della direttiva 90/88/CEE ha introdotto il concetto di costo totale del credito al consumatore , nel quale sono ricompresi tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il finanziamento. L'articolo 18 della Legge numero 142 del 1992, ratione temporis applicabile, ha recepito le direttive del Consiglio 87/102/CEE e 90/88/CEE. La norma definisce credito al consumo la concessione nell'esercizio di una attività commerciale o professionale di credito sotto forma di dilazione di pagamento o di prestito o di analoga facilitazione finanziaria finanziamento a favore di una persona fisica consumatore che agisce, in tale rispetto, per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. L'articolo 125 del TUB, nel testo vigente al momento della stipula del contratto di finanziamento, prevede che se il consumatore esercita la facoltà di adempimento anticipato ha diritto ad un'equa riduzione del costo complessivo del credito, secondo le modalità stabilite dal CICR . 2.3. Nella fattispecie oggi sottoposta all'attenzione di questa Corte, il tribunale, dopo aver descritto il complessivo quadro normativo formatosi successivamente alla stipulazione del mutuo, ed aver precisato che anche applicando - ratione temporis - il previgente disposto dell'articolo 125 TUB si giunge alle medesime conclusioni , ha ritenuto che, dal richiamato contesto normativo, emerge, in primo luogo, che, se è vero che le fonti primarie dispongono unicamente che il consumatore ha diritto ad un rimborso, in caso di estinzione anticipata del rapporto di finanziamento, pari all'importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del rapporto , senza entrare nei dettagli del criterio di calcolo, tuttavia le fonti secondarie indicano, con sufficiente chiarezza, in primo luogo, che il tema si collega alla direttiva generale della trasparenza contrattuale ed, in secondo luogo, che ai costi recurring si deve applicare il principio di competenza economica, posto che si tratta di costi che maturano in ragione del tempo e, di conseguenza, che essi sono da rilevare pro rata temporis . Ha rimarcato, pertanto, che i costi di cui la originaria parte istante chiede la restituzione in relazione alla estinzione anticipata del finanziamento sono da considerarsi up front e non recurring . In effetti, dalla lettera del contratto emerge chiaramente punto A - a1 e a2 che sia la commissione bancaria che la provvigione di intermediazione attengono esclusivamente al momento genetico del rapporto non essendo prevista alcuna attività successiva alla conclusione del contratto , trattandosi, in effetti di attività che non si riducono per il caso di estinzione anticipata del finanziamento e che prescindono del tutto dalla durata effettiva del rapporto . Ha riformato, dunque, la decisione di primo grado e respinto la domanda del Ca.Da., assumendo che la distinzione tra spese up front e spese recurring , contrariamente a quanto argomentato dalla difesa dell'appellato, ha ancora un significato non essendo ragionevole far gravare sul soggetto mutuante gli effetti di una scelta liberamente effettuata dal mutuatario nell'estinguere anticipatamente il finanziamento . 2.4. Una tale complessiva conclusione, tuttavia, non merita condivisione, alla stregua di quanto sancito dalla menzionata ordinanza resa da Cass. numero 25977 del 2023, sia perché il diritto alla riduzione del costo totale del credito è previsto dalla normativa interna e dalle direttive Europee, sia perché confligge con l'orientamento giurisprudenziale volto a fornire ampia tutela al consumatore nell'ambito del credito al consumo, non solo nella fase di formazione del rapporto e della sua attuazione ma anche nell'ipotesi di adempimento anticipato del contratto. Tale finalità è evidente nella disposizione dell'articolo 125 del TUB, attuativo delle direttive 87/102/CEE e 90/88/CE, che prevedono il diritto del consumatore ad un'equa riduzione del costo complessivo del credito , concetto che ricomprende tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il credito . 2.4.1. Come ancora evidenziato dalla suddetta ordinanza, I successivi interventi normativi hanno disciplinato in modo organico la disciplina del credito al consumo, al fine di favorire l'armonizzazione all'interno dei Paesi dell'Unione, specificando le varie forme di credito al consumo, le ipotesi di esclusione e la natura dei costi sostenuti per il finanziamento a cui il consumatore ha diritto in caso di adempimento anticipato. In particolare, la direttiva 2008/48/CE, che ha abrogato la direttiva 87/102/CEE, adotta una tecnica di armonizzazione piena, finalizzata a garantire a tutti i consumatori della Comunità di fruire di un livello elevato ed equivalente dei loro interessi e che crei un vero mercato interno considerando numero 9 . Fra le disposizioni armonizzate si rinviene l'articolo 16, paragrafo 1, secondo cui i l consumatore ha il diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte, agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto . Il diritto alla riduzione viene, dunque, rapportato al paradigma del costo totale del credito . Questo è definito all'articolo 3, paragrafo 1, lettera g , con riguardo a tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il creditore è a conoscenza, escluse le spese notarili sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, in particolare i premi assicurativi, se, in aggiunta, la conclusione di un contratto avente ad oggetto un servizio è obbligatoria per ottenere il credito oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte . A fronte di tale disciplina, posta a tutela del consumatore, i successivi paragrafi dell'articolo 16 prevedono, a favore di chi ha concesso il credito, il diritto ad un indennizzo equo ed oggettivamente giustificato per eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato del credito, sempre che il rimborso anticipato abbia luogo in un periodo per il quale il tasso debitore è fisso . 2.4.2. La medesima ordinanza, poi, dopo aver sottolineato pure, che Quanto ai limiti - stabiliti sempre dal paragrafo 2 - per tale indennizzo, il paragrafo 4, lettera b , consente agli Stati membri di derogare alla disciplina uniforme, disponendo che il creditore possa eccezionalmente pretendere un indennizzo maggiore se è in grado di dimostrare che la perdita subita a causa del rimborso anticipato supera l'importo determinato ai sensi del paragrafo 2 , ha osservato che Dall'esame della legislazione Europea e del diritto interno si ricava che il diritto del consumatore al rimborso dei costi in caso di adempimento anticipato, nell'ambito del credito al consumo, non è estraneo alla disciplina antecedente all'articolo 125-sexies del TUB , che, per quanto qui di specifico interesse, il tribunale partenopeo ha ritenuto idoneo a produrre i medesimi effetti già ottenibili in base al testo ante riforma dell'articolo 125 del T.U.B. 2.4.3. La pronuncia di legittimità in esame ha proseguito evidenziando che come affermato dalla Corte di Giustizia nella sentenza Lexitor dell'11.3.2019, nella causa C-383/18, le direttive relative al credito al consumo vanno interpretate non soltanto sulla base del loro tenore letterale, ma anche alla luce del suo contesto nonché degli obiettivi perseguiti dalla normativa di settore v., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2019, Bundesverband der Verbraucherzentralen und Verbraucherverbande, C-649/17, EU C 2019 576, punto 37 . La Corte di Giustizia ha rilevato, in motivazione, che l'articolo 8 della direttiva 87/102, che è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2008/48, già stabiliva che il consumatore, in conformità alle disposizioni degli Stati membri, deve avere diritto a una equa riduzione del costo complessivo del credito . Di conseguenza, afferma la Corte di Lussemburgo, l'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 ha concretizzato il diritto del consumatore ad una riduzione del costo del credito in caso di rimborso anticipato, sostituendo alla nozione generica di equa riduzione quella, più precisa, di riduzione del costo totale del credito e aggiungendo che tale riduzione deve riguardare gli interessi e i costi . Questo sistema di protezione è fondato sull'idea secondo cui il consumatore si trova in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere di negoziazione che il livello di informazione v., in tal senso, sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerova, C-377/14, EU C 2016 283, punto 63 . Afferma la Corte di Giustizia nella sentenza Lexitor che l'effettività del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito risulterebbe sminuita qualora la riduzione del credito potesse limitarsi alla presa in considerazione dei soli costi presentati dal soggetto concedente il credito come dipendenti dalla durata del contratto, dato che i costi e la loro ripartizione sono determinati unilateralmente dalla banca inoltre, limitare la possibilità di riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito . 2.4.4. Da quanto fin detto emerge, allora, che la soluzione offerta dal giudice di merito si pone in contrasto con l'articolo 125 del TUB, ratione temporis applicabile e con la consolidata elaborazione giurisprudenziale in tema di diritti del consumatore, privandolo di una tutela piena, in caso di adempimento anticipato. 2.4.4.1. Né, in contrario, potrebbe assumere rilievo l'inesistenza di una norma secondaria, la deliberazione del CICR, avente carattere integrativo di una norma primaria. Invero, come ancora opportunamente chiarito da Cass. numero 25977 del 2023, anche in assenza di una norma attuativa del CICR, il consumatore non può essere privato del suo diritto al rimborso dei costi sostenuti, come previsto dalla norma primaria e dalle direttive citate. Se è vero, infatti, che le direttive hanno una efficacia diretta soltanto verticale e che le stesse non possono essere invocate nelle controversie fra privati, è pur vero, in senso opposto, che, in ogni caso, il Giudice di merito è tenuto ad interpretare la normativa interna di recepimento in modo conforme al diritto Europeo. Sul punto si richiama quella giurisprudenza Europea che ha condivisibilmente osservato che nell'applicare il diritto nazionale, e in particolare la legge nazionale espressamente adottata per l'attuazione della direttiva , il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato così ex multis CGUE 10.4.1984, causa 14/83, Von Colson e Kamann . 2.4.4.2. Nemmeno rileverebbe, infine, l'intervento del CICR nel determinare le modalità di rimborso, demandandolo all'autonomia contrattuale articolo 1 Delibera CICR 9.2.2000 pubblicata in GU , posto che - come, del resto opinato anche dal tribunale partenopeo sicché non è necessario dilungarsi oltre su questo specifico punto, nemmeno fatto oggetto di specifica censura, in via incidentale condizionata, dalla controricorrente - una clausola contrattuale che escluda il rimborso dei costi sostenuti, in caso di estinzione anticipata del contratto di finanziamento, è nulla perché determina a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, ai sensi dell'articolo 33 del D.Lgs. numero 206/2005 cfr. la già citata Cass. numero 25977 del 2023 . 2.5. Sull'effettività della tutela del consumatore nell'ambito del credito al consumo, merita di essere segnalata, poi, la sentenza della Corte Costituzionale numero 263 del 2022, la quale, benché riferita alla dichiarazione di incostituzionalità dell'articolo 11-octies, comma 2, del D.L. 25 maggio 2021, numero 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, numero 106, ha il pregio di ricostruire la normativa interna ed eurounitaria relativa al credito al consumo, ribadendo importanti principi in tema di norme integrative secondarie e di efficacia nell'ordinamento interno delle sentenze interpretative della Corte di Giustizia. 2.5.1. In particolare, in relazione alle norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d'Italia, regolatrici dei rimborsi al consumatore in caso di estinzione anticipata del finanziamento, la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittimo la disposizione suddetta, nella parte in cui limita ad alcune tipologie di costi il diritto alla riduzione spettante al consumatore, per violazione degli articolo 11 e 117, comma 1, della Costituzione. 2.5.2. La Corte Costituzionale ha espressamente affermato che il concetto di riduzione del costo totale del credito , contenuto nella direttiva numero 2008/49 CE, ha sostituito il precedente richiamo alla nozione generica di equa riduzione presente nell'articolo 8 della direttiva 87/102/CEE sentenza Lexitor, punto 28 . La Consulta richiama il canone dell'interpretazione teleologica, ispirata all'esigenza di garantire un'elevata protezione del consumatore sentenza Lexitor, punto 29 , per rilevare che limitare la possibilità di riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito, poiché il soggetto concedente il credito potrebbe essere tentato di ridurre al minimo i costi dipendenti dalla durata del contratto sentenza Lexitor, punto 32 . 2.5.3. In definitiva, l'interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia nella sentenza Lexitor all'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, partendo da un dato sicuramente testuale, ossia il riferimento alla riduzione del costo totale del credito, addiviene ad un'interpretazione orientata ad una elevata tutela del consumatore - che previene il rischio di abusi, a beneficio anche della concorrenza -, in presenza di contrappesi ritenuti adeguati a favore dei creditori. 2.5.4. Secondo il giudice delle leggi, l'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 ha concretizzato il diritto del consumatore ad una riduzione del costo del credito in caso di rimborso anticipato, sostituendo alla nozione generica di equa riduzione quella, più precisa, di riduzione del costo totale del credito e aggiungendo che tale riduzione deve riguardare gli interessi e i costi . 2.6. Afferma la Corte di Giustizia nella sentenza Lexitor che l'effettività del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito risulterebbe sminuita qualora la riduzione del credito potesse limitarsi alla presa in considerazione dei soli costi presentati dal soggetto concedente il credito come dipendenti dalla durata del contratto, dato che i costi e la loro ripartizione sono determinati unilateralmente dalla banca inoltre, limitare la possibilità di riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito. 2.6.1. Detta interpretazione è certamente estensibile alla direttiva 87/102/CEE, che richiama il concetto più ampio di equa riduzione del costo complessivo del credito , ma soprattutto alla direttiva 90/88/CE, che introduce il concetto del costo totale del credito, comprendendovi tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il finanziamento . 2.7. Nella misura in cui il Tribunale di Napoli non si è uniformato ai suddetti principi di diritto, costantemente affermati dalla giurisprudenza interna ed eurounitaria, negando al Ca.Da., che aveva estinto anticipatamente il finanziamento, il diritto alla riduzione del costo complessivo del credito sul presupposto che quelle richieste in restituzione erano spese up front a suo dire non rimborsabili piuttosto che recurring invece rimborsabili , la sentenza impugnata non può essere confermata. 3. In definitiva, quindi, l'odierno ricorso di Ca.Da. deve essere accolto limitatamente al suo secondo motivo, dichiarandosene inammissibile il primo. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata la Tribunale di Napoli, in persona di diverso magistrato, per il conseguente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso di Ca.Da. limitatamente al suo secondo motivo, dichiarandone inammissibile il primo. Cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa al Tribunale di Napoli, in persona di diverso magistrato, per il conseguente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 maggio 2024. Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2024.