Guida in stato di ebbrezza: il comportamento inchioda l’automobilista ubriaco

Confermata in via definitiva la condanna di un uomo fermato dopo essere finito con la propria vettura contro un marciapiede. L’inutilizzabilità degli accertamenti medici non basta ad escludere il superamento del massimo tasso alcolemico consentito. Decisivo, secondo i giudici, il resoconto fornito dagli agenti intervenuti sul posto.

L'inutilizzabilità degli accertamenti medici non basta a salvare l'automobilista finito sotto processo per guida in stato di ebbrezza. A inchiodarlo sono sufficienti, difatti, i comportamenti da lui tenuti in strada, sotto gli occhi degli uomini delle forze dell'ordine. Ricostruito l'episodio verificatosi lungo una strada della provincia lombarda, i giudici di merito ritengono legittima la condanna dell'automobilista finito sotto processo per guida in stato di ebbrezza. In Appello la pena viene fissata in 6 mesi di arresto e 1.500 euro di ammenda, con l'aggiunta, poi, della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida. Nessun dubbio, secondo i giudici di merito, sulla gravità del comportamento tenuto dall'automobilista e consistito nell'avere condotto un'autovettura in stato di ebbrezza in conseguenza dell'assunzione di bevande alcoliche, con tasso alcolemico superiore a 1,50 grammi per litro –cioè 3,69 grammi per litro, come da referto ospedaliero –, provocando anche un incidente stradale. Con il ricorso in Cassazione viene evidenziata dal legale dell'uomo sotto processo l'inutilizzabilità degli accertamenti effettuati dai sanitari a fini di indagine su richiesta della polizia giudiziaria, inutilizzabilità frutto della mancata prova che all'automobilista fosse stato dato l'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore. Secondo la difesa, quindi, è illogico ritenere comprovato lo stato di ebbrezza dell'automobilista, desumendo che il suo tasso alcolemico avesse superato la soglia di 1,50 grammi per litro, prevista dal codice della strada, in ragione delle sole dichiarazioni rese dai due agenti intervenuti sul posto a seguito della segnalazione di un veicolo finito contro un marciapiede. Chiara la tesi portata avanti dalla difesa in carenza di dati tecnici obiettivi, non è possibile stabilire in termini certi il livello di alcol effettivamente presente, al momento dei fatti, nel sangue dell'automobilista, non potendosi evincere elementi sintomatici tali da far ritenere superata la soglia prevista dal codice della strada dai soli elementi riferiti dai testi circa la presenza di uno stato confusionale del conducente, di avvenuti urti della sua autovettura con il cordolo del marciapiede e della mancata risposta alle sollecitazioni degli agenti. Alle obiezioni difensive i magistrati di Cassazione replicano ribadendo che «l'accertamento della concentrazione alcolica può avvenire in base ad elementi sintomatici, poiché l'esame strumentale non costituisce una prova legale». Pertanto, «in assenza di espletamento di un valido esame alcolimetrico, il giudice può trarre il proprio convincimento in ordine alla sussistenza dello stato di ebbrezza dalla presenza di adeguati elementi obiettivi e sintomatici», che, nella vicenda in esame, sono stati congruamente individuati in aspetti quali «lo stato comatoso e di alterazione manifestato dall'automobilista alla vista degli agenti, certamente riconducibile ad un uso assai elevato di bevande alcoliche – certamente superiore alla soglia di 1,50 grammi per litro – per come evincibile dalla riscontrata presenza di un forte odore acre di alcol, nonché dalla assoluta sua incapacità di controllare l'autoveicolo in marcia e di rispondere alle domande rivoltegli dagli agenti di polizia giudiziaria».

Presidente Piccialli – Relatore D'Andrea Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 10 luglio 2023 la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della pronuncia del locale Tribunale del 10 novembre 2022, ha concesso il beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale, nel resto confermando la sentenza con cui M.E., concesse le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza alla contestata aggravante, era stato condannato alla pena di mesi sei di arresto ed euro 1.500,00 di ammenda, con pena sospesa, oltre alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, in quanto riconosciuto colpevole del reato di cui all'articolo 186, commi 2, lett. c e 2-bis, d.lgs. 30 aprile 1992, numero 285, per avere condotto un'autovettura in stato di ebbrezza in conseguenza dell'assunzione di bevande alcoliche, con tasso alcolemico superiore a 1,50 g/l e cioè di 3,69 g/l, come da referto degli Spedali Civili di Brescia del 12 settembre 2018 , provocando un incidente stradale. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione M.E., a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'articolo 186, comma 2, lett. c , cod. strada. Il ricorrente rileva come la Corte di merito, pur avendo ritenuto, in accoglimento di una specifica doglianza da lui dedotta, l'inutilizzabilità degli accertamenti effettuati dai sanitari a fini di indagine su richiesta dalla P.G. - non risultando provato che all'indagato fosse stato dato l'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di cui all'articolo 114 disp. att. cod. proc. penumero - abbia, poi, errato nel ritenere comunque comprovata la sussistenza del suo stato di ebbrezza, desumendo che il suo tasso alcolemico avesse superato la soglia di 1,50 g/l prevista dall'articolo 186, comma 2 lett. c , cod. strada in ragione delle sole dichiarazioni rese dagli agenti intervenuti G. M. e M. R A dire del M.E., infatti, in carenza di dati tecnici obiettivi, non sarebbe possibile stabilire in termini certi il livello di alcol effettivamente presente nel suo sangue al momento dei fatti, non potendosi evincere elementi sintomatici tali da far ritenere superata la suddetta soglia dai soli elementi riferiti dai testi circa la presenza di uno stato confusionale, di avvenuti urti della sua autovettura con il cordolo del marciapiede e della mancata risposta alle sollecitazioni degli operanti. Per gli stessi motivi, risulterebbe anche illegittima l'intervenuta conferma della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, non risultando comprovato da accertamenti tecnici obiettivi l'intervenuto superamento della soglia alcolica di 1,50 g/l normativamente richiesta per la sua applicazione. 3. Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso. 4. Il difensore ha depositato successiva memoria scritta, con cui ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. 2. Il Collegio ritiene, infatti, che i motivi di ricorso dedotti siano palesemente generici, oltre che privi di adeguato confronto con le argomentazioni poste a sostegno della decisione impugnata. Quest'ultima, in particolare, appare lineare e congrua, oltre che priva di contraddizioni evidenti, e quindi inidonea ad essere sottoposta al sindacato di legittimità, a fronte di argomenti di impugnazione meramente reiterativi di censure già sviluppate nel giudizio di appello ed ivi disattese con motivazione logica. La Suprema Corte ha, in proposito, più volte chiarito che è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l'atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione così, tra le altre, Sez. 2, numero 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970-01 Sez. 3, numero 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260608-01 Sez. 6, numero 20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 243838-01 . In altri termini, se il motivo di ricorso in sede di legittimità si limita a ripetere quanto già chiesto al giudice precedente, riproponendo le medesime doglianze, fallisce lo scopo stesso dell'impugnazione, in quanto non si pone in maniera critica rispetto alla decisione che ne forma oggetto - di fatto rendendola indifferente rispetto alla stessa richiesta - ma solo a quella del grado precedente, così da giustificare la conseguente pronuncia di inammissibilità della censura. 3. In ogni modo, a prescindere dalla decisività della superiore argomentazione, il Collegio rileva come la doglianza eccepita, circa l'illegittimità della motivazione con cui è stata desunta da meri dati fattuali riferiti da testi l'avvenuto superamento della soglia di tasso alcolemico necessaria per l'integrazione della fattispecie contestata, afferisca, nella sostanza, alla sola interpretazione delle prove assunte, e quindi a questione non passibile di valutazione in questa sede. In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi - dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti - e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre così, tra le tante, Sez. U, numero 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv, 203428-01 . Esula, quindi, dai poteri della Corte la rilettura della ricostruzione storica dei fatti posti a fondamento della decisione di merito, dovendo l'illogicità del discorso giustificativo, quale vizio di legittimità denunciabile mediante ricorso per cassazione, essere di macroscopica evidenza cfr. Sez. U, numero 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794-01 Sez. U, numero 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944-01 . Sono precluse al giudice di legittimità, pertanto, la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito cfr., fra i molteplici arresti in tal senso Sez. 6, numero 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601-01 Sez. 6, numero 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482-01 Sez. 1, numero 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507-01 . E', conseguentemente, sottratta al sindacato di legittimità la valutazione con cui il giudice di merito esponga, con motivazione logica e congrua, le ragioni del proprio convincimento. 3.1. D'altro canto, con specifico riferimento al reato contestato, deve essere ribadito come questa Suprema Corte abbia avuto modo di precisare che, poiché l'esame strumentale non costituisce una prova legale, l'accertamento della concentrazione alcolica può avvenire in base ad elementi sintomatici per tutte le ipotesi di reato previste dall'articolo 186 cod. strada e, qualora vengano oltrepassate le soglie superiori, la decisione deve essere sorretta da congrua motivazione così, tra le altre Sez. 4, numero 35933 del 24/04/2019, Gaggioli, Rv. 276674-01 Sez. 4, numero 25835 del 05/03/2019, Picca, Rv. 276368-01 Sez. 4, numero 26562 del 26/05/2015, Bertoldo, Rv. 263876-01 Sez. 4, numero 22239 del 29/01/2014, Politanò, Rv. 259214-01 . Ne consegue, pertanto, che, in assenza di espletamento di un valido esame alcolimetrico, il giudice di merito può trarre il proprio convincimento in ordine alla sussistenza dello stato di ebbrezza dalla presenza di adeguati elementi obiettivi e sintomatici, che, nel caso in esame, i giudici di merito hanno congruamente individuato in aspetti quali lo stato comatoso e di alterazione manifestato dal M.E. alla vista degli operanti, certamente riconducibile ad un uso assai elevato di bevande alcoliche - certamente superiore alla soglia di 1,50 g/l - per come evincibile dalla riscontrata presenza di un forte odore acre di alcol, nonché dalla assoluta sua incapacità di controllare l'autoveicolo in marcia e di rispondere alle domande rivoltegli dagli agenti di P.G. A fronte degli indicati aspetti, il ricorrente ha proposto solo una rilettura alternativa degli elementi di indagine acquisiti, all'evidenza non consentita in questa sede e comunque inidonea a modificare l'adeguata e logica motivazione espressa sul punto da parte della Corte di appello. 4. Ne consegue, in conclusione, la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero Corte Cost., sent. numero 186/2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.