La legge italiana deve prevedere il diritto di accesso agli atti e un controllo giurisdizionale sui provvedimenti di intercettazione che colpiscono persone che non sono parti del procedimento penale. Italian law must provide for the right of access to documents and judicial control of interception measures affecting people who are not parties to the criminal proceedings.
Il ragionamento della Corte e.d.u. La Corte e.d.u. premette che l’intercettazione di comunicazioni disciplinata dal codice di procedura penale italiano costituisce un’ingerenza di una pubblica autorità, prevista dalla legge e necessaria per una legittima finalità di giustizia. Pertanto, la “qualità del diritto interno” esige che esso sia, non solo accessibile e prevedibile nella sua applicazione, ma deve anche garantire che le misure di sorveglianza segreta siano applicate solo quando sono “necessarie in una società democratica, in particolare offrendo misure “sufficienti” e “adeguate” garanzie e tutele effettive contro gli abusi in questo senso Grande Camera, 4.12.2015,Roman Zakharov . La riconosciuta “accessibilità” della legge italiana La Corte osserva che l'”accessibilità” della legge in questione non solleva alcun problema nel caso di specie perché la legge italiana è redatta con sufficiente chiarezza per indicare adeguatamente a tutti in quali circostanze e a quali condizioni autorizza i poteri pubblici ad adottare l’intercettazione. La legge sarebbe contraria allo Stato di diritto se il potere discrezionale concesso all'esecutivo o al giudice non conoscesse limiti. Di conseguenza, essa deve definire la portata e le modalità di esercizio di tale potere con sufficiente chiarezza per garantire all’individuo un’adeguata tutela contro l’arbitrarietà si veda, inter alia, Corte e.d.u., Malone c. Regno Unito, 2.8.1984 . La riconosciuta “prevedibilità” della legge italiana Nel caso di specie, il ricorrente afferma che le pertinenti disposizioni del diritto nazionale non soddisfarebbero il requisito della prevedibilità in quanto non indicano chiaramente le categorie di persone che potrebbero essere intercettate. Ma la Corte e.d.u. ribadisce il principio per cui, per l’intercettazione delle comunicazioni, la condizione di prevedibilità non può portare a richiedere che un individuo sia in grado di prevedere il momento in cui le autorità potrebbero intercettare le sue comunicazioni in modo tale da poterle adeguare e comportarsi di conseguenza Corte e.d.u., 31 luglio 2012, Drakšas c. Lituania . E’ giurisprudenza pacifica della Corte e.d.u. in materia di misure di “sorveglianza segreta” che la legge debba indicare, come garanzie minime contro l'abuso di potere, i seguenti elementi la natura dei reati suscettibili di dar luogo ad un mandato di intercettazione, le categorie di persone suscettibili di essere intercettate , la durata massima dell'esecuzione della misura, la procedura da seguire per l'esame, l'utilizzo e la conservazione dei dati raccolti, le precauzioni da adottare per la comunicazione dei dati ad altri soggetti, nonché le circostanze in cui la cancellazione o la distruzione delle registrazioni può o deve aver luogo Corte e.d.u., Sez. III, 29.6.2006, Weber e Saravia c. Germania Corte e.d.u., Roman Zakharov, cit. . Pertanto, la Corte rigetta la doglianza, ricordando di aver già avuto in passato occasione di dichiarare che le misure di intercettazione nei confronti di una persona non sospettata di un determinato reato ma che potrebbe detenere informazioni su tale reato possono essere giustificate ai sensi dell'articolo 8 della Conv. e.d.u. Corte e.d.u., 19.3.2002, Greuter c. Paesi Bassi Corte e.d.u., Roman Zakharov, cit. . La Corte concorda che né le disposizioni del codice di procedura penale, né la giurisprudenza della Corte di cassazione specificano quali tra le persone che sono in contatto con un indagato possano essere intercettate. Tuttavia, la Corte sottolinea che in Italia le intercettazioni, richieste dalla Procura, necessitano di un'autorizzazione motivata da parte del giudice, il quale deve verificare, tra l'altro, le ragioni addotte per giustificare la captazione delle comunicazioni della persona da intercettare. La Corte rileva inoltre che secondo la giurisprudenza della Suprema Corte italiana, le motivazioni dell'autorizzazione giudiziaria devono tassativamente indicare i collegamenti tra l'indagine e il soggetto interessato dal provvedimento e che la/e linea/e telefonica/e intercettata/e devono essere precisamente individuate allo scopo di delimitare la portata della misura. Le insufficienti garanzie contro eventuali abusi Il ricorrente deduce inoltre che, nella legge italiana, le garanzie contro eventuali abusi sarebbero insufficienti. La Corte chiarisce che il caso in esame va distinto dagli altri casi in cui gli interessati non erano stati direttamente colpiti dal decreto di intercettazione ma le loro conversazioni erano state casualmente intercettate a seguito di intercettazioni telefoniche di altri. Nel caso in esame, invece, si tratta della situazione specifica delle persone oggetto di un decreto di intercettazione che, non essendo coinvolte nella commissione di un reato, rimangono estranee al procedimento penale in cui il provvedimento è stato disposto ed eseguito. La questione che la Corte si pone è quindi se queste persone abbiano diritto, come gli altri intercettati, di “adeguate” ed “effettive” garanzie contro gli abusi. La Corte rileva che il diritto italiano prevede che le parti del procedimento siano informate senza indugio una volta concluse le operazioni di intercettazione e abbiano accesso alle registrazioni e alle trascrizioni delle intercettazioni nonché a tutte le pertinenti decisioni giudiziarie in modo da essere in grado, se del caso, di contestarne la legittimità e la pertinenza. Invece, per le persone intercettate che non sono coinvolte nel procedimento, non è prevista alcuna successiva notifica del provvedimento. La Corte ricorda che la questione della “notifica a posteriori” delle misure di sorveglianza è indissolubilmente legata a quella della “effettività dei mezzi di ricorso” e quindi all'esistenza di “garanzie effettive” contro gli abusi. Infatti, l'interessato difficilmente può, in linea di principio, contestare retroattivamente dinanzi al giudice la legittimità di provvedimenti adottati a sua insaputa, a meno che non ne sia ufficialmente oppure casualmente informato in questi casi la persona estranea alle indagini ma intercettata ha comunque il diritto di adire i tribunali. Dalla giurisprudenza della Corte risulta in particolare che l'obbligo della notifica successiva di una misura di intercettazione è legato a due fattori la possibilità concreta di tale notifica tenuto conto del contesto in cui è stata effettuata la sorveglianza e il fatto di conoscere se ciò costituisca una precondizione per il ricorso ai rimedi giurisdizionali previsti dal diritto nazionale Corte e.d.u., Roman Zakharov, cit. Corte e.d.u.,Sez. IV, 11.1.2022, Ekimdzhiev e altri . La decisione sul “caso Contrada” Passando al caso sottoposto al suo esame, la Corte osserva che il ricorrente, sebbene non fosse stato informato di essere oggetto di intercettazione, è venuto indirettamente a conoscenza di questa misura leggendo il mandato di perquisizione domiciliare. Aggiunge la Corte che, una volta appreso che le sue comunicazioni erano state intercettate, il ricorrente avrebbe potuto richiedere una copia delle decisioni giudiziarie pertinenti e ottenere informazioni relative alle loro motivazioni e allo svolgimento delle operazioni di intercettazione. Tuttavia, come si è appena rilevato, l'estraneo al procedimento penale, anche se si rende conto di essere stato oggetto di una intercettazione, non dispone di alcun mezzo d'impugnazione che gli consenta di chiedere un controllo giurisdizionale delle captazioni disposte nei suoi confronti. Tuttavia, la Corte ha già affermato che privare una persona oggetto di un'intercettazione della possibilità effettiva di impugnare retroattivamente tale provvedimento significa privarla di un'importante garanzia contro possibili abusi Corte e.d.u., Roman Zakharov, cit. . La Corte riconosce che il diritto italiano non fornisce “garanzie adeguate ed effettive” che tutelino dal rischio di abuso le persone oggetto di una misura di intercettazione che, non essendo sospettate di essere coinvolte in un reato né imputate, rimangono estranee al procedimento. In particolare, non è previsto che queste persone abbiano la possibilità di adire un'autorità giudiziaria per ottenere un controllo effettivo della “legittimità” e della “necessità” della misura e per ottenere, se del caso, un adeguato indennizzo. Tenuto conto di tali carenze, la Corte ritiene che la legge italiana non soddisfi il requisito relativo alla “qualità della legge” e non sia idonea a limitare l'“ingerenza” a quanto è “necessario in una società democratica”. La Corte conclude quindi riconoscendo la violazione dell'articolo 8 della Conv. e.d.u. Gli scenari aperti dalla pronuncia della Corte e.d.u. La sentenza è importante perché riconosce che il diritto al rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza deve consentire anche un controllo contro eventuali abusi. In effetti, in Italia, il terzo estraneo alle indagini può subire l’intercettazione, anche nella sua forma più invasiva a mezzo trojan, senza essere informato, né prima né dopo, della captazione delle sue comunicazioni e senza poter avere accesso agli atti per verificare la legittimità della subita intrusione nella sua privacy. Il riconosciuto diritto del terzo intercettato ad un riesame della “legittimità” e della “necessità” dell’intercettazione subìta e, se del caso, ad ottenere un adeguato indennizzo in caso di illegittima o superflua intrusione nella segretezza delle comunicazioni impone al legislatore italiano di adeguare sul punto il codice di procedura penale. Dovrà perciò essere riconosciuto al terzo intercettato il diritto a ricevere una informazione dell’avvenuta intercettazione, del suo diritto di accesso agli atti che riguardano le captazioni da lui subite e un mezzo di impugnazione, adeguato ed effettivo, davanti ad un organo giurisdizionale diverso dal giudice per le indagini preliminari, come ad esempio il tribunale del riesame, per valutare la legittimità del decreto di autorizzazione, convalida o proroga dell’intercettazione. La sentenza impone al legislatore italiano di adeguare sul punto il codice di procedura penale, riconoscendo al terzo intercettato il diritto a ricevere una informazione dell’avvenuta intercettazione, del suo diritto di accesso agli atti che riguardano le captazioni da lui subite e un mezzo di impugnazione, adeguato ed effettivo, davanti ad un organo giurisdizionale diverso dal giudice per le indagini preliminari come ad esempio il tribunale del riesame per valutare la legittimità del decreto di autorizzazione, convalida o proroga dell’intercettazione. La pronuncia pone l’interrogativo se tale diritto al riesame debba essere riconosciuto anche all’indagato sottoposto ad intercettazione. Inoltre, sono imprevedibili gli epiloghi che potrebbero verificarsi nel caso in cui tale tali decreti fossero dichiarati nulli o gli esiti dell’intercettazione inutilizzabili, con eventuali effetti sulla prova a carico degli indagati.
CEDU, Arrêt Contrada c. Italie n° 4