Ferita alla gamba da un cinghiale: condannata la Regione

Viene aggredita da un cinghiale mentre si trova nel giardino di un’abitazione privata. Decide allora di portare in giudizio la Regione e la Provincia, chiedendo il risarcimento danni, patrimoniali e non, conseguenti al ferimento alla gamba sinistra.

Il caso arriva in Cassazione dove viene sottolineato che in via generale, quanto agli oneri probatori, in applicazione del criterio oggettivo di cui all'articolo 2052 c.c., «il danneggiato deve allegare e dimostrare che il danno è stato causato dall'animale selvatico e, quindi, dimostrare la dinamica del sinistro nonché il nesso causale tra la condotta dell'animale e l'evento dannoso subito, oltre che l'appartenenza dell'animale stesso ad una delle specie oggetto della tutela di cui alla legge numero 157 del 1992 e/o comunque che si tratti di animale selvatico rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato ». Tuttavia, fermo restando quanto sopra, «è indubbia la facoltà del danneggiato di agire in giudizio ex articolo 2043, facendosi carico del maggior onere probatorio che dall'applicazione di detta norma consegue». Ed è ciò che avvenuto nel caso di specie, nel quale la ricorrente vittima del cinghiale ha introdotto il giudizio di merito chiedendo accertarsi e dichiararsi la responsabilità della Regione esclusivamente ai sensi dell'articolo 2043 c.c. La Corte territoriale, dopo aver sussunto il caso nell'ambito di operatività della suddetta disposizione normativa, ha ritenuto provata «la responsabilità della Regione per aver omesso di adottare misure idonee ad arginare il progressivo e ingravescente pericolo, più volte segnalato negli articoli di cronaca locale, dell'avvicinarsi dei cinghiali alle abitazioni poste in prossimità delle zone boschive, in tal modo sottovalutando, nell'ambito della propria attività di indirizzo e pianificazione, il problema della proliferazione della specie e del conseguente crescente bisogno di procurarsi il cibo». Il suddetto giudizio di responsabilità «è stato affermato ad esito di un giudizio in fatto, che è insindacabile in sede di legittimità, in quanto scevro da vizi giuridici e da quei soli gravissimi vizi logici rilevanti dopo la novella del 2012 del numero 5 dell'articolo 360 c.p.c.» Ed occorre ribadire a riguardo che, «in sede di legittimità, non si può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l'apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall'analisi degli elementi di valutazione disponibili atteso che al giudice di legittimità non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione». Per tutti questi motivi, il Collegio rigetta il ricorso in oggetto.

Presidente De Stefano – Relatore Giannitti Fatti di causa 1. Nel marzo 2014 D.A. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di OMISSIS la Regione Autonoma OMISSIS e la Provincia di OMISSIS , chiedendo condannarsi le convenute al risarcimento ex articolo 2043 c.c. dei danni, patrimoniali e non, conseguenti al ferimento alla gamba sinistra ad opera di un cinghiale, che, nella giornata del 4.7.2012, l'aveva aggredita mentre si trovava nel giardino di una privata abitazione. Si costituiva la Regione Autonoma OMISSIS che, in via preliminare, eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva nel merito, deduceva l'infondatezza della pretesa attorea, allegando di aver correttamente posto in essere gli strumenti previsti dalla legge per limitare la riproduzione dei cinghiali in via subordinata, rilevava la sussistenza di un concorso di colpa della danneggiata, per non aver allestito alcuna recinzione a protezione del fondo. La Provincia di OMISSIS , a sua volta, contestava la domanda attorea, deducendo che nulla poteva esserle addebitato, avendo fatto corretto uso della facoltà di eseguire prelievi di cinghiali anche in deroga alla normativa a tutela della fauna selvatica e rilevando che l'attrice, pur essendo a conoscenza del pericolo derivante dalla vicinanza di un'ampia zona boschiva, non aveva installato alcuna protezione a tutela dell'abitazione. Il giudice di primo grado – istruita la causa a mezzo di prova testimoniale e di consulenza medico legale sulla persona dell'attrice ed all'esito, con sentenza numero 484/2018, per quanto qui rileva, accertava e dichiarava la responsabilità della Regione Autonoma OMISSIS per l'aggressione del cinghiare subita il 4.7.2012 dalla D.A. e condannava la Regione a corrispondere alla D.A., a titolo di risarcimento del danno, l'importo di 37.296,49 euro, oltre interessi nella dalla data del fatto alla data del saldo. Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva impugnazione la Regione Autonoma OMISSIS cui nelle more erano state trasferite le funzioni svolte dalla soppressa Provincia di OMISSIS , che ne aveva chiesto la riforma. Si costituiva nel giudizio di impugnazione l'originaria parte attrice. La Corte d'appello di OMISSIS con sentenza numero 100/2020, rigettando l'appello, confermava integralmente la sentenza di primo grado, condannando la Regione alla rifusione delle spese processuali. 2. Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso la Regione. Ha resistito con controricorso la D.A., che ha presentato anche memoria a sostegno delle proprie ragioni. La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro sessanta giorni dalla data di decisione. Ragioni della decisione 1. La Regione Autonoma OMISSIS dopo aver illustrato il quadro normativo di riferimento, articola in ricorso due motivi. 1.1. Con il primo motivo la Regione ricorrente denuncia, in relazione all'articolo 360 comma primo numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'articolo 2043 c.c., omessa e/o insufficiente motivazione, violazione dell'articolo 2697 c.c. in materia di onere della prova nella parte in cui la corte territoriale ha ad essa attribuito la responsabilità < < in totale spregio e in aperta violazione dei presupposti per invocare una responsabilità ex articolo 2043 c.c. …, non avendo fatto alcun cenno né alla pericolosità concreta dello specifico luogo del sinistro né all'allegazione e prova di alcuno dei richiamati elementi costitutivi della paventata responsabilità> > , ma essendosi limitata a ritenerla responsabile < < per il solo fatto della asserita verificazione del danno e della mera allegazione della presenza in Regione di un numero eccessivo di esemplari di cinghiali. Sottolinea che, trattandosi di responsabilità regolata ex articolo 2043 c.c., è a carico del danneggiato la prova della individuazione del pericolo concreto, del nesso causale e della colpa mentre nel caso di specie parte attrice non aveva neppure allegato quale specifica condotta omissiva o commissiva sia stata n rapporto causale con il paventato danno e quale comportamento in concreto l'ente avrebbe dovuto tenere per evitarlo. Osserva, in particolare, che la corte territoriale avrebbe dovuto valutare, attraverso un giudizio controfattuale fondato su basi probabilistiche, se, nell'ipotesi in cui il comportamento in ipotesi da essa dovuto e non tenuto, l'evento si sarebbe o meno evitato. Si duole che la corte di merito – dopo aver erroneamente ritenuto sufficiente per sussumere il caso nell'ipotesi di cui all'articolo 2043 c.c. il fatto che la D.A. aveva allegato la presenza di un numero eccessivo di esemplari nelle adiacenze della propria abitazione e l'esistenza di una situazione di pericolo a persone e cose – ha erroneamente affermato la sua responsabilità < < per aver omesso di adottare misure idonee ad arginare il progressivo e ingravescente pericolo, più volte segnalato negli articoli di cronaca locale, dell'avvicinarsi dei cinghiali alle abitazioni poste in prossimità delle zone boschive, in tal modo sottovalutando, nell'ambito della propria attività di indirizzo e pianificazione, il problema della proliferazione della specie e del conseguente bisogno di procurarsi il cibo> > . Ribadisce che nel 2011, mesi prima del sinistro occorso, la non ancora soppressa Provincia aveva adottato mezzi efficaci, quali ad es. l'abbattimento in deroga, che avevano limitato sia gli avvistamenti che gli avvicinamenti dei cinghiali. 1.2. Con il secondo motivo, articolato in via subordinata, la Regione ricorrente denuncia, in relazione all'articolo 360 primo comma numero 5 c.p.c., omessa insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché violazione dell'articolo 115 c.p.c., nella parte in cui la corte territoriale, rigettando il suo secondo motivo di appello, ha ritenuto l'irrilevanza dell'eventuale concorso colposo del proprietario, nonostante fosse risultato provato nel corso del giudizio che il giardino della abitazione della D.A. non era sufficientemente recintata circostanza questa che aveva consentito all'animale selvatico di introdursi nel giardino della D.A., mentre la completa recinzione ne avrebbe impedito l'accesso ed il danno . 2. Il ricorso è infondato. 2.1. Inammissibile è il primo motivo. Vero è che, come ha rilevato la stessa parte resistente in sede di controricorso p. 17 , questa Corte ha, con indirizzo che può dirsi ormai adeguatamente consolidato, di recente più volte affermato Cass. numero 31342/2023   numero   16550/2022,  numero   3023/2021,  numero   20997/2020,  numero 16550/2020, numero 13848/2020, numero 12113/2020, 8385/2020, numero 8384/2020, numero 7969/2020 che, nel caso in cui si invoca il risarcimento dei danni cagionati dalla fauna selvatica, trova applicazione la presunzione di responsabilità di cui all'articolo 2052 c.c. Invero, detta norma è applicabile non soltanto nel caso di animali domestici, ma anche di specie selvatiche protette ai sensi della legge numero 157/1992 che rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla Regione, quale ente competente a gestire la fauna selvatica in funzione della tutela generale dell'ambiente e dell'ecosistema articolo 1, comma 3, legge numero 157 del 1992 . Da tale orientamento consegue che, in via generale, quanto agli oneri probatori, in applicazione del criterio oggettivo di cui all'articolo 2052 c.c., il danneggiato deve allegare e dimostrare che il danno è stato causato dall'animale selvatico e, quindi, dimostrare la dinamica del sinistro nonché il nesso causale tra la condotta dell'animale e l'evento dannoso subito, oltre che l'appartenenza dell'animale stesso ad una delle specie oggetto della tutela di cui alla legge numero 157 del 1992 e/o comunque che si tratti di animale selvatico rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato . Tuttavia, fermo restando quanto sopra, è indubbia la facoltà del danneggiato di agire in giudizio ex articolo 2043, facendosi carico del maggior onere probatorio che dall'applicazione di detta norma consegue. Tanto è avvenuto nel caso di specie, nel quale la D.A. ha introdotto il giudizio di merito chiedendo accertarsi e dichiararsi la responsabilità della Regione esclusivamente ai sensi dell'articolo 2043 c.c. Orbene, la Corte territoriale, dopo aver sussunto - con statuizione non resa oggetto di alcuna censura - il caso nell'ambito di operatività della suddetta disposizione normativa - argomentando sulle dichiarazioni rese dai rappresentanti degli enti pubblici locali e dalle associazioni private intervenuti al c.d. Tavolo verde indetto dal vice presidente della Provincia di OMISSIS e svoltosi in data 28 marzo 2013 e sui dati relativi al censimento dei cinghiali contenuti nel prospetto dimesso dalla Regione ricorrente - ha ritenuto provata < < la responsabilità della Regione per aver omesso di adottare misure idonee ad arginare il progressivo e ingravescente pericolo, più volte segnalato negli articoli di cronaca locale, dell'avvicinarsi dei cinghiali alle abitazioni poste in prossimità delle zone boschive, in tal modo sottovalutando, nell'ambito della propria attività di indirizzo e pianificazione, il problema della proliferazione della specie e del conseguente crescente bisogno di procurarsi il cibo> > . Il suddetto giudizio di responsabilità è stato affermato ad esito di un giudizio in fatto, che è insindacabile in sede di legittimità, in quanto scevro da vizi giuridici e da quei soli gravissimi vizi logici rilevanti dopo la novella del 2012 del numero 5 dell'articolo 360 c.p.c. Al riguardo, occorre ribadire che, in sede di legittimità, non si può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l'apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall'analisi degli elementi di valutazione disponibili, atteso che al giudice di legittimità non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione. 2.2. Infondato è il secondo motivo. Nel solco di quanto più volte affermato da questa Corte cfr. Cass. numero 7910/2024, numero 25168/2018, numero 21595/2017 anche a Sezioni Unite cfr. sent. numero 15279/2017 , va qui ribadito che < < la solidarietà passiva nel rapporto obbligatorio è prevista dal legislatore nell'interesse del creditore e serve a rafforzare il diritto di quest'ultimo, consentendogli di ottenere l'adempimento dell'intera obbligazione da uno qualsiasi dei condebitori, mentre non ha alcuna influenza nei rapporti interni tra condebitori solidali, fra i quali l'obbligazione si divide secondo quanto risulta dal titolo o, in mancanza, in parti uguali> > , con la conseguenza che < < l'impugnazione da parte di uno dei condannati, volta a sostenere la responsabilità anche di altro dei potenziali responsabili o una diversa misura della colpa tra i convenuti già condannati, presuppone il tempestivo e rituale dispiegamento davanti al giudice del merito della domanda di rivalsa nei confronti di costoro, non venendo meno, proprio in forza dell'articolo 2055 cod. civ., la sua responsabilità per l'intero nei confronti del danneggiato sicché, in difetto di tale domanda, la condanna non aggrava la sua posizione di debitore dell'intero, né pregiudica in alcun modo il suo eventuale diritto di rivalsa, non essendo stato dedotto in giudizio il rapporto interno che lo lega all'altro debitore e, se domanda di rivalsa – in senso tecnico – non vi è stata da parte di uno dei convenuti nei confronti degli altri indicati come corresponsabili e riconosciuti tali, allora i primi non hanno titolo per dolersi della sorte della domanda contro gli altri> > . Nel caso di specie, in applicazione del suddetto principio, la corte  territoriale - dopo aver dato atto che la D.A. aveva allegato in sede di memoria ex articolo 183 comma 6 numero 1 c.p.c. di non essere proprietaria dell'abitazione e dopo aver rilevato che detta allegazione non era stata specificatamente contestata - ha correttamente ritenuto che, < < attesa la mancata proposizione di domande di regresso nei confronti dell'effettivo proprietario> > , fosse assolutamente irrilevante l'< < eventuale concorso colposo> > con quest'ultimo. 3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della Regione ricorrente alla rifusione delle spese sostenute da parte resistente, nonché la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell'importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 numero 4315 . 4. Infine, per la natura della causa petendi, va di ufficio disposta l'omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, delle generalità e degli altri dati identificativi della controricorrente, ai sensi dell'articolo 52 d.lgs. 196 del 2003. P. Q. M. La Corte - rigetta il ricorso - condanna la Regione ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 5.500 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge - ai sensi dell'articolo 13 comma 1-quater del d.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente, al competente ufficio di merito, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato articolo 13, se dovuto - dispone che, ai sensi dell'articolo 52 d.lgs. 196 del 2003, in caso di diffusione del presente provvedimento siano omessi generalità ed altri dati identificativi della controricorrente.