La Corte europea dei diritti dell’uomo si è pronunciata nella sentenza “Contrada contro Italia” numero 4, ricorso numero 2507/19 , evidenziando la violazione dell'articolo 8 sulla vita privata e la corrispondenza.
Bruno Contrada, un ex funzionario di polizia e vicedirettore del Sisde, si è appellato a Strasburgo sostenendo che le intercettazioni disposte dall'autorità giudiziaria, in un procedimento penale nel quale non era coinvolto come indiziato o imputato, ledessero alcuni diritti convenzionali. La CEDU ha verificato che le intercettazioni telefoniche avessero una base legale nell'ordinamento italiano, ma ha rilevato che le autorità non sono tenute a informare gli individui intercettati, ma non coinvolti nel procedimento, del deposito delle registrazioni. Mentre le parti coinvolte nel procedimento hanno accesso alle registrazioni e possono contestarne la legittimità, i non coinvolti non hanno questo diritto, poiché potrebbero non essere a conoscenza dell'intercettazione. Sebbene sia possibile richiedere la distruzione dei dati non necessari o ottenere una notifica successiva, non è garantito che il giudice verifichi la legittimità dell'intercettazione. Nel caso di Contrada, quest'ultimo ha saputo delle intercettazioni solo attraverso un ordine di perquisizione, non potendo però contestarne la legittimità, privandolo di un'importante tutela contro eventuali abusi. Pertanto, l'Italia è stata condannata per violazione dell'articolo 8 della Convenzione e dovrà risarcire Contrada con 9.000 euro per i danni subiti. Tuttavia, il ricorso relativo al mandato di perquisizione è stato dichiarato irricevibile per mancanza di esaurimento dei ricorsi interni.
CEDU, Arrêt Contrada c. Italie n° 4