Protagonista della vicenda in esame è un’assistente capo coordinatore tecnico presso la Polizia di Stato. A causa di un intervento dei Carabinieri richiesto dall'ex fidanzato della donna, che aveva inviato alcuni messaggi tramite WhatsApp, sono stati presi alcuni provvedimenti per ritirarle l'arma e assegnarla a servizi interni non operativi per 60 giorni.
Dopo il ritiro dell'arma e un colloquio con l'Ufficio sanitario, la donna ha chiesto di accedere ai documenti relativi al ritiro dell'arma e alle misure sanitarie, ma non ha ottenuto la documentazione . Quindi, è ricorsa in giudizio, sostenendo che i documenti relativi all'accertamento sanitario erano stati mostrati, mentre la relazione dei Carabinieri era considerata come annotazione di polizia “non mostrabile” . Ciò ha portato a un diverbio sulla qualificazione della relazione, dove l'assistente ha contestato il diritto di accedere alla relazione dei Carabinieri, considerata riservata in quanto collegata a un'indagine. Il TAR Liguria, con sentenza 249/2024 , ha accolto il ricorso per quanto riguarda gli altri documenti rilevanti per il provvedimento di ritiro dell'arma, escludendo, però, solo l'accesso alla relazione dei Carabinieri (poiché considerata un'annotazione di indagine riservata). In sintesi, il ricorso della donna è stato parzialmente accolto , essendo stato riconosciuto sì il diritto di accedere a documenti importanti, ma non il diritto di accedere alla relazione dei Carabinieri “incriminata”.