Disturbo della quiete pubblica: non serve la perizia, basta la prova che i rumori investono più persone

«L’affermazione di responsabilità per il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone di cui all’articolo 651, comma 1, c.p., posto a tutela dell’ordine pubblico inteso come aspetto della tranquillità pubblica, non implica, attesa la natura di illecito di pericolo presunto, la prova dell’effettivo disturbo di più persone mediante effettuazione di perizia fonometrica, ma è sufficiente che il giudice, con qualunque mezzo, accerti l’idoneità in concreto della diffusività del rumore a disturbarne un numero indeterminato, pur se poi concretamente solo taluna di esse se ne possa lamentare».

I fatti Con sentenza dell'ottobre 2018, il Tribunale monocratico di Taranto condannava un imputato, titolare di un'impresa edile, alla pena di giustizia nonché al risarcimento dei danni subiti dalle parti civili in relazione al reato di cui all'articolo 659 c.p., commesso nel dicembre 2013, per aver disturbato l'occupazione e il riposo di due persone e delle rispettive famiglie facendo stazionare i camion della propria azienda con i motori accesi sotto le loro abitazioni o nelle immediate vicinanze per il carico e scarico della merce, in orari vietati dalle 5 alle 7 del mattino e dalle 14 alle 16 del pomeriggio . Interposto ricorso per cassazione dall'imputato – che, previa rinuncia alla prescrizione, si era doluto, tra l'altro, dell'omessa valutazione dei testi a difesa e dell'acquisita perizia fonometrica nonché della inverosimiglianza delle circostanze riferite dalle parti, la Corte di Cassazione, con sentenza numero 49467/2022, annullava con rinvio per nuovo giudizio la condanna ritenendo necessario verificare che l'esercizio del mestiere rumoroso eccedesse le normali modalità, o che, oltre al superamento dei valori limite di emissioni sonore, fossero state violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni dell'autorità. Seguiva il nuovo giudizio di primo grado, all'esito del quale, con sentenza del settembre 2023, il Tribunale pugliese, in diversa composizione, reiterava la condanna dell'imputato, essendo emerso dall'istruttoria che l'edificio utilizzato dal prevenuto per il ricovero dei mezzi e attrezzature edili era situato in una via dove c'erano numerose abitazioni ad uso residenziale, il cui limite di immissione è di 50 dB in riferimento al tempo diurno e 40dB per il notturno il superamento dei limiti della normale tollerabilità, confermato sia dalle rilevazioni fonometriche limiti superati da un minimo di 24dB a un massimo di 40,2dB alle ore 5 15, 14 30, 14 45 e 15 15 che dalle dichiarazioni dei testi escussi, a cominciare dalle persone offese la necessità e l'intenzionalità del rumore, poiché i motori sempre accessi e gli schiamazzi erano sicuramente non necessari durante il carico e lo scarico di materiali.   Il ricorso per cassazione Avverso quest'ultima decisione, interponeva nuovo ricorso per cassazione il prevenuto che, ribadita la rinuncia alla prescrizione, eccepiva la violazione degli articolo 125, comma 3, e 627, comma 3, c.p.p. e la motivazione apparente. Il discrimen tra comma 1 e 2 dell'articolo 659 c.p. La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha rigettato il ricorso di legittimità ritenendo che il giudice del rinvio avesse colmato il deficit motivazionale della prima decisione dando ampio conto del corredo probatorio posto a base dell'editto accusatorio, assumendo una decisione di condanna logica e congrua che ha operato un buon governo dei principi di diritto enucleati dalla giurisprudenza di legittimità in subiecta materia. In punto di diritto sostanziale, come già rammentato nella sentenza rescindente, la Cassazione ribadisce oggi che, in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, integra l'illecito amministrativo di cui all'articolo 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, numero 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia il reato di cui al comma 1 dell'articolo 659 c.p., qualora il mestiere o l'attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete, mediante schiamazzi, rumori o suoni intensi e prolungati, di qualunque specie e natura il reato di cui al comma 2 dell'articolo 659 c.p., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni dell'autorità che regolano l'esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge numero 447/1995.   Questa tripartizione è frutto di una consolidata giurisprudenza di legittimità che valorizza l'autonomia delle due ipotesi criminose contenute nell'articolo 651 c.p., aventi diversi ambiti di applicazione in tema, rispettivamente di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone comma 1 di esercizio di una professione o di un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o dell'autorità, con la conseguente presunzione iuris et de iure del disturbo solo se connesso all'irregolare esercizio del mestiere o della professione in sé rumorosi comma 2 .   Il discrimen tra le due fattispecie di reato è rappresentato dalla fonte del rumore prodotto, giacché ove esso provenga dall'esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi la condotta rientra nella previsione del comma 2 per il semplice fatto dell'esorbitanza rispetto alle disposizioni di legge o alle prescrizioni dell'autorità, presumendosi la turbativa della pubblica tranquillità qualora, invece, le vibrazioni sonore non siano causate dall'esercizio dell'attività lavorativa, ricorre l'ipotesi di cui al comma 1 dell'articolo 659 c.p., per la quale occorre che i rumori superino la normale tollerabilità ed investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni il riposo. Non essendo in contestazione, da parte dell'imputato, la violazione delle prescrizioni di legge o dell'autorità, nella vicenda al vaglio la Suprema corte ha ritenuto la fattispecie di cui all'imputazione correttamente ricondotta al comma 1 dell'articolo 659 c.p., avente natura di reato di pericolo, posto a protezione dell'ordine pubblico, considerato nel particolare aspetto della tranquillità pubblica, consistente in quella condizione psicologica collettiva, inerente all'assenza di perturbamento e di molestia nel corpo sociale. Il dictum la prova della condotta diffusiva La sentenza in commento si sofferma sul tema della prova del reato in esame. Ribadisce preliminarmente la necessità che il fastidio sonoro non sia limitato agli appartamenti attigui alla sorgente rumorosa o agli abitanti dell'appartamento sovrastante o sottostante alla fonte di propagazione, occorrendo invece che la propagazione delle onde sonore sia estesa quanto meno ad una consistente parte degli occupanti l'edificio, in modo da avere una diffusa attitudine offensiva ed un'idoneità a turbare la pubblica quiete. Ciò perché la rilevanza penale della condotta produttiva di rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, richiede l'incidenza sulla tranquillità pubblica, avuto riguardo al bene protetto, sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare. Da sempre statuisce in proposito la giurisprudenza di legittimità che, allorché il giudice di merito riscontri tale situazione, è del tutto indifferente che una o più persone abbiano effettivamente avvertito il disturbo, avendosi comunque una lesione del bene giuridico tutelato dalla norma di pericolo in esame, cioè l'ordine pubblico inteso come tranquillità pubblica. Di contro, quando la suddetta situazione di fatto non ricorra, le lamentele di una o più persone non bastano ad integrare la materialità del reato in argomento, ma è indispensabile una valutazione in concreto del pericolo creato alla quiete pubblica, da valutarsi con riferimento all'ambito spaziale delle propagazioni sonore. Senonché – è questa la ratio decidendi della sentenza annotata – tale prova non dovrà necessariamente consistere in un accertamento effettuato mediante perizia o consulenza tecnica fonometrica peraltro espletate nella vicenda di specie ma ben può fondare il giudice il suo convincimento su elementi probatori di diversa natura acquisiti agli atti, quali le dichiarazioni di coloro che siano in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti che per le modalità di uso e di propagazione la fonte sonora emetta rumori fastidiosi di intensità tale da superare i limiti di normale tollerabilità, riferita alla media sensibilità delle persone che vivono nell'ambiente, in contrasto con la tutela della tranquillità pubblica costituzionalmente protetta. La Cassazione, conclusivamente, ribadisce il principio di diritto – sopra massimato – secondo il quale l'affermazione di responsabilità per il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone non implica, attesa la natura di illecito di pericolo presunto, la prova dell'effettivo disturbo di più persone, essendo sufficiente l'idoneità della condotta a disturbarne un numero indeterminato.

Presidente Serrao – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 16 ottobre 2018, il Tribunale di Taranto, in composizione monocratica ebbe a condannare Bu.Anumero alla pena di giustizia nonché al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede subiti dalle parti civili in relazione al reato di cui all'articolo 659 cod. penumero , perché disturbava l'occupazione e il riposo diSe.Anumero e Bi.Gi. e delle rispettive famiglie facendo stazionare i camion della azienda con i motori accesi sotto le loro abitazioni o nelle immediate vicinanze per il carico e scarico della merce, in orari vietati, dalle 5 alle 7 del mattino e dalle 14 alle 16 del pomeriggio in M fino al dicembre 2013. Sul ricorso per Cassazione proposto dall'imputato, la terza sezione penale di questa Corte, con la sentenza numero 49467 del 28 ottobre 2022, ha annullato la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Taranto, in diversa composizione, ritenendo fondate le censure compendiate nel terzo e nel quarto motivo di ricorso. Come si legge nella sentenza rescindente Deve invero osservarsi che, nel percorso argomentativo tracciato dalla sentenza impugnata, è graficamente assente qualsiasi riferimento al contenuto e all'attendibilità delle deposizioni dei testi indicati dalla difesa, i quali - come segnalato dal ricorrente - avevano offerto una ricostruzione del tutto antitetica a quella della parte civile e d°gli altri testi escussi su iniziativa dell'accusa, sia quanto all'effettiva entità dei movimenti e delle operazioni di avvio dell'attività svolte nelle prime ore del mattino, sia quanto alla presenza di altre fonti di rumore, sia anche quanto all'effettività delle lamentele ricevute . Per il precedente giudice di legittimità Si tratta di una lacuna motivazionale che, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 546, comma 1, iett. e , numero 1 , non assume rilevanza solo per l'accertamento dei fatti, ma per la loro qualificazione giuridica e, nella fattispecie in esame, anche quanto alla loro effettiva rilevanza penale . Secondo quanto si legge nella sentenza rescindente, che ricorda il dictum di Sez. 3, numero 56430 del 18/07/ 2017, Vazzana, Rv. 273605 - 01, sarebbe stato necessario verificare che l'esercizio del mestiere rumoroso eccedesse le normali modalità, o che, oltre al superamento dei valori limite di emissioni sonore, fossero state violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni dell'autorità operazione che avrebbe reso necessaria, anzitutto, una compiuta ricostruzione dell'effettiva consistenza dei rumori riconducibili all'impresa del Bu.Anumero , tenendo anche conto - magari per disattenderle integralmente - delle risultanze dibattimentali contrastanti con l'ipotesi accusatoria . Giudicando in sede di rinvio, con sentenza del 20 settembre 2023, il Tribunale di Taranto, in composizione monocratica, ha reiterato la sentenza di condanna del Bu.Anumero alla pena di giustizia, con condanna generica al risarcimento del danno nei confronti delle costituite parti civili Bi.Gi. eSe.Anumero Antonio, con condanna dell'imputato alla rifusione alle stesse delle spese del grado. 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, il Bu.Anumero , in premessa ribadendo la propria rinuncia alla prescrizione e deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'articolo 173, comma 1, disp. att., cod. proc. penumero Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione degli articoli 627, comma 3, cod. proc. penumero e 125, comma 3 cod. proc. penumero in ggquanto il giudice del rinvio non si sarebbe uniformato alla sentenza rescindente e avrebbe proposto una motivazione apparente. Alle pagg. 4, 5 e 6 del ricorso il ricorrente trascrive il punto 4 della sentenza rescindente, quindi alle pagine 6 e 7, ricordato che il tribunale ha ritenuto attendibili le prove provenienti dall'impianto accusatorio partendo dalle dichiarazioni delle parti offese costituite parti civili, trascrive la motivazione del provvedimento impugnato circa le prove offerte dall'imputato e lamenta che la sentenza in questione non si discosterebbe dal contenuto e dal metodo di quella precedentemente annullata dal giudice di legittimità, non ottemperando alle coordinate indicate da quest'ultimo. In particolare, il giudice del rinvio avrebbe dovuto realmente valutare le risultanze emerse dalle prove a discarico ovvero 1. l'entità effettiva dei movimenti rumorosi 2. la presenza di altre fonti di rumore 3. L'effettività delle lamentele ricevute 4. la qualificazione giuridica del fatto e la verifica della sua rilevanza penale. Ricordati i dieta di Sez. 5 numero 9677/2014 e Sez. 5 numero 12110/2023 in materia di motivazione apparente ricorrente deduce che tale sarebbe quella offerta dalla sentenza impugnata, che fonda l'inattendibilità dei testimoni a discarico sulla intrinseca inattendibilità degli stessi e sul rapporto di subordinazione in essere con l'imputato. La prima proposizione - si evidenzia - è puramente apodittica, risolvendosi in una mera asserzione priva, in quanto tale, di efficacia dimostrativa. La seconda, facendo riferimento ai lavoratori subordinati, appare astrattamente e inaccettabilmente escludente una categoria di persone e fondante un pregiudizio più che un giudizio. Apodittica e incomprensibile sarebbe, poi, la valutazione secondo cui sarebbe a dir poco inverosimile la circostanza che il Bu.Anumero facesse trovare di mattina agli operai il furgone già predisposto con la strumentazione necessaria. Ciò perché gli operai servivano nelle lavorazioni edili sui cantieri e di certo quella mera attività preparatoria non poteva costituire buona parte delle proprie mansioni . Evidente, allora, sarebbe il carattere fittizio della motivazione del Tribunale. Non solo. Affermando, nella conclusione del discorso, che i rumori riscontrati non derivano dall'esercizio di attività rumorosa , il Tribunale non si sarebbe uniformato a quanto espresso nella sentenza rescindente, allorquando, richiamando la versione antitetica fornita dai testi della difesa, ha focalizzato gli argomenti, fra l'altro, all'effettiva entità dei movimenti e delle operazioni eli avvio dell'attività svolte nelle prime ore del mattino . Non vi doveva essere dubbio, quindi, che quelle compiute dalla ditta Bu.Anumero nelle prime ore del mattino costituissero pacificamente operazioni di avvio dell'attività , quindi pur sempre operazioni dell'attività rumorosa e non ad essa estranee. L'affermazione contraria contrasterebbe, quindi, secondo la tesi del ricorrente, con l'inciso contenuto nella sentenza della Corte di cassazione e sarebbe, comunque, apodittica, persino illogica. Peraltro, l'assunto secondo il quale in quella zona non potevano trovarsi attività artigianali , ammesso che fosse fondato, non terrebbe conto del semplice dato che l'attività edile propriamente detta si svolge sui cantieri mentre in quella via St Bi aveva luogo la sola fase giornaliera di avvio, con il prelevamento di mezzi e attrezzi legittimamente ricoverati nei locali. Sta di fatto, per il ricorrente, che, grazie a tali assunti puramente assertivi, il giudice ha ritenuto di poter affermare la penale responsabilità del Bu.Anumero per il reato di cui all'articolo 659, comma 1, cod. penumero senza compiere, piuttosto, una delibazione del tutto assente in sentenza sull'eventuale ' uso smodato dei mezzi adoperati Sez. 3, nnumero 56430/2017, 39454/2017, 2258/2021 . In questo modo non solo sarebbe stato solo disatteso l'inciso evidenziato dalla sentenza rescindente, ma anche violato il percorso argomentativo dalla stessa tracciato circa la qualificabilità del fatto e la sussistenza o meno della sua rilevanza penale. Ci si duole, poi, che nessun riferimento, neppure puramente grafico, vi sia in sentenza sulla presenza di altre fonti di rumore in loco, circostanza evidenziata dal precedente giudice di legittimità nella sua sentenza di annullamento. Si tratta, peraltro, di una circostanza molto rilevante in quanto la perizia fonometrica dell'Ing. St.Gi. non aveva potuto individuare le fonti di rumore. Con il secondo motivo ci si duole della mancanza, contraddittorietà e della manifesta illogicità della motivazione, nonché del travisamento della prova denunciando tutta una serie di incongruenze logiche circa l'apprensione delle prove offerte dall'accusa. Ad avviso del ricorrente sembrerebbe che il tribunale abbia utilizzato come rilevante fonte di prova la relazione in atti dell'ingegner St.Gi., ma nella sentenza, poi, è graficamente assente ogni riferimento all'esame dello stesso tecnico nel dibattimento avvenuto all'udienza del 24 Aprile 2018. Si tratterebbe peraltro di una relazione peritale giuridicamente e scientificamente inutilizzabile. Vi sarebbe poi un altro grande equivoco circa il cosiddetto camion di grossa cilindrata , il quale, secondo quanto riportato da Se.Co., verrebbe fatto uscire fuori dal locale dei Bu.Anumero di buon mattino, a fatica, e resterebbe per lungo tempo in moto. Tale circostanza, che il ricorrente ritiene oggettivamente non vera ed anche impossibile sarebbe stata smentita dallo stesso Bi.Gi., pure lui costituito parte civile, che avrebbe riferito che lì veniva parcheggiato il camion più piccolo. Il ricorso passa in rassegna sul punto le conferme che sono venute dai testi a discarico. Ci si duole, poi, che il tribunale abbia attribuito rilievo alle deposizioni dei testi Di.Co. e Ta.Io. che presenterebbero numerosissime incongruenze e confusioni. Con il terzo motivo si lamentano inosservanza o erronea applicazione dell'articolo 659 cod. penumero e dell'articolo 10, comma 2, I. 447/1995. Nella sua motivazione il Giudice monocratico del Tribunale di Taranto ha ritenuto che nell'articolo 659 cod. penumero . sono contenute due distinte figure di reato e che nella fattispecie si sarebbe realizzata l'ipotesi di cui al primo comma. Per il ricorrente, al di là della ricostruzione sistematica, ciò che rileva, dal dettato dell'articolo 659 cod. penumero , è che, allorquando agente sia l'esercente una professione o un mestiere rumoroso, la fattispecie penalmente rilevante si attenua o, se si preferisce, richiede ulteriori requisiti. Ciò in quanto con le ragioni del privato vanno contemperate le esigenze della produzione articolo S44 cod. civ. . Nella sentenza che ha disposto il giudizio di rinvio - si legge in ricorso - la Corte di legittimità ha chiarito che ricorre B il reato di cui al comma 1 dell'articolo 659, cod. penumero , qualora il mestiere o le attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così iri essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete . In altre pronunce si è apertamente parlato di uso smodato dei mezzi tipici di esercizio sentenze nnumero 56430/2017, numero 39454/2017 e numero 2258/2021 . Perciò il giudice del rinvio, da un lato non si sarebbe uniformato alla sentenza della Suprema Corte, dall'altro non avrebbe neppure operato una valutazione sull'uso smodato che sarebbe stato tenuto dal Bu.Anumero Tale vizio, rilevante ad avviso del ricorrente per la dedotta violazione dell'articolo 627, comma 3, cod. proc. penumero , lo sarebbe anche per violazione della legge, ossia dell'articolo 659 cod. pen, e della normativa amministrativa di cui all'articolo 10, comma 2, L.447/1995. Con il quarto motivo si lamenta inosservanza o erronea applicazione della legge penale, con riferimento all'articolo 659 cod. penumero Per il ricorrente ricorrerebbe, poi, altro profilo di violazione di legge, con riferimento all'articolo 659 cod. penumero , in quanto il tribunale non avrebbe valutato nella sua decisione la diffusività o meno dei presunti rumori prodotti dal Bu.Anumero . Ed è principio consolidato che affinché si configuri il reato di cui all'articolo 659 cod. penumero , le emissioni sonore devono essere tali da arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone e non solamente agli abitanti dell'appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione Sez. 3, numero 14596/2017 . Su tale necessario requisito della fattispecie penale ci si duole che nulla abbia motivato il tribunale così violando la norma della legge penale. Peraltro, collegando a tale motivo il secondo che precede, il ricorrente rileva la inutilizzabilità della perizia fonometrica dell'Ing.St.Gi. Ma anche a volerla prendere in esame, ring.St.Gi., sentito in dibattimento, ha precisato i limiti della sua indagine. Infatti, a domanda dal difensore se gli accertamenti fonometrici fossero stati fatti anche all'esterno dell'abitazione dei committenti, il tecnico rispondeva Sì, sono stati fatti a distanza anche per misurare il rumore di fondo . E ad ulteriore domanda del difensore Ma circa il presunto rumore prodotto, diciamo, degli automezzi del signor l'ingegnere rispondeva Solo nelle abitazioni . Ciò a significare, evidentemente, per il ricorrente, che nessuna indagine specifica fu compiuta circa la diffusività degli asseriti rumori ad un numero indeterminato di persone. Con il quinto motivo si lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli articolo 597 e 627 cod. proc. penumero e al divieto di reformatio in peius. Passando ai profili subordinati del presente ricorso viene censurato il vizio di violazione del principio di divieto di reformatio in peius che pacificamente si estende al giudizio di rinvio, essendosi affermato che Viola il divieto di reformatio in peius il giudice di appello che, giudicando in sede di rinvio a seguito di annullamento della sentenza di condanna su ricorso proposto dal solo imputato, non si attiene al giudicato implicitamente formatosi sul capo della decisione non interessato dalla pronuncia di annullamento sentenza numero 31840/2023 . Nella fattispecie il Tribunale di Taranto, con la sentenza numero 2320/2018 aveva ritenuto la penale responsabilità del Bu.Anumero e lo aveva condannato, concessegli le circostanze attenuanti generiche, alla pena di euro 206 di ammenda. Proposto dal solo imputato ricorso per cassazione, la sentenza era stata annullata per i motivi dianzi specificati, non riguardanti la pena. Con la sentenza numero 2978/2023 emessa dal Tribunale di Taranto, il giudice del rinvio ha escluso l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche ed ha condannato il Bu.Anumero alla pena di euro 300 di ammenda. In motivazione il giudice ha spiegato che quanto al trattamento sanzionato-rio, avuto riguardo ai parametri di cui all'articolo 133 cod. penumero , esclusa l'applicazione di circostanze attenuanti generiche, tenuto conto delle concrete modalità della condotta tenuta dalla stessa in modo sistematico e lungamente reiterato nel tempo, si stima equa la pena di cui in dispositivo . Per il ricorrente è evidente l'aggravamento del regime sanzionatorio applicato, rispetto alla prima sentenza del Tribunale, sia quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche sia circa l'entità della pena, passata da 206 a 300 euro. Con il sesto motivo il ricorrente lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all'articolo 131 bis cod. pen nonché mancanza di motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato. Si censura, infine, che il Tribunale di Taranto non abbia espresso alcuna valutazione e motivazione circa l'applicabilità, nella fattispecie, della non punibilità del reato per particolare tenuità del fatto ai sensi dell'articolo 131 bis cod. penumero Si ricorda che il motivo era stato già sollevato con il precedente ricorso per cassazione motivo numero 6 e ritenuto assorbito con la sentenza di annullamento emessa dalla Suprema Corte. Ci si duole che manchi del tutto, nella sentenza impugnata, la motivazione circa l'applicabilità o meno della norma di cui all'articolo 131 bis cod. penumero Peraltro, la non punibilità, ad avviso del ricorrente , appare concretamente concedibile in forza 1. del regime sanzionatorio effettivo, che, in forza del precedente motivo di ricorso, va comunque ricondotto all'ammenda di euro 206 con la concessione delle attenuanti generiche 2. della non ricorrenza di alcuna delle cause che, a norma dell'articolo 131 bis cod. penumero , escludono l'applicazione dell'istituto. Circa la condotta del Bu.Anumero , poi, andava tenute certamente in conto, in ogni caso, il doveroso contemperamento tra le esigenze della produzione e quelle del privato cittadino. Si chiede, quindi, annullarsi la sentenza del Tribunale senza rinvio, con applicazione della non punibilità ex articolo 131 bis cod. penumero o, comunque, annullarsi la sentenza con rinvio. 3. Le parti hanno reso conclusioni scritte come riportato in epigrafe. Considerato in diritto 1. Fondato è il solo quinto motivo di ricorso, in punto di trattamento sanzionatolo, in relazione al quale, come si dirà, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio con rideterminazione della pena direttamente da parte di questa Corte di legittimità. Tutti gli altri motivi sono, invece, infondati, per cui il ricorso va rigettato nel resto. 2. Come evidenziato in premessa, il precedente giudice di legittimità si era determinato all'annullamento con rinvio della precedente sentenza del tribunale tarantino, in primis, sul rilievo che in quella pronuncia fosse graficamente assente qualsiasi riferimento al contenuto e all'attendibilità delle deposizioni dei testi indicati dalla difesa, i quali - come segnalato dal ricorrente - avevano offerto una ricostruzione del tutto antitetica a quella della parte civile e degli altri testi escussi su iniziativa dell'accusa, sia quanto all'effettiva entità dei movimenti e delle operazioni di avvio dell'attività svolte nelle prime ore del mattino, sia quanto alla presenza di altre fonti di rumore, sia anche quanto all'effettività delle lamentele ricevute . Al giudice del rinvio era stato, poi, specificamente richiesto di verificare che l'esercizio del mestiere rumoroso eccedesse le normali modalità, o che, oltre al superamento dei valori limite di emissioni sonore, fossero state violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni dell'autorità Orbene, ritiene il Collegio che, diversamente da quanto opina il ricorrente, la sentenza impugnata abbia colmato il deficit motivazionale di quella precedente e che l'impianto argomentativo della stessa appaia puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito e perciò a superare lo scrutinio di legittimità, avendo il giudice del rinvio preso in esame le deduzioni difensive ed essendo pervenuto alle sue conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in sede di legittimità. Non appare, in altri termini, sussistente né la dedotta violazione degli articoli 627, comma 3, cod. proc. penumero e 125, comma 3 cod. prcc. pen,, né ci si tritava di fronte, come lamentato, ad una motivazione apparente. Con i proposti profili di censura si operano contestazioni generiche alla sentenza impugnata a fronte del carattere di impugnazione a critica vincolata del ricorso per cassazione. Inoltre, la censura avanzata, oltre ad essere fortemente orientata verso un non consentito riesame nel merito, finisce per essere in larga misura meramente reiterativa delle stesse questioni agitate in appello e motivatamente disattese dai giudici del grado, senza che i relativi apporti argomentativi abbiano formato oggetto di un'autonoma e articolata critica impugnatoria, in tal modo finendo per incorrere nel vizio di aspecificità. 3. Già la sentenza rescindente aveva ricordato - e va qui ribadito - come questa Corte di legittimità abbia ripetutamente chiarito che in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l'esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, integra A l'illecito amministrativo di cui all'articolo 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, numero 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia B il reato di cui al comma 1 dell'articolo 659, cod. penumero , qualora il mestiere o l'attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete C il reato di cui al comma 2 dell'articolo 659 cod. penumero , qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l'esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge numero 447 del 1995 così ad es. Sez. 3, numero 56430 del 18/07/2017, Vazzana, Rv. 273605 - 01 conf. Sez. 3, numero 5735 del 21/01/2015, Giuffrè Rv. 261885 - 01 . Anche la sentenza impugnata, seppur richiamando una giurisprudenza più datata, ma ancora attuale nei principi affermati, opera un'attenta disamina del reato che ci occupa ricordando correttamente come l'articolo 659 cod. penumero preveda due ipotesi costituenti distinti titoli di reato la prima, che si configura in termini di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone l'altra, che consiste nell'esercizio di una professione o di un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o dell'autorità, con la conseguente presunzione iuris et de iure del disturbo solo se connesso all'irregolare esercizio del mestiere o della professione in sé rumorosi. Viene anche ricordato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, le due ipotesi dell'articolo 659 cod. penumero costituiscono distinti titoli di reato, essendo rinvenibile, la prima, nel fatto di arrecare disturbo al riposo ed alle occupazioni delle persone e la seconda, in quello dell'esercizio di un mestiere rumoroso contro le disposizioni di legge o dell'Autorità, con la conseguente presunzione iuris et de iure del disturbo solo se connesso all'irregolare esercizio del mestiere e, pertanto, dell'ammissibilità di un loro concorso. E che, tuttavia è -avvisabile l'ipotesi di cui al comma 1 dell'articolo 659 citato ove le emissioni sonore oltre l'ambito della normale tollerabilità siano conseguenti ad un abuso dell'utilizzazione dei mezzi di esercizio del mestiere di per sé rumoroso, con l'effusione aggiuntiva di rumori non strettamente connessi all'esercizio dell'attività si richiama con ciò il a'ictum di Sez. 1, numero 7188 del 02/05/1994, Sereni, Rv. 199730 - 01 che ebbe ad affermare la sussistenza del reato in un caso di abnorme propagazione di strepiti, schiamazzi, rumori di cucina, chiamate , aggiuntivi alla necessaria diffusione, nei locali del canto e della musica connessa alla gestione di un piano bar . 4. Ebbene, con motivazione logica e congrua, che opera un buon governo dei sopra ricordati principi, il tribunale pugliese, quale giudice del rinvio, ha dato conto del corredo probatorio che l'ha portato ad avallare l'editto accusatorio e a ritenere la penale responsabilità del Bu.Anumero Come rileva la sentenza impugnata con il consenso delle parti è stata acquisita ogni prova già assunta nel processo conclusosi con la sentenza annullata. Quanto ai fatti oggetto dell'odierno processo, il quadro probatorio emerso dal dibattimento poggia per il tribunale pugliese, anzitutto, sulla ricostruzione degli stessi offerta dalle dichiarazioni delle persone offese che - si ricorda in sentenza - sono state sottoposte ad un attento e rigoroso controllo di credibilità, in quanto costituite parti civili e perciò, portatrici di pretese economiche, e perciò possono essere assunte, anche da sole, come prova della responsabilità dell'imputato, senza che sia indispensabile applicare le regole probatorie di cui all'articolo 192, commi 3 e 4, cod. proc. penumero Il giudice tarantino rileva cometa versione dei fatti fornita dalle persone offese non solo sia intrinsecamente logica e priva di contraddizioni, ma neppure sia sostanzialmente smentita dalle altre risultanze processuali, e appaia immune da qualsiasi indice sintomatico di intento calunniatorio. Il giudicante del merito rileva che dall'istruttoria è emerso che l'edificio utilizzato dall'imputato per il ricovero dei mezzi e delle attrezzature di lavoro in edilizia è situato in una via ove sono ubicate numerose abitazioni, in zona classificabile Classe II aree destinate prevalentemente ad uso residenziale , il cui limite di immissione è di 50dB, in riferimento al tempo diurno e 40dB per il notturno. E che il superamento dei limiti della normale tollerabilità è stato confermato sia dalle rilevazioni fonometriche effettuate dall'ing. St.Gi., che dalle dichiarazioni dei testi escussi, a cominciare dalle persone offeseSe.Anumero e Bi.Gi. le quali hanno riferito 1. Il Se.Anumero che i rumori erano soprattutto del camion grosso perché all'epoca Bu.Anumero aveva un camion di grossa cilindrata che già nell'uscire era un problema un camion enorme alle 04 00 alle 05 00 di mattina che cerca di caricare il compressore .poi una volta uscito i mezzi rimanevano in moto e poi c'erano schiamazzi e grida degli operai ndr e poi si iniziavano a caricare i mezzi, qualche volta usava la gru anche per prendere qualcosa dal garage c'era l'appoggio delle impalcature sul camionumero e che l'apertura del garage era un problema, perché un garage col portone di ferro non c'era la voglia di aprirlo con cautela . Poi in più ci sono i fumi, io sono stato costretto ad allontanarmi da deve dormivo perché avevo la stanza attigua al mio garage gli odori di scarico entravano nel mio garage, mi alzavo la mattina con la stanza da letto piena di fumo di puzza la mattina non si poteva stare con le finestre aperte. Tutti i giorni, tutto il cavolo dell'anno, sabato e domenica compreso questi fumi non m i facevano respirare, non mi facevano dormire , un paio di volte sono dovuto andare al pronto soccorso poi sono arrivato ad un esaurimento . Il teste - si ricorda in sentenza - ha poi riconosciuto negli automezzi ritratti nelle fotografie mostrategli, quelli in uso alla ditta del Bu.Anumero trattasi di furgoni Iveco cassonati di medio-grandi dimensioni, come potuto constatare dal Tribunale 2. Il Bi.Gi. che il signor Bu.Anumero disturba tutte le mattine perché preleva materiali , viene col camion grande, col camion piccolo carica gru, scarica gru, carica compressori, scarica compressori, gruppo elettrogeno. dalle 05 00 alle 07 00 del mattino di estate anche prima delle 05 00 pure 04 30 anche il pomeriggio le 14 00, le 15 00, le 16 00 non trascurando anche i gas siamo costretti a dormire nella stanzetta dei bambini perché la camera da letto ce l'ho attigua alla strada Quella foto rappresenta l'olio che esce da qualche tubo di scarico anche sul muro gli schizzi di olio . Nelle foto agli atti - si legge in sentenza - il teste ha riconosciuto l'attività di carico e scarico materiali e mezzi per l'edilizia innanzi descritta. Il tribunale rileva poi che dalla perizia dell'ing.St.Gi. si evince - A pag. 18 che la zona in argomento, classificabile di classe CU, è interessata prevalentemente da traffico veicolare, con bassa densità di popolazione e con limitata presenza di attività commerciali e assenza di attività artigianali e industriali. - Alle pagg. 25-26 che dalla constatazione personale in fase di analisi si è potuto constatare la tipologia di rumore e frequenza di immissione che trattasi di vociare di diverse persone compresa quella del sig Bu.Anumero Bu.Anumero di diversi mezzi in moto per circa 30-40 minuti., alle cinque del mattino e alle 15 del pomeriggio e che nella zona non vi è evidenza di altre sorgenti acusticamente rilevanti da considerare che possano inficiare la rumorosità ambientale rilevata . - Alle pagg. 37-38 che i limiti di rumore sono stati superati da un minimo di 24 dB A a un massimo di 40,2dB A alle ore 5 15, 5 25, 14 30, 14 45, 15 15 . Rileva poi la sentenza impugnata che la descrizione fornita dai denuncianti, non confinanti tra loro, non sovrastanti o sottostanti la fonte di rumore ma abitanti nella stessa via ai civici nnumero 33 e 19/A , ha trovato poi riscontro nelle dichiarazioni rese dagli altri testi escussi e segnatamente quelle di 1. Di.Ma. Cosimo, che ha riferito di essersi fermato talvolta a pranzo dal Bi.Gi., a lui legato da rapporti di amicizia e che a pranzo si sentiva il tremolio delle finestre , causato dal rombo di un camionumero , .poi nei giorni seguenti l'ho visto che era un camion bello grande con una gru sopra 2. Ta.Io. ci lamentiamo tutti gli abitanti della strada, ndr perché alle 5 di mattina fanno rumore che devono andare a lavorare e mettono i mezzi sopra, tutto quello che serve e si fa rumore. Si svegliano le persone, tutti, se abbiamo dei bambini adesso non ne abbiamo più che sono grandi però fanno danno a noi che siamo vecchi lo devo dire ci sono momenti che dormiamo e momenti che ci svegliamo però di più che io quando sento un rumore proprio io salto dal letto loro Se.Anumero e Bi.Gi., ndr stanno pure più vicino e avvertono tutti i rumori . Io mi affaccio e vedo che stanno facendo se stanno prendendo i mezzi per andare a lavorare a voglia che si vedono . La teste - ricorda ancora la sentenza impugnata - ha poi riconosciuto negli automezzi ritratti nelle fotografie mostratele, quelli in uso alla ditta del Bu.Anumero trattasi di furgoni cassonati di medio-grandi dimensioni, come potuto constatare dal Tribunale , nonché gli arnesi ivi riposti aggiungendo che l'attività rumorosa in oggetto si poteva apprezzare tra le 05 00 e le 0 600 del mattino e alle 14 00. Le testimonianze in questione, anche di testi diversi dalle persone offese, collidono, dunque, con la tesi difensiva del Bu.Anumero , di cui pure la sentenza impugnata dà conto, che ha dichiarato all'udienza del 24 aprile 2018, pp. 10.e ss. che il locale ubicato in prossimità delle abitazioni delle persone offese è deputato al solo ricovero di materiale spicciolo impiegato in edilizia sacchi di cemento, piccoli scivoli ecc. e che il deposito vero e proprio ove vengono custodite gru, impalcature ecc. si troverebbe altrove, aggiungendo che l'unico mezzo impiegato per il prelievo del materiale spicciolo indicato sarebbe un furgone Daily di piccole dimensioni e che le operazioni di carico non iniziavano mai prima delle 06 00. 5. Diversamente da quanto si opina in ricorso, la sentenza impugnata si è uniformata alla sentenza rescindente in quanto, a differenza di quella poi annullata, nel suo percorso argomentativo pagg. 8 e 9 sono graficamente presenti riferimenti al contenuto ed all'attendibilità delle deposizioni dei testi indicati dalla difesa, a proposito dei quali si dà atto che 1. St.Ma. dipendente dell'imputato ha descritto nei seguenti termini le operazioni che si svolgono al mattino noi arriviamo li Bu.Anumero Bu.Anumero ndr ci esce il furgone noi lo prendiamo e andiamo via , troviamo già tutto caricato da Bu.Anumero *-, il tempo di uscire il furgone salire nel furgone e andiamo via e che non aveva mai ricevuto personalmente lamentele in ordine ai rumori provocati dalla loro attività, riferendo così argomenti nemmeno allegati dallo stesso imputato, ovvero che egli stesso avrebbe predisposto i mezzi e la strumentazione necessaria a bordo degli stessi a beneficio dei suoi operai argomento a dir poco inverosimile atteso che non si comprenderebbe l'utilità di assumere personale apposito per poi esonerarlo da buona parte delle proprie mansioni 2. Pe.Anumero . pure dipendente del Bu.Anumero , ha riferito in termini sovrapponibili al primo come anche Iu.Gi. , spiegando che attrezzature e mezzi pesanti non sarebbero collocati nei locali di via Bizantino, che ove si fossero svolte attività con mezzi pesanti o comunque più complesse, non sarebbero state svolte di mattina presto e che nella loro disponibilità vi era solo un automezzo leggero. Ebbene, con motivazione logica e congrua, il tribunale dà atto di reputare che le dichiarazioni dei testi a discarico siano evidentemente parziali per le ragioni di intrinseca inattendibilità ricavabili dalla ricostruzione dei fatti, nonché in ragione del rapporto di subordinazione in essere con l'imputato. 6. Dal tessuto motivazionale del provvedimento impugnato si evince che il tribunale ha chiaramente valutato come nella fattispecie vi fosse la diffusività dei rumori prodotti dal Bu.Anumero , sia con la perizia che con i testi Bi.Gi.,Se.Anumero e Ta.Io., che sono abitanti non sovrastanti né sottostanti alla fonte di propagazione. In merito al fatto che le emissioni sonore devono essere tali da arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone per determinare se un rumore rientra o meno nella normale tollerabilità la sentenza appare avere valutato i seguenti parametri 1. il luogo ove il rumore viene prodotto zona classificabile Classe II aree destinate prevalentemente ad uso residenziale , il cui limite di immissione è di 50dB, in riferimento al tempo diurno e 40 dB per il notturno pag. 7 della sentenza l'orario nel quale il rumore viene prodotto teste Se.Anumero alle 4.00 alle 05 00 e teste Bi.Gi dalle 05 000 alle 7 00 del mattino di estate anche prima delle 5.00 pure 04.30 anche di pomeriggio le 14.00, le 15.00, le 16 00 pag. 7 della sentenza teste Ing.St.Gi., che in sede di testimonianza conferma la perizia ove si evince che i limiti di rumore sono stati superati da un minimo di 24 dB A a un massimo di 40,2dB A alle ore 5 15, 5 25, 14.30, 14 45, 15 15 vedasi pag. 8 della sentenza teste Di.Ma. a pranzo si sentiva teste Ta.Io. alle 5 di mattina fanno rumore ' La teste, ha potuto constatare che l'attività rumorosa in oggetto si poteva apprezzare tra le 05 00 e le 06 00 del mattino e alle 14 00 pag. 8 della sentenza . Si precisa che l'aumento di oltre tre decibel del rumore di fondo tenendo conto che gli immobili si trovano in zona classificabile CU rende l'immissione intollerabile. Nella fattispecie il superamento va da un minimo di 24 dB A a un massimo di 40,2dB A 3. La ripetitività del rumore la perizia è stata fatta dal 29 novembre 2013 al 6 dicembre 2013 i testi indicano che i rumori ci sono stati fino al dicembre 2013 data indicata nel capo di imputazione ma anche successivamente la necessità e l'intenzionalità del rumore i motori sempre accessi e gli schiamazzi sono sicuramente non necessari durante il carico e lo scarico dì materiali, del mezzo Bobcat, etc. 4. La sentenza impugnata, pertanto, in punto di responsabilità opera un buon governo della giurisprudenza di legittimità in materia. Come ricorda il giudice tarantino e, in ordine alle differenze tra le fattispecie di cui al primo e al secondo comma della norma in commento, ancora la recente giurisprudenza ha affermato che la condotta sanzionata dal secondo comma dell'articolo 659 cod. penumero è soltanto quella costituita dalla violazione delle disposizioni della legge o delle prescrizioni dell'autorità che disciplinano l'esercizio della professione o del mestiere, mentre l'emissione di rumori eccedenti la normale tollerabilità ed idonei a disturbare le occupazioni o il riposo delle parsone rientra nella previsione del comma J indipendentemente dalla fonte sonora dalla quale i rumori provengono, quindi anche nel caso in cui l'abuso si concretizzi in un uso smodato dei mezzi tipici di esercizio della professione o del mestiere rumoroso cfr. Sez. 3 numero 2258 del 17/11/2020 dep. 2021, D'Anello, non mass. vedasi anche, per la ricostruzione dell'ambito applicativo dell'articolo 659 cod. penumero e dell'articolo 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, numero 447, Sez. 3, numero 11031 del 05/02/2015, Montoli, Rv. 263433 . Nel reato previsto dall'articolo 659 cod. penumero l'oggetto della tutela penale è dato dall'interesse dello Stato alla salvaguardia dell'ordine pubblico, considerato nel particolare aspetto della tranquillità pubblica, consistente in quella condizione psicologica collettiva, inerente all'assenza di perturbamento e di molestia nel corpo sociale. Il bene giuridico protetto viene offeso dal disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, cagionato mediante rumori, e cioè da suoni intensi e prolungati, di qualunque specie e natura, atti a determinare il turbamento della tranquillità pubblica, o da schiamazzi. Nel caso all'esame, per come contestata nell'editto accusatorio, la fattispecie è stata correttamente ricondotta al primo comma dell'articolo 659 cod. penumero , atteso che non è in contestazione la violazione, da parte del Bu.Anumero , delle prescrizioni di legge o dell'autorità. Si tratta di un reato di pericolo, per la cui configurabilità è necessario accertare che gli schiamazzi e i rumori, in quanto travalicanti per la loro entità oggettiva i limiti della normale tollerabilità, siano potenzialmente idonei a disturbare il riposo o le occupazioni di un numero indeterminato di persone. L'elemento che differenzia le due autonome fattispecie configurate rispettivamente dal primo e dal secondo comma dell'articolo 659 cod. penumero è rappresentato dalla fonte del rumore prodotto, giacché ove esso provenga dall'esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi la condotta rientra nella previsione del secondo comma del citato articolo per il semplice fatto della esorbitanza rispetto alle disposizioni di legge o alle prescrizioni dell'autorità, presumendosi la turbativa della pubblica tranquillità. Qualora, invece, le vibrazioni sonore non siano causate dall'esercizio dell'attività lavorativa, ricorre l'ipotesi di cui al primo comma dell'articolo 659 cod. penumero , per la quale occorre che i rumori superino la normale tollerabilità ed investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni o il riposo così Sez. 1, numero 4820 del 17/12/1998, Marinelli, Rv. 213395 - 01 che ha ritenuto applicabile il primo comma dell'articolo 659 cod. penumero , in quanto le emissioni rumorose non erano state provocate dalla attività di una discoteca, bensì dal relativo impianto di condizionamento . Va evidenziato che correttamente il giudice tarantino ha ritenuto che, ancorché provocati da dS lavoratori edili, quelle attività non fossero prodotte nell'esercizio dell'impresa. Non erano, in altri termini, i rumori del cantiere, ma solo quelli dell'attività propedeutica ad andare al lavoro, anche se collegata a quest'ultimo. Risulta soddisfatto anche il principio, consolidato in giurisprudenza, secondo cui, affinché si configuri il reato di cui all'articolo 659 cod. penumero , è necessario che il fastidio non sia limitato agli appartamenti attigui alla sorgente rumorosa Sez. 3 numero 23529 del 13/0552014, Ioniez, Rv. 259194 , o agli abitanti dell'appartamento sovrastante o sottostante alla fonte di propagazione Sez. 1 numero 45616 del 14/10/2013, Virgillito, Rv. 257345 , occorrendo invece la prova che la propagazione delle onde sonore sia estesa quanto meno ad una consistente parte degli occupanti l'edificio, in modo da avere una diffusa attitudine offensiva ed una idoneità a turbare la pubblica quiete. Ciò perché la rilevanza penale della condotta produttiva di rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, richiede l'incidenza sulla tranquillità pubblica, in quanto l'interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete, sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare. Da sempre statuisce in proposito la giurisprudenza di legittimità che, allorché il giudice di merito riscontri tale situazione, è del tutto indifferente che una o più persone abbiano effettivamente avvertito il disturbo, avendosi comunque una lesione del bene giuridico tutelato dalla norma e cioè dell'ordine pubblico inteso come tranquillità pubblica. Per converso, quando la predetta situazione di fatto non ricorra, le lamentele dì una o più persone non sono sufficienti ad integrare la materialità del reato in argomento vedasi in proposito le risalenti, ma ancora attuali Sez. 1, numero numero 3823/1994 ed in conformità Sez. 1, numero 4820/1999 e che, ai fini dell'applicazione del comma 1 dell'articolo 659 cod. penumero è indispensabile una valutazione in concreto del pericolo creato alla quiete pubblica, e p ù dettagliatamente occorre la prova della diffusività del rumore da valutarsi con riferimento all'ambito spaziale delle propagazioni sonore. Tale prova non dovrà necessariamente consistere in un accertamento effettuato mediante perizia o consulenza tecnica fonometrica, ma ben può fondare il giudice il suo convincimento su elementi probatori di diversa natura acquisiti agli atti, quali le dichiarazioni di coloro che siano in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, sì che risulti che per le modalità di uso e di propagazione la fonte sonora emetta rumori fastidiosi di intensità tale da superare i limiti di normale tollerabilità, riferita alla media sensibilità delle persone che vivono nell'ambiente, in contrasto con la tutela della tranquillità pubblica costituzionalmente protetta così Sez. 3 numero 1787 del 4/12/2012, dep. 2013, Carlo, non mass, che richiama Sez. 1, numero 3261 del 23/02/1994, Floris, Rv. 199107 Sez. 1, numero 5215 del 07/04/1995, Silvestro, Rv. 201195 Sez. 1, numero 7042 del 27/05/1996, dep. 11/07/1996, Fontana, Rv. 205324 Sez. 1, ri. 739 del 04/12/1997, dep. 1998, Tilli, Rv. 209451 Sez. 1, numero 20954 del 18/01/2011, Torna, Rv. 250417 . Va perciò ribadito che l'affermazione di responsabilità per il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone non implica, attesa la natura di illecito di pericolo presunto, la prova dell'effettivo disturbo di più persone, essendo sufficiente l'idoneità della condotta a disturbarne un numero indeterminato Sez. 3, numero 45262 del 12/07/2018, G. Rv. 273948 - 02 conf. Sez. 1,. numero 7748 del 24/01/2012 Giacomasso Rv. 252075 - 01 che ha ritenuto integrata la fattispecie a carico di un proprietario di cani, tenuti in un giardino recintato, che non aveva impedito il loro continuo abbaiare, tale da arrecare disturbo al riposo delle persone dimoranti in abitazioni contigue Sez. 1, numero 44905 del 11/11/2011, Mistretta, Rv. 251462 -01 Sez. 1, numero 40393 del 08/10/2004, Squizzato, Rv. 230643 - 01 che ha censurato la decisione del giudice di merito che aveva pronunciato sentenza di non luogo a procedere in ordine al reato di cui all'articolo 659 cod. penumero sulla base della considerazione che l'abbaiare del cane non disturbava tutti i vicini Sez. 1 numero 246 del 13/12/2007, dep. 2008, Guzzi e altro, Rv.238814 Sez. 3, numero 3678 del 01/12/2005, dep. 31/01/2006, Giusti, Rv. 233290 Sez. 3, numero 27366 del 23/05/2001, Feletto, Rv. 219987 - 01 Sez. 1, numero 568 del 28/11/1995, dep. 1996, Asquini, Rv. 203460 - 01 . Sotto il profilo soggettivo, è pacifico che, ai fini dell'elemento psicologico del reato di cui all'articolo 659 cod. penumero non occorre l'intenzione dell'agente di arrecare disturbo alla quiete pubblica, essendo sufficiente la volontarietà della condotta desunta da obiettive circostanze Sez. 1, numero 11868 del 26/10/1995, Balestra, Rv. 203236 - 01 Sez. 1, numero 1730 del 17/12/1993, dep. 1994, Villa, Rv. 197087 - 01 in una fattispecie relativa alla detenzione presso l'abitazione di numerosi cani di grossa taglia e di pappagalli, che producevano latrati, guaiti e strepiti in ogni ora del giorno e della notte Sez. 6, numero 11490 del 13/05/1980 Palma, Rv. 146486 -01 Sez. 6, numero 1789 del 11/10/1969, Bonazza, Rv. 113326 - 01 . 8. Infondato è il sesto motivo di ricorso con cui si lamenta che il provvedimento impugnato non abbia valutato la mancanza di motivazione del provvedimento impugnato in punto di diniego della causa di non punibilità ex articolo 131 bis cod. penumero Ed invero, pur non avendo il giudice tarantino fornito alcuna risposta specifica alla richiesta, può ritenersi che, nel caso di specie, sia configurabile una motivazione implicita di rigetto, che può desumersi dai motivi la concrete modalità della condotta tenuta dall'imputato in modo sistematico e lungamente reiterato nel tempo con cui è stato giustificato il diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche. In ordine a tale profilo, infatti, questa Corte ha più volte ribadito come la richiesta di applicazione della causa di non punibilità prevista dall'articolo 131-bis cod. penumero debba ritenersi implicitamente disattesa dal giudice qualora la struttura argomentativa della sentenza richiami, anche in relazione ad altri profili, elementi che escludano una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità ex multis Sez. 3, numero 43604 del 08/09/2021, Cincolà Marco, Rv. 282097 . Conf. Sez. 4, numero 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, Lakrafy, Rv. 284096 in un caso in cui il giudice di appello, pur non avendo espressamente argomentato in ordine alla denegata applicazione dell'esimente di cui all'articolo 131-bis cod. penumero , aveva posto in rilievo la consistente quantità e la buona qualità della droga detenuta, la zona in cui la condotta era avvenuta, la mancanza di elementi favorevoli al riconoscimento delle attenuanti generiche e la sussistenza di precedenti penali dell'imputato ostativi alla concessione della sospensione condizionale della pena . 9. Fondata, invece, è la doglianza in punto di avvenuta violazione del divieto di reformatio in peius di cui al quinto motivo di ricorso. Ciò in quanto questa Corte ha in più occasioni chiarito che, in caso di annullamento con rinvio della sentenza di condanna su ricorso dell'imputato relativo alla sussistenza del reato ed alla sua responsabilità, la cognizione del giudice di rinvio è limitata dal giudicato implicito formatosi sul capo della sentenza relativo alla misura della pena, non interessato dall'annullamento, cosicché, in caso di conferma della condanna, per il combinato disposto degli articolo 597, comma 3, 609 e 627, comma 2, cod. proc. pen, la pena irrogata non può essere più grave, per specie e quantità, di quella inflitta dal giudice di primo grado o, se inferiore, di quella rideterminata in grado d'appello con la sentenza annullata. Fattispecie in cui la Corte ha annullato senza rinvio, limitatamente al trattamento sanzionatorio, la sentenza del giudice del rinvio che aveva confermato !a pena irrogata in primo grado nonostante questa fosse stata ridotta in sede di appello per l'esclusione di una circostanza aggravante . Sez. 2, numero 7808 del 04/12/2019, dep. 2020, El Khalfi, Rv. 278680 - 01 conf. Sez. 2, numero 46307 del 20/07/2015, Buono, Rv. 268315 -01 . Ancora più recentemente, è stato ribadito che viola il divieto di reformatio in peius il giudice di appello che, giudicando in sede di rinvio a seguito di annullamento della sentenza di condanna su ricorso proposto dal solo imputato, non si attiene al giudicato implicitamente formatosi sul capo della decisione non interessato dalla pronuncia di annullamento Sez. 4, numero 31840 del 17/05/2023, A., Rv. 284862 - 01 in relazione al caso in cui in cui, all'esito del giudizio rescissorio, la Corte di appello aveva rideterminato in anni due la durata della misura di sicurezza di cui all'articolo 609-nonies, ultimo comma, numero 2 cod. proc. penumero , confermando sul punto la decisione di primo grado, senza tener conto della riduzione operata con la sentenza annullata . Ed è stato anche specificato che la violazione del divieto di reformatio in peius da parte del giudice del rinvio, che, a seguito di annullamento della sentenza di condanna su ricorso proposto dal solo imputato, non si attenga al giudicato implicitamente formatosi sul capo della decisione non interessato dalla pronuncia di annullamento, può essere rilevata d'ufficio dalla Corte di cassazione, in applicazione del principio enunciato all'articolo 649, comma 2, cod. proc. penumero Sez. 1, numero 5517 del 30/11/2023, dep. 2024, Lombardi, Rv. 285801 - 03 Del resto, già le Sezioni Unite avevano precisato in passato che il divieto di reformatio in pejus opera anche nel giudizio di rinvio e con riferimento alla decisione del giudice di appello se il ricorso per cassazione è stato proposto dall'imputato, essendo irrilevante, per il verificarsi di questi effetti, che la sentenza di primo grado sia stata appellata dal pubblico ministero Sez. U, numero 16208 del 27/03/2014 C. Rv. 258652 - 01 . E' stato tuttavia anche chiarito che il divieto di infliggere una pena più grave, di cui all'articolo 597, comma terzo, cod. proc. penumero , non opera nel nuovo giudizio conseguente all'annullamento della sentenza di primo grado - impugnata dal solo imputato - disposto dal giudice di appello o dalla Corte di cassazione per nullità dell'atto introduttivo ovvero per altra nullità assoluta o di carattere intermedio non sanata Sez. U, numero 17050 del 11/04/2006, Maddaloni, Rv. 233729 - 01 che hanno ritenuto che il divieto di reformatio in peius non potesse trovare applicazione a seguito dell'annullamento della precedente condanna ai sensi dell'articolo 604, comma quarto, cod. proc. penumero conf. Sez. 3, numero 6710 del 18/10/2017, dep. 2018, Aperi Rv. 272117 - 01 in relazione ad una fattispecie in cui nel giudizio conseguente all'annullamento della sentenza di primo grado per omessa notifica del decreto di citazione al difensore, l'imputato era stato condannato ad una pena superiore Sez. 2, numero 24820 del 25/02/2009 M. Rv. 244453 - 01 . Nel caso che ci occupa l'annullamento della prima sentenza del Tribunale di Taranto del 16/10/2018 ad opera della sentenza 49467/22 della terza sezione penale di questa Corte non è avvenuto per ragioni di natura professionale ma in ragione di un riscontrato vizio motivazionale di quella pronuncia. Pertanto, essendo stata proposta impugnazione dal solo imputato sul punto della propria responsabilità,si era implicitamente formato il giudicato sul capo afferente alla pena, per cui il giudice del rinvio non poteva irrogare una sanzione superiore a quella di 206 euro di ammenda irrogata in quella sede, con le già concesse circostanze attenuanti generiche. Ha invece irrogato quella di trecento euro di ammenda negando il beneficio delle circostanze attenuanti generiche già concesse. La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio, che la Corte ritiene di poter essa stessa rideterminare ex articolo 620, comma 1 lett. I , in euro 206 di ammenda. 10. Al rigetto del ricorso in punto di responsabilità consegue la condanna dell'imputato a risarcire le spese di assistenza e di rappresentanza sostenute dalle parti civili liquidate come in dispositivo. Ciò ancorché sia stato accolto il ricorso dell'imputato in punto di trattamento sanzionatorio, il che giustifica, invece, la mancata condanna al pagamento delle spese processuali. Come si è visto in precedenza l'imputato aveva proposto impugnazione contro la precedente sentenza sia in relazione al capo della stessa riguardante la sua affermazione di responsabilità e che a quello afferente al trattamento sanzionatorio e, una volta confermata la prima, in difetto di ricorso anche della parte pubblica, non poteva essere rimesso in discussione, in peius, il quantum della pena. E, come visto al paragrafo che precede, ciò ha portato il Collegio ad accogliere il motivo di ricorso il quinto in punto di violazione del divieto di reformatio in peius. La parte civile non aveva interesse - ed invero non lo ha fatto - a discutere in punto di pena. Costituisce, infatti, ius receptum, che non è consentito l'intervento della parte civile nel giudizio di cassazione avente per oggetto esclusivamente il trattamento sanzionatorio o la confisca dei beni degli imputati, in quanto tali questioni non possono avere alcuna incidenza sugli interessi civili e, nel caso in cui l'intervento sia comunque avvenuto, non possono porsi a carico dell'imputato le relative spese Sez. 1, numero 51166 del 11/06/2018, Gatto, Rv. 274935 - 01 Ed è altrettanto consolidato il principio che in tema di spese processuali, la liquidazione di quelle sostenute dalla parte civile è condizionata alla sussistenza di un interesse civile tutelabile e, pertanto, non può essere disposta nel giudizio di impugnazione che abbia ad oggetto esclusivamente questioni attinenti al trattamento sanzionatorio Sez. 1, numero 36686 del 14/02/2023, Vena, Rv. 285236 - 01 in una fattispecie in cui il ricorso per cassazione aveva ad oggetto il solo diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche conf. Sez. 2, numero 29424 del 29/11/2017, dep. 2018, Canale Rv. 273018 - 01 Sez. F, numero 1019 del 13/09/2012, dep. 2013, Antonini, Rv. 254291 - 01 . Già in precedenza, peraltro, si era evidenziato che nel processo penale l'onere della rifusione delle spese giudiziali sostenute dalla parte civile è collegato alla soccombenza e pertanto, nel giudizio di impugnazione, all'interesse della persona offesa o danneggiata a far valere i propri diritti in contrasto con i motivi proposti dall'imputato ne discende che, qualora nessun pregiudizio possa derivare alla parte civile dall'accoglimento del gravame, la stessa, pur avendo diritto di intervenire, non ha alcun interesse a concludere, con la ulteriore conseguenza che non può essere ordinata in suo favore la rifusione de qua Sez. 5, numero 11272 del 23/09/1998, Cucumazzo, Rv. 211516 - 01 conf. Sez. 2, numero 8230 del 18/04/1996, Sicco, Rv. 205616 - 01 che, in applicazione di tale principio, ha annullato la condanna alla refusione delle spese del grado in favore della parte civile emessa in giudizio di appello nel quale l'imputato aveva proposto esclusivamente questioni inerenti all'entità della pena . In casi come quello che ci occupa, dunque, la valutazione dell'eventuale soccombenza atta a giustificare la condanna alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla controparte va valutata in relazione alla sola questione su cui c'è stato contraddittorio tra l'imputato e la parte civile, ovvero quella della responsabilità. E su quella l'imputato è soccombente e la parte civile ha effettivamente esplicato, attraverso la propria memoria scritta, un'attività diretta a contrastare l'avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione cfr. su tale ultimo aspetto Sez. U., numero 877 del 14/7/2022, dep. 2023, Sacchettino, Rv. 283886 Sez. U., numero 34559 del 26/6/2002, De Benedictis, Rv. 222264 Sez. 4 numero 7214 del 24/01/2024, Errerà, non mass. Sez. 2, numero 33523 del 16/06/2021, D., Rv. 281960-03 Sez. 5, numero 34816 del 15/06/2021, Palmieri, non mass. Sez. 1, numero 17544 del 30/03/2021, Barba, non mass. Sez. 5, numero 26484 del 09/03/2021, Castrignano, non mass. Sez. 1, numero 34847 del 25/02/2021, Reibaldi, non mass. . Il ricorrente va, dunque, condannato alla rifusione delle spese di assistenza e di rappresentanza sostenute dalla costituita parte civile. Va dunque affermato il seguente principio di diritto Quando il ricorso per Cassazione dell'imputato ha ad oggetto sia l'affermazione di responsabilità che il trattamento sanzionatorio, l'eventuale accoglimento dei motivi afferenti a quest'ultimo capo e il conseguente annullamento della sentenza impugnata sul punto, con il rigetto delle questioni in punto di responsabilità, comporta che l'imputato vada condannato al pagamento delle spese di assistenza e di rappresentanza sostenute dalla parte civile, sempre che quest'ultima abbia effettivamente esplicato un'attività diretta a contrastare l'avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione . P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, che ridetermina in euro 206 di ammenda. Rigetta nel resto il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di assistenza e rappresentanza sostenute nel presente giudizio dalle parti civili Se.Anumero e Bi.Gi., liquidate in complessivi euro 3900 oltre accessori come per legge. Così deciso il 17 aprile 2024. Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2024.