Un orientamento ormai maggioritario della Corte di Cassazione riconosce l’utilizzabilità delle chat intercettate in Francia sulla piattaforma Sky-ECC. Ma il procedimento che ne ha consentito l’acquisizione resta coperto dal segreto di Stato e quindi ignoto e lascia troppi dubbi sul rispetto delle “regole minime” dell’equo processo.
Un'altra pronuncia che riconosce utilizzabili le chat intercettate in Francia sulla piattaforma Sky-ECC Ormai si può dire che si stia consolidando un indirizzo giurisprudenziale che, dopo l'arresto delle Sezioni unite del 29 febbraio scorso, ammette come prova le comunicazioni acquisite, anche se resta ignoto, perché coperto dal segreto di Stato, il procedimento di intercettazione ed acquisizione in questo senso v. già Cass., Sez. I, 13.10.2022, numero 6364/2023, Calderon, che, in tema di intercettazioni della messaggistica scambiata con sistema cifrato Sky ECC e Enchochat, afferma che il dato informatico in chiaro, ottenuto dalla trasformazione delle “stringhe” in contenuti intellegibili tramite l'apposito algoritmo ottenuto dalla società titolare del sistema operativo, è acquisibile ai sensi dell'articolo 234-bis c.p.p. . Altra giurisprudenza inquadra, invece, l'attività acquisitiva delle chat nelle disposizioni dettate in materia di perquisizione e sequestri, in specie nella norma dettata dall'articolo 254-bis del codice di rito, riguardante le ipotesi di sequestro di dati informatici presso fornitori di servizi informatici, telematici e di comunicazioni Cass., Sez. VI, 26.10.2023, numero 44154, Iaria, con osservazioni di SPANGHER, Criptofonini sono “in gioco” diritti fondamentali, in Cass. penumero 2024, p. 173, nonché di E. LORENZETTO, L'acquisizione all'estero di comunicazioni digitali criptate nella fucina dell'ordine europeo di indagine penale, ivi, p. 180 Cass., Sez. VI, 26.10.2023, Kolgjokaj, numero 44155 . Un terzo indirizzo ermeneutico ritiene che nella vicenda in esame si tratterebbe di “dati freddi” e non di comunicazioni in atto e quindi esclude una qualificazione sia come intercettazione, sia come documento informatico ex articolo 234-bis c.p.p., inquadrando le prove digitali trasmesse dalla Francia come documentazione della corrispondenza, riconducibile nel paradigma dell'articolo 234 c.p.p. e quindi acquisibile con provvedimento del pubblico ministero che può disporne il sequestro probatorio Cass., Sez. VI, 27.9.2023, numero 46482, Bruzzaniti Cass., Sez. VI,26.10.2023, numero 46833, Bruzzaniti . La sentenza delle Sezioni Unite Sull'intricata vicenda sono già intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Due sono state le ordinanze di rimessione. In particolare, dapprima la III Sez., con ord. 3.11.2023, Gjuzi, numero 47798, rimetteva alle Sezioni Unite tre questioni controverse. Si domandava, anzitutto, se il trasferimento all'autorità giudiziaria italiana, in esecuzione di Ordine Europeo di Indagine, del contenuto di comunicazioni effettuate attraverso “criptofonini” e già acquisite e decriptate dall'autorità giudiziaria estera in un proprio procedimento penale, costituisca acquisizione di documenti e di dati informatici ai sensi dell'articolo 234-bis c.p.p. o di documenti ex articolo 234 c.p.p. ovvero sia riconducibile ad altra disciplina relativa all'acquisizione di prove. Il secondo quesito chiedeva se il trasferimento di cui sopra debba essere oggetto di verifica giurisdizionale preventiva della sua legittimità, nello Stato di emissione dell'Ordine Europeo di Indagine. Il terzo quesito domandava se l'utilizzabilità degli esiti investigativi di cui al primo quesito sia soggetta a vaglio giurisdizionale nello Stato di emissione dell'Ordine Europeo di Indagine. Con l'informazione provvisoria numero 3/2024 le Sezioni Unite hanno risposto ai quesiti, rigettando i ricorsi e quindi, si presume, ritenendo utilizzabili in Italia, in esecuzione dell'Ordine Europeo di Indagine, gli atti trasmessi dalla Francia sul contenuto di comunicazioni effettuate attraverso “criptofonini” e già acquisite e decriptate dall'autorità giudiziaria estera in un proprio procedimento penale nella nota inchiesta su Sky ECC. Le S.U hanno risposto al primo quesito nel senso che il trasferimento di cui sopra rientra nell'acquisizione di atti di un procedimento penale che, a seconda della loro natura, trova alternativamente il suo fondamento negli articolo 78 disp. att. c.p.p., 238, 270 c.p.p. e, in quanto tale, rispetta l'articolo 6 direttiva 2014/41 U.E. Al secondo quesito la risposta è stata negativa, rientrando nei poteri del pubblico ministero quello di acquisizione di atti di altro procedimento penale. Al terzo quesito la risposta è stata affermativa in quanto l'autorità giurisdizionale dello Stato di emissione dell'Ordine Europeo di Indagine deve verificare il rispetto dei diritti fondamentali, comprensivi del diritto di difesa e della garanzia di un equo processo Cass., Sez. unumero , c.comma 29.II.2024, Gjuzi . Successivamente anche la Sez. VI, con ord. 15.1.2024, numero 2329/2024, Giorgi e altro, aveva rimesso alle Sezioni Unite tre questioni. Si domandava, anzitutto, se l'acquisizione, mediante Ordine Europeo di Indagine, dei risultati di intercettazioni disposte dall'autorità giudiziaria estera su una piattaforma informatica criptata e su “criptofonini” integri, o meno, l'ipotesi disciplinata nell'ordinamento interno dall'articolo 270 c.p.p. Il secondo quesito domandava se, ai fini dell'emissione dell'Ordine Europeo di Indagine finalizzato al suddetto trasferimento, occorra la preventiva autorizzazione del giudice. Infine, si chiedeva se l'acquisizione, mediante Ordine Europeo di Indagine, dei risultati di intercettazioni disposte dall'autorità giudiziaria estera attraverso l'inserimento di un captatore informatico sul server di una piattaforma criptata sia soggetta a vaglio giurisdizionale nello Stato di emissione dell'Ordine europeo di Indagine. Con l'informazione provvisoria numero 4/2024 le stesse Sezioni Unite, rigettato il ricorso, hanno chiarito che al primo quesito la risposta è affermativa, al secondo è negativa, mentre al terzo quesito la risposta è affermativa, nel senso che l'autorità giurisdizionale dello Stato di emissione dell'Ordine Europeo di Indagine deve verificare il rispetto dei diritti fondamentali, comprensivi del diritto di difesa e della garanzia di un equo processo Cass., Sez. unumero , c.comma 29.II.2024, Giorgi e altro . La pronuncia della Grande Sezione della Corte giust. U.E. La sentenza in esame, aderendo al dictum delle Sezioni Unite, ribadisce che l'acquisizione di atti di altro procedimento penale non deve essere oggetto di verifica giurisdizionale preventiva della sua legittimità nello Stato di emissione dell'O.I.E. e che il pubblico ministero italiano è legittimato, ai sensi dell'articolo 27, comma 1, del d.lgs. numero 108 del 2017, a emettere, nell'ambito delle proprie attribuzioni nella fase delle indagini preliminari, un ordine europeo di indagine volto all'acquisizione di una prova «già disponibile» e a trasmetterlo direttamente all'autorità di esecuzione Corte giust. U.E. 8.12.2020, C-584/19 a proposito delle condizioni in virtù della quali un ufficio di Procura sia qualificabile come «Autorità di emissione» . Peraltro, alle stesse conclusioni è giunta, di recente, anche la Grande Sezione della Corte giust. U.E. 30 aprile 2024, che ha dichiarato che l'articolo 1, par. 1, e l'articolo 2, lett. c , della direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all'ordine europeo di indagine penale, devono essere interpretati nel senso che un ordine europeo di indagine inteso a ottenere la trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione non deve essere adottato necessariamente da un giudice quando, in forza del diritto dello Stato di emissione, in un procedimento puramente interno a tale Stato, la raccolta iniziale di tali prove avrebbe dovuto essere ordinata da un giudice, ma competente ad ordinare l'acquisizione di dette prove è il pubblico ministero. Inoltre l'articolo 6, par. 1, della direttiva 2014/41 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un pubblico ministero adotti un ordine europeo di indagine inteso a ottenere la trasmissione di prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione, qualora tali prove siano state acquisite a seguito dell'intercettazione, da parte di tali autorità, nel territorio dello Stato di emissione, di telecomunicazioni dell'insieme degli utenti di telefoni cellulari che permettono, grazie a un software speciale e a un hardware modificato, una comunicazione cifrata da punto a punto, purché un tale ordine di indagine rispetti tutte le condizioni eventualmente previste dal diritto dello Stato di emissione per la trasmissione di tali prove in un caso puramente interno a detto Stato. Ancora l'articolo 31 della direttiva 2014/41 deve essere interpretato nel senso che una misura connessa all'infiltrazione in apparecchi terminali, diretta a estrarre dati relativi al traffico, all'ubicazione e alle comunicazioni di un servizio di comunicazione basato su Internet, costituisce un'«intercettazione di telecomunicazioni», ai sensi di tale articolo, che deve essere notificata all'autorità a tal fine designata dallo Stato membro sul cui territorio si trova la persona sottoposta all'intercettazione. Nel caso in cui lo Stato membro di intercettazione non sia in grado di identificare l'autorità competente dello Stato membro notificato, tale notifica può essere inviata a qualsiasi autorità dello Stato membro notificato che lo Stato membro di intercettazione ritenga idonea a tal fine. L'articolo 31 della direttiva 2014/41 deve essere interpretato nel senso che esso mira anche a tutelare i diritti degli utenti interessati da una misura di «intercettazione di telecomunicazioni», ai sensi di tale articolo. Infine, l'articolo 14, par. 7, della direttiva 2014/41 deve essere interpretato nel senso che esso impone al giudice penale nazionale di espungere, nell'ambito di un procedimento penale avviato a carico di una persona sospettata di atti di criminalità, informazioni ed elementi di prova se tale persona non è in grado di svolgere efficacemente le proprie osservazioni su tali informazioni ed elementi di prova e questi ultimi siano idonei ad influire in modo preponderante sulla valutazione dei fatti. L'applicabilità dell'articolo 270 c.p.p. La pronuncia in commento ritiene utilizzabili i dati trasmessi a seguito di inoltro di O.E.I., dal momento che, anche valorizzando il dato che i messaggi erano frutto di vere e proprie intercettazioni disposte in Francia, sulla scorta di provvedimenti autorizzativi delle autorità giudiziarie di Lille e di Parigi, la normativa interna appronta in ogni caso uno specifico strumento, per l'appunto quello dell'articolo 270, comma p. p. che regolamenta l'utilizzo delle intercettazioni nel procedimento diverso da quello nel quale sono state autorizzate, procedimento che può essere anche quello pendente nel Paese membro richiesto, trattandosi di captazioni rilevanti e indispensabili per l'accertamento dei delitti oggetto dell'incolpazione provvisoria, per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. Pertanto, il Supremo collegio ritiene utilizzabili i dati ai sensi dell'articolo 270, c.p.p., cosicché, nella specie, il tema da esaminare sarebbe stato piuttosto quello della verifica del rispetto dei diritti fondamentali, comprensivi del diritto di difesa e della garanzia di un equo processo. Ma, sotto tale specifico profilo, la sentenza in esame osserva che la difesa si è limitata ad opporre la “mancata acquisizione dei decreti autorizzativi dell'autorità giudiziaria francese e l'impossibilità di accedervi, onde poter controllare ex post la conformità degli elementi raccolti rispetto a quelli trasmessi, conformità nella specie attestata dai verbali redatti dalla polizia giudiziaria francese in esecuzione dei provvedimenti autorizzativi”, senza nulla dedurre “in ordine a specifiche violazioni dei diritti fondamentali, comprensivi del diritto di difesa e della garanzia di un equo processo. Tuttavia, secondo la stessa sentenza, è lo stesso strumento del diritto interno a non contemplare alcun obbligo del pubblico ministero di deposito dei provvedimenti autorizzativi dell'autorità giudiziaria che ha autorizzato le intercettazioni nel diverso procedimento, tale adempimento non essendo per l'appunto contemplato nell'articolo 270, c.p.p. Conclusioni La pronuncia in commento non dissipa tutti i dubbi che la vicenda ha suscitato in dottrina e nella stessa giurisprudenza, vista l'esistenza di sentenze difformi. Anzitutto, essendo ignota la natura dell'attività investigativa svolta in Francia è impossibile valutare il rispetto, in concreto, dei principi di necessità, proporzione ed equivalenza in riferimento all'O.E.I. quando incide su diritti fondamentali della persona, come appunto la riservatezza e la segretezza delle comunicazioni e quindi intacca il “nucleo duro” dei diritti fondamentali. Resta dubbia, inoltre, la “competenza” in Italia ad emettere il corrispondente O.E.I., che dovrebbe essere autorizzato da un giudice, e non solo disposto da un pubblico ministero, laddove in un caso interno analogo quell'atto di indagine fosse soggetto ad un'autorizzazione giurisdizionale ex ante o ad un controllo giurisdizionale ex post, di tipo perlomeno equivalente a quelli disponibili in un caso interno analogo, cioè con la previsione di mezzi di impugnazione, come prescrive l'articolo 14, comma 1, direttiva 2014/41. Resta anche senza risposta la circostanza che la spregiudicata indagine francese ha utilizzato il virus trojan non per le finalità per le quali il codice di rito penale lo ammette eccezionalmente, e cioè come strumento di captazione delle comunicazioni, ma a fini diversi e in particolare a fini di ottenere le chiavi di decriptazione dei messaggi cifrati. Inoltre, resta ignorato, nella vicenda Sky ECC, né può essere rispettato ora il diritto di difesa nel contraddittorio tra le parti. Infatti, le garanzie difensive previste dall'articolo 270 c.p.p. dovrebbero consistere, anzitutto, nel deposito di verbali e registrazioni delle intercettazioni «presso l'autorità competente per il diverso procedimento», cioè presso il giudice italiano. Inoltre, si dovrebbero applicare «le disposizioni dell'articolo 268, commi 6, 7 e 8 comma 2 con conseguente diritto dei difensori in Italia all'esame degli atti e all'ascolto delle registrazioni, all'udienza stralcio e successiva trascrizione peritale con acquisizione al fascicolo per il dibattimento. Ma, poiché l'articolo 270, comma 3, c.p.p. riconosce il diritto del pubblico ministero e dei difensori delle parti di esaminare i verbali e le registrazioni in precedenza depositati nel procedimento in cui le intercettazioni furono autorizzate» cioè nel procedimento francese , tali garanzie sono illusorie perchè è giuridicamente impossibile che l'autorità giudiziaria francese consenta l'accesso ai difensori italiani a tutte le intercettazioni eseguite dovrebbe essere l'Italia, che come Stato richiedente è l'unico legittimato, ad attivarsi, a richiesta dei difensori, con l'autorità giudiziaria francese al fine di consentire loro di accedere alla totalità delle intercettazioni eseguite nello Stato richiesto. Ma soprattutto le ignote modalità con cui è stata acquisita la prova impedisce di valutarne la tecnica di intercettazione, dirottamento, decriptazione, archiviazione, conservazione ed estrazione e ciò preclude al giudice, prima ancora che alla difesa, la conoscenza della genesi della prova, l'esercizio del contraddittorio sulla stessa e il diritto di difesa, tutti valori fondanti dell'equo processo ma in questo caso compromessi senza poter verificare la legittimità, correttezza, completezza e coerenza dell'acquisizione, decriptazione e conservazione dei dati che si vorrebbero utilizzare in giudizio. La procedura investigativa svolta in Francia, tuttora coperta dal segreto di Stato sull'intrusione nella piattaforma Sky ECC, con conseguente rifiuto di far conoscere le modalità di acquisizione delle intercettazioni, della loro decriptazione e conservazione nel rispetto della catena di custodia dei dati elettronici acquisiti, sembra cozzare irrimediabilmente con le “regole minime” dell'equo processo. Ma la sospetta inammissibilità della prova acquisita in Francia emerge anche aliunde. Risulta, infatti, un quadro di intercettazioni di massa, mediante sorveglianza digitale massiva di tutti gli utenti SKY ECC, incompatibile con l'equo processo, perché evidentemente non rispettose dei criteri della necessità e della proporzionalità. Risulta che gli inquirenti francesi, inoculando il virus trojan sui server di Sky ECC, hanno potuto non solo acquisire chat già intercorse ed archiviate, ma, intercettando addirittura il gestore del servizio, acquisire tutte le comunicazioni in corso, prendendo altresì conoscenza dell'algoritmo, grazie al quale ottenevano la loro contestuale decriptazione, prima di acquisirle al procedimento penale francese. Si è pertanto proceduto sia inoculando fisicamente il trojan nei server francesi, sia da remoto sui singoli dispositivi nei diversi paesi europei perché il sistema di criptazione di Sky ECC disponeva di 2 chiavi di decriptazione sul server e altre 2 diverse su ogni dispositivo degli utenti. Sotto un diverso profilo, non si può trascurare che l'intercettazione è affetta da nullità a regime intermedio per lesione del diritto di difesa, non solo perché la parte non è stata posta in grado di conoscere la genesi della prova per quanto riguarda la captazione, la decriptazione e la conservazione delle comunicazioni, ma anche per il pregiudizio discendente alla difesa dal mancato rispetto delle garanzie difensive, a causa del solo parziale deposito delle registrazioni al termine delle indagini, mentre si dovrebbe procedere al deposito per i difensori di tutte le intercettazioni effettuate, con possibilità di ascolto e selezione delle comunicazioni rilevanti per la difesa e loro successiva trascrizione adempimenti, invece, tutti impossibili per la consegna soltanto delle registrazioni selezionate dall'autorità francese. In altre parole, la prova consegnata dalla Francia consiste in una compilation di comunicazioni, selezionate dalla polizia giudiziaria e dal pubblico ministero d'oltralpe, senza che la difesa abbia avuto la possibilità di verificare se sono state consegnate tutte le comunicazioni riguardanti un determinato imputato e se possano eventualmente essercene altre utili per la difesa e che l'accusa ha invece ritenuto irrilevanti. In definitiva, manca la garanzia difensiva, fondamentale, del deposito integrale delle registrazioni originarie e della c.d. udienza stralcio sotto la direzione di un giudice così come la difesa è stata lasciata estranea alle operazioni peritali di decriptazione, eventuale traduzione e trascrizione delle comunicazioni, alle quali ha diritto di partecipare con l'ausilio di un consulente tecnico. In definitiva, troppi sono i dubbi insoluti che rendono sospetta la prova francese si chiede solo di sapere quali sono state le modalità della sua acquisizione per verificare il rispetto delle “regole minime” dell'equo processo.
Presidente Salvatore - Relatore Gabriella Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Milano ha rigettato l'istanza proposta, ai sensi dell'articolo 309, cod. proc. penumero , nell'interesse di Ko.Nu., avverso l'ordinanza del GIP di quel Tribunale, applicativa della custodia cautelare in carcere in relazione ai reati di associazione per delinquere ai sensi dell'articolo 74 d.P.R. numero 309/1990 capo 1 e a più reati di cui all'articolo 73 stesso d.P.R. capi 8, 12 e 43 . 2. Il giudice del riesame, dato atto che l'indagine aveva costituito seguito di altra svolta tra il 2019 e il 2020, esitata in plurimi arresti, ha rilevato che, in quel contesto, erano state acquisite le dichiarazioni etero-accusatorie di alcuni arrestati, nonché gli esiti di intercettazioni e videoriprese effettuate nei loro confronti e che, alla stregua di tale materiale, erano stati identificati alcuni soggetti coinvolti nell'attività in contestazione, individuati le loro basi e gli appoggi logistici, ricostruite e monitorate importazioni di droga effettuate sino al settembre 2022. Le successive indagini, invece, avevano avuto a oggetto l'acquisizione, tramite appositi O.I.E., del contenuto di chat intercorse tramite utilizzo di apparati telefonici dotati di software per la criptazione SkyECC , il cui contenuto - ritenuto esplicito e inequivoco - aveva rivelato l'operatività di un'associazione finalizzata al narcotraffico di hashish e marijuana operante in Italia, Spagna e altri territori esteri, capeggiata da To.Pe., Ez.Pe. e Ni.Gj. In tale contesto associativo, ai soggetti operanti dall'Italia spettava il compito di organizzare lo stoccaggio e la distribuzione del prodotto e restituire le somme ricavate dalla cessione ai complici in Spagna per il finanziamento di ulteriori operazioni ai soggetti che si trovavano in territorio spagnolo, quello di reperire la merce e organizzarne il trasporto in Italia. Quanto al Ko.Nu. titolare di una pizzeria sita in B E , al quale è stato ricondotto l'appellativo pizza , gli è stato contestato di aver partecipato a tre operazioni nell'arco di poco più di un mese, tra luglio e agosto 2020, con la collaborazione del soggetto che aveva reperito la droga in Spagna. In tali occasioni, il suo contributo era stato ricostruito grazie al contenuto dei messaggi scambiati da alcuni apicali soprattutto Lu.Pa. e To.Pe. che si aggiornavano sull'approvvigionamento tramite cripto telefonini. La prima questione esaminata dal Tribunale ha riguardato la questione della utilizzabilità del contenuto di dette chat la difesa, senza prendere posizione sulla natura della messaggistica acquisita, aveva opposto la necessità di un provvedimento autorizzativo giudiziale, in quanto operazione invasiva , contestando la riconducibilità della messaggistica ai documenti di cui all'articolo 234 bis, cod. proc. penumero Il Tribunale, precisato che con gli O.I.E. il PM non aveva chiesto la trasmissione di una prova da acquisire, bensì di dati freddi, ha ritenuto irrilevante la modalità di acquisizione da parte dell'AG francese richiesta, nel fascicolo non essendo stati riversati gli atti relativi al percorso acquisitivo presso quell'autorità, non avendo la difesa allegato elementi per chiarire tale aspetto, essendosi limitata a lamentarne l'assenza, senza allegare di avere rivolto apposita richiesta all'AG straniera. Ha ritenuto correttamente acquisita la messaggistica, non essendo necessaria, per l'emissione del relativo O.I.E., alcuna autorizzazione del GIP, quale che sia la qualificazione giuridica dei documenti acquisiti, richiamando gli articolo 244,247, comma 1-bis, 254 bis, 352 comma 1-bis, cod. proc. penumero con riferimento ai dati di natura informatica, l'eventuale inosservanza delle regole acquisitive neppure allegata a difesa potendosi al più riflettere sull'affidabilità della prova, ma non sulla acquisibilità. Sotto altro profilo, ha osservato che la qualificazione quale documento ai sensi dell'articolo 234 o dell'articolo 234 bis, cod. proc. penumero non ne modificherebbe il regime di utilizzabilità, potendo essa acquisirsi con i comuni mezzi sequestro o consegna diretta , il riferimento al legittimo titolare non essendo indicativo del proprietario del documento e che si trova nella disponibilità del titolare del procedimento che lo ha acquisito. Il Tribunale, peraltro, ha ritenuto la utilizzabilità delle chat anche ove le si ritenga intercettazioni di flussi informatici effettuate in Francia, sulla scorta delle autorizzazioni dei Tribunali di Lille e Parigi dal giugno 2019 al marzo 2021 in tal caso, i dati sarebbero utilizzabili alla stregua del disposto di cui all'articolo 270, cod. proc. penumero che riserva al potere del PM di acquisire al proprio fascicolo intercettazioni autorizzate e disposte da altra AG in un diverso procedimento, senza necessità di acquisire e allegare i relativi provvedimenti autorizzativi, né di fornirsi di autorizzazione giudiziale, ciò valendo anche ove il diverso procedimento penda davanti a una AG straniera, con i soli limiti di utilizzabilità nella specie insussistenti della natura dei reati per i quali si procede quali ipotesi che impongono l'arresto e della indispensabilità dei dati richiamati per l'accertamento di detti reati, violazioni che la difesa, nella specie, non aveva dedotto. Ha, poi, richiamato i principi sui quali si regge la cooperazione penale nella cornice dell'Unione Europea, rilevando che lo strumento attivato è stato previsto proprio dalla normativa europea, richiamando il contenuto del parere dell'Avvocato generale UE nelle conclusioni rassegnate il 26/10/2023 nella causa pendente davanti alla Corte di Giustizia UE a seguito di rinvio pregiudiziale del Tribunale di Berlino sull'utilizzabilità di tale tipo di messaggistica - in quel caso piattaforma Encrochat - acquisita dal PM tedesco a mezzo di O.I.E. , laddove si é messo in risalto il vincolo del riconoscimento reciproco che incombe sugli Stati membri nell'ambito della cooperazione penale che si fonda sul presupposto che essi rispettino i diritti fondamentali, distinguendosi tra espletamento di prove e acquisizione di quelle esistenti, senza che l'AG richiedente possa mettere in discussione la legittimità degli atti con i quali esse sono raccolte nello Stato membro richiesto. In conclusione, il Tribunale ha ritenuto che né il PM, né il giudice cautelare possano allo stato sindacare la legittimità delle operazioni svolte in Francia ed eseguite - indipendentemente dagli O.I.E. italiani - su autorizzazione dei giudici francesi, da ritenersi legittime, salvo prova contraria non allegata a difesa, sulla base del principio di affidamento vigente in materia, osservando che l'unica verifica percorribile attiene al rispetto dei diritti fondamentali e ricordando che l'Italia, come gli altri Stati membri dell'Unione, ha implementato la direttiva su tale strumento di cooperazione penale, nel rispetto dei principi dell'ordinamento costituzionale e della Carta di Nizza in tema di diritti fondamentali e dei diritti di libertà e del giusto processo. La difesa non aveva lamentata una tale violazione, la doglianza avendo avuto ad oggetto unicamente il mancato accesso al materiale originale . Nella specie, peraltro, la conformità dei dati trasmessi rispetto a quelli acquisiti dall'AG francese era attestata dai verbali redatti dalla PG d'oltralpe in esecuzione dei provvedimenti autorizzativi della Corte d'appello di Parigi, fatta salva la possibilità per la difesa di evidenziarne anomalie tecniche, non essendo state articolate censure sul contenuto delle chat trasmesse che il Tribunale ha ritenuto attendibile, anche in ragione dei molteplici riferimenti a fatti e dati personali dell'indagato. Esposti gli elementi giustificativi della gravità indiziaria, mediante richiamo e trascrizione di interi passaggi delle comunicazioni riguardanti tale posizione, ai quali si rinvia per comodità espositiva pagg. da 17 a 22 dell'ordinanza impugnata , il Tribunale ha poi evidenziato il ruolo di partecipe del NOURRA, ricavandolo da plurime circostanze al predetto il sodalizio aveva fornito un cripto telefonino come riferito da Lu.Pa. a To.Pe. il 22/6/2020 egli aveva avuto rapporti costanti con Lu.Pa., con Ni.Gj., i due fratelli Pe., Ro. e Co., ma anche con numerosi fornitori, non individuati inoltre, era ritenuto a tal punto fidato da avere rappresentato il riferimento della copertura della latitanza di Sa.Pe. 3. La difesa del Ko.Nu. ha proposto ricorso, formulando tre motivi. Con il primo, ha dedotto erronea applicazione della legge processuale penale in relazione alla ritenuta regolarità dell'acquisizione, nell'ambito del procedimento straniero, delle chat SkyECC utilizzate, quale unica prova, a carico. Si rileva l'erroneità della decisione nella parte in cui il giudice del riesame ha ritenuto la presunzione di regolarità degli atti compiuti dall'autorità straniera, altre pronunce legittimando l'opposta conclusione, secondo la quale non è sufficiente l'acquisizione della messaggistica tramite O.E.I., essendo necessario un riscontro di conoscenza delle modalità di acquisizione di detto materiale, per valutare, anche nella fase cautelare, che esse non siano in contrasto con norme inderogabili e principi fondamentali del nostro ordinamento. Sotto altro profilo, ha rilevato che la presunzione di regolarità sarebbe in contrasto con l'articolo 729, cod. proc. penumero che impone una vigilanza sulle prove acquisite all'estero, tutta la disciplina delle impugnazioni essendo intesa a detta verifica e non essendo detta presunzione codificata. Nella specie, l'attività investigativa di estrapolazione era stata effettuata a mezzo di un vero e proprio hackeraggio segreto, i cui dettagli non sono stati chiariti per avere le autorità francesi opposto il segreto militare. Con il secondo motivo, ha dedotto vizio della motivazione, avendo il Tribunale ravvisato un onere di allegazione della difesa quanto ai provvedimenti autorizzativi delle conversazioni intercettate, non presenti agli atti del fascicolo, evidenziandosi però la contraddittorietà dell'assunto, per impossibilità della difesa di depositare atti che lo stesso Tribunale ha ammesso non esser stati trasmessi dall'AG francese. Con il terzo motivo, infine, la difesa ha dedotto violazione di Legge con riferimento alla ritenuta sussistenza dei tratti distintivi di un'associazione ai sensi dell'articolo 74 d.P.R. numero 309/1990, rilevando che le chat utilizzate a carico del Ko.Nu. sarebbe ascrivibili a interlocuzioni tra terzi soggetti, senza che sia stato indicato alcun elemento di rilievo proveniente o destinato al criptotelefonino di pertinenza dell'indagato. Sotto altro profilo, si è sottolineato che le rare conversazioni tra terzi aventi a oggetto tale pizza , ritenuto essere il Ko.Nu., in effetti sarebbero dimostrative della non intraneità di costui, avendo il Tribunale valorizzato un episodio di perdita del carico che aveva costretto il Ko.Nu. a prestare un'attività gratuita con trattenuta del denaro sino all'ammontare del valore della droga perduta , incompatibile con il ruolo di partecipe. 4. La precedente udienza del 21 febbraio 2024 è stata rinviata, su concorde richiesta scritta del Procuratore generale e della difesa, in attesa della decisione delle Sezioni Unite penale di questa Corte sulla questione rimessa avente a oggetto proprio l'utilizzabilità delle chat acquisite con O.E.I., intervenuta il 29 febbraio 2024 e della quale constano, allo stato, solo notizie di decisione. 5. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Olga MIGNOLO, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso anche alla luce delle informazioni provvisorie nnumero 3 e 4 del 2023 delle Sezioni unite penali sui quesiti sottoposti. 6. Il difensore del ricorrente, pur avendo chiesto la trattazione orale, vi ha rinunciato con memoria, con la quale ha chiesto in via preliminare un ulteriore rinvio in attesa del deposito delle motivazioni di cui al citato arresto delle Sezioni unite e, in ogni caso, l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso va rigettato. 2. Il primo e il secondo motivo sono infondati. Essi introducono direttamente la questione della utilizzabilità del materiale informatico messaggistica scambiata su piattaforma SkyECC acquisito con O.E.I. del pubblico ministero procedente. Sul tema della disciplina delle garanzie con riferimento a tali acquisizioni, va intanto operata una premessa di tipo generale e di inquadramento normativo. Il PM, in questo come in altri numerosi casi, già venuti all'attenzione di questo giudice di legittimità, ha agito nell'ambito dei poteri previsti nel Capo I del Titolo III Procedura attiva del D.Lgs. 21 giugno 2017, numero 108, contenente le norme di attuazione della direttiva 2014/41/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa all'ordine europeo d'indagine penale. Egli non ha richiesto all'autorità giudiziaria dell'altro Stato membro UE di procedere a un atto d'indagine, ma ha agito ai sensi dell'articolo 45 del decreto citato Richiesta di documentazione inerente alle telecomunicazioni , ai limitati fini della trasmissione di documentazione già acquisita, non d'iniziativa dell'autorità richiedente, ma in possesso di quella richiesta con l'O.E.I. che l'aveva ottenuta in forza di una propria, autonoma attività, nel corso di un diverso procedimento già pendente in quel Paese. Occorre, inoltre, chiarire la natura dell'ordine di cui si discute. Si tratta di uno strumento inteso a implementare le già esistenti forme di cooperazione penale nell'ambito dell'Unione, in coerenza con le linee poste dalla direttiva recepita esso rientra nella cooperazione giudiziaria in materia penale di cui all'articolo 82, paragrafo 1, TFUE, che si fonda sul principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie. Tale principio, che costituisce la pietra angolare della cooperazione giudiziaria in materia penale, è a sua volta fondato sulla fiducia reciproca nonché sulla presunzione relativa che gli altri Stati membri rispettino il diritto dell'Unione e, in particolare, i diritti fondamentali CGUE, 11 novembre 2021, Gavanozov, in C-852/19, in cui al par. 54, la Corte del Lussemburgo ha operato un richiamo alla sentenza 8 dicembre 2020, Staatsanwaltschaft Wien Ordini di bonifico falsificati , C-584/19, punto 40 . Nell'ambito di un procedimento riguardante un ordine europeo di indagine, la garanzia di tali diritti spetta così in primo luogo allo Stato membro di emissione, che si deve presumere rispetti il diritto dell'Unione e, in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest'ultimo v., per analogia, sentenza del 23 gennaio 2018, Piotrowski, C-367/16, punto 50, richiamata al par. 55 . La direttiva 2014/41, inoltre, si basa sul principio dell'esecuzione dell'ordine europeo di indagine. Il suo articolo 11, paragrafo 1, lettera f , consente alle autorità di esecuzione di derogare a tale principio, in via eccezionale, a seguito di una valutazione caso per caso, qualora sussistano seri motivi per ritenere che l'esecuzione dell'ordine europeo di indagine sarebbe incompatibile con i diritti fondamentali garantiti, in particolare, dalla Carta. Tuttavia, in assenza di qualsiasi mezzo di impugnazione nello Stato di emissione, l'applicazione di detta disposizione diventerebbe sistematica. Una tale conseguenza sarebbe contraria all'impianto generale della direttiva 2014/41 e al principio di fiducia reciproca CGUE C-852/19 cit. par. 59 . Possiamo, pertanto, affermare che la previsione di tale strumento si correla all'esigenza di assicurare un meccanismo efficace, di carattere generale, rispettoso del principio di proporzione posto dall'undicesimo Considerando della direttiva , a sua volta collegato a quello del reciproco riconoscimento e della fiducia nel rispetto del diritto dell'Unione di cui al sesto Considerando da parte degli Stati membri e che, comunque, deve assicurare il rispetto dei diritti fondamentali dodicesimo Considerando . In tale cornice, si inseriscono l'articolo 2 della direttiva, secondo cui Gli Stati membri eseguono un OEI in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alla presente direttiva e l'articolo 9, secondo cui L'autorità di esecuzione riconosce un OEI, trasmesso conformemente alle disposizioni della presente direttiva, senza imporre ulteriori formalità e ne assicura l'esecuzione nello stesso modo e secondo le stesse modalità con cui procederebbe se l'atto d'indagine in questione fosse stato disposto da un'autorità dello Stato di esecuzione, a meno che non decida di addurre uno dei motivi di non riconoscimento o di non esecuzione ovvero uno dei motivi di rinvio previsti dalla presente direttiva . Pertanto, l'ordine europeo di indagine deve avere ad oggetto una prova acquisibile nello Stato di emissione e deve essere eseguito in conformità di quanto previsto nello Stato di esecuzione per il compimento di un analogo atto di acquisizione probatoria, potendosi presumere il rispetto di tale disciplina e dei diritti fondamentali, salvo concreta verifica di segno contrario sez. 6, numero 48330 del 25/10/2022, Borrelli, Rv. 284027, in motivazione, in fattispecie analoga a quella all'esame . 2.1, Nel caso all'esame, l'ordine europeo di indagine doveva solo dare e ha dato conto dello specifico oggetto della prova richiesta, che - nella specie - ha riguardato l'acquisizione di messaggi in entrata e in uscita scambiati mediante il sistema di messaggistica SkyECC nel periodo dal 1A gennaio 2019 fino alla data di esecuzione dell'O.E.I. con utilizzo degli apparati ai quali erano abbinati alcuni IMSI/IMEI. Il dispositivo criptato che qui interessa era abbinato a un codice univoco Omissis , a sua volta collegato a un nome utente Omissis , in uso al coindagato To.Pe. tra giugno 2020 e i primi di marzo 2021 nel marzo del 2021, infatti, il sistema é stato abbandonato dagli utenti, essendosi diffusa la notizia della violazione della piattaforma . Al primo O.E.I. avevano fatto seguito altri due, relativi ad altri apparecchi, risultati in contatto con quello del To.Pe. 3. Operata tale precisazione quanto allo strumento di cooperazione penale attivato dall'organo d'indagine, deve rilevarsi come la difesa abbia censurato la utilizzazione dei dati inviati dall'AG francese, sostanzialmente dolendosi della mancata allegazione degli atti decreti autorizzativi dell'autorità giudiziaria richiesta relativi al procedimento di acquisizione della messaggistica scambiata sulla piattaforma violata, adducendo la conseguente impossibilità per l'indagato di articolare il proprio ragionamento difensivo in ordine a tali provvedimenti autorizzativi e per il giudice di operare la necessaria verifica del rispetto delle norme inderogabili e dei principi fondamentali dell'ordinamento, invocando a sostegno anche un'asserita violazione dell'articolo 729, cod. proc. penumero Utilizzabilità degli atti assunti per rogatoria . 4. La questione introdotta con il ricorso ha già formato oggetto di plurimi pronunciamenti da parte di questa Corte di legittimità richiamato il principio generale di presunzione di legittimità delle prove acquisite dall'autorità giudiziaria di un altro Stato membro dell'Unione Europea, si è affermato infatti che, in tema di mezzi di prova, la messaggistica su chat di gruppo su sistema Sky ECC , acquisita mediante ordine europeo di indagine da autorità giudiziaria straniera che ne ha eseguito la decriptazione, costituisce dato informativo documentale conservato all'estero, utilizzabile ai sensi dell'articolo 234 bis cod. proc. penumero , e non flusso comunicativo, non trovando applicazione la disciplina delle intercettazioni di cui agli articolo 266 e 266-bis cod. proc. penumero sez. 4, numero 16347 del 5/4/2023, Papalia, Rv. 284563-01 sez. 3, numero 47201 del 19/10/2023, Bruzzaniti, Rv. 285350-01 , spettando, dunque, al giudice straniero la verifica della correttezza della procedura e l'eventuale risoluzione di ogni questione relativa alle irregolarità lamentate nella fase delle indagini preliminari in tal senso, sez. 3, numero 1396 del 12/10/2021, dep. 2022, Torzi, in cui, in motivazione, si rinvia anche a sez. 5, numero 1405 del 16/11/2016, dep. 2017, Ruso, Rv. 269015 - 01 a sez. 2, numero 24776 del 18/5/2010, Mutari, Rv. 247750 - 01 e a sez. 1, numero 21673 del 22/1/2009, Rizzata, Rv. 243796 - 01 ma anche a sez. 5, numero 45002 del 13/7/2016, Crupi, Rv. 268457 - 01 . In altre pronunce, invece, sempre con riguardo all'acquisizione della messaggistica criptata dalla piattaforma Sky-Ecc, si è affermato che l'O.E.I. può essere emesso dal pubblico ministero per richiedere il trasferimento di intercettazioni di conversazioni già disposte dal giudice straniero nel paese membro di esecuzione, facendosi rinvio, quanto allo strumento interno, alle norme in tema di intercettazioni, essendo ultronea la verifica giudiziale di utilizzabilità, da parte del giudice nazionale, perché non prevista dall'articolo 270 cod. proc. penumero neppure per il trasferimento di intercettazioni nei procedimenti interni sez. 6, numero 46482 del 27/9/2023, Bruzzaniti, Rv. 28536302 . 5. Le Sezioni unite penali di questa Corte di legittimità sono state chiamate a dirimere il contrasto sull'esatto inquadramento del regime di utilizzabilità interna delle comunicazioni captate da tale piattaforma e già decrittate dalla AG estera in altro procedimento penale e si sono pronunciate su tre collegate questioni di diritto. Alla stregua della notizia di decisione informazione provvisoria di decisione del 29 febbraio 2024 , il precedente orientamento interpretativo, secondo il quale le chat intervenute sulla piattaforma SkyEcc hanno natura di documenti di dati informatici , deve essere certamente rivisitato, avendo il Supremo collegio adottato la soluzione per la quale il trasferimento di tali dati rientra nell'acquisizione di atti di un procedimento penale che, a seconda della loro natura, trova alternativamente il suo fondamento negli articolo 78 disp. att. cod. proc. penumero , 238, 270 cod. proc. penumero e, in quanto tale, rispetta l'articolo 6 della Direttiva 2014/41/UE, riconoscendo, da un lato, il potere del pubblico ministero di acquisire gli atti di altro procedimento penale, dall'altro, il dovere dell'Autorità giurisdizionale dello Stato di emissione dell'ordine europeo di indagine di verificare il rispetto dei diritti fondamentali, comprensivi del diritto di difesa e della garanzia di un equo processo. Orbene, alla luce di tale soluzione, può intanto ribadirsi che l'acquisizione di atti di altro procedimento penale non deve essere oggetto di verifica giurisdizionale preventiva della sua legittimità nello Stato di emissione dell'O.I.E. e che il pubblico ministero italiano é legittimato, ai sensi dell'articolo 27, comma 1, del D.Lgs. numero 108 del 2017, a emettere, nell'ambito delle proprie attribuzioni nella fase delle indagini preliminari, un ordine europeo di indagine volto all'acquisizione di una prova già disponibile e a trasmetterlo direttamente all'autorità di esecuzione CGUE del 8/12/2020, C584/19 a proposito delle condizioni in virtù della quali un ufficio di Procura sia qualificabile come Autorità di emissione . 6. Nella specie, il Tribunale, edotto del profilato contrasto sulla natura dello strumento interno per l'utilizzabilità dei dati trasmessi a seguito di inoltro di O.E.I., ha ritenuto infondata la tesi difensiva con la quale si era contestata l'utilizzabilità delle chat, dal momento che, anche valorizzando il dato che i messaggi erano frutto di vere e proprie intercettazioni disposte in Francia, sulla scorta di provvedimenti autorizzativi delle AA.GG. di Lille e Parigi, la normativa interna appronta in ogni caso uno specifico strumento, per l'appunto quello dell'articolo 270, cod. proc. penumero che regolamenta l'utilizzo delle intercettazioni nel procedimento diverso da quello nel quale sono state autorizzate, procedimento che può essere anche quello pendente nel Paese membro richiesto, trattandosi di captazioni rilevanti e indispensabili per l'accertamento dei delitti oggetto della incolpazione provvisoria, per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. Pertanto, sotto tale profilo, non può accedersi alla richiesta di ulteriore rinvio formulata dalla difesa, in attesa del deposito delle motivazioni della decisione delle Sezioni Unite del 29/2/2024, posto che il Tribunale ha già ritenuto, in maniera del tutto coerente con quanto affermato dal Supremo collegio, l'utilizzabilità dei dati ai sensi dell'articolo 270, cod. proc. penumero , cosicché, nella specie, il tema da sottoporre al Tribunale del riesame sarebbe stato piuttosto quello della verifica del rispetto dei diritti fondamentali, comprensivi del diritto di difesa e della garanzia di un equo processo. 7. Sotto tale specifico profilo, tuttavia, deve rilevarsi che la difesa si è limitata ad opporre la mancata acquisizione dei decreti autorizzativi dell'autorità giudiziaria francese e l'impossibilità di accedervi, onde poter controllare ex post la conformità degli elementi raccolti rispetto a quelli trasmessi, conformità nella specie attestata dai verbali redatti dalla PG francese in esecuzione dei provvedimenti autorizzativi, senza nulla dedurre in ordine a specifiche violazioni dei diritti fondamentali, comprensivi del diritto di difesa e della garanzia di un equo processo, come correttamente evidenziato dallo stesso Tribunale a pag. 15 nel provvedimento impugnato. Tuttavia, è lo stesso strumento del diritto interno a non contemplare alcun obbligo del pubblico ministero di deposito dei provvedimenti autorizzativi dell'AG che ha autorizzato le intercettazioni nel diverso procedimento, tale adempimento non essendo per l'appunto contemplato nell'articolo 270, cod. proc. penumero 8. Il terzo motivo è manifestamente infondato. La difesa ha dedotto una violazione di legge per asserito difetto degli elementi costitutivi del delitto associativo, in realtà contestando il percorso argomentativo del Tribunale che ha ritenuto la sussistenza del sodalizio e l'intraneità del Ko.Nu. sulla scorta del materiale probatorio analiticamente esposto alle pagg da 17 a 22 del provvedimento impugnato. In ogni caso, mette conto evidenziare che una censura che attacchi la motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio e ai suoi limiti, lo scrutinio delle doglianze inerenti alla adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie e non anche di quelle che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito sez. 2, numero 27866 del 17/6/2019, Mazzetti, Rv. 276976 . Nella specie, peraltro, va considerata la natura del materiale probatorio esaminato dai giudici del merito, dovendosi ribadire il principio per il quale la interpretazione e la valutazione del contenuto di conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite sez. 3, numero 44938 del 5/10/2021, Gregoli, Rv. 282337 Sez. U, numero 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263715-01 . La ricostruzione della fattispecie associativa è avvenuta alla stregua degli elementi riversati nella ordinanza impugnata, dai quali il Tribunale ha tratto la esistenza degli elementi costitutivi di quel reato, tratteggiandone i connotati e la convergenza verso un obiettivo comune del gruppo, dando conto del ruolo del Ko.Nu. all'interno di quest'ultimo, ponendo in risalto elementi fattuali ritenuti espressione del modus operandi del gruppo, ponendo in evidenza la circostanza che egli era stato dotato di telefono criptato a mezzo del quale si era tenuto in contatto con il Lu.Pa., godendo da parte dei sodali di un fiducia tale da essere designato a coprire la latitanza del To.Pe. La difesa, di contro, si è limitata alla generica contestazione della conducenza degli elementi valorizzati dal Tribunale, senza evidenziare tuttavia alcun vizio del ragionamento svolto dai giudici territoriali che, quindi, resta in questa sede incensurabile. 9. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e la trasmissione degli atti alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. penumero P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'articolo 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. penumero Così deciso l'11 aprile 2024. Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2024.