La cessione del credito non è attività di finanziamento: inammissibile il rinvio pregiudiziale sulla questione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Brindisi e avente ad oggetto la validità o meno della cessione in blocco dei crediti fra due soggetti non iscritti nell’albo degli intermediari finanziari di cui all’articolo 106 TUB.

La Prima Presidente ha chiarito che la novità della quaestio iuris è esclusa dalla presenza di pronunce di legittimità suscettibili di rappresentare una guida orientativa per il giudice di merito nella soluzione dei casi concreti, non rilevando che il giudice a quo abbia manifestato di non condividere tali pronunce. La questione in lite Il Tribunale di Brindisi ha sollevato una questione pregiudiziale ex articolo 363-bis c.p.c., chiedendo alla Corte di Cassazione di «pronunciarsi sulla validità o meno del contratto di cessione, stipulato con soggetto non iscritto al registro ex articolo 106 del testo unico bancario, alla luce della normativa antiriciclaggio di fonte interna e comunitaria, così come del generale principio di trasparenza». L'ordinanza di rimessione concerne, cioè, la portata e l'ambito dell'articolo 106 TUB e, in particolare, l'applicabilità di tale disposizione alle operazioni di cartolarizzazione cessione in blocco di crediti il giudice a quo chiede quindi alla Corte Suprema di chiarire se la cessione dei crediti intervenuta fra due soggetti entrambi non iscritti nell'albo di cui all'articolo 106 TUB sia da considerarsi nulla/inefficace sul piano civilistico oppure se comporti esclusivamente conseguenze sul piano amministrativo relativo alla vigilanza sugli intermediari finanziari. Nel primo caso, l'eventuale decreto ingiuntivo notificato dalla cessionaria al debitore sarebbe travolto dalla invalidità a monte del contratto di cessione del credito. Cos'è l'Albo degli intermediari finanziari? La Corte ricorda in primo luogo che l'articolo 106 TUB prevede che l'esercizio nei confronti del pubblico dell'attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma è riservato agli intermediari finanziari autorizzati, iscritti in un apposito albo tenuto dalla Banca d'Italia. Detta norma dispone poi che gli intermediari finanziari possono a emettere moneta elettronica e prestare servizi di pagamento, a condizione che siano a ciò autorizzati ai sensi dell'articolo 114-quinquies, comma 4, e iscritti nel relativo albo, oppure prestare solo servizi di pagamento, a condizione che siano a ciò autorizzati ai sensi dell'articolo 114-novies, comma 4, e iscritti nel relativo albo b prestare servizi di investimento, se autorizzati ai sensi dell'articolo 18, comma 3, TUF c esercitare le altre attività a loro eventualmente consentite dalla legge nonché attività  connesse o strumentali, nel rispetto delle disposizioni dettate dalla Banca d'Italia. La cessione del credito non è attività di finanziamento Osserva poi la Prima Presidente come la Corte di Cassazione abbia già chiarito, con pronuncia numero 4427 del 20 febbraio 2024, che al fine di qualificare la cessione del credito quale attività di finanziamento, soggetta alla disciplina dell'articolo 106 TUB, non è sufficiente che il cessionario operi nei confronti di terzi con carattere di professionalità, ma è necessario che la cessione integri erogazione di un finanziamento, ossia che comporti l'anticipazione di denaro o altre utilità. In quella stessa pronuncia la Corte di legittimità ha quindi distinto la semplice operazione di cessione del credito dalla vera e propria prestazione di servizi di finanziamento, solo al cospetto della quale sorge l'obbligo di iscrizione all'albo degli intermediari finanziari ricordando poi che «per attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma si intende la concessione di crediti, ivi compreso il rilascio di garanzie sostitutive del credito e di impegni di firma» e che «l'attività comprende, tra l'altro, ogni tipo di finanziamento erogato nella forma di a locazione finanziaria b acquisto di crediti a titolo oneroso c credito ai consumatori, così come definito dall'articolo 121 del testo unico bancario d credito ipotecario e prestito su pegno f rilascio di fideiussioni, avallo, apertura di credito documentaria, accettazione, girata, impegno a concedere credito, nonché ogni altra forma di rilascio di garanzie e di impegni di firma» cfr. articolo 2, comma 1, Decreto MEF numero 53/2015 . È valida la cessione del credito a soggetto non autorizzato Rammenta infine la Corte come in altra pronuncia di legittimità Cass. 18 marzo 2024, numero 7243 sia stato stabilito che il conferimento dell'incarico di recupero dei crediti cartolarizzati ad un soggetto non iscritto nell'albo di cui all'articolo 106 TUB e i conseguenti atti di riscossione da questo compiuti non sono affetti da invalidità ciò in quanto l'articolo 2, comma 6, L. numero 130/1999non ha immediata valenza civilistica, ma attiene, piuttosto, alla regolamentazione amministrativa del settore bancario e finanziario, la cui rilevanza pubblicistica è specificamente tutelata dal sistema dei controlli e dei poteri, anche sanzionatori, facenti capo all'autorità di vigilanza e presidiati da norme penali con la conseguenza che l'omessa iscrizione nel menzionato albo può assumere rilievo sul piano del rapporto con la predetta autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici, ma non incide sul diverso piano del rapporto negoziale, o sugli atti di riscossione compiuti.  In altri termini, la Corte di Cassazione ha già stabilito che le condotte difformi degli operatori non possono provocare il travolgimento di contratti cessioni di crediti, mandati, ecc. o di atti processuali di estrinsecazione della tutela del credito, in sede cognitiva o anche esecutiva precetti, pignoramenti, interventi, ecc. . La questione non presenta il requisito della grave difficoltà interpretativa  Chiarito quanto sopra, la Corte osserva come le due richiamate decisioni di legittimità forniscano già, nel quadro di una nomofilachia circolare, precise indicazioni, utilizzabili dal giudice di merito ai fini della risoluzione del caso  sottoposto al suo esame, concernendo, l'una, i presupposti per l'applicazione dell'articolo 106 TUB, e, l'altra, l'assenza di tale obbligo per le società incaricate della riscossione, anche coattiva, del credito. E ciò esclude il carattere della novità della quaestio iuris, non rilevando che il giudice a quo abbia manifestato di non condividere tali pronunce. L'istituto della nomofilachia preventiva non può, cioè, trasformarsi in un mezzo rivolto a sollecitare impropriamente una riconsiderazione della giurisprudenza di legittimità. Infatti, la ratio del rinvio pregiudiziale consiste nell'affrontare questioni giuridiche di rilevante complessità che, per il loro carattere di novità, richiedano l'intervento nomofilattico preventivo della Corte al fine di orientare, fin da subito, i giudici di merito. L'istituto è stato disegnato dal legislatore proprio al fine di rendere con tempestività un indirizzo di legittimità in settori di interesse generale, senza che si debba attendere che la questione dibattuta giunga, dopo anni, all'attenzione della Corte attraverso la trafila degli ordinari mezzi di impugnazione. Se ogni questione interpretativa fosse invece passibile di essere sottoposta, tramite l'istituto di cui all'articolo 363 bis c.p.c., alla decisione della Corte di Cassazione, si finirebbe con l'inaridire il compito di interpretare la legge, che è dovere indeclinabile di ogni giudice, anche di merito. Il rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Brindisi è pertanto dichiarato inammissibile. Sull'istituto del “rinvio pregiudiziale” ex articolo 363 bis c.p.c. Com'è noto, questo nuovo istituto prevede la possibilità per il giudice di merito di adire, in corso di causa e al ricorre di determinati presupposti, direttamente la Suprema Corte. L'ordinanza di rimessione è soggetta ad un vaglio preliminare del Primo Presidente della Suprema Corte il quale entro novanta giorni deve valutare la sussistenza o meglio, la concorrenza delle condizioni fissate dall'articolo 363 bis, comma 1, c.p.c., e cioè che 1 la questione di diritto sottoposta all'attenzione della Suprema Corte sia necessaria alla definizione anche parziale del giudizio di merito e che non sia stata oggetto di una precedente pronuncia della Suprema Corte 2 la questione presenti gravi difficoltà interpretative 3 la questione sia suscettibile di porsi in numerosi giudizi. Qualora dette condizioni non sussistano il Primo Presidente provvederà a dichiarare con decreto l'inammissibilità della questione. Nel decreto in esame la Prima Presidente della Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto che la questio iuris non presentasse «gravi difficoltà interpretative» essendo già note alcune pronunce di legittimità idonee di per sé a orientare il giudice di merito nella definizione del giudizio. Rispetto al requisito della «gravità della difficoltà interpretativa» si segnala che lo stesso è stato escluso anche qualora a il giudice di merito compia un rinvio puramente esplorativo o ipotetico cfr. Cass., Decreto Primo Presidente 7 novembre 2023, numero 31016 . In quel caso era stata dichiarata l'inammissibilità del rinvio pregiudiziale non essendosi il giudice del merito adeguatamente impegnato ad illustrare le diverse opzioni interpretative in gioco, quale test della serietà del proprio dubbio ermeneutico, il quale deve assurgere a un livello di serietà tale da impedire un arretramento del potere-dovere decisorio del giudice b il giudice di merito sia chiamato a operare una semplice scelta tra due soluzioni interpretative contrapposte e ciò anche quando tali interpretazioni siano il  frutto dell'applicazione di operazioni ermeneutiche differenti cfr. Cass., Decreto Primo Presidente, 10 maggio 2023, numero 12502 c il principio di diritto sia già stato risolto in precedente rinvio pregiudiziale su tema analogo cfr. Cass., Decreto Primo Presidente, 19 marzo 2024, numero 7254 .

La Prima Presidente 1. – Il Tribunale di Brindisi, con ordinanza in data 16 aprile 2024, ha sollevato una questione pregiudiziale ai sensi dell'articolo 363-bis cod. proc. civ., chiedendo alla Corte di cassazione di “pronunciarsi sulla validità o meno del contratto di cessione, stipulato con soggetto non iscritto al registro ex articolo 106 del testo unico bancario, alla luce della normativa antiriciclaggio di fonte interna e comunitaria, così come del generale principio di trasparenza”, “in relazione all'ipotesi in cui la cessione intervenga fra due soggetti entrambi non iscritti e non qualificati, dunque né vigilati, né conformati nel proprio assetto organizzativo”. Più nello specifico, il giudice a quo ha chiesto di “chiarire quali rimedi l'ordinamento appresti a fronte dell'eventuale invalidità nullità o inefficacia o rilievo solo amministrativo della violazione del predetto negozio”. “Premessa la vigenza del livello comunitario della disciplina antiriciclaggio e la sua univocità, nell'ipotesi di ritenuto contrasto con la stessa”, secondo il rimettente si tratta di “chiarire se il contratto di cessione possa ritenersi invalido e, nell'ipotesi affermativa, se lo stesso sia da ritenersi nullo o inefficace o disapplicabile, nei suoi effetti, come concluso dalla univoca giurisprudenza di legittimità con riguardo alla norma interna anticomunitaria”. In subordine, ove la normativa comunitaria in materia di riciclaggio non dovesse essere ritenuta univoca, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia, si tratterebbe, ad avviso del giudice a quo, di “valutare la possibilità di un rinvio pregiudiziale all'organo della giurisdizione comunitaria, per una compiuta interpretazione della normativa sovranazionale”. 2. – L'ordinanza di rimessione incardinata con il numero 8999 del 2024 di registro generale concerne la portata e l'ambito dell'articolo 106 del testo unico bancario, approvato con il d.lgs. numero 385 del 1993. Essa interroga la Corte sull'applicabilità di tale disposizione alle operazioni di cartolarizzazione cessione in blocco di crediti e, in caso affermativo, sulle conseguenze che ne derivano in particolare, viene posto il quesito se tali conseguenze si lascino apprezzare esclusivamente sul piano amministrativo, relativo alla vigilanza sugli intermediari finanziari, o se, come sembra propendere il giudice a quo, le stesse operino anche sul piano civilistico, determinando la nullità del negozio, o dei negozi, di cessione. 3. – Sotto la rubrica “Albo degli intermediari finanziari”, l'articolo 106 del testo unico bancario prevede che l'esercizio nei confronti del pubblico dell'attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma è riservato agli intermediari finanziari autorizzati, iscritti in un apposito albo tenuto dalla Banca d'Italia. Oltre a tale attività – prosegue la disposizione – gli intermediari finanziari possono a emettere moneta elettronica e prestare servizi di pagamento, a condizione che siano a ciò autorizzati ai sensi dell'articolo 114-quinquies, comma 4, e iscritti nel relativo albo, oppure prestare solo servizi di pagamento, a condizione che siano a ciò autorizzati ai sensi dell'articolo 114-novies, comma 4, e iscritti nel relativo albo b prestare servizi di investimento, se autorizzati ai sensi dell'articolo 18, comma 3, del testo unico sull'intermediazione finanziaria, di cui al d.lgs. numero 58 del 1998 c esercitare le altre attività a loro eventualmente consentite dalla legge nonché attività connesse o strumentali, nel rispetto delle disposizioni dettate dalla Banca d'Italia. 4. – Il Tribunale di Brindisi riferisce che il titolo esecutivo azionato da omissis s.p.a. è rappresentato da un contratto di mutuo ipotecario, concesso ai sensi dell'articolo 38 e seguenti del testo unico bancario, e che entrambi i debitori esecutati sono mutuatari. Ad intervenire in giudizio – prosegue il giudice rimettente – era in origine omissis s.p.a., Banca iscritta all'Albo delle Banche e Capogruppo del Gruppo Bancario omissis , e per essa omissis s.p.a. quale mandataria, giusta procura notarile successivamente, la società omissis s.r.l. interveniva nella procedura esecutiva per il tramite della procuratrice speciale omissis s.p.a. spiegava, poi, intervento, ex articolo 111 cod. proc. civ., la società omissis s.p.v. e, per essa, quale procuratrice e servicer, la Banca omissis s.p.a., che a sua volta agiva per il tramite della mandataria con rappresentanza e subservicer, omissis s.r.l. Il Tribunale rimettente osserva che dal contenuto di tale atto di intervento emerge che il credito di omissis è stato oggetto di tre differenti cessioni la prima, con la quale, in forza del contratto di cessione dei crediti individuabili in blocco ai sensi della legge numero 130 del 1999, omissis ha ceduto pro soluto, in favore di omissis s.r.l., un portafoglio di crediti la seconda cessione, da omissis s.r.l. a omissis s.p.v. s.r.l. la terza cessione, infine, da omissis s.p.v. s.r.l. a omissis s.p.v. s.r.l. Il giudice a quo rappresenta che nessuna delle cessionarie risulta iscritta nell'albo ex articolo 106 del testo unico. 5. – Non sussistono le condizioni previste dall'articolo 363-bis cod. proc. civ. perché la questione sollevata dal Tribunale di Brindisi possa trovare ingresso. 6. – La questione non presenta il requisito della grave difficoltà interpretativa, giacché nella giurisprudenza della Corte di cassazione si rinviene l'enunciazione di principi suscettibili di orientare la risoluzione del dubbio posto dal rimettente. Difatti, la Terza Sezione della Corte, con l'ordinanza 20 febbraio 2024, numero 4427, ha già affermato che, al fine di qualificare la cessione del credito quale attività di finanziamento, soggetta alla disciplina dell'articolo 106 del testo unico bancario, non è sufficiente che il cessionario operi nei confronti di terzi con carattere di professionalità, ma è necessario che la cessione integri erogazione di un finanziamento, ossia che comporti l'anticipazione di denaro o altra utilità. La Corte – pronunciandosi in una fattispecie di cessione del credito spettante, nei confronti della compagnia aerea, al trasportato ex articolo 7 del Regolamento CE numero 261 del 2004 – ha confermato la sentenza impugnata che aveva disatteso l'eccezione di nullità della cessione di credito ai sensi dell'articolo 106 del testo unico bancario. Si è così affermata la non riconducibilità dell'operazione all'attività di finanziamento, essendo il versamento del corrispettivo della cessione meramente eventuale in quanto condizionato al buon esito della riscossione del credito ceduto. La Corte ha anche ricordato che, in attuazione di quanto previsto dal comma 2 del citato articolo 106, il Ministero delle finanze, con il decreto ministeriale numero 53 del 2015, ha stabilito, all'articolo 2, comma 1, che “per attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma si intende la concessione di crediti, ivi compreso il rilascio di garanzie sostitutive del credito e di impegni di firma” e che “l'attività comprende, tra l'altro, ogni tipo di finanziamento erogato nella forma di a locazione finanziaria b acquisto di crediti a titolo oneroso c credito ai consumatori, così come definito dall'articolo 121 del testo unico bancario d credito ipotecario e prestito su pegno f rilascio di fideiussioni, avallo, apertura di credito documentaria, accettazione, girata, impegno a concedere credito, nonché ogni altra forma di rilascio di garanzie e di impegni di firma”. Al di là della fattispecie concreta sottostante e della tipologia di credito ceduto relativa ad una cessione del credito spettante, nei confronti di una compagnia aerea, al trasportato, ex articolo 7 del regolamento CE numero 261 del 2004 , tale decisione appare significativa perché distingue la semplice operazione di cessione del credito dalla vera e propria prestazione di servizi di finanziamento, solo al cospetto della quale sorge l'obbligo di iscrizione all'albo degli intermediari finanziari. Ora, nella vicenda oggetto dell'ordinanza di rimessione del Tribunale di Brindisi, se vi sono plurime cessioni del medesimo credito ipotecario, nondimeno nessun cessionario ha elargito alcun servizio di finanziamento nei confronti dei mutuatari, essendosi, ciascuno, limitato ad acquisire la titolarità del credito per procedere al suo incasso, direttamente o a mezzo di una diversa società mandataria. Soccorre, altresì, Cass., Sez. III, 18 marzo 2024, numero 7243, la quale ha stabilito che il conferimento dell'incarico di recupero dei crediti cartolarizzati ad un soggetto non iscritto nell'albo di cui all'articolo 106 del testo unico bancario e i conseguenti atti di riscossione da questo compiuti non sono affetti da invalidità, in quanto l'articolo 2, comma 6, della legge numero 130 del 1999 non ha immediata valenza civilistica, ma attiene, piuttosto, alla regolamentazione amministrativa del settore bancario e finanziario, la cui rilevanza pubblicistica è specificamente tutelata dal sistema dei controlli e dei poteri, anche sanzionatori, facenti capo all'autorità di vigilanza e presidiati da norme penali, con la conseguenza che l'omessa iscrizione nel menzionato albo può assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con la predetta autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici. Nella pronuncia da ultimo evocata, la Terza Sezione ha affermato che dall'omessa iscrizione nell'albo ai sensi dell'articolo 106 del testo unico bancario del soggetto concretamente incaricato della riscossione dei crediti non deriva alcuna invalidità, pur potendo tale mancanza assumere rilievo sul diverso piano del rapporto con l'autorità di vigilanza o per eventuali profili penalistici. Di qui la conclusione secondo cui, ai fini della validità del controricorso, non rileva che la società rappresentante sostanziale di altra società, a sua volta mandataria della società veicolo, cessionaria di credito bancario , sia iscritta, oppure no, nell'albo degli intermediari finanziari. Con la pronuncia da ultimo richiamata, questa Corte si è, pertanto, pronunciata in materia di iscrizione all'albo degli intermediari finanziari autorizzati, ex articolo 106 del testo unico bancario, da parte dello special servicer che agisce per il recupero di un credito cartolarizzato, in qualità di mandatario del creditore procedente. Nel caso di specie era stato eccepito il difetto di rappresentanza dello special servicer resistente, nel giudizio dinanzi alla Corte, con controricorso, in quanto non risultava iscritto all'albo di cui all'articolo 106 del testo unico bancario in sostanza, non avrebbe avuto la legittimazione a contraddire al ricorso per cassazione in quanto tale attività rilevava proprio quale attività tesa al recupero del credito. Secondo la Corte, il mero riferimento alla rilevanza economica delle attività bancarie non vale di per sé a qualificare in termini imperativi tutta l'indefinita serie di disposizioni contenute nel t.u.b. tali norme, prive di valenza civilistica, ma attengono alla regolamentazione amministrativa del settore bancario e, più in generale, delle attività finanziarie, la cui rilevanza pubblicistica è specificamente tutelata dal sistema dei controlli e dei poteri anche sanzionatori facenti capo all'autorità di vigilanza e presidiati anche da norme penali. Conseguentemente, non vi è alcuna valida ragione per trasferire automaticamente sul piano del rapporto negoziale, o sugli atti di riscossione compiuti, le conseguenze delle condotte difformi degli operatori, al fine di provocare il travolgimento di contratti cessioni di crediti, mandati, ecc. o di atti processuali di estrinsecazione della tutela del credito, in sede cognitiva o anche esecutiva precetti, pignoramenti, interventi, ecc. , asseritamente viziati da un'invalidità “derivata”. 7. – Le due richiamate decisioni delineano un quadro convergente e forniscono, nel quadro di una nomofilachia circolare, precise indicazioni, utilizzabili dal giudice di merito ai fini della risoluzione del caso sottoposto al suo esame, concernendo, l'una, i presupposti per l'applicazione dell'articolo 106 del testo unico bancario obbligo di iscrizione nell'albo degli intermediari finanziari , e, l'altra, l'esclusione di tale obbligo per le società incaricate della riscossione, anche coattiva, del credito. 8. – Ai sensi dell'articolo 363-bis cod. proc. civ., quando il dubbio ermeneutico sollevato è in realtà risolvibile senza gravi difficoltà, non vi è spazio per l'intervento preventivo della Corte di cassazione. Infatti, la ratio del rinvio pregiudiziale consiste nell'affrontare questioni giuridiche di rilevante complessità che, per il loro carattere di novità, richiedano l'intervento nomofilattico preventivo della Corte al fine di orientare, fin da subito, i giudici di merito. L'istituto è stato disegnato dal legislatore al fine di rendere con tempestività un indirizzo di legittimità in settori di interesse generale, senza che si debba attendere che la questione dibattuta giunga, dopo anni, all'attenzione della Corte attraverso la trafila degli ordinari mezzi di impugnazione. Se ogni questione interpretativa fosse passibile di essere sottoposta, tramite l'istituto di cui all'articolo 363-bis cod. proc. civ., alla decisione della Corte di cassazione, si finirebbe con l'inaridire il compito di interpretare la legge, che è dovere indeclinabile di ogni giudice, anche di merito. 9. – L'ordinanza di rimessione, per vero, mostra, in più punti, di voler porre in discussione l'approdo cui è giunta la Corte di cassazione. Riferendosi specificamente a Cass., Sez. III, numero 7243 del 2024, il Tribunale di Brindisi, per verso, relega la pronuncia della Corte a un mero inciso espresso incidenter tantum, affermando che essa si è pronunciata sulla validità del mandato con procura, concesso ad una società terza e senza che alla stessa fosse posto anche il problema della coerenza della soluzione, poi prescelta, con la normativa antiriciclaggio nazionale e, soprattutto, di rango comunitario. Secondo il giudice a quo, in particolare, la fattispecie ineriva alla legittimazione del soggetto, incaricato della riscossione e, dunque, del materiale incameramento del credito, non anche del cessionario in blocco e, perciò, non atteneva alla validità della cessione quale vicenda traslativa del credito. Per l'altro verso, secondo il rimettente, la pronuncia della Corte non avrebbe considerato “come il contratto di mandato o il negozio unilaterale di procura, sottesi a tale fattispecie, potrebbero avere la finalità di eludere i controlli amministrativi e penali, specie in materia di contrasto alle operazioni di riciclaggio. Dunque, in applicazione della teorica della causa in concreto, quale sintesi degli interessi perseguiti dalle parti, a mezzo dell'operazione economica nel suo complesso, l'uno o l'altro dovrebbero considerarsi affetti da nullità”. 10. – In realtà, il rinvio pregiudiziale non può trasformarsi in un improprio meccanismo rivolto a riconsiderare o a censurare, sotto questo o quel profilo, decisioni già adottate in sede di legittimità. Esso non può essere incentrato sul dissenso da un precedente di legittimità. Il che porta a ritenere, in conclusione, che la novità della quaestio iuris è esclusa dalla presenza di pronunce suscettibili di rappresentare una guida orientativa per il giudice di merito nella soluzione dei casi concreti, non rilevando che il giudice a quo abbia manifestato di non condividere tali pronunce. L'istituto della nomofilachia preventiva non può trasformarsi in un mezzo rivolto a sollecitare impropriamente una riconsiderazione della giurisprudenza di legittimità. 11. – Il rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Brindisi deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. P.Q.M. visto l'articolo 363-bis c.p.c., dichiara inammissibile il rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Brindisi con l'ordinanza di cui in premessa.