Con la sentenza in commento, il S.C. interviene, in modo significativo, in tema di interpretazione del contratto, precisando che l’articolo 2744 c.c. debba essere interpretato in chiave funzionale e non meramente letterale rispetto al negozio concluso ed alla volontà delle parti, con riferimento ad eventuali finalità vietate dall’ordinamento.
Ai fini di accertare la ricorrenza di un patto commissorio, non si può prescindere dalla valutazione del nesso di interdipendenza negoziale, tale da far emergere la funzionale preordinazione dei negozi collegati allo scopo finale di garanzia piuttosto che a quello di scambio, accertando la funzione economica sottesa alla fattispecie negoziale posta in essere nel suo complesso, e ciò con particolare riferimento alla concessione della facoltà di iscrivere ipoteca, cui sia seguita la stipulazione di un preliminare di vendita in favore del creditore, con patto di retrovendita qualora il debito fosse stato saldato, benché tale patto non sia ripreso nel definitivo, a fronte di un debito riconosciuto e considerato ancora esigibile. Il caso La sentenza in commento decide, con rinvio alla Corte di Appello per una nuova valutazione, una controversia relativa alla vendita di un bene immobile che, nella ricostruzione dell'attore, celerebbe un patto commissorio, derivante dalla mancata restituzione di alcune somme tra le parti. La domanda così formulata viene rigettata in primo grado e la relativa sentenza, per quanto di interesse in questa sede, trova conferma in appello. In particolare, la Corte di Appello conferma la validità della compravendita contestata, per la quale non era emersa, né provata, l'esistenza di un patto commissorio tra le parti tanto che, nello specifico, il contratto di compravendita concluso tra le parti realizzava una datio in solutum, ossia un modo di estinzione dell'obbligazione diverso dall'adempimento, a carattere parzialmente satisfattivo del credito vantato dal convenuto nei confronti dell'attore. Avverso la pronuncia di secondo grado, viene promosso ricorso per Cassazione, sul rilievo che il patto commissorio tra le parti sarebbe stato escluso in ragione di una errata e parziale interpretazione dei diversi contratti collegati e stipulati tra le parti. Patto commissorio la fattispecie Come noto, il patto commissorio, ai sensi dell'articolo 2744 c.c., è configurabile – e vietato dall'ordinamento - quando il debitore sia costretto al trasferimento di un bene a tacitazione della sua obbligazione, ma non nell'ipotesi in cui tale trasferimento sia frutto della sua scelta. L'individuazione della ratio del divieto di cui all'articolo 2744 c.c., quindi, trova giustificazione nell'esigenza di ordine pubblico economico, ossia di evitare l'approfittamento dello stato di debolezza del debitore e la connessa acquisizione dell'eccedenza di valore del bene oggetto della garanzia rispetto al credito garantito. Patto commissorio necessaria una coercizione Secondo, quindi, l'interpretazione consolidata in giurisprudenza, va esclusa la violazione del divieto del patto commissorio quando manchi l'illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, costituendo il trasferimento del bene la libera scelta in conseguenza della mancata estinzione del debito che viene a contrarre. Analogamente, il divieto in questione non trova applicazione qualora la titolarità del bene passi all'acquirente con l'obbligo di ritrasferimento al venditore se costui provvederà all'esatto adempimento. Di conseguenza, il divieto del patto commissorio non è configurabile qualora il trasferimento avvenga allo scopo di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto. Patto commissorio e causa della vendita Al fine di verificare la sussistenza di un patto commissorio, si impone un'indagine volta ad accertare se la vendita, seppure a effetti immediati, sia diretta a realizzare uno scopo di garanzia. Tale scopo ricorre quando il versamento del denaro, da parte del compratore, non costituisce pagamento del prezzo ma esecuzione di un mutuo. In questo caso, lo scopo di garanzia non costituisce mero motivo, ma assurge a causa del contratto. Patto marciano quando è ammissibile Contrariamente al patto commissorio, nel nostro ordinamento il c.d. patto marciano – ossia l'accordo mediante il quale, in caso di inadempimento del debitore, viene stabilita la vendita forzata della cosa, permettendo in tal modo la soddisfazione della pretesa creditoria – è ammissibile. In particolare, Il patto marciano persegue esattamente lo stesso scopo rispetto a beni non dati in pegno ma alienati in garanzia, ossia consente al creditore di appropriarsene restituendo al debitore la differenza di valore. Ai fini della validità del patto però, è essenziale che risulti, dalla struttura del patto, che le parti abbiano in anticipo previsto che, nella sostanza dell'operazione economica, il debitore perderà eventualmente la proprietà del suo bene per un prezzo giusto, determinato al tempo dell'inadempimento, perchè il surplus gli sarà senz'altro restituito Patto commissorio e contratti collegati L'intento elusivo del divieto legale del patto commissorio è configurabile – ed in tal senso si muove la sentenza in commento – qualora sussista, tra le diverse pattuizioni siglate tra le parti, un nesso di interdipendenza tale da far emergere la loro funzionale preordinazione allo scopo finale di garanzia piuttosto che a quello di scambio. In tale contestato, il giudice non deve limitarsi a verificare il solo tenore letterale delle clausole inserite nel contratto, o nei contratti, posti in essere dalle parti, ma è tenuto ad accertare la funzione economica sottesa alla fattispecie negoziale posta in essere, restando a tal fine irrilevanti sia la natura obbligatoria o reale del contratto, o dei contratti, sia il momento temporale in cui l'effetto traslativo sia destinato a verificarsi, sia, infine, quali siano gli strumenti negoziali destinati alla sua attuazione e perfino l'identità dei soggetti che abbiano stipulato i negozi collegati, complessi o misti. Per tale motivazione, la decisione della Corte di Appello viene cassata dal S.C., in accoglimento di uno dei motivi di ricorso. Patto di riscatto ammissibile, ma a certe condizioni La vendita con patto di riscatto o di retrovendita, pur non integrando direttamente un patto commissorio, può rappresentare un mezzo per sottrarsi all'applicazione del relativo divieto ogni qualvolta il versamento del prezzo da parte del compratore non si configuri come corrispettivo dovuto per l'acquisto della proprietà, ma come erogazione di un mutuo, rispetto al quale il trasferimento del bene risponda alla sola finalità di costituire una posizione di garanzia provvisoria, capace di evolversi in maniera diversa a seconda che il debitore adempia o meno l'obbligo di restituire le somme ricevute. Pegno, patto commissario e violazione di legge Situazione analoga al divieto del patto commissorio si possono realizzare per il tramite del pegno. In tale ipotesi, la nullità del pegno per violazione del divieto di patto commissorio deriva dal vizio genetico dell'atto costitutivo di una garanzia che sia congegnata in modo tale da attribuire al creditore la proprietà del bene vincolato nell'ipotesi di inadempimento con modalità che espongano il debitore al rischio di perdere il bene di valore superiore al credito. Anche in tale situazione, l'illiceità del patto deve necessariamente emergere dall'analisi del contenuto delle pattuizioni negoziali da cui l'effetto sostanziale vietato dalla norma promana, a prescindere dalle modalità di buona o mala fede con cui le parti le abbiano attuate. L'efficacia estensiva del divieto del patto commissorio Da ultimo, si evidenza che il divieto del patto commissorio e la conseguente sanzione di nullità radicale sono stati estesi a qualsiasi negozio, tipico o atipico, quale che ne sia il contenuto, che sia in concreto impiegato per conseguire il fine, riprovato dall'ordinamento, dell'illecita coercizione del debitore. Pertanto, in ogni ipotesi in cui quest'ultimo sia costretto ad accettare il trasferimento di un bene immobile a scopo di garanzia, nell'ipotesi di mancato adempimento di una obbligazione assunta per causa indipendente dalla predetta cessione, è ravvisabile un aggiramento del divieto di cui agli articolo 1963 e 2744 c.c.
Presidente Bertuzzi – Relatore Trapuzzano Fatti di causa 1.- Sa.Ro. conveniva, davanti al Tribunale di Avellino, Fa.Gi., chiedendo - in via principale - che fosse dichiarata la nullità della compravendita conclusa con atto pubblico del 1° settembre 2008, rep. numero Omissis , registrata il 5 settembre 2008, al numero Omissis , tra il venditore Sa.Ro. e l'acquirente Fa.Gi., rappresentato dal procuratore speciale Vi.Gi., avente ad oggetto l'immobile ubicato in A alla via Omissis , per violazione del divieto di patto commissorio, o - in via Omissis - che fosse pronunciato l'annullamento del contratto, per essere stato il consenso dell'alienante estorto con violenza. Al riguardo, esponeva l'istante - che il Fa.Gi. aveva mutuato, in favore del Sa.Ro., nel giugno 2007, ingenti somme di denaro, che avrebbero dovuto essere restituite nell'arco di un anno con gli interessi maturati - che il 19 luglio 2008 il Sa.Ro., non avendo restituito le somme ricevute, sottoscriveva scrittura privata con la quale concedeva la facoltà al mutuante di iscrivere ipoteca sull'immobile di sua proprietà e contestualmente rilasciava tre titoli bancari, dell'importo complessivo di Euro 730.000,00, in favore del Fa.Gi. - che, con preliminare del 23 agosto 2008, il Sa.Ro. prometteva di vendere al Fa.Gi. l'immobile di cui era proprietario, con patto di retrovendita ove il Sa.Ro. avesse restituito la somma mutuata che il 1° settembre 2008 era stipulato l'atto di vendita di detto immobile - che era stato costretto a stipulare la vendita, benché non voluta, e a subirne un determinato contenuto, poiché il Fa.Gi. aveva minacciato di far valere un diritto intervenuto in un momento anteriore al negozio di vendita. Si costituiva in giudizio Fa.Gi., il quale contestava la fondatezza delle pretese avversarie e, in particolare, deduceva - che il proprio credito pari ad Euro 730.000,00 non traeva origine da un contratto di mutuo, bensì da una truffa che aveva subito, avendo consegnato detta somma al Sa.Ro. affinché fosse investita presso un istituto di credito svizzero, investimento invece non effettuato - che vani erano stati i tentativi di ottenere la restituzione della somma indicata, sicché, al fine di ottenere parte di tale somma, era stato stipulato un contratto di vendita, quale soluzione proposta dallo stesso Sa.Ro. in assenza di qualsivoglia coercizione. Per l'effetto, chiedeva il rigetto delle domande attoree e spiegava domanda riconvenzionale, chiedendo che il Sa.Ro. fosse condannato al pagamento della somma consegnata, oltre interessi e rivalutazione monetaria. Con autonomo ricorso ex articolo 702-bis c.p.c. vigente ratione temporis, depositato il 26 luglio 2010, Fa.Gi. adiva il Tribunale di Avellino al fine di sentire condannare Sa.Ro. e Ge.Anumero al rilascio del bene che aveva acquistato, procedimento di cui era disposta la sospensione in attesa della definizione del procedimento pregiudiziale sull'accertamento della validità della vendita. Nel corso del giudizio erano assunte le prove orali ammesse con i testi Sa.Ra. fratello dell'attore , Ge.Anumero moglie dell'attore e Vi.Gi. procuratore speciale del convenuto ed era espletata consulenza tecnica d'ufficio estimativa del valore del bene alienato. Quindi, il Tribunale adito, con sentenza numero 1280/2014, depositata il 16 ottobre 2014, rigettava le domande proposte da Sa.Ro. e, per l'effetto, condannava quest'ultimo al rilascio, in favore di Fa.Gi., dell'immobile oggetto di vendita mentre accoglieva la domanda riconvenzionale proposta da Fa.Gi. e, per l'effetto, condannava Sa.Ro. al pagamento, in favore del convenuto, della somma di Euro 400.219,00, oltre interessi dalla costituzione in mora al soddisfo. 2.- Con atto di citazione notificato il 20 ottobre 2014, proponeva appello Sa.Ro., il quale lamentava 1 la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, poiché ultrapetita era stato ordinato il rilascio dell'immobile, sebbene nessuna domanda fosse stata avanzata in proposito nel corso del giudizio 2 l'erronea affermazione della validità della vendita, nonostante la causa di garanzia che la connotava, posto che, con il preliminare di cui alla scrittura privata del 23 agosto 2008, era stata convenuta una clausola di retrovendita, ove il venditore avesse provveduto alla restituzione, in favore dell'acquirente, della somma di denaro ricevuta da quest'ultimo 3 l'erronea dichiarazione di inattendibilità delle testimonianze rese da Sa.Ra. e Ge.Anumero , in ordine alle violente minacce subite, sulla scorta del mero rapporto di parentela e coniugio con l'attore e della mancanza di riscontri esterni di carattere oggettivo, volti a comprovare le loro deposizioni, stante che Sa.Ra. non aveva sporto denuncia a seguito delle asserite continue e pressanti minacce subite e Ge.Anumero non aveva ricordato la natura e l'entità del debito contratto dal marito e la contrapposta valutazione di attendibilità del teste Vi.Gi., nonostante il suo chiaro interesse nella causa, tale da legittimare la sua partecipazione al giudizio . Si costituiva nel giudizio di impugnazione Fa.Gi., il quale instava per la declaratoria di inammissibilità dell'appello ovvero per il suo rigetto. Decidendo sul gravame interposto, la Corte d'appello di Napoli, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva per quanto di ragione l'appello e, per l'effetto, in parziale riforma della pronuncia impugnata, dichiarava la nullità per vizio di ultrapetizione della disposta condanna al rilascio del cespite, confermando nel resto le statuizioni del Tribunale. A sostegno dell'adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede a che il contratto di compravendita concluso tra le parti realizzava una datio in solutum, ossia un modo di estinzione dell'obbligazione diverso dall'adempimento, a carattere parzialmente satisfattivo del credito vantato dal Fa.Gi. nei confronti del Sa.Ro., ammontante all'importo di Euro 730.000,00 b che non vi erano elementi per ritenere che le parti avessero subordinato l'atto traslativo all'adempimento del Sa.Ro., costituendo così una garanzia a vantaggio del creditore, ma emergeva, invece, che le parti, successivamente alla constatazione dell'inadempimento del Sa.Ro., avevano convenuto di soddisfare parzialmente il credito del Fa.Gi. attraverso la vendita del bene c che particolarmente significativa era, in proposito, la scrittura privata del 19 luglio 2008, sottoscritta dai contendenti ed avente ad oggetto la concessione della facoltà di iscrivere ipoteca volontaria sul bene di proprietà del Sa.Ro., che si era riconosciuto altresì debitore del Fa.Gi. per l'importo di Euro 730.000,00, senza alcuna violenza o costrizione morale a suo danno d che nessun rilievo poteva avere in senso contrario il patto di retrovendita inserito nel preliminare di compravendita del 23 agosto 2008, che non poteva costituire certamente un indizio atto a comprovare l'esistenza di un patto commissorio, costituendo piuttosto un elemento confermativo del rapporto consensuale di dazione del bene in pagamento, finalizzato esclusivamente ad acconsentire al debitore, ove avesse onorato la propria obbligazione, di poter riacquistare la proprietà del bene oggetto della dazione medesima e che, peraltro, il predetto patto di retrovendita non aveva trovato ingresso nel successivo rogito notarile di compravendita, con la conseguenza che nessuna rilevanza poteva essere attribuita allo stesso f che non vi era altresì prova che il consenso dell'appellante fosse stato estorto con violenza morale, stante che i testimoni addotti da parte attrice, come correttamente valutato dal Tribunale, apparivano inattendibili in ragione del loro rapporto di stretta parentela e tenuto conto dell'assenza di ulteriori elementi idonei a confortare quanto dai medesimi dichiarato. 3.- Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, Sa.Ro. Ha resistito con controricorso l'intimato Fa.Gi. Il Pubblico Ministero ha depositato memoria ex articolo 378, primo comma, c.p.c., in cui ha rassegnato le conclusioni trascritte in epigrafe. All'esito, le parti hanno depositato memorie illustrative, ai sensi dell'articolo 378, secondo comma, c.p.c. Ragioni della decisione 1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c., la violazione e/o falsa interpretazione degli articolo 1344, 1418, 2744 e 1362 c.c., per avere la Corte di merito escluso la nullità della vendita in ragione della violazione del divieto di patto commissorio, negando lo scopo di garanzia a beneficio del creditore ed affermando la mera modalità solutoria di tale pattuizione traslativa, nonostante la clausola di retrovendita stabilita nel preliminare, anche perché non reiterata nel contratto definitivo. Al riguardo, l'istante obietta che la condizione risolutiva rappresentata dal patto di retrovendita inserito nel preliminare avrebbe conferito, invece, uno scopo di garanzia alla vendita immobiliare, tale da sostituirsi alla causa di scambio tipica della compravendita e integrando piuttosto gli estremi di un patto commissorio concluso in frode alla legge. Rileva, altresì, il ricorrente - in ordine alla asserita sopravvenuta inefficacia del patto di retrovendita di cui al preliminare, in quanto non trasfuso nel definitivo - che la mancata riproduzione della clausola nell'atto di vendita non necessariamente avrebbe dovuto essere intesa come rinuncia, essendovi invece un potere valutativo del giudice quanto alla effettiva volontà espressa dalle parti, avuto riguardo al contegno serbato dalle medesime parti prima, durante e dopo la conclusione del contratto, senza limitarsi al senso letterale delle parole usate. Senonché, in difetto di un'espressa abdicazione al patto di retrovendita, la volontà dalle parti non avrebbe potuto essere intesa nel senso di escludere l'efficacia della clausola prevista nel preliminare. 1.1.- Il motivo è fondato nei termini che seguono. E ciò sebbene la sopravvivenza del patto di retrovendita stabilito nel preliminare e non ripreso nel definitivo sia stata correttamente negata in ragione del principio secondo cui, qualora le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, concludano in seguito il contratto definitivo, quest'ultimo costituisce l'unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto e non mera ripetizione del primo, in quanto il contratto preliminare resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che i contraenti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva. Infatti, la presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova - la quale deve risultare da atto scritto, ove il contratto abbia ad oggetto beni immobili - di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo, dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenute nel preliminare, sopravvivono, dovendo tale prova essere data da chi chieda l'adempimento di detto distinto accordo Cass. Sez. 2, Ordinanza numero 7624 del 21/03/2024 Sez. 2, Ordinanza numero 23210 del 31/07/2023 Sez. 2, Ordinanza numero 9961 del 28/03/2022 Sez. 2, Ordinanza numero 30466 del 23/11/2018 Sez. 2, Ordinanza numero 30735 del 21/12/2017 Sez. 2, Sentenza numero 7064 del 11/04/2016 Sez. 2, Sentenza numero 9063 del 05/06/2012 Sez. 2, Sentenza numero 15585 del 11/07/2007 Sez. 2, Sentenza numero 233 del 10/01/2007 Sez. 2, Sentenza numero 8515 del 28/05/2003 Sez. 2, Sentenza numero 2824 del 25/02/2003 Sez. 3, Sentenza numero 7206 del 09/07/1999 . Nella fattispecie, l'atto di vendita immobiliare - che esigeva la forma scritta ad substantiam - non ha riprodotto, né ha richiamato il patto di retrovendita contemplato nel preliminare. E d'altronde non è risultato da alcun atto scritto che le parti avessero raggiunto un accordo contemporaneamente alla stipula del definitivo, volto a stabilire che l'obbligo di retrovendita contenuto nel preliminare sopravvivesse al contratto definitivo. 1.2.- Nondimeno, la pronuncia impugnata incorre ugualmente nel dedotto vizio di sussunzione recte di falsa applicazione della fattispecie concreta, di cui è stata esclusa la riconduzione - indiretta - al patto commissorio vietato dall'articolo 2744 c.c. sulla scorta delle argomentazioni esposte, che dovranno sul punto essere rivalutate in sede di rinvio sul vizio di sussunzione Cass. Sez. 3, Sentenza numero 7187 del 04/03/2022 Sez. 5, Sentenza numero 23851 del 25/09/2019 Sez. 1, Ordinanza numero 640 del 14/01/2019 Sez. 3, Ordinanza numero 10320 del 30/04/2018 . Ed invero, siffatta esclusione con la correlata desunzione dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, di conseguenze giuridiche che ne contraddicono la pur corretta interpretazione è stata motivata sulla scorta di una valutazione atomistica e parcellizzata del solo atto di vendita, qualificato come datio in solutum ex articolo 1197 c.c., senza tenere conto, secondo una ponderazione unitaria e complessiva, dell'intera concatenazione di atti che ha condotto al perfezionamento dell'atto traslativo, quale ultima tappa di un iter articolato. Tale iter si è sviluppato, a fronte della ritenuta sussistenza di un debito restitutorio pregresso dell'importo di Euro 730.000,00, in forza del seguente percorso a la stipulazione tra le parti in data 19 luglio 2008 di una scrittura privata avente ad oggetto la concessione della facoltà di iscrivere ipoteca volontaria sul bene di proprietà del Sa.Ro., che si era, al contempo, riconosciuto debitore del Fa.Gi. per l'importo di Euro 730.000,00, rilasciando all'uopo tre assegni bancari dell'importo complessivo pari al debito riconosciuto b la conclusione in data 23 agosto 2008 di un preliminare di vendita per scrittura privata, con il quale il Sa.Ro. prometteva di vendere al Fa.Gi. l'immobile di cui era proprietario, con patto di retrovendita ove il Sa.Ro. avesse restituito la somma ricevuta c la stipulazione in data 1° settembre 2008 dell'atto pubblico di vendita dell'immobile promesso, il cui contenuto era connotato ci dalla mancata previsione di alcun pactum de retrovendendo c2 dal difetto di riferimento alla causale della datio in solutum della proprietà immobiliare a deconto del debito pecuniario contratto dall'alienante c3 dall'ulteriore precisazione che il prezzo concordato di Euro 730.000,00 era stato già corrisposto c4 dalla mancata consegna dell'immobile alienato in favore dell'acquirente. Solo la dinamica e correlata valutazione di tali atti avrebbe potuto guidare il giudizio sulla funzione solutoria o assicurativa recte di garanzia dell'atto di vendita, quale mero epilogo di una vicenda che si è snodata attraverso plurimi atti negoziali. Atto traslativo mediante cui l'eventuale finalità di garanzia si sarebbe potuta realizzare quale mero risultato finale. Non si poteva, infatti, prescindere dal nesso di interdipendenza negoziale, tale da far emergere la funzionale preordinazione dei negozi collegati allo scopo finale di garanzia piuttosto che a quello di scambio, accertando la funzione economica sottesa alla fattispecie negoziale posta in essere e restando a tal fine irrilevanti sia la natura obbligatoria o reale del contratto, o dei contratti, sia il momento temporale in cui l'effetto traslativo fosse destinato a verificarsi, sia, infine, quali fossero gli strumenti negoziali destinati alla sua attuazione e perfino l'identità dei soggetti che avevano stipulato i negozi collegati, complessi o misti Cass. Sez. 2, Sentenza numero 27362 del 08/10/2021 Sez. 2, Sentenza numero 23553 del 27/10/2020 Sez. 3, Sentenza numero 13580 del 21/07/2004 Sez. 2, Sentenza numero 9466 del 19/05/2004 . E ciò al fine di determinare se l'effetto traslativo finale fosse stato il frutto di una libera scelta in ordine all'esecuzione del trasferimento immobiliare in luogo dell'adempimento ovvero se su tale stipulazione avesse inciso la precedente concessione della facoltà di iscrizione ipotecaria e il preliminare di vendita con patto di retrovendita ancorato al saldo del debito contratto elemento, quest'ultimo, che rileva in sé come fatto indiziario da ponderare, indipendentemente dalla sua persistenza all'esito della conclusione del definitivo di vendita, che, come detto, rappresenta il mero esito della potenziale garanzia prevista attraverso il preliminare . In sé, dunque, la sopravvenuta perdita di efficacia del patto di retrovendita non costituisce elemento sufficiente al fine di negare in via assorbente la sussistenza di alcun elemento da cui trarre il convincimento che la vendita immobiliare fosse avvinta da uno scopo di garanzia, tale da impingere nel divieto di patto commissorio di cui all'articolo 2744 c.c. e da determinare la nullità del contratto per frode alla legge ex articolo 1344 c.c. Orbene, il patto commissorio, vietato dall'articolo 2744 c.c., è configurabile quando il debitore sia costretto al trasferimento di un bene, a tacitazione dell'obbligazione, mentre l'integrazione del patto è esclusa solo ove tale trasferimento sia frutto di una scelta, come nel caso in cui venga liberamente concordato quale datio in solutum ex articolo 1197 c.c., ovvero esprima esercizio di una facoltà che si sia riservata all'atto della costituzione dell'obbligazione medesima ex articolo 1286 c.c. Cass. Sez. 2, Sentenza numero 19694 del 17/06/2022 Sez. 2, Sentenza numero 19508 del 18/09/2020 Sez. 2, Sentenza numero 10702 del 07/07/2003 Sez. 3, Sentenza numero 8742 del 26/06/2001 Sez. 1, Sentenza numero 893 del 03/02/1999 Sez. 2, Sentenza numero 9675 del 06/11/1996 Sez. 3, Sentenza numero 4283 del 17/05/1990 . Né peraltro il fatto che il versamento del prezzo da parte del compratore non si configurasse come contestuale erogazione di un mutuo, posto che la datio sarebbe stata concordata a deconto di un debito pregresso dell'alienante, escludeva a priori l'integrazione di un patto commissorio, in quanto avrebbe dovuto comunque ponderarsi se il trasferimento del bene avesse risposto ad una finalità solutoria e non già alla finalità di costituire una posizione di garanzia provvisoria, capace di evolversi in maniera diversa a seconda che il debitore adempisse o meno all'obbligo di restituire le somme ricevute Cass. Sez. 1, Ordinanza numero 4514 del 26/02/2018 Sez. 1, Sentenza numero 8957 del 17/04/2014 Sez. 2, Sentenza numero 16953 del 20/06/2008 Sez. 2, Sentenza numero 2725 del 08/02/2007 Sez. 2, Sentenza numero 9900 del 20/07/2001 Sez. 2, Sentenza numero 1657 del 04/03/1996 , sulla scorta di indici riferiti alla complessa vicenda negoziale intrattenuta tra le parti. In specie, emerge dalla sentenza impugnata che l'adempimento del debito fosse ancora esigibile, tanto da essere stato riconosciuto in termini di attualità con la scrittura privata del 19 luglio 2008 di concessione della facoltà di iscrizione ipotecaria e con il preliminare di vendita di cui alla scrittura privata del 23 agosto 2008, ove il patto di retrovendita era collegato al saldo del debito e non già al pagamento di un prezzo , sicché la promessa di trasferimento della proprietà avrebbe potuto ritenersi diretta ad assicurarsi coartando tale pagamento ancora possibile, in violazione degli articolo 1963 e 2744 c.c. E non appare, per contro, giustificato il riferimento all'ipotesi in cui la promessa di trasferimento e la successiva vendita fossero stati, invece, pattuiti allo scopo di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto e di liberare, quindi, il debitore dalle conseguenze connesse alla sua pregressa inadempienza Cass. Sez. 2, Sentenza numero 19694 del 17/06/2022 Sez. 2, Ordinanza numero 15112 del 03/06/2019 Sez. 2, Sentenza numero 1075 del 21/01/2016 Sez. 2, Sentenza numero 7206 del 21/03/2013 Sez. 3, Sentenza numero 7277 del 18/03/2008 Sez. 2, Sentenza numero 14903 del 28/06/2006 Sez. 3, Sentenza numero 19950 del 06/10/2004 Sez. 3, Sentenza numero 7585 del 05/06/2001 Sez. 2, Sentenza numero 4064 del 07/04/1995 . Ora, il divieto di patto commissorio, sancito dall'articolo 2744 c.c., si estende a qualsiasi negozio, quale ne sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall'ordinamento, dell'illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore sicché, anche un contratto preliminare di compravendita può dissimulare un mutuo con patto commissorio, ancorché non sia previsto il passaggio immediato del possesso del bene, qualora la promessa di vendita abbia la funzione di garantire la restituzione, entro un certo termine, della somma precedentemente o coevamente mutuata dal promittente compratore, purché sia dimostrato il nesso di strumentalità tra i due negozi Cass. Sez. 6-2, Ordinanza numero 23617 del 09/10/2017 Sez. 2, Sentenza numero 12462 del 21/05/2013 Sez. 2, Sentenza numero 11924 del 23/10/1999 Sez. 2, Sentenza numero 7740 del 20/07/1999 specificamente sulla possibilità che il patto commissorio sia realizzato anche laddove il trasferimento sia previsto a titolo di coazione per l'adempimento di un debito anteriore Cass. Sez. 2, Ordinanza numero 20420 del 28/09/2020 . In conseguenza, in materia di patto commissorio, l'articolo 2744 c.c. deve essere interpretato in maniera funzionale, sicché in forza della sua previsione risulta colpito da nullità non solo il patto ivi descritto, ma qualunque tipo di convenzione, quale ne sia il contenuto, che venga impiegata per conseguire il risultato concreto, vietato dall'ordinamento giuridico, dell'illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento della proprietà di un suo bene quale conseguenza della mancata estinzione di un suo debito Cass. Sez. 3, Ordinanza numero 2469 del 25/01/2024 Sez. 2, Sentenza numero 4262 del 20/02/2013 Sez. 3, Sentenza numero 5635 del 15/03/2005 . A queste coordinate il giudice del rinvio dovrà attenersi nel rivalutare la corrispondenza o meno della fattispecie concreta alla fattispecie astratta di integrazione, seppure indiretta, della violazione del divieto di patto commissorio. 2.- Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c., la violazione e/o falsa interpretazione dell'articolo 247 c.p.c., come risultante dalla sentenza di illegittimità costituzionale della Corte costituzionale numero 248 del 23 luglio 1974, per avere la Corte territoriale disatteso la domanda di annullamento della compravendita per violenza morale, ai sensi dell'articolo 1434 c.c., sulla scorta della dichiarazione di inattendibilità dei testi Sa.Ra. e Ge.Anumero , in quanto rispettivamente fratello e moglie dell'appellante Sa.Ro., e in mancanza di alcun elemento oggettivo esterno di riscontro a conforto delle loro deposizioni. Osserva il ricorrente che tali testi avevano dichiarato che nei mesi immediatamente precedenti alla conclusione della vendita immobiliare il Sa.Ro. era stato sottoposto a continue e pressanti richieste restitutorie provenienti dal Fa.Gi., il quale aveva minacciato continuamente e in modo violento lo stesso Sa.Ra. nonché il germano Sa.Ro. Sicché l'attendibilità dei testi sarebbe stata esclusa per il solo fatto che essi fossero stretti congiunti dell'appellante e in quanto le loro deposizioni non fossero supportate da riscontri oggettivi esterni, anche di carattere documentale, in grado di corroborarle. Mentre, per converso, avrebbe dovuto essere la loro eventuale inattendibilità ad essere supportata da riscontri esterni di natura oggettiva, che avrebbero dovuto espressamente essere individuati dal giudice e che non avrebbero potuto essere rinvenuti nel mero rapporto di parentela o di coniugio con una delle parti del giudizio. 2.1.- Il motivo è fondato. Ed infatti, in materia di prova testimoniale, non sussiste alcun principio di necessaria inattendibilità del testimone che abbia vincoli di parentela o coniugali con una delle parti, atteso che, caduto il divieto di testimoniare previsto dall'articolo 247 c.p.c. per effetto della sentenza della Corte cost. numero 248 del 1974, l'attendibilità del teste legato da uno dei predetti vincoli non può essere esclusa aprioristicamente in difetto di ulteriori elementi dai quali il giudice del merito desuma la perdita di credibilità Cass. Sez. 1, Ordinanza numero 6001 del 28/02/2023 Sez. 6-2, Ordinanza numero 98 del 04/01/2019 Sez. 3, Sentenza numero 25358 del 17/12/2015 Sez. 3, Sentenza numero 4202 del 21/02/2011 Sez. L, Sentenza numero 17630 del 28/07/2010 Sez. 3, Sentenza numero 1109 del 20/01/2006 . Sicché l'esistenza di uno dei vincoli indicati nell'articolo 247 c.p.c. avrebbe potuto, in concorso con ogni altro utile elemento, essere considerata dal giudice di merito ai fini di escludere l'attendibilità dei testi. Per converso, nel caso di specie, l'inattendibilità dei testimoni è stata supportata dal solo riferimento al vincolo di parentela e di coniugio nonché dall'assenza di elementi oggettivi esterni di riscontro dell'attendibilità, secondo una presunzione di inaffidabilità dei testi derivante in sé dal vincolo parentale e coniugale con la parte. Come debitamente rilevato nelle conclusioni scritte del Pubblico Ministero, la Corte di merito avrebbe dovuto piuttosto dare contezza, ove sussistenti, di ulteriori elementi idonei a corroborare la ritenuta non credibilità dei testi, e non già giungere alla conclusione della loro inattendibilità per carenza di elementi che suffragassero la veridicità delle relative deposizioni. 3.- In conseguenza delle considerazioni esposte, il ricorso deve essere accolto, con riferimento ad entrambi i motivi articolati, nei sensi di cui in motivazione. La sentenza impugnata va, dunque, cassata, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Napoli, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi ai seguenti principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione. Ai fini di accertare la ricorrenza di un patto commissorio, non si può prescindere dalla valutazione del nesso di interdipendenza negoziale, tale da far emergere la funzionale preordinazione dei negozi collegati allo scopo finale di garanzia piuttosto che a quello di scambio, accertando la funzione economica sottesa alla fattispecie negoziale posta in essere nel suo complesso, e ciò con particolare riferimento alla concessione della facoltà di iscrivere ipoteca, cui sia seguita la stipulazione di un preliminare di vendita in favore del creditore, con patto di retrovendita qualora il debito fosse stato saldato, benché tale patto non sia ripreso nel definitivo, a fronte di un debito riconosciuto e considerato ancora esigibile . In materia di prova testimoniale, non sussiste alcun principio di necessaria inattendibilità - o di presunzione di inattendibilità in caso di mancanza di riscontri corroborativi esterni - del testimone che abbia vincoli di parentela o coniugali con una delle parti, atteso che, caduto il divieto di testimoniare previsto dall'articolo 247 c.p.c. per effetto della sentenza della Corte cost. numero 248 del 1974, l'attendibilità del teste legato da uno dei predetti vincoli non può essere esclusa aprioristicamente in difetto di ulteriori elementi dai quali il giudice del merito desuma la perdita di credibilità . P.Q.M. 1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c., la violazione e/o falsa interpretazione degli articolo 1344, 1418, 2744 e 1362 c.c., per avere la Corte di merito escluso la nullità della vendita in ragione della violazione del divieto di patto commissorio, negando lo scopo di garanzia a beneficio del creditore ed affermando la mera modalità solutoria di tale pattuizione traslativa, nonostante la clausola di retrovendita stabilita nel preliminare, anche perché non reiterata nel contratto definitivo. Al riguardo, l'istante obietta che la condizione risolutiva rappresentata dal patto di retrovendita inserito nel preliminare avrebbe conferito, invece, uno scopo di garanzia alla vendita immobiliare, tale da sostituirsi alla causa di scambio tipica della compravendita e integrando piuttosto gli estremi di un patto commissorio concluso in frode alla legge. Rileva, altresì, il ricorrente - in ordine alla asserita sopravvenuta inefficacia del patto di retrovendita di cui al preliminare, in quanto non trasfuso nel definitivo - che la mancata riproduzione della clausola nell'atto di vendita non necessariamente avrebbe dovuto essere intesa come rinuncia, essendovi invece un potere valutativo del giudice quanto alla effettiva volontà espressa dalle parti, avuto riguardo al contegno serbato dalle medesime parti prima, durante e dopo la conclusione del contratto, senza limitarsi al senso letterale delle parole usate. Senonché, in difetto di un'espressa abdicazione al patto di retrovendita, la volontà dalle parti non avrebbe potuto essere intesa nel senso di escludere l'efficacia della clausola prevista nel preliminare. 1.1.- Il motivo è fondato nei termini che seguono. E ciò sebbene la sopravvivenza del patto di retrovendita stabilito nel preliminare e non ripreso nel definitivo sia stata correttamente negata in ragione del principio secondo cui, qualora le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, concludano in seguito il contratto definitivo, quest'ultimo costituisce l'unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto e non mera ripetizione del primo, in quanto il contratto preliminare resta superato da questo, la cui disciplina può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che i contraenti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva. Infatti, la presunzione di conformità del nuovo accordo alla volontà delle parti può, nel silenzio del contratto definitivo, essere vinta soltanto dalla prova - la quale deve risultare da atto scritto, ove il contratto abbia ad oggetto beni immobili - di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo, dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, contenute nel preliminare, sopravvivono, dovendo tale prova essere data da chi chieda l'adempimento di detto distinto accordo Cass. Sez. 2, Ordinanza numero 7624 del 21/03/2024 Sez. 2, Ordinanza numero 23210 del 31/07/2023 Sez. 2, Ordinanza numero 9961 del 28/03/2022 Sez. 2, Ordinanza numero 30466 del 23/11/2018 Sez. 2, Ordinanza numero 30735 del 21/12/2017 Sez. 2, Sentenza numero 7064 del 11/04/2016 Sez. 2, Sentenza numero 9063 del 05/06/2012 Sez. 2, Sentenza numero 15585 del 11/07/2007 Sez. 2, Sentenza numero 233 del 10/01/2007 Sez. 2, Sentenza numero 8515 del 28/05/2003 Sez. 2, Sentenza numero 2824 del 25/02/2003 Sez. 3, Sentenza numero 7206 del 09/07/1999 . Nella fattispecie, l'atto di vendita immobiliare - che esigeva la forma scritta ad substantiam - non ha riprodotto, né ha richiamato il patto di retrovendita contemplato nel preliminare. E d'altronde non è risultato da alcun atto scritto che le parti avessero raggiunto un accordo contemporaneamente alla stipula del definitivo, volto a stabilire che l'obbligo di retrovendita contenuto nel preliminare sopravvivesse al contratto definitivo. 1.2.- Nondimeno, la pronuncia impugnata incorre ugualmente nel dedotto vizio di sussunzione recte di falsa applicazione della fattispecie concreta, di cui è stata esclusa la riconduzione - indiretta - al patto commissorio vietato dall'articolo 2744 c.c. sulla scorta delle argomentazioni esposte, che dovranno sul punto essere rivalutate in sede di rinvio sul vizio di sussunzione Cass. Sez. 3, Sentenza numero 7187 del 04/03/2022 Sez. 5, Sentenza numero 23851 del 25/09/2019 Sez. 1, Ordinanza numero 640 del 14/01/2019 Sez. 3, Ordinanza numero 10320 del 30/04/2018 . Ed invero, siffatta esclusione con la correlata desunzione dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, di conseguenze giuridiche che ne contraddicono la pur corretta interpretazione è stata motivata sulla scorta di una valutazione atomistica e parcellizzata del solo atto di vendita, qualificato come datio in solutum ex articolo 1197 c.c., senza tenere conto, secondo una ponderazione unitaria e complessiva, dell'intera concatenazione di atti che ha condotto al perfezionamento dell'atto traslativo, quale ultima tappa di un iter articolato. Tale iter si è sviluppato, a fronte della ritenuta sussistenza di un debito restitutorio pregresso dell'importo di Euro 730.000,00, in forza del seguente percorso a la stipulazione tra le parti in data 19 luglio 2008 di una scrittura privata avente ad oggetto la concessione della facoltà di iscrivere ipoteca volontaria sul bene di proprietà del Sa.Ro., che si era, al contempo, riconosciuto debitore del Fa.Gi. per l'importo di Euro 730.000,00, rilasciando all'uopo tre assegni bancari dell'importo complessivo pari al debito riconosciuto b la conclusione in data 23 agosto 2008 di un preliminare di vendita per scrittura privata, con il quale il Sa.Ro. prometteva di vendere al Fa.Gi. l'immobile di cui era proprietario, con patto di retrovendita ove il Sa.Ro. avesse restituito la somma ricevuta c la stipulazione in data 1° settembre 2008 dell'atto pubblico di vendita dell'immobile promesso, il cui contenuto era connotato ci dalla mancata previsione di alcun pactum de retrovendendo c2 dal difetto di riferimento alla causale della datio in solutum della proprietà immobiliare a deconto del debito pecuniario contratto dall'alienante c3 dall'ulteriore precisazione che il prezzo concordato di Euro 730.000,00 era stato già corrisposto c4 dalla mancata consegna dell'immobile alienato in favore dell'acquirente. Solo la dinamica e correlata valutazione di tali atti avrebbe potuto guidare il giudizio sulla funzione solutoria o assicurativa recte di garanzia dell'atto di vendita, quale mero epilogo di una vicenda che si è snodata attraverso plurimi atti negoziali. Atto traslativo mediante cui l'eventuale finalità di garanzia si sarebbe potuta realizzare quale mero risultato finale. Non si poteva, infatti, prescindere dal nesso di interdipendenza negoziale, tale da far emergere la funzionale preordinazione dei negozi collegati allo scopo finale di garanzia piuttosto che a quello di scambio, accertando la funzione economica sottesa alla fattispecie negoziale posta in essere e restando a tal fine irrilevanti sia la natura obbligatoria o reale del contratto, o dei contratti, sia il momento temporale in cui l'effetto traslativo fosse destinato a verificarsi, sia, infine, quali fossero gli strumenti negoziali destinati alla sua attuazione e perfino l'identità dei soggetti che avevano stipulato i negozi collegati, complessi o misti Cass. Sez. 2, Sentenza numero 27362 del 08/10/2021 Sez. 2, Sentenza numero 23553 del 27/10/2020 Sez. 3, Sentenza numero 13580 del 21/07/2004 Sez. 2, Sentenza numero 9466 del 19/05/2004 . E ciò al fine di determinare se l'effetto traslativo finale fosse stato il frutto di una libera scelta in ordine all'esecuzione del trasferimento immobiliare in luogo dell'adempimento ovvero se su tale stipulazione avesse inciso la precedente concessione della facoltà di iscrizione ipotecaria e il preliminare di vendita con patto di retrovendita ancorato al saldo del debito contratto elemento, quest'ultimo, che rileva in sé come fatto indiziario da ponderare, indipendentemente dalla sua persistenza all'esito della conclusione del definitivo di vendita, che, come detto, rappresenta il mero esito della potenziale garanzia prevista attraverso il preliminare . In sé, dunque, la sopravvenuta perdita di efficacia del patto di retrovendita non costituisce elemento sufficiente al fine di negare in via assorbente la sussistenza di alcun elemento da cui trarre il convincimento che la vendita immobiliare fosse avvinta da uno scopo di garanzia, tale da impingere nel divieto di patto commissorio di cui all'articolo 2744 c.c. e da determinare la nullità del contratto per frode alla legge ex articolo 1344 c.c. Orbene, il patto commissorio, vietato dall'articolo 2744 c.c., è configurabile quando il debitore sia costretto al trasferimento di un bene, a tacitazione dell'obbligazione, mentre l'integrazione del patto è esclusa solo ove tale trasferimento sia frutto di una scelta, come nel caso in cui venga liberamente concordato quale datio in solutum ex articolo 1197 c.c., ovvero esprima esercizio di una facoltà che si sia riservata all'atto della costituzione dell'obbligazione medesima ex articolo 1286 c.c. Cass. Sez. 2, Sentenza numero 19694 del 17/06/2022 Sez. 2, Sentenza numero 19508 del 18/09/2020 Sez. 2, Sentenza numero 10702 del 07/07/2003 Sez. 3, Sentenza numero 8742 del 26/06/2001 Sez. 1, Sentenza numero 893 del 03/02/1999 Sez. 2, Sentenza numero 9675 del 06/11/1996 Sez. 3, Sentenza numero 4283 del 17/05/1990 . Né peraltro il fatto che il versamento del prezzo da parte del compratore non si configurasse come contestuale erogazione di un mutuo, posto che la datio sarebbe stata concordata a deconto di un debito pregresso dell'alienante, escludeva a priori l'integrazione di un patto commissorio, in quanto avrebbe dovuto comunque ponderarsi se il trasferimento del bene avesse risposto ad una finalità solutoria e non già alla finalità di costituire una posizione di garanzia provvisoria, capace di evolversi in maniera diversa a seconda che il debitore adempisse o meno all'obbligo di restituire le somme ricevute Cass. Sez. 1, Ordinanza numero 4514 del 26/02/2018 Sez. 1, Sentenza numero 8957 del 17/04/2014 Sez. 2, Sentenza numero 16953 del 20/06/2008 Sez. 2, Sentenza numero 2725 del 08/02/2007 Sez. 2, Sentenza numero 9900 del 20/07/2001 Sez. 2, Sentenza numero 1657 del 04/03/1996 , sulla scorta di indici riferiti alla complessa vicenda negoziale intrattenuta tra le parti. In specie, emerge dalla sentenza impugnata che l'adempimento del debito fosse ancora esigibile, tanto da essere stato riconosciuto in termini di attualità con la scrittura privata del 19 luglio 2008 di concessione della facoltà di iscrizione ipotecaria e con il preliminare di vendita di cui alla scrittura privata del 23 agosto 2008, ove il patto di retrovendita era collegato al saldo del debito e non già al pagamento di un prezzo , sicché la promessa di trasferimento della proprietà avrebbe potuto ritenersi diretta ad assicurarsi coartando tale pagamento ancora possibile, in violazione degli articolo 1963 e 2744 c.c. E non appare, per contro, giustificato il riferimento all'ipotesi in cui la promessa di trasferimento e la successiva vendita fossero stati, invece, pattuiti allo scopo di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto e di liberare, quindi, il debitore dalle conseguenze connesse alla sua pregressa inadempienza Cass. Sez. 2, Sentenza numero 19694 del 17/06/2022 Sez. 2, Ordinanza numero 15112 del 03/06/2019 Sez. 2, Sentenza numero 1075 del 21/01/2016 Sez. 2, Sentenza numero 7206 del 21/03/2013 Sez. 3, Sentenza numero 7277 del 18/03/2008 Sez. 2, Sentenza numero 14903 del 28/06/2006 Sez. 3, Sentenza numero 19950 del 06/10/2004 Sez. 3, Sentenza numero 7585 del 05/06/2001 Sez. 2, Sentenza numero 4064 del 07/04/1995 . Ora, il divieto di patto commissorio, sancito dall'articolo 2744 c.c., si estende a qualsiasi negozio, quale ne sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall'ordinamento, dell'illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore sicché, anche un contratto preliminare di compravendita può dissimulare un mutuo con patto commissorio, ancorché non sia previsto il passaggio immediato del possesso del bene, qualora la promessa di vendita abbia la funzione di garantire la restituzione, entro un certo termine, della somma precedentemente o coevamente mutuata dal promittente compratore, purché sia dimostrato il nesso di strumentalità tra i due negozi Cass. Sez. 6-2, Ordinanza numero 23617 del 09/10/2017 Sez. 2, Sentenza numero 12462 del 21/05/2013 Sez. 2, Sentenza numero 11924 del 23/10/1999 Sez. 2, Sentenza numero 7740 del 20/07/1999 specificamente sulla possibilità che il patto commissorio sia realizzato anche laddove il trasferimento sia previsto a titolo di coazione per l'adempimento di un debito anteriore Cass. Sez. 2, Ordinanza numero 20420 del 28/09/2020 . In conseguenza, in materia di patto commissorio, l'articolo 2744 c.c. deve essere interpretato in maniera funzionale, sicché in forza della sua previsione risulta colpito da nullità non solo il patto ivi descritto, ma qualunque tipo di convenzione, quale ne sia il contenuto, che venga impiegata per conseguire il risultato concreto, vietato dall'ordinamento giuridico, dell'illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento della proprietà di un suo bene quale conseguenza della mancata estinzione di un suo debito Cass. Sez. 3, Ordinanza numero 2469 del 25/01/2024 Sez. 2, Sentenza numero 4262 del 20/02/2013 Sez. 3, Sentenza numero 5635 del 15/03/2005 . A queste coordinate il giudice del rinvio dovrà attenersi nel rivalutare la corrispondenza o meno della fattispecie concreta alla fattispecie astratta di integrazione, seppure indiretta, della violazione del divieto di patto commissorio. 2.- Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c., la violazione e/o falsa interpretazione dell'articolo 247 c.p.c., come risultante dalla sentenza di illegittimità costituzionale della Corte costituzionale numero 248 del 23 luglio 1974, per avere la Corte territoriale disatteso la domanda di annullamento della compravendita per violenza morale, ai sensi dell'articolo 1434 c.c., sulla scorta della dichiarazione di inattendibilità dei testi Sa.Ra. e Ge.Anumero , in quanto rispettivamente fratello e moglie dell'appellante Sa.Ro., e in mancanza di alcun elemento oggettivo esterno di riscontro a conforto delle loro deposizioni. Osserva il ricorrente che tali testi avevano dichiarato che nei mesi immediatamente precedenti alla conclusione della vendita immobiliare il Sa.Ro. era stato sottoposto a continue e pressanti richieste restitutorie provenienti dal Fa.Gi., il quale aveva minacciato continuamente e in modo violento lo stesso Sa.Ra. nonché il germano Sa.Ro. Sicché l'attendibilità dei testi sarebbe stata esclusa per il solo fatto che essi fossero stretti congiunti dell'appellante e in quanto le loro deposizioni non fossero supportate da riscontri oggettivi esterni, anche di carattere documentale, in grado di corroborarle. Mentre, per converso, avrebbe dovuto essere la loro eventuale inattendibilità ad essere supportata da riscontri esterni di natura oggettiva, che avrebbero dovuto espressamente essere individuati dal giudice e che non avrebbero potuto essere rinvenuti nel mero rapporto di parentela o di coniugio con una delle parti del giudizio. 2.1.- Il motivo è fondato. Ed infatti, in materia di prova testimoniale, non sussiste alcun principio di necessaria inattendibilità del testimone che abbia vincoli di parentela o coniugali con una delle parti, atteso che, caduto il divieto di testimoniare previsto dall'articolo 247 c.p.c. per effetto della sentenza della Corte cost. numero 248 del 1974, l'attendibilità del teste legato da uno dei predetti vincoli non può essere esclusa aprioristicamente in difetto di ulteriori elementi dai quali il giudice del merito desuma la perdita di credibilità Cass. Sez. 1, Ordinanza numero 6001 del 28/02/2023 Sez. 6-2, Ordinanza numero 98 del 04/01/2019 Sez. 3, Sentenza numero 25358 del 17/12/2015 Sez. 3, Sentenza numero 4202 del 21/02/2011 Sez. L, Sentenza numero 17630 del 28/07/2010 Sez. 3, Sentenza numero 1109 del 20/01/2006 . Sicché l'esistenza di uno dei vincoli indicati nell'articolo 247 c.p.c. avrebbe potuto, in concorso con ogni altro utile elemento, essere considerata dal giudice di merito ai fini di escludere l'attendibilità dei testi. Per converso, nel caso di specie, l'inattendibilità dei testimoni è stata supportata dal solo riferimento al vincolo di parentela e di coniugio nonché dall'assenza di elementi oggettivi esterni di riscontro dell'attendibilità, secondo una presunzione di inaffidabilità dei testi derivante in sé dal vincolo parentale e coniugale con la parte. Come debitamente rilevato nelle conclusioni scritte del Pubblico Ministero, la Corte di merito avrebbe dovuto piuttosto dare contezza, ove sussistenti, di ulteriori elementi idonei a corroborare la ritenuta non credibilità dei testi, e non già giungere alla conclusione della loro inattendibilità per carenza di elementi che suffragassero la veridicità delle relative deposizioni. 3.- In conseguenza delle considerazioni esposte, il ricorso deve essere accolto, con riferimento ad entrambi i motivi articolati, nei sensi di cui in motivazione. La sentenza impugnata va, dunque, cassata, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Napoli, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi ai seguenti principi di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione. Ai fini di accertare la ricorrenza di un patto commissorio, non si può prescindere dalla valutazione del nesso di interdipendenza negoziale, tale da far emergere la funzionale preordinazione dei negozi collegati allo scopo finale di garanzia piuttosto che a quello di scambio, accertando la funzione economica sottesa alla fattispecie negoziale posta in essere nel suo complesso, e ciò con particolare riferimento alla concessione della facoltà di iscrivere ipoteca, cui sia seguita la stipulazione di un preliminare di vendita in favore del creditore, con patto di retrovendita qualora il debito fosse stato saldato, benché tale patto non sia ripreso nel definitivo, a fronte di un debito riconosciuto e considerato ancora esigibile . In materia di prova testimoniale, non sussiste alcun principio di necessaria inattendibilità - o di presunzione di inattendibilità in caso di mancanza di riscontri corroborativi esterni - del testimone che abbia vincoli di parentela o coniugali con una delle parti, atteso che, caduto il divieto di testimoniare previsto dall'articolo 247 c.p.c. per effetto della sentenza della Corte cost. numero 248 del 1974, l'attendibilità del teste legato da uno dei predetti vincoli non può essere esclusa aprioristicamente in difetto di ulteriori elementi dai quali il giudice del merito desuma la perdita di credibilità .