Per i giudici dal TAR Veneto non vi è alcun legittimo affidamento al mantenimento dell’orario a sei giorni per tutto il percorso scolastico.
Via libera alla settimana corta a scuola nonostante l'opposizione dei genitori degli studenti iscrittisi con la certezza di lezioni su sei giorni settimanali TAR Veneto, sent, 25 marzo 2024, numero 575 . Riflettori puntati su una scuola in Veneto. Casus belli, per molti genitori, è l'annuncio, ad anno scolastico 2023/2024 in corso, che per il futuro, cioè a partire dall'anno scolastico 2024/2025, vi sarà l'adozione della settimana corta per l'intero istituto. A manifestare fortissime perplessità, ritenute irrilevanti dai vertici della scuola, sono soprattutto, i genitori di quegli studenti iscritti anche tenendo conto della programmazione delle lezioni scadenzata su un arco temporale di sei giorni a settimana. Inevitabile, per quei genitori, impugnare il provvedimento – una delibera adottata nel dicembre del 2023 dal consiglio d'istituto – dinanzi ai giudici del TAR Veneto, contestando, in particolare, il passaggio con cui viene chiarito che «classi residuali a sei giorni verranno, a partire dall'anno scolastico 2024/2025, riorganizzate in cinque giorni per allinearsi all'offerta formativa dell'istituto comprensivo», offerta che prevede solo la settimana corta per tutti. Per i genitori che si oppongono alla improvvisa correzione di rotta decisa dai vertici dell'istituto scolastico, è palese l'abuso compiuto dalla scuola, poiché loro, come genitori, avevano iscritto i rispettivi figli proprio alla luce dell'offerta formativa dell'istituto, offerta che consentiva ancora per l'anno scolastico 2023/2024 la possibilità per alcune classi di avere sei giorni di lezioni a settimana. Prima di esaminare da vicino la posizione dei genitori che hanno impugnato il provvedimento, i magistrati amministrativi sottolineano che «la decisione dell'istituto di adottare la settimana corta riguarda il merito dell'azione amministrativa e, come tale, non può essere sindacata sotto il profilo dell'opportunità» e che «la posizione giuridica fatta valere dai genitori non è di diritto soggettivo – a cui dovrebbe corrispondere l'obbligo dell'istituto di mantenere l'orario scolastico su sei giorni a settimana –, ma di interesse legittimo, venendo in rilievo l'esercizio, da parte dell'istituzione scolastica, del potere conferitole dalla legge». Ciò detto, i giudici evidenziano che i genitori sostengono di «avere maturato un legittimo affidamento a mantenere l'orario scolastico distribuito su sei giorni alla settimana per tutti gli anni del percorso scolastico e di avere manifestato la contrarietà del passaggio alla settimana corta, sia in occasione di incontri con la dirigente scolastica, sia mediante missive indirizzate all'istituto». E ragionando in questa ottica, i genitori portavano avanti la tesi secondo cui «la deliberazione con cui, a partire dall'anno scolastico 2024/2025, il consiglio di istituto ha esteso la settimana corta anche alle classi frequentate dai loro figli» sia quindi illegittima, poiché «lesiva dell'affidamento ingenerato dal contenuto delle versioni del piano triennale dell'offerta formativa succedutesi nel corso dei precedenti anni scolastici, che prevedevano anche classi con orario distribuito su sei giorni settimanali». Queste obiezioni però non reggono, secondo i giudici, innanzitutto perché «alla luce delle norme in tema di autonomia organizzativa degli istituti scolastici e in tema di revisione annuale del piano triennale dell'offerta formativa, non può essere riconosciuto un affidamento giuridicamente rilevante al mantenimento dell'articolazione dell'orario su sei giorni alla settimana per tutto il percorso scolastico», e, peraltro, nel caso specifico, «l'introduzione della settimana corta per tutte le classi dell'istituto non interessa l'anno scolastico in corso, ma avrà effetto solo dal prossimo anno scolastico». E difatti «il consiglio di istituto ha assunto tale decisione il 13 dicembre 2023, e cioè con una tempistica sufficientemente ampia da permettere alle famiglie di valutare se, dal prossimo anno scolastico, iscrivere i figli presso altri Istituti con classi a orario distribuito su sei giorni a settimana», sottolineano i giudici. E ciò significa che i genitori che contestano il provvedimento adottato dalla scuola «non hanno immediatamente né irrimediabilmente perduto la possibilità di fare frequentare ai propri figli un percorso scolastico con lezioni organizzate dal lunedì al sabato». Impossibile, secondo i giudici, sostenere, come hanno fatto i genitori, che «le motivazioni sottese all'estensione della settimana corta a tutte le classi dell'istituto» non abbiano tenuto conto dell'affidamento delle famiglie al mantenimento dell'orario ‘a sei giorni' e che «tali motivazioni siano inconsistenti e non assumano un rilievo ed una gravità tali da giustificare la decisione assunta dall'istituto». Per i giudici, difatti, come detto, «non emerge alcun legittimo affidamento al mantenimento dell'orario ‘a sei giorni' per tutto il percorso scolastico». Inoltre, «in materia di programmazione scolastica, l'obbligo di motivare le scelte pianificatorie è adeguatamente e sufficientemente soddisfatto con l'indicazione dei criteri generali e di massima che presiedono alla loro redazione». E nella vicenda oggetto del processo «non paiono illogiche né irrazionali, risultando al contrario plausibili, le motivazioni indicate nella deliberazione del consiglio di istituto a sostegno della decisione di estendere la settimana corta a tutte le classi», ossia «classi formate realmente sui criteri, e non in base ai desiderata dei genitori spostamenti di allievi – dopo non ammissioni – più facili con stesso tempo scuola non più problemi con il pulmino tutti gli studenti escono alla stessa ora chiusura degli uffici il sabato, con conseguente allungamento durante la settimana giorno libero per tutti il sabato».