Travisamento della prova: quando il giudice di merito “inventa” la prova

Sussiste il vizio di travisamento della prova per invenzione nel caso in cui il giudice di merito, esaminando gli elementi probatori a sua disposizione, stabilisca di individuarne alcuni come decisivi che, però, non risultano presenti. Così ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, con la sentenza numero 18609 depositata il 13 maggio 2024.

Fu violenza sessuale? Alla base della vicenda oggetto della sentenza in commento è un sito di incontri , luogo virtuale nel quale i due protagonisti – imputato e persona offesa – si conoscono e iniziano a frequentarsi. Quello che succederà poco dopo è tutt'oggi avvolto nell'incertezza perché, ve lo anticipiamo, la decisione della Cassazione è stata di annullamento con rinvio “totale”. Seguendo il principio del “visto da destra e visto da sinistra”, sembrerebbe, ascoltando la presunta vittima, che l'imputato l'abbia malmenata, minacciata, segregata in casa e che abbia usato violenza sulla stessa. Quest'ultimo, invece, raccontava la cosa in modo molto diverso, ponendo a base delle lesioni e degli atti sessualmente rilevanti una particolare propensione della persona offesa verso pratiche sadomasochistiche . Lo sviluppo del processo è altalenante condannato in primo grado per lesioni personali, sequestro di persona, violenza privata, minaccia e violenza sessuale , l'imputato è assolto dalla corte d'appello per quest'ultimo reato. La condanna è confermata per le restanti ipotesi delittuose. Contro la sentenza della corte territoriale insorgono tutte le parti processuali. Insorge la parte civile, che si è vista sforbiciare una parte della provvisionale insorge la Procura Generale, che ha copiato e fatto proprio il ricorso del danneggiato, così estendendo l'impugnazione anche agli effetti penali. Insorge, infine, anche l'imputato, che non ci sta a sentirsi dichiarare responsabile per le ipotesi “minori” per le quali era stato tratto a giudizio. Gli Ermellini, cui invidiamo la bravura che hanno dimostrato nel descrivere nel modo più asettico possibile le pruriginose sequenze fattuali del fatto storico, hanno sentenziato che il processo è da rifare . Vediamo perché. La fantasia del giudice non va premiata La parte “in diritto” della decisione è stringata ma, nella sua essenzialità che è, intendiamoci, un pregio e non un difetto risulta particolarmente efficace e prende le mosse dal riscontrato vizio motivazionale da cui è affetta la sentenza d'appello . Quest'ultima, così come possiamo comprendere leggendo il resoconto che ne fa la cassazione, ha sostanzialmente ricostruito i fatti secondo una logica intuizionistica che l'ha portata a individuare una terza versione dell'accaduto che non coincide né con quella della persona offesa, né con quella dell'imputato . Ciò, secondo la Suprema Corte, avrebbe determinato l'insorgenza del vizio di contraddittorietà della motivazione che è apparsa alla prima manifestamente illogica. L' autonoma ricostruzione fattuale , invero, avrebbe consentito ai giudici d'appello da una parte di assolvere l'imputato per il delitto di violenza sessuale e, dall'altra, di confermarne la condanna per i restanti capi di imputazione. Nulla di strano che, al vaglio del secondo giudice, un'accusa possa reggere e un'altra no. Ciò che non è però consentito è che tale operazione di scrematura sia figlia della “ invenzione ”, cioè della patente di rilevanza e decisività attribuita a elementi probatori che non fanno parte del paniere istruttorio del processo. Quando si può procedere alla valutazione frazionata delle dichiarazioni della persona offesa? Questo è un altro problema individuato dalla Cassazione. Sembrerebbe infatti che alla decisione di parziale riforma in appello si sia giunti valutando frazionatamente le dichiarazioni dell'offeso dal reato. Ora, ricorda il giudice di legittimità che questa operazione è senza dubbio possibile, ma soltanto nel caso in cui la valutazione frazionata riguardi il contenuto di dichiarazioni che non siano legate da “una interferenza fattuale e logica” con quelle giudicate poi non attendibili. In sostanza se il narrato è unico e non contiene blocchi concettuali separati, non potrà che essere valutato nel suo insieme del tutto attendibile o inattendibile. Tertium non datur . Continua il trend della chiarezza Lo abbiamo già detto in altre occasioni e lo ribadiamo questa decisione, come altre pronunciate da diverse sezioni della Suprema Corte, è anch'essa connotata da un grado di semplicità e chiarezza nell'esposizione dei principi di diritto particolarmente apprezzabile. Intendiamoci il nostro giudizio non dipende dalla “importanza” della questione giuridica sollevata, che nel caso di specie è tutt'altro che semplice o banale. È semmai calibrato in questo senso per effetto della particolare tecnica espositiva con cui la motivazione è redatta semplice, asciutta, senza fronzoli. Speriamo che questo trend non debba mai più invertirsi.

Presidente Sarno – Relatore Gentili Ritenuto in fatto In data 4 febbraio 2022, la Corte di appello di Firenze ha parzialmente riformato la sentenza del GUP del Tribunale di Lucca, emessa in data 5 dicembre 2018 ad esito di giudizio abbreviato, con la quale B.M. era stato condannato alla pena di anni 3 e mesi 8 di reclusione, oltre accessori, per i reati di cui agli articolo 81, 582, 585, comma 1, in relazione all'articolo 576, comma 1, numero 5, e comma 2, numero 2, capo 1 di imputazione e 81, 605, 610, 609-bis, 609-septies, commi 1 e 4, numero 4, e 612, comma 2, cod. penumero capo 2 . Il giudice di secondo grado, nel riformare la sentenza appellata, ha assolto per insussistenza del fatto l'imputato dal reato contestato di violenza sessuale, conseguentemente rideterminando la pena nella misura di anni 1 e mesi 4 di reclusione, disponendone la sospensione condizionale e riducendo l'importo della provvisionale in favore della costituita parte civile al cui pagamento l'imputato era stato in primo grado condannato. Avverso la sentenza di secondo grado sia la parte civile che l'imputato, tramite i rispettivi difensori, hanno interposto ricorso per cassazione l'una ha affidato il proprio ricorso a due motivi di doglianza, l'altro a quattro motivi. Anche la Procura generale presso la Corte di appello di Firenze ha impugnato il medesimo provvedimento l'organo della pubblica accusa, evidentemente condividendole, ha fatto proprie le argomentazioni sviluppate nell'atto della parte civile e le ha trascritte nel proprio ricorso, che ha, pertanto, il medesimo contenuto di quello ad esso, di conseguenza, si rinvia sin d'ora per ciò che attiene alla illustrazione del primo. Con il primo dei motivi di doglianza formulati nel proprio atto, la parte civile ha dedotto la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato, in quanto il giudice di secondo grado, senza alcuna motivazione, nel ricostruire il fatto addebitato all'imputato, avrebbe valutato credibile la narrazione della parte civile quanto a talune circostanze ed allo stesso tempo ha dato credito alle dichiarazioni dell'imputato rispetto ad altre circostanze. In particolare, la ricorrente ha segnalato quattro travisamenti di elementi di prova dalla stessa ritenuti decisivi per l'affermazione di responsabilità dell'imputato ex articolo 609-bis cod. penumero , in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa infatti, essa, anzitutto, avrebbe ritenuto che non vi fosse prova del fatto che la violenza sessuale sarebbe avvenuta dopo, e non prima, rispetto alla condotta di lesioni addebitata all'imputato, mentre in senso contrario deponevano le dichiarazioni di entrambe le parti, trattandosi peraltro dell'unica circostanza sulla quale esse convergevano ancora, sarebbe stata travisata la prova costituita dalle dichiarazioni rese a sit da un'amica della parte civile, che aveva riferito come, la mattina dopo i fatti in contestazione, la persona offesa le avesse confidato di aver subito anche violenze sessuali il giudice di secondo grado non ne avrebbe tenuto conto, affermando che la parte civile aveva menzionato soltanto le altre condotte criminose addebitate all'imputato nei messaggi scambiati con gli amici. Inoltre, la Corte di appello avrebbe ipotizzato che parte civile ed imputato non fossero estranei a pratiche sessuali estreme, che avrebbero posto in essere prima dei fatti contestati, omettendo di considerare quanto emerso, oltre che dalla querela, dai messaggi che i due si erano scambiati il mese precedente, in cui la persona offesa lamentava di aver riportato un doloroso ematoma al collo a seguito di un morso ricevuto dall'imputato, cui aveva chiesto che non ripetesse simili eccessi. Infine, nel ritenere che le lesioni si sarebbero verificate nel contesto di una lite tra parte civile e imputato, seguita ad un momento di intimità tra i due, i cui motivi non erano chiaramente emersi nel processo, il giudice avrebbe omesso di tener conto della narrazione dell'episodio contenuta nella querela, ove la persona offesa aveva descritto i toni dell'incontro come sin da subito pesanti, a causa degli atteggiamenti nervosi dell'imputato, informato che ella aveva incontrato nei giorni precedenti un altro uomo. Con il secondo motivo di doglianza, la ricorrente ha censurato l'inosservanza o erronea applicazione dell' articolo 609-bis cod. penumero nonché la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione a sostegno dell'assoluzione dal reato di violenza sessuale. Tale motivazione, a partire peraltro da una ricostruzione congetturale, illogica e dissonante rispetto alle risultanze probatorie dei motivi per i quali la persona offesa non avrebbe riferito ai medici del pronto soccorso di aver subito anche violenze sessuali, si risolverebbe nell'impossibilità di ritenere provato il carattere non consensuale degli atti sessuali, in dipendenza della mancanza di prova circa lesioni o dolore nella zona genitale, che la persona offesa avrebbe dovuto riportare, al momento delle visite mediche, se davvero il rapporto non fosse stato consensuale. Cosicché, sempre ad avviso della ricorrente, la Corte di appello avrebbe in sostanza postulato, quale elemento dimostrativo del reato di cui all' articolo 609-bis cod. penumero , la derivazione di conseguenze fisiche sulla persona offesa dagli atti sessuali non consensuali ciò in violazione della disposizione appena menzionata, la quale non impone siffatto canone valutativo. Come accennato il ricorso della pubblica accusa ricalca i contenuti del ricorso della parte civile che - è lo stesso ricorrente Ufficio che lo riferisce - ha segnalato a quest'ultimo la opportunità della impugnazione anche ai fini penali. Quanto al ricorso proposto nell'interesse dell'imputato, con il primo dei quattro motivi di doglianza di cui esso si compone è stata censurata la mancanza di motivazione a sostegno dell'affermata inattendibilità delle dichiarazioni della persona offesa riguardanti la violenza sessuale, per la quale è intervenuta assoluzione, segnatamente in relazione ai riflessi di tale affermazione di inattendibilità sulla valutazione delle propalazioni della stessa persona offesa riferite agli altri addebiti. Si sarebbe trattato, ad avviso della difesa, di un passaggio motivazionale necessario, in considerazione della non frazionabilità della valutazione di attendibilità della parte civile in relazione alle plurime sue dichiarazioni infatti, il contestato rapporto sessuale, di cui in secondo grado è stato escluso il carattere non consensuale, e le lesioni, alle quali invece la parte civile non avrebbe acconsentito, si porrebbero tra loro in rapporto di connessione logico-fattuale, nel senso che ove si ritenga che la persona offesa non abbia riportato alcuna conseguenza fisica nella zona genitale a seguito del primo fatto, dovrebbe necessariamente escludersi che il fatto precedente delle lesioni si sia svolto contro la volontà della donna, considerando che soltanto un suo stato di eccitamento, incompatibile con l'aver subito involontariamente la violenza dell'imputato, avrebbe consentito al successivo rapporto sessuale di non lasciare tracce sul corpo della persona offesa. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la mancanza e manifesta illogicità della motivazione a sostegno dell'affermata insussistenza del consenso scriminante le lesioni essa poggerebbe su argomentazioni - formulate nel senso della mera maggior probabilità della corrispondenza al vero della versione dei fatti resa dalla persona offesa, rispetto a quella resa dall'imputato - risultanti non in linea con la regola di giudizio di cui all' articolo 533 cod. proc. penumero Il ricorrente ha poi dedotto la mancanza e manifesta illogicità della motivazione resa dal giudice di secondo grado sulla sussistenza delle condotte integranti il sequestro di persona e la violenza privata in particolare, la precarietà, argomentata con il primo e secondo motivo di ricorso, della premessa di partenza inficerebbe la motivazione per cui l'unica spiegazione plausibile della chiusura a chiave della porta della propria abitazione da parte dell'imputato consisterebbe nella sua volontà di impedire alla donna di denunciarlo per le violenze appena subite quanto alla condotta di sottrazione del cellulare alla donna, la Corte di appello non avrebbe fornito risposta alle censure sviluppate in secondo grado dall'imputato circa la dissonanza tra la ricostruzione accusatoria dei fatti e le risultanze probatorie relative ai messaggi che la persona offesa aveva inviato prima di lasciare l'abitazione dell'imputato. Infine, il giudice di secondo grado sarebbe incorso nei medesimi vizi motivazionali quanto alla condotta integrante le minacce aggravate, ritenuta sussistente in quanto funzionale «alla più generale condotta costrittiva» posta in essere dall'imputato, con giudizio di mera compatibilità con il narrato della persona offesa, in violazione del criterio di giudizio di cui all'articolo 533. In esito alla odierna discussione la difesa dell'imputato ha depositate delle note scritte volte sia a replicare alla requisitoria scritta, a suo tempo già trasmessa dalla pubblica accusa, concludente nel senso della inammissibilità della impugnazione da quella presentata sia ad insistere per l'accoglimento del proprio ricorso. Considerato in diritto In accoglimento dei ricorsi proposti, la sentenza impugnata deve essere annullata sia nella parte in cui con essa è stata confermata la sentenza emessa dal giudice di primo grado - e, pertanto, nella parte in cui, ribadita la responsabilità del prevenuto in ordine ai reati, unificati sotto il vincolo della continuazione, di lesioni personali, violenza privata, minaccia aggravata e sequestro di persona, è stata rideterminata nella misura di anni 1 e mesi 4 di reclusione, con conferma della condanna al risarcimento del danno ed al rimborso delle spese di costituzione e difesa in favore della costituita parte civile - sia nella parte in cui la predetta sentenza del Gup del Tribunale di Lucca è stata, invece riformata - cioè nella parte in cui il B.M. è stato assolto dal reato di violenza sessuale per insussistenza del fatto, con eliminazione della relativa pena e riduzione dell'importo della provvisionale già disposta in favore della parte civile - con rinvio per complessivo nuovo esame di fronte ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze. A tale conclusione è giunta questa Corte sulla base della contraddittorietà, indice della sua manifesta illogicità, della motivazione con la quale la Corte medicea si è risolta, con affermazione ora da più parti censurata, a confermare per una parte la decisione assunta dal giudice di primo grado e per altra parte a riformarla. Si osserva, infatti, che la Corte territoriale, onde risolvere le incongruenze da essa rilevate sia nella ricostruzione dei fatti operata dalla persona offesa sia in quella operata dall'imputato ha, di fatto, presupposto una terza ricostruzione fattuale, autonomamente operata, sulla base, però, non di dati obbiettivi ma sulla base di una intuizionistica visione degli avvenimenti, non supportata da alcun dato probatorio. Giova, infatti, ricordare che i fatti materiali in relazione ai quali il B.M. è stato chiamato a rispondere in giudizio, traggono origine da una amicizia nata fra l'imputato e la persona offesa a cagione della comune frequentazione di un cosiddetto sito di incontri dopo taluni abboccamenti, privi di incontri personali, i due hanno iniziato a frequentarsi anche personalmente sino alla data del OMISSIS , occasione in cui si sono verificati i fatti per cui è processo. Essi, nella loro sostanziale materialità, sono, sia pure solo in relazione al loro succedersi nel tempo, pacifici fra persona offesa, in quanto, sia secondo la versione dell'uno che secondo la versione dell'altra, in tale occasione è indubbio che fra i due, dopo che la donna era stata colpita dall'uomo che delle frustate inferte con una cintura da pantaloni che le aveva cagionato delle lesioni, intervennero degli atti chiaramente connotati dal loro carattere sessualmente rilevante. Le divergenze fra le tesi dei due protagonisti della vicenda risiedono, oltre che in taluni aspetti di essa che potrebbero dirsi marginali cioè se l'uomo ebbe sia a privare la donna della possibilità di utilizzare un telefono cellulare che a minacciarla di morte e se questa, dopo il rapporto sessuale intercorso fra costoro, sia stata effettivamente privata, nel corso della notte fra il OMISSIS , della sua libertà personale , vuoi nella natura consensuale o meno della congiunzione carnale che, secondo la versione dell'imputato, gli stessi ebbero nella serata in esame congiunzione carnale che, invece, secondo la versione della donna, non sarebbe stata una vera e propria copula né, tantomeno, sarebbe stata consensuale, avendo l'imputato introdotto, contro la volontà di quella, le proprie dita nella vagina della persona offesa , vuoi nella dichiarata, secondo l'imputato, disponibilità della donna a farsi energicamente colpire dall'uomo prima di consumare il citato rapporto sessuale, essendo tale pratica, recisamente negata dalla persona offesa, funzionale ad una maggiore eccitazione sessuale della donna. Ciò posto osserva il Collegio che la Corte territoriale - la quale, giova ricordarlo, mentre ha confermato la sentenza di condanna a carico del B.M. quanto alle lesioni personali ed agli altri reati minori, ha invece mandato assolto il medesimo in ordine al reato di violenza sessuale - ha fondato il proprio giudizio su una ricostruzione dei fatti che, prescindendo dalla natura del rapporto intercorrente fra i due soggetti interessati ai fatti rapporto, come accennato, definito dall'imputato condizionato dalla parafilia masochistica della donna, la quale avrebbe richiesto al B.M. di fustigarla, in tale modo incrementando la sua sensazione di piacere erotico , prevederebbe che ad un certo punto della serata mentre cioè i due stavano consumando un rapporto sessuale frutto di una reciproca e convergente volizione, ndr - per un motivo non chiaramente emerso - sia sopravvenuta una lite, con uso della violenza fisica da parte del B.M. una tale ricostruzione, osserva ancora la Corte di Firenze, ha permesso a questa di fornire una spiegazione in tale modo giustificando un fatto, deve ritenersi, non altrimenti giustificabile al perché la N.S. nell'immediato recandosi al pronto soccorso cosa che, in realtà la donna non fece, come parrebbe ritenere la Corte di merito, nell'immediato, posto che l'accesso della donna presso il pronto soccorso ove furono refertate le lesioni personali, avvenne solo dopo che la stessa, allontanatasi attorno alle ore 11 del OMISSIS dalla abitazione dell'imputato, aveva regolarmente espletato il suo turno pomeridiano di lavoro quale infermiera ndr non parlò di alcuna violenza sessuale ella, infatti, potrebbe avere percepito la prima parte della serata quella cioè nella quale si era verificato il consensuale congresso carnale fra i due ndr in tali termini parrebbe intendersi in termini di ritenuta violenza fisica ndr soltanto successivamente, ripensando e rimeditando su quanto occorsole e rifiutando in blocco l'esperienza vissuta . Una tale ricostruzione fattuale viene dalla Corte di Firenze ritenuta funzionale anche alla conferma della responsabilità, quanto ai soli reati diversi dalla violenza sessuale a lui imputati, del B.M., in relazione alla cui posizione si rileva che questi non potendo negare le lesioni cagionate alla N.S. poiché refertate dal pronto soccorso, ma tentando di minimizzarle, avrebbe tutto l'interesse nella sua versione dei fatti, a posticipare l'approccio sessuale soltanto dopo la inflizione delle suddette lesioni, cercando in tale modi di ammantare le stesse come consensualmente volute dalla partner e conseguentemente qualificare come totalmente consenziente recte consensuale il rapporto sessuale . In sostanza, secondo la ricostruzione fattuale degli eventi fatta dalla Corte di appello, apparirebbe maggiormente plausibile che il rapporto sessuale, sia avvenuto prima delle lesioni refertate, il che indurrebbe a ritenere plausibile che lo stesso, sebbene sul punto la stessa Corte abbia affermato che non vi sia tranquillante certezza , essendo intercorso fra persone che già erano state più volte in intimità, sia stato consensuale. Ma, osserva questa Corte, una siffatta ricostruzione non trova negli atti del processo alcun genere di riscontro istruttorio, posto che non solo la difesa dell'imputato - con un'operazione artatamente volta, secondo la tesi della Corte di merito, ad invertire la cronologia dei fatti, anteponendo, in spregio al loro reale svolgersi, le pratiche sadomasochistiche, concordate fra le parti, al rapporto sessuale, anch'esso consensuale - colloca l'andamento diacronico della vicenda in termini opposti a quelli ricostruiti dal giudice del gravame, ma è la stessa ricostruzione storica operata dalla persona offesa che si pone in contraddizione con quanto ritenuto dalla Corte. La N.S., secondo quanto riportato nella stessa sentenza ora impugnata, descrivendo una sorta di climax ascendente di violenza, riferisce, infatti, che l'imputato verso la mezzanotte del OMISSIS , dopo che la atmosfera era divenuta particolarmente tesa a seguito delle sue accese manifestazioni di gelosia , dopo averla offesa, la prese stretta con la forza ai glutei ed ai polsi e la picchiò a sangue colpendola ripetutamente con una cintura al seno, alle braccia, alla testa ed alle gambe solo a questo punto - sempre secondo la ricostruzione degli avvenimenti fatta dalla persona offesa e riportata nella sentenza della Corte di Firenze - l'uomo chiuse con più mandate la porta di casa e requisito il telefono alla donna, la buttò sul divano e, gettatosi addosso a lei, le sfilò a forza gli slip e, tenendole con una mano i due polsi, le infilò almeno due dita dell'altra in vagina . E', pertanto, inspiegabile - a fronte di una narrazione dei fatti che, nelle due versioni offerte, risulta essere convergente quanto alla loro successione temporale seppure non, evidentemente, quanto alla loro rilevanza penale , sia che si propenda per ritenere conforme al vero quanto affermato dall'imputato sia che si propenda, invece, verso la attribuzione di pieno credito alla narrazione resa dalla persona offesa - la ragione per la quale, contrariamente a tali evidenze, la Corte di merito abbia ritenuto, sposando una sorta di terza via narrativa, che la vicenda si sia svolta, quanto al suo sviluppo cronologico, in termini sostanzialmente opposti a quelli riferiti da entrambi i soggetti che ad essa hanno preso parte. Un siffatto procedere comporta, ad avviso di questa Corte, il vizio della sentenza impugnata di travisamento della prova per invenzione, il quale sussiste allorquando il giudice del merito, nell'esaminare gli elementi istruttori acquisiti agli atti, ne individui come decisivi taluni che, invece, non risultino presenti sulla nozione di travisamento della prova, ora per soppressione ora per invenzione, si vedano per tutte Corte di cassazione, Sezione II penale, 25 giugno 2019, numero 27929 Corte di cassazione, Sezione II penale, 26 novembre 2013, numero 47035, secondo le quali esso si manifesta, rispettivamente, allorché si introduce nella motivazione della sentenza una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova pur sussistente e decisiva ai fini della pronuncia . Né, si ritiene, è possibile nel caso in esame applicare l'indirizzo giurisprudenziale che, consentendo la valutazione frazionata delle dichiarazioni accusatorie rese dalla parte offesa, consentirebbe di attribuire credito solamente a quelle fra esse che risultano consentanee alla tesi fatta propria dalla Corte di merito. Invero, la possibilità di valutare frazionatamente il contenuto delle dichiarazioni rese da un teste in giudizio o, comunque, acquisite agli atti, è legittimamente esercitata in quanto fra le varie parti del narrato ritenute attendibili non sussista una interferenza fattuale e logica - ossia un rapporto di causalità necessaria o di imprescindibile antecedenza logica - con quelle giudicate inattendibili, tale da minare la credibilità complessiva e la plausibilità dell'intero racconto per tutte Corte di cassazione, Sezione V penale, 11 settembre 2020, numero 25940 , condizione che nell'occasione, considerata la unicità temporale e finalistica del contesto in cui si sarebbero verificati i fatti oggetto di imputazione - nei quali secondo la versione dell'imputato, le condotte generatrici delle lesioni sarebbero state funzionali, dato l'atteggiamento sadomasochistico dei due attori della vicenda, alla maggiore eccitazione erotica dei medesimi, poi soddisfatta nel successivo congresso carnale mentre, secondo il narrato della donna, le stesse sarebbero state il prodromo, nel crescendo di violenza esercitata ab irato dall'uomo, del successivo oltraggio sessuale da lei patito - non appare sussistere. Il rilevato vizio di travisamento della prova, atteso il ritenuto carattere fondamentale della ricostruzione diacronica dei fatti ai fini della affermazione sia, per un verso, della attendibilità delle dichiarazioni rese agli atti del giudizio dal B.M. e dalla N.S., fossero esse accusatorie ovvero autodifensive, sia, per altro verso, della stessa rilevanza penale degli avvenimenti, mina in radice la sentenza, e ciò anche con riferimento ai reati diversi rispetto a quelli di lesioni personali e violenza sessuale, più direttamente interessati dalla contraddittoria ricostruzione operata dalla Corte di Firenze. Ed invero, quanto al sequestro di persona, si osserva che la Corte di Firenze ha attribuito rilevanza penale alla condotta del B.M., il quale ha serrato la porta di accesso della sua abitazione nella quale si trovava anche la N.S., sostenendo che, così facendo, egli si sarebbe cautelato rispetto al pericolo che la donna, una volta uscita di casa, sarebbe andata a denunziarlo, ritenendo, invece, inattendibile la spiegazione data all'episodio dall'uomo - il quale ha detto che non gli pareva opportuno che la donna si allontanasse della sua abitazione nel cuore della notte - non essendo credibile che l'imputato, dopo averla malmenata, mostrasse un tale premura verso la persona offesa. Ora - al di là della circostanza che, secondo quanto riferito dalla stessa persona offesa, costei si è potuta poi allontanare dalla abitazione del B.M. la mattina successiva, in tempo per recarsi sul posto di lavoro, con il benestare dell'uomo, il quale, pertanto, doveva avere, inspiegabilmente, in breve superato il suo timore di essere denunziato - la tesi ricostruttiva fatta propria dalla Corte di merito ha come proprio presupposto logico la rilevanza penale delle lesioni riportate dalla N.S. essendo stata questa fondata sulla allo stato apodittica ricostruzione degli avvenimenti precedenti al contestato sequestro di persona, anche la deduzione che da quella ne è stata tratta risulta essere inaffidabile. Il giudizio di inadeguatezza motivazionale della sentenza impugnata si estende anche all'avvenuta conferma della responsabilità dell'imputato quanto al reato di minacce aggravate, posto che la verifica della attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa intorno ad esse è stata eseguita dalla Corte di appello attribuendo alle dichiarazioni minatorie una asserita funzionalità alla più generale condotta costrittiva del B.M., la cui fondatezza è, come detto, affermata sulla base di una non ancora adeguatamente dimostrata ricostruzione dei fatti svolta dalla Corte di merito. Né va trascurato di rilevare come sembri distonico - sebbene di tale apparente sfasamento logico la Corte di merito non abbia tenuto alcun conto - rispetto al complessivo dato fattuale valorizzato dalla Corte di merito il fatto che, nella mattinata del OMISSIS , dopo essersi allontanata da meno di due ore dalla abitazione dell'imputato, la persona offesa abbia indirizzato a quello un messaggio il cui tenore testuale OMISSIS , non evidenzia alcuna pregressa tensione, tantomeno immediatamente recente, fra i due attori della presente vicenda. Parimenti inaffidabile è l'argomento adottato dalla Corte di merito onde contestare la argomentazione difensiva sviluppata dall'imputato per smentire il fatto, riportato dalla persona offesa, che egli le avrebbe sottratto il telefono cellulare impedendole di chiamare aiuto mentre era all'interno della sua abitazione risulta, infatti, manifestamente irragionevole la giustificazione offerta dalla Corte locale a spiegazione del fatto che - pur essendo stata la N.S., secondo quanto dalla medesima affermato, privata della disponibilità del citato apparecchio - nel corso della notte in cui si sono svolti i fatti per cui è processo dallo stesso sono partite sia delle telefonate che dei messaggio tutti indirizzati a persone vicine alla donna. Infatti, sostenere che siffatte chiamate - collocate in numero di 5 nell'arco temporale che va dalle ore 1.13 alle ore 3.30 della mattina del OMISSIS secondo quanto riportato, per come emerge dalla parte narrativa della sentenza impugnata, dalla difesa ricorrente in appello senza che tale puntuale riferimento storico sia stato contestato dalla Corte di Firenze in occasione della redazione della sentenza impugnata - lungi dall'essere state fatte dalla persona offesa cosa che, se ciò fosse invece vero, dimostrerebbe che questa avrebbe già avuto allora la disponibilità dell'apparecchio telefonico , siano partite dal cellulare della N.S. del tutto accidentalmente , risulta essere affermazione priva di ogni ragionevolezza, apparendo non solo non facilmente ipotizzabile che un congruo numero di telefonate partano tutte verso reali utenze telefoniche accidentalmente in un limitato lasso di tempo, mentre l'apparecchio è sottratto all'avente diritto ma è del tutto inspiegabile come da un telefono possano accidentalmente partire dei messaggi, essendo quella della loro preparazione e trasmissione un'operazione che, richiedendo una sequenza di azioni coordinate fra loro, risulta forse eseguibile per errore, essendo il messaggio inviato a persona non coincidente rispetto al divisato destinatario ovvero con un contenuto diverso da quello voluto, ma non accidentalmente . In accoglimento, pertanto, sia del ricorso presentato dalla pubblica accusa che di quello presentato dalla parte civile, sia della impugnazione formulata della difesa dell'imputato, la sentenza impugnata deve essere annullata con conseguente riesame della complessiva vicenda ad opera di altra Sezione della Corte di appello di Firenze, cui compete anche, in esito al giudizio da essa reso, il regolamento delle spese del presente giudizio nei confronti della costituita pare civile. PQM Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze.