MAE e rifiuto di consegna della madre con prole minore di anni tre

In ordine alla consegna da parte del Paese di esecuzione, presso altro Paese membro, della madre con prole minore di anni tre, ai sensi della l.numero 69/2005 in attuazione della decisione quadro 2002/584/GAI, quest’ultimo non può rifiutarsi di ottemperare alla consegna in assenza di prove concrete che dimostrino un deficit delle condizioni di detenzione assicurate dal Paese richiedente nel rispetto dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta.

In questo senso si è espressa la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione nella sentenza in commento, ammettendo il motivo del ricorso da parte del Procuratore Generale della Corte d'Appello di Bologna e disponendo il rinvio per nuovo giudizio presso altra sezione del medesimo Collegio. La Corte d'Appello di Bologna, con sentenza del 15.10.2021, rifiutava la consegna all'Autorità giudiziaria del Belgio di F.Y. richiesta sulla base di un mandato d'arresto europeo MAE emesso per l'esecuzione della pena di cinque anni di reclusione inflitta dal Tribunale di Anversa per i reati di tratta di esseri umani e di agevolazione dell'immigrazione clandestina commessa in Belgio. I motivi alla base del rifiuto concernevano il fatto che la persona richiesta in consegna fosse madre di un figlio minorenne con lei convivente e che, in mancanza di risposta dell'Autorità giudiziaria belga alle informazioni richieste, non vi era la certezza che nell'ordinamento dello Stato richiedente fossero riconosciute modalità di detenzione assimilabili a quelle dello Stato italiano idonee ad assicurare il diritto della madre a non essere privata del rapporto con i figli ed a garantire ai figli la necessaria assistenza materna e familiare , ai sensi degli articolo 3 e 31 Cost. , articolo 3 Convenzione sui diritti del fanciullo ed articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE. A seguito del ricorso da parte del Procuratore Generale della Corte d'Appello di Bologna, la Suprema Corte, accogliendone il motivo annullava la sentenza impugnata per erronea applicazione degli articolo 16 e 18 della Legge di attuazione numero 69/2005 . In questa pronuncia la Corte, diversamente dalla precedente giurisprudenza di legittimità, ha posto in evidenza la discrasia tra l' articolo 18 l. numero 69/2005 e quanto stabilito dalla decisione quadro 2002/584/GAI, a seguito della sent. C-261/22 della Corte di Giustizia Europea. Infatti, la CGUE chiamata ad esprimersi sul diniego di consegna della madre di prole inferiore a tre anni, ha chiarito che «la valutazione del rischio di una lesione dei diritti fondamentali deve essere effettuata dall'Autorità giudiziaria dell'esecuzione tenendo conto del livello di tutela dei diritti fondamentali garantito dal diritto dell'Unione di conseguenza, l' assenza di certezze , in capo a tale autorità giudiziaria, quanto all'esistenza, nello Stato membro dell'esecuzione per quanto riguarda le madri di minori in tenera età e la cura di questi ultimi non può consentire dimostrato tale rischio». L'Autorità giudiziaria italiana non può rifiutare la consegna per il solo motivo che la persona sia madre di prole in tenera età e con sé convivente come previsto dal precedente art 18 l. numero 69/2005 , in quanto tale condizione non rientra più in alcuno dei motivi di rifiuto tassativamente previsti dal legislatore italiano, proprio a seguito dell'adeguamento agli standard sovranazionali dell''articolo 18 da parte della l.numero 117/2019 . Tuttavia, la consegna della persona interessata può essere rifiutata in conformità all' articolo 2 della L. 69/2005 , qualora vi sia dimostrata l'effettività del rischio concreto di violazione del diritto fondamentale della madre al rispetto della sua vita privata e familiare e dell'interesse superiore dei suoi figli minori a causa di carenze sistemiche o generalizzate in ordine alle condizioni di detenzioni delle madre di minori in tenere età e di cura di tali minori nello Stato membro emittente. Pertanto, qualora le informazioni pervenute escludano la presenza certa di tali rischi, la Corte d'Appello deve limitarsi a prendere atto delle stesse ed a procedere alla consegna, nel rispetto del principio del mutuo riconoscimento. oppure di carenze riguardanti tali condizioni che pregiudicano più specificamente un gruppo oggettivamente identificabile di persone, come minori con disabilità. Nel caso di specie secondo quanto statuito dalla Corte di giustizia, la Corte d'Appello deve stabilire se esistano elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati atti a dimostrare l'esistenza del rischio di tale violazione nello Stato membro emittente e nella seconda fase verificare in modo preciso e concreto in quale misura le carenze identificate durante la prima fase possano incidere sulle condizioni di detenzione della persona oggetto di mandato d'arresto europeo. La Suprema Corte, infatti, nella sentenza in commetto ha evidenziato come l' istruttoria svolta dalla Corte d‘ Appello sia stata lacunosa, non avendo Ella indagato in tale direzione, e pertanto, alla luce di questi principi ha annullato la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Bologna per nuovo giudizio sul punto, che si uniformi ai principi predetti.

Presidente Fidelbo – Relatore D'Arcangelo Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bologna ha rifiutato la consegna all'autorità giudiziaria del Belgio di Yo.Fa., richiesta sulla base di un mandato d'arresto europeo emesso per l'esecuzione della pena di cinque anni di reclusione inflitta dal Tribunale di Anversa con la sentenza numero 2268 del 2020 per i reati di tratta di essere umani e di agevolazione dell'immigrazione clandestina, commessi tra il 18 settembre 2016 e il 5 agosto 2017 in Belgio. La Corte di appello ha rilevato che la persona richiesta in consegna è madre di un figlio minorenne con lei convivente, e che, in mancanza di risposta dell'autorità giudiziaria belga alle informazioni richieste, non vi era la certezza che nell'ordinamento dello Stato richiedente fossero riconosciute modalità di detenzione assimilabili a quelle dello Stato italiano, idonee a tutelare il diritto della madre a non essere privata del rapporto con i figli e a garantire ai figli la necessaria assistenza materna e familiare, in conformità alle previsioni degli articolo 3 e 31 Cost. , dall'articolo 3 della Convenzione sui diritti del fanciullo e dell' articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea . 2. Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Bologna e la persona richiesta in consegna hanno presentato ricorso per cassazione avverso tale sentenza. 3. Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Bologna, con unico motivo, ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata, censurando l'erronea applicazione degli articolo 16 e 18 della legge numero 69 del 2006 e l'illogicità della motivazione sul punto. Il Procuratore generale ricorrente ha rilevato che la Corte di appello, dopo aver richiesto informazioni integrative all'autorità giudiziaria emittente, ha disposto il rifiuto della consegna, pur a fronte di risposte incomplete dall'autorità belga in seguito alla richiesta di informazioni integrative ricevuta, con nota del 5 ottobre 2021, l'Ufficio del Procuratore del Re di Anversa aveva, infatti, comunicato alla Corte di appello di Bologna che le risposte ai quesiti formulati erano di competenza del Servizio Pubblico Federale per la giustizia. Il Procuratore generale deduce, dunque, che la Corte di appello di Bologna avrebbe dovuto, quanto meno, riproporre la richiesta di informazioni integrative all'autorità correttamente individuata e che non vi sarebbe motivo di dubitare che lo Stato richiedente non riconosca modalità di detenzione assimilabili a quelle garantite dallo Stato italiano. 4. L'avvocato Roberto Ghini, difensore della Yo.Fa., ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata, deducendo tre motivi. Premette il difensore che la ricorrente ha interesse a ricorrere, pur avendo la Corte di Appello negato la sua consegna, in quanto la Corte di appello di Bologna ha fondato il rigetto della richiesta di consegna su motivi estranei al merito della stessa e, dunque, la sentenza impugnata non precluderebbe definitivamente l'esecuzione della consegna richiesta. Il rifiuto alla consegna avrebbe, invece, dovuto essere pronunciato per ragioni di merito, in quanto l'esecuzione del mandato di arresto europeo, già allo stato degli atti e prescindendo dagli esiti dell'integrazione probatoria, sarebbe lesiva delle garanzie costituzionali e dei diritti fondamentali garantiti dalle convenzioni sovranazionali. 4.1. Con il primo motivo il difensore censura l'erronea applicazione degli articolo 2 e 17 della legge numero 69 del 2005 e deduce che la Corte di appello di Bologna avrebbe dovuto rifiutare la richiesta di consegna, in quanto la ricorrente è stata condannata all'esito di un processo contumaciale di cui non aveva avuto notizia e che è stato celebrato in assenza di difensore e in lingua neerlandese a lei ignota. 4.2. Con il secondo motivo il difensore lamenta la violazione dell' articolo 2 della legge numero 69 del 2005 , in quanto, essendo la ricorrente in stato di gravidanza e madre di un bambino di poco più di due anni, la sua consegna allo stato belga avrebbe determinato la lesione del diritto alla salute della madre e dell'interesse superiore del minore a non veder reciso il proprio rapporto con la madre. Il difensore rileva che, pur essendo stato abrogato lo specifico motivo di rifiuto della consegna previsto dall'articolo 18 lett. s della formulazione originaria della legge numero 69 del 2005 per le donne in stato di gravidanza o madri con prole inferiore ai tre anni, la consegna dovrebbe essere esclusa in ragione della clausola generale di cui al novellato articolo 2 della legge n, 69 del 2005 , al fine di evitare la lesione dei diritti fondamentali all'infanzia e alla maternità. 4.3. Con il terzo motivo il difensore rileva che, qualora la Corte di Cassazione ritenesse di non aderire all'interpretazione che consente di rifiutare la consegna di donna incinta o di madre con prole convivente ai sensi dell' articolo 2 della legge numero 69 del 2005 , dovrebbe sollevare questione di legittimità costituzionale dell' articolo 18 della legge numero 69 del 2005 , nella parte in cui irragionevolmente non prevede quale causa obbligatoria di rifiuto della consegna l'essere donna incinta ovvero madre di figlio di età inferiore ai tre anni per contrasto con gli articolo 2 e 31,3 e 111 della Costituzione e con l' articolo 10 della Costituzione , in relazione agli articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e all'articolo 17 della Carta sociale europea. 5. All'esito della camera di consiglio del 16 dicembre 2021 il Collegio, dopo aver sentito le parti, ha differito la deliberazione, ai sensi dell' articolo 615 cod. proc. penumero , alla camera di consiglio del 14 gennaio 2022. 6. A tale udienza il Collegio ha sospeso il giudizio e ha sottoposto alla Corte di giustizia dell'Unione europea, in via pregiudiziale, ai sensi e per gli effetti dell' articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea TFUE , come modificato dall'articolo 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, numero 130 , le seguenti questioni pregiudiziali a se l'articolo 1, paragrafi 2 e 3, e gli articolo 3 e 4 della decisione quadro 2002/584/GAI, debbano essere interpretati nel senso che non consentono all'autorità giudiziaria dell'esecuzione di rifiutare o comunque di differire la consegna della madre con figli minorenni conviventi b se, in caso di positiva risposta a tale prima questione, l'articolo 1, paragrafi 2 e 3, e gli articolo 3 e 4 della decisione quadro 2002/584/GAI siano compatibili con gli articolo 7 e 24, par. 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea , anche alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in materia di articolo 8 CEDU e delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, nella misura in cui impongono la consegna della madre recidendo i legami con i figli minori conviventi senza considerare il best interest of the child . 7. La Grande Sezione della Corte di Giustizia dell'Unione europea, con la sentenza emessa in data 21 dicembre 2023 nella causa C-261/22, ha dichiarato L 'articolo 1, paragrafi 2 e 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, letto alla luce dell'articolo 7 e dell'articolo 24, paragrafi 2 e 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea , dev'essere interpretato nel senso che esso osta a che l'autorità giudiziaria dell'esecuzione rifiuti la consegna della persona oggetto di un mandato d'arresto europeo per il motivo che tale persona è la madre di minori in tenera età con lei conviventi, a meno che, in primo luogo, tale autorità disponga di elementi atti a dimostrare la sussistenza di un rischio concreto di violazione del diritto fondamentale al rispetto della vita privata e familiare di tale persona, garantito dall'articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali, e dell'interesse superiore di detti minori, quale tutelato dall'articolo 24, paragrafi 2 e 3, di tale Carta, a causa di carenze sistemiche o generalizzate in ordine alle condizioni di detenzione delle madri di minori in tenera età e di cura di tali minori nello Stato membro emittente e che, in secondo luogo, sussistano motivi seri e comprovati di ritenere che, tenuto conto della loro situazione personale, gli interessati corrano detto rischio a causa di tali condizioni . 8. Le udienze del 7 febbraio 2024 e del 7 marzo 2024, fissate per la trattazione dei ricorsi dopo la pronuncia della Corte di giustizia, sono state rinviate dal Collegio per legittimo impedimento dell'avvocato Roberto Ghini. 9. In data 7 maggio 2024 l'avvocato Roberto Ghini ha trasmesso note di udienze nelle quali ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso e nel rigetto del ricorso proposto dal Procuratore generale. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto dalla Yo.Fa. deve essere dichiarato inammissibile deve, invece, essere accolto il ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Bologna. 2. Con il primo motivo la ricorrente censura l'erronea applicazione degli articolo 2 e 17 della legge numero 69 del 2005 e deduce che la Corte di appello di Bologna avrebbe dovuto rifiutare la richiesta di consegna, in quanto la ricorrente è stata condannata all'esito di un processo contumaciale di cui non aveva avuto notizia e che è stato celebrato in assenza di difensore e in lingua neerlandese a lei ignota. Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell' articolo 2 della legge numero 69 del 2005 , in quanto, essendo la ricorrente madre di un bambino di poco più di due anni, l'esecuzione della consegna avrebbe determinato la lesione del diritto alla salute della madre e dell'interesse superiore del minore a non veder reciso il proprio rapporto con la madre. Con il terzo motivo la ricorrente chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale dell' articolo 18 della legge numero 69 del 2005 , nella parte in cui irragionevolmente non prevede quale causa obbligatoria di rifiuto della consegna l'essere donna incinta ovvero madre di figlio di età inferiore ai tre anni per contrasto con gli articolo 2 e 31,3 e 111 della Costituzione e con l' articolo 10 della Costituzione , in relazione agli articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e all'articolo 17 della Carta sociale europea. 3. I motivi proposti dalla ricorrente sono inammissibili, in quanto la persona richiesta in consegna che abbia ottenuto dalla Corte di appello il rigetto della domanda di consegna dell'autorità giudiziaria e che chieda una formula più favorevole è priva di interesse a ricorrere. Il soggetto richiesto in consegna, in questo caso, non potrebbe ottenere dal giudizio di impugnazione una pronuncia più favorevole del rifiuto della consegna già ottenuto. L'interesse a un rigetto di merito e non di puro rito per ottenere una maggiore stabilità del rifiuto della consegna rispetto a future iniziative dell'autorità giudiziaria estera è, peraltro, un interesse di mero fatto, in quanto il legislatore nel sistema della legge numero 69 del 2005 non ha delineato un ordine gerarchico delle cause ostative alla consegna. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, la decisione di rigetto della richiesta di consegna non preclude la sua riproposizione da parte dell'autorità giudiziaria estera. Il giudicato formatosi in materia di diniego della consegna fonda, infatti, una preclusione rebus sic stantibus, sulla base degli elementi valutati, sull'esempio di quanto previsto dall' articolo 707 cod. proc. penumero in materia di estradizione Sez. 6, numero 25333 del 25/96/2021, Eminivic, Rv. 281533 . Alla stregua dei rilievi che precedono, il ricorso proposto da Yo.Fa. deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente deve essere condannata, ai sensi dell' articolo 616, comma 1, cod. proc. penumero , al pagamento delle spese processuali. 4. Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Bologna, con unico motivo di ricorso, ha chiesto l'annullamento della sentenza impugnata, censurando l'erronea applicazione degli articolo 16 e 18 della legge numero 69 del 2006. 5. Il motivo è fondato. La disciplina italiana di attuazione, la legge 22 aprile 2005, numero 69 Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri , nella formulazione originaria, prevedeva, all'articolo 18, venti motivi di rifiuto della consegna , espressamente qualificati come obbligatori. L'articolo 18, lett. s , della legge numero 69 del 2005, in particolare, sanciva che La corte di appello rifiuta la consegna … se la persona richiesta in consegna è una donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, salvo che trattandosi di mandato d'arresto europeo emesso nel corso di un procedimento, le esigenze cautelari poste a base del provvedimento restrittivo dell'autorità giudiziaria emittente risultino di eccezionale gravità . Con questa previsione, che non trovava corrispondenza nella decisione quadro 2002/584/GAI, il legislatore italiano aveva, dunque, trasposto nella disciplina di recepimento del mandato di arresto europeo il precetto dell' articolo 275, comma 4, cod. proc. penumero , che nell'ordinamento interno sancisce il divieto per il giudice di disporre la custodia cautelare in carcere, se non a fronte di esigenze cautelari eccezionali, nei confronti dell'imputata che sia madre di prole di età non superiore a tre anni il limite di tre anni è di seguito stato elevato a sei anni dall' articolo 1, comma 1, della legge 21 aprile 2011, numero 62 . 6. La giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che il motivo di rifiuto previsto dall'articolo 18, lett. s della legge numero 69 del 2005 si applicasse sia ai casi di mandato di arresto c.d. esecutivo, che ai casi di c.d. mandato di arresto processuale Sez. F, numero 35286 del 02/09/2008, Zvenca, Rv. 241002 , come era dimostrato dall'operatività della deroga in essa prevista quando il mandato di arresto europeo fosse stato emesso nel corso di un procedimento e, dunque, prima dell'esercizio dell'azione penale . La giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, affermato, in numerose pronunce, che il divieto di consegna previsto dall'articolo 18, lett. p , legge 22 aprile 2005, numero 69, pur espressamente sancito in materia di mandato di arresto europeo, in quanto espressione di un principio generale e, segnatamente, della primaria esigenza di tutela dell'interesse dei minori, dovesse trovare applicazione anche in materia estradizionale l'esecuzione dell'estradizione nei confronti della madre con prole minorenne convivente era, dunque, ammessa solo previa verifica che lo specifico trattamento penitenziario cui sarebbe sottoposta l'estradanda consentisse la salvaguardia dell'integrità psicofisica del minore ex plurimis Sez. 6, numero 1677 del 11/12/2019, dep. 2020, Kurti, Rv. 278216 Sez. 6, numero 19148 del 10/03/2009, Crudu, Rv. 243318 Sez. 6, numero 12498 del 04/12/2007, dep. 2008, Kochanska, Rv. 239145 . 7. La legge 4 ottobre 2019, numero 117 Delega al Governo per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, e disposizioni in materia di mandato di arresto europeo e procedure di consegna tra Stati ha, tuttavia, modificato il testo della legge 69 del 2005 , al fine di adeguarla più compiutamente alla decisione quadro. Diffuse criticità della legge italiana di attuazione erano, infatti, emerse nella Relazione di valutazione del gruppo di esperti del Consiglio dell'Unione europea sul quarto ciclo di valutazioni reciproche concernente l'applicazione pratica del mandato di arresto europeo e delle corrispondenti procedure di consegna tra Stati membri , pubblicata in data 23 febbraio 2009, nonché nella più recente Relazione della Commissione sull'attuazione della decisione quadro sul mandato d'arresto europeo, trasmessa in data 2 luglio 2020 al Parlamento europeo e al Consiglio, che si concludeva prospettando l'eventualità di una procedura di infrazione. Uno dei punti maggiormente critici era, infatti, costituito proprio dall'introduzione da parte del legislatore italiano, di motivi di rifiuto non contemplati dalla decisione quadro. La legge numero 117 del 2019 ha, dunque, introdotto la distinzione tra motivi di rifiuto obbligatori e facoltativi, elencati rispettivamente all'articolo 18 ed al nuovo articolo 18 bis, e ha conferito una delega al Governo per apportare le opportune modifiche a questi articoli, in vista del loro compiuto allineamento alla decisione quadro. In questo contesto l'articolo 6, comma 5, lett. a della legge numero 117 del 2019 ha ridotto a diciassette i motivi di rifiuto obbligatori enunciati dall'articolo 18, mantenendo, tuttavia, in ordine alla consegna di donna incinta o di madre, la medesima formulazione previgente, trasposta però alla lett. p . 8. Il D.Lgs. 2 febbraio 2021, numero 10 Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra stati membri, in attuazione delle delega di cui all' articolo 6 della legge 4 ottobre 2019, numero 117 ha, invece, operato una generalizzata soppressione di tutte le disposizioni interne che erano difformi dalla disciplina europea. Il decreto legislativo, in particolare, ha abrogato i motivi di non esecuzione del mandato di arresto europeo non previsti dalla decisione quadro o che, pur previsti dalla decisione quadro, nella legge di attuazione italiana assumevano un'estensione maggiore di quella delineata dal diritto dell'Unione. L' articolo 14 del D.Lgs. numero 10 del 2021 ha, dunque, sostituito integralmente il testo dell' articolo 18 della legge 22 aprile 2005, numero 69 , relativo ai motivi di rifiuto obbligatorio della consegna , prevedendo che la corte di appello rifiuta la consegna nei seguenti casi a se il reato contestato nel mandato d'arresto europeo è estinto per amnistia ai sensi della legge italiana, quando vi è la giurisdizione dello Stato italiano sul fatto b se risulta che nei confronti della persona ricercata, per gli stessi fatti, sono stati emessi, in Italia, sentenza o decreto penale irrevocabili o sentenza di non luogo a procedere non più soggetta a impugnazione o, in altro Stato membro dell'Unione europea, sentenza definitiva, purché, in caso di condanna, la pena sia stata già eseguita ovvero sia in corso di esecuzione, ovvero non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato che ha emesso la condanna c se la persona oggetto del mandato d'arresto europeo era minore di anni 14 al momento della commissione del reato . Nell'attuale assetto della disciplina di attuazione sul mandato di arresto europeo, dunque, la consegna di donna incinta o madre di prole minorenne con lei convivente non rientra più in alcuno dei motivi di rifiuto, obbligatorio o facoltativo, tassativamente previsti dal legislatore italiano. 9. Secondo due pronunce di questa Corte, tuttavia, l'intervenuta abrogazione del motivo obbligatorio di rifiuto della consegna già previsto dall'articolo 18, lett. p , legge numero 69 del 2005, non vale di per sé a ritenere consentita la consegna, in esecuzione di un mandato di arresto europeo, all'autorità richiedente della madre di prole di età inferiore a tre anni Sez. 6, numero 25333 del 25/06/2021, Eminovic, Rv. 281533 Sez. 6, numero 22124 del 03/06/2021, Tonuzi, Rv. 281349 . La consegna di madre con prole inferiore a tre anni con lei convivente potrebbe, infatti, violare i diritti fondamentali della persona se disposta senza una previa verifica da parte dell'ordinamento dello Stato richiedente che riconosca modalità di detenzione assimilabili a quelle garantite dall'ordinamento italiano, tali da escludere che l'interessata possa essere sottoposta a condizioni incompatibili con la tutela della condizione di madre, a salvaguardia degli interessi del minore Sez. 6, numero 22124 del 03/06/2021, Tonuzi, Rv. 281349 . Qualora l'ordinamento dell'autorità giudiziaria richiedente non contempli forme di tutela del diritto dei figli a non essere privati del ruolo della madre, secondo modalità comparabili a quelle previste dall'ordinamento interno, si determinerebbe, infatti, una lesione di diritti fondamentali, previsti sia dalla Costituzione che dalla CEDU , il che imporrebbe il rifiuto della consegna ai sensi dell' articolo 2 della legge numero 69 del 2005 , come riformulato dall'articolo 2, primo comma, Rispetto dei diritti fondamentali e garanzie costituzionali del D.Lgs. numero 10 del 2021 . Questa disposizione sancisce, infatti, che l'esecuzione del mandato di arresto europeo non può, in alcun caso, comportare una violazione dei principi supremi dell'ordine costituzionale dello Stato o dei diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, dei diritti fondamentali e dei fondamentali principi giuridici sanciti dall'articolo 6 del trattato sull'Unione europea o dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, numero 848 , e dai Protocolli addizionali alla stessa . 10. L'interpretazione dell'articolo 2 della legge numero 69 del 2005 è, tuttavia, stata successivamente chiarita dalla Corte costituzionale nell'ordinanza numero 216 del 2021 , nella quale ha chiesto, in via pregiudiziale, alla Corte di giustizia se l'articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584/GAI sul mandato di arresto europeo, letto alla luce degli articolo 3,4 e 35 della Carta dei diritti fondamentali dell'unione europea CDFUE , debba essere interpretato nel senso che l'autorità giudiziaria di esecuzione, ove ritenga che la consegna di una persona afflitta da gravi patologie di carattere cronico e potenzialmente irreversibili possa esporla al pericolo di subire un grave pregiudizio alla sua salute, debba richiedere all'autorità giudiziaria emittente le informazioni che consentano di escludere la sussistenza di questo rischio, e sia tenuta a rifiutare la consegna allorché non ottenga assicurazioni in tal senso entro un termine ragionevole. La Corte costituzionale, nel motivare il rinvio pregiudiziale, ha rilevato che è riservato in primo luogo alla Corte di giustizia dell'Unione europea stabilire in quali casi - oltre quelli previsti dalla legge nazionale e dalla decisione quadro 2002/584/GAI - l'autorità giudiziaria italiana possa rifiutarsi di dare esecuzione a un mandato d'arresto europeo. Nelle materie oggetto di integrale armonizzazione normativa, infatti, spetta in primo luogo al diritto dell'Unione stabilire gli standard di tutela dei diritti fondamentali al cui rispetto sono subordinate la legittimità della disciplina del mandato di arresto europeo e la sua concreta esecuzione a livello nazionale . La Corte costituzionale ha, dunque, rilevato che sarebbe manifestamente in contrasto con il primato, l'unità e l'effettività del diritto dell'Unione un'interpretazione del diritto nazionale che riconoscesse all'autorità giudiziaria di esecuzione il potere di rifiutare la consegna dell'interessato al di fuori dei casi tassativi previsti dalla legge in conformità alle previsioni della decisione quadro, sulla base di disposizioni di carattere generale come quelle contenute nel testo degli articolo 1 e 2 della legge numero 69 del 2005 anteriormente alle modifiche apportate dal D.Lgs. numero 10 del 2021, o come l'articolo 2 della medesima legge nella formulazione oggi vigente . Richiamando le ricorrenti affermazioni della Corte di giustizia, dunque, la Corte costituzionale ha affermato che è precluso agli Stati membri condizionare l'attuazione del diritto dell'Unione, nei settori oggetto di integrale armonizzazione, al rispetto di standard puramente nazionali di tutela dei diritti fondamentali, laddove ciò possa compromettere il primato, l'unità e l'effettività del diritto dell'Unione ex plurimis Corte giustizia, 26/02/2013, in causa C-617/10, Fransson, par. 29 26/02/2013, in causa C-399/11, Melloni, par. 60 . I diritti fondamentali al cui rispetto la decisione quadro è vincolata ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 3, sono, piuttosto, quelli riconosciuti dal diritto dell'Unione europea, e conseguentemente da tutti gli Stati membri allorché attuano il diritto dell'Unione diritti fondamentali alla cui definizione, peraltro, concorrono in maniera eminente le stesse tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri articolo 6, paragrafo 3, TUE e 52, paragrafo 4, CDFUE . L' articolo 2 della legge numero 69 del 2005 non consente, dunque, al giudice italiano il riconoscimento di motivi di rifiuto diversi da quelli stabiliti dalla legge quadro e recepiti dalla legge nazionale. La Corte costituzionale, da ultimo, nella sentenza numero 177 del 2023, ha precisato che l' articolo 2 della legge numero 69 del 2005 , opera… come valvola di sicurezza funzionale a evitare che l'esecuzione dei mandati di arresto conduca a risultati contrari ai diritti fondamentali nell'estensione loro attribuita dal diritto dell'Unione, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia par. 5.6 del considerato in diritto . 11. Muovendo da tali rilievi, il Collegio con ordinanza numero 15143 del 14 gennaio 2022, ha sottoposto alla Corte di Giustizia dell'Unione europea, ai sensi e per gli effetti dell' articolo 267 TFUE , come modificato dall'articolo 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, ratificato dalla legge 2 agosto 2008, numero 130 , la risoluzione delle seguenti questioni pregiudiziali a se l'articolo 1, parr. 2 e 3, e gli articolo 3 e 4 della decisione quadro 2002/584/GAI debbano essere interpretati nel senso che non consentono all'autorità giudiziaria dell'esecuzione di rifiutare o comunque di differire la consegna della madre con figli minorenni conviventi b se, in caso di positiva risposta a tale prima questione, l'articolo 1, parr. 2 e 3, e gli articolo 3 e 4 della decisione quadro 2002/584/GAI siano compatibili con gli articolo 7 e 24, par. 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea , anche alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in materia di articolo 8 CEDU e delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, nella misura in cui impongono la consegna della madre recidendo i legami con i figli minori conviventi senza considerare il best interest of the child . 12. La Grande Sezione della Corte di Giustizia dell'Unione europea, con la sentenza emessa in data 21 dicembre 2023 nella causa C-261/22, ha rilevato che l'articolo 7 della Carta sancisce il diritto di ogni persona al rispetto della sua vita privata e familiare e che l'articolo 24, par. 2, della Carta stabilisce che, in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del minore deve essere considerato preminente inoltre, come risulta dall'articolo 3, par. 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo, al quale si riferiscono espressamente le spiegazioni relative all'articolo 24 della Carta, il paragrafo 2 di quest'ultimo articolo si applica anche a decisioni, quale un mandato d'arresto europeo emesso nei confronti della madre di minori in tenera età, che non hanno come destinatari tali minori, ma comportano conseguenze importanti per questi ultimi v., in tal senso, sentenza dell'11 marzo 2021, État belge Rimpatrio del genitore di un minore , C-112/20, EU C 2021 197, punti 36 e 37 . La Corte ha rilevato, infatti, che, in tale contesto, la possibilità per un genitore e il figlio di stare insieme - rappresenta un elemento fondamentale della vita familiare sentenza del 14 dicembre 2021, Stolichna obshtina, rayon Pancharevo , C-490/20, EU C 2021 1008, punto 61 l'articolo 24, par. 3, della Carta enuncia il diritto di ogni minore di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse. La determinazione dell'interesse superiore del minore rientra in una valutazione che deve prendere in considerazione tutte le circostanze del caso di specie v., per analogia, sentenze del 26 marzo 2019, SM, con riferimento al caso di un minore sottoposto a kafala algerina C-129/18, EU C 2019 248, punto 73 del 14 gennaio 2021, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid, con riferimento al rimpatrio di un minore non accompagnato C-441/19, EU C 2021 9, punti 46 e 60, nonché dell'11 marzo 2021, État belge, con riferimento al caso di rimpatrio del genitore di un minore C-112/20, EU C 2021 197, punto 27 , Dunque, posto che è compito primario di ciascuno Stato membro, al fine di garantire la piena applicazione dei principi di fiducia e riconoscimento reciproci che sono alla base del funzionamento del meccanismo del mandato d'arresto europeo, salvaguardare, sotto il controllo ultimo della Corte, i requisiti inerenti ai diritti fondamentali sanciti dall'articolo 7 della Carta nonché dall'articolo 24, par. 2 e 3, di quest'ultima, astenendosi da qualsiasi misura che possa pregiudicarli, l'esistenza di un rischio reale che la persona oggetto di un mandato d'arresto europeo o i suoi figli minori subiscano, in caso di consegna di tale persona all'autorità giudiziaria emittente, una violazione di tali diritti fondamentali può consentire all'autorità giudiziaria dell'esecuzione di astenersi, in via eccezionale, dal dare seguito a tale mandato d'arresto europeo, in base all'articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584 v., in tal senso, sentenze del 22 febbraio 2022, Openbaar Ministerie, C-562/21 PPU e C-563/21 PPU, EU C 2022 100, punto 46, nonché del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C-158/21, EU C 2023 57, punti 72 e 96 . Al riguardo, la valutazione di tale rischio - ha osservato la Corte - deve essere effettuata dall'autorità giudiziaria dell'esecuzione tenendo conto del livello di tutela dei diritti fondamentali garantito dal diritto dell'Unione v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Càldararu, C-404/15 e C-659/15 PPU, EU C 2016 198, punto 88 di conseguenza, l'assenza di certezze, in capo a tale autorità, quanto all'esistenza, nello Stato membro emittente, di condizioni analoghe a quelle presenti nello Stato membro dell'esecuzione per quanto riguarda la detenzione di madri di minori in tenera età e la cura di questi ultimi non può consentire di considerare dimostrato tale rischio. Per contro, qualora l'autorità giudiziaria dell'esecuzione chiamata a decidere sulla consegna di una persona oggetto di un mandato d'arresto europeo disponga di elementi idonei a dimostrare l'esistenza di un tale rischio a causa di carenze sistemiche o generalizzate in ordine alle condizioni di detenzione delle madri di minori in tenera età o di cura di tali minori nello Stato membro emittente, oppure di carenze riguardanti tali condizioni e che pregiudicano più specificamente un gruppo oggettivamente identificabile di persone, come i minori con disabilità, tale autorità deve verificare, in modo concreto e preciso, se sussistano motivi seri e comprovati di ritenere che gli interessati corrano detto rischio a causa di dette condizioni, L'autorità giudiziaria dell'esecuzione deve, quindi, valutare l'effettività del rischio di violazione dei diritti fondamentali garantiti dall'articolo 7 nonché dall'articolo 24, paragrafi 2 e 3, della CDFUE nell'ambito di un esame in due fasi, che comporta un'analisi fondata su criteri diversi, sicché tali fasi non possono essere confuse e devono essere svolte in successione v., in tal senso, sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C-158/21, EU C 2023 57, punti 101, 109 e 110 . La Corte di giustizia ha, dunque, concluso che L 'articolo 1, paragrafi 2 e 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, letto alla luce dell'articolo 7 e dell'articolo 24, paragrafi 2 e 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea , dev'essere interpretato nel senso che esso osta a che l'autorità giudiziaria dell'esecuzione rifiuti la consegna della persona oggetto di un mandato d'arresto europeo per il motivo che tale persona è la madre di minori in tenera età con lei conviventi, a meno che, in primo luogo, tale autorità disponga di elementi atti a dimostrare la sussistenza di un rischio concreto di violazione del diritto fondamentale al rispetto della vita privata e familiare di tale persona, garantito dall'articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali, e dell'interesse superiore di detti minori, quale tutelato dall'articolo 24, paragrafi 2 e 3, di tale Carta, a causa di carenze sistemiche o generalizzate in ordine alle condizioni di detenzione delle madri di minori in tenera età e di cura di tali minori nello Stato membro emittente e che, in secondo luogo, sussistano motivi seri e comprovati di ritenere che, tenuto conto della loro situazione personale, gli interessati corrano detto rischio a causa di tali condizioni . 13. I principi enunciati dalla Corte di giustizia consentono, dunque, di interpretare, in conformità al diritto dell'Unione, le disposizioni della legge italiana di attuazione e, segnatamente, gli articolo 2 e 18 della legge numero 69 del 2005 . Tali principi costituiscono, del resto, una declinazione, con riferimento alla tutela del minore e del diritto della madre al rispetto della sua vita privata e familiare, delle affermazioni già operate dalla Corte di giustizia in relazione al rischio di trattamenti inumani e degradanti, determinato dalle condizioni di sovraffollamento carcerario sentenze 5 aprile 2016, in cause riunite C-404/15 e C-659/15 PPU, Aranyosi e Càldàraru 15 ottobre 2019, in causa C-128/18, Dorobantu , o alle carenze riguardanti l'indipendenza del potere giudiziario dello Stato di emissione sentenze 25 luglio 2018, in causa C-216/18 PPU, LM 25 luglio 2018, in causa C-220/18 PPU, ML , che sono state, peraltro, recepite dal costante orientamento della giurisprudenza di legittimità italiana ex plurimis Sez. 6, numero 23277 del 01/06/2016, Barbu, Rv. 267296 - 01, con riferimento al rischio di trattamenti inumani e degradanti Sez. 6, numero 15924 del 21/05/2020, Mokrzycki, Rv. 278889 - 01, con riferimento alla carenza di indipendenza e terzietà dell'autorità giudiziaria Sez. 6, numero 41102 del 28/10/2022, O., Rv. 283966-01, con riferimento alla consegna del minore . 14. Alla stregua dei principi affermati dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nella sentenza del 21 dicembre 2023 in causa C-261/22, l'autorità giudiziaria italiana, richiesta di dare esecuzione ad un mandato di arresto europeo, pertanto, non può rifiutare la consegna solo perché la persona richiesta sia madre di prole con lei convivente in tenera età. La consegna di madre di prole minorenne convivente non rientra, infatti, più in alcuno dei motivi di rifiuto tassativamente previsti dal legislatore italiano. 14.1. La consegna della persona interessata può, tuttavia, essere rifiutata, in conformità all' articolo 2 della legge numero 69 del 2005 , interpretato in senso conforme al diritto dell'Unione e non sulla base di standard puramente interni di tutela, qualora sia dimostrata l'effettività del rischio concreto di violazione del diritto fondamentale della madre al rispetto della sua vita privata e familiare e dell'interesse superiore dei suoi figli minori a causa a di carenze sistemiche o generalizzate in ordine alle condizioni di detenzione delle madri di minori in tenera età e di cura di tali minori nello Stato membro emittente del MAE b oppure di carenze riguardanti tali condizioni che pregiudicano più specificamente un gruppo oggettivamente identificabile di persone, come i minori con disabilità. 14.2. Pertanto, qualora l'autorità giudiziaria italiana, chiamata a decidere sulla consegna di una madre con prole in tenera età con lei convivente disponga, sulla base delle allegazioni della parte Sez. 6, numero 51798 del 28/12/2023, Harjan, Rv. 285600 - 01 , di elementi, concreti e precisi, idonei a dimostrare l'esistenza di un tale rischio, non può procedere alla consegna. L'autorità giudiziaria dell'esecuzione deve richiedere, ai sensi dell' articolo 16 della legge numero 69 del 2005 , all'autorità giudiziaria emittente di fornire con urgenza informazioni integrative, che reputi necessarie in merito alle condizioni in cui si prevede di detenere tale persona e di organizzare la cura dei suoi figli in detto Stato membro v., in tal senso, sentenze del 5 aprile 2016, Aranyosi e Càldararu, C-404/15 e C-659/15 PPU, EU C 2016 198, punto 95 . Secondo quanto statuito dalla Corte di giustizia, l'esame che la Corte di appello deve promuovere si articola in due fasi, che devono essere svolte in successione v., in tal senso, sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C-158/21, EU C 2023 57, punti 101, 109 e 110 . L'autorità giudiziaria dell'esecuzione, nell'ambito della prima fase, deve stabilire se esistano elementi oggettivi, attendibili, precisi e debitamente aggiornati diretti a dimostrare l'esistenza di un rischio reale di violazione, nello Stato membro emittente, di tali diritti fondamentali a causa di carenze sistemiche o generalizzate in ordine alle condizioni di detenzione delle madri di minori in tenera età e di cura di tali minori nello Stato membro emittente. Tali elementi possono evincersi, in particolare, da decisioni giudiziarie internazionali, da decisioni, relazioni e altri documenti predisposti dagli organi del Consiglio d'Europa o appartenenti al sistema delle Nazioni Unite, nonché da informazioni recensite nella banca dati dell'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali FRA riguardo alle condizioni di detenzione penale nell'Unione Criminal Detention Database v., in tal senso, sentenze del 5 aprile 2016, Aranyosi e Càldararu, C-404/15 e C-659/15 PPU, EU C 2016 198, punto 89, nonché del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C-158/21, EU C 2023 57, punto 102 nella giurisprudenza nazionale, explurimis Sez. 6, numero 41075 del 10/11/2021, Sarwari, Rv. 282120 - 01 . Nell'ambito della seconda fase la corte di appello deve verificare, in modo concreto e preciso, in quale misura le carenze identificate durante la prima fase dell'esame possano incidere sulle condizioni di detenzione della persona oggetto di un mandato d'arresto europeo o di cura dei suoi figli minori e se, tenuto conto della loro situazione personale, sussistano motivi gravi e comprovati di ritenere che tale persona o tali figli minori corrano un rischio concreto di violazione di detti diritti fondamentali v., in tal senso, sentenze del 5 aprile 2016, Aranyosi e Càldararu, C-404/15 e C-659/15 PPU, EU C 2016 198, punto 94, nonché del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C-158/21, EU C 2023 57, punto 106 . 14.3. La corte di appello, ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584, può, dunque, fissare un termine per la ricezione delle informazioni complementari richieste all'autorità giudiziaria emittente, che tenga conto della necessità di rispettare i termini fissati dall'articolo 17 della decisione quadro v., in tal senso, sentenze del 5 aprile 2016, Aranyosi e Càldàraru, C-404/15 e C-659/15 PPU, EU C 2016 198, punto 97 nella giurisprudenza nazionale Sez. 6, numero 45291 del 08/11/2023, Marina, Rv. 285387 - 01 . Tale termine deve essere adeguato al caso di specie, al fine di lasciare a quest'ultima autorità il tempo necessario per raccogliere dette informazioni, se necessario ricorrendo a tal fine all'assistenza dell'autorità centrale o di una delle autorità centrali dello Stato membro emittente, a norma dell'articolo 7 della decisione quadro. 14.4. Qualora le informazioni ricevute consentano di escludere il rischio di violazione dei diritti fondamentali precisato, la Corte di appello deve limitarsi, in conformità al principio del mutuo riconoscimento, a prendere atto delle stesse e procedere alla consegna, senza poter pretendere garanzie di sorta sul rispetto delle condizioni di detenzione Sez. 6, numero 23277 del 01/06/2016, Barbu, in motivazione Sez. 2, numero 3679 del 24/01/2017, Ilie, Rv. 269211 Sez. 6, numero 52541 del 09/11/2018, Moisa, in motivazione . Qualora, invece, tale rischio non sia escluso e la Corte di appello debba rifiutare la consegna, la sentenza che decide sulla consegna deve considerarsi emessa allo stato degli atti , così da poter essere sottoposta a nuova valutazione, laddove l'ostacolo alla consegna dovesse venir meno ex plurimis Sez. 6, numero 45291 del 08/11/2023, Marina, Rv. 285387 - 01 Sez. 6, numero 23277 del 01/06/2016, Barbu, in motivazione Sez. 6, numero 35290, 19/07/2018, Sniadecki, Rv. 273780 . 15. L'affermazione di tali principi, compiutamente definiti solo per effetto del dialogo con la Corte di Giustizia, impone l'annullamento della sentenza impugnata. La sentenza della Corte di appello di Bologna impugnata si fonda sull'orientamento giurisprudenziale, sconfessato dalla Corte di giustizia, che riteneva, dopo l'intervenuta abrogazione del motivo obbligatorio di rifiuto della consegna già previsto dall'articolo 18, lett. p , I. numero 69/2005, non consentita dal diritto interno la consegna europea di madre di prole di età inferiore a tre anni. La stessa istruttoria svolta dalla Corte di appello di Bologna in ordine alle condizioni di detenzione assicurate dal Belgio alle madri di minori in tenera età, come la ricorrente, è, inoltre, stata obiettivamente lacunosa, in quanto non è pervenuta ad alcun esito sul merito del quesito posto alle autorità belga, arrestandosi prima di aver interpellato l'autorità estera competente. 16. Alla stregua di tali rilievi, il ricorso del Procuratore generale deve essere accolto e deve essere disposto l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna per nuovo giudizio sul punto, che si uniformi ai principi stabiliti da questa Corte. Nel nuovo giudizio il giudice del rinvio darà applicazione ai predetti principi ed esaminerà anche le ulteriori censure già dedotte in precedenza dalla difesa e che sono state considerate assorbite nella sentenza impugnata, in ragione della ritenuta valenza ostativa alla consegna della condizione di madre di prole in tenera età della ricorrente. P.Q.M. In accoglimento del ricorso del pubblico ministero, annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna. Dichiara inammissibile il ricorso di Yo.Fa., che condanna al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all 'articolo 22, comma 5, della legge numero 69 del 200 5.