Il principio della prevenzione si applica anche nell'ipotesi in cui il regolamento edilizio locale preveda una distanza tra fabbricati maggiore di quella ex articolo 873 c.c. e tuttavia non imponga una distanza minima delle costruzioni dal confine, atteso che la portata integrativa della disposizione regolamentare si estende all'intero impianto codicistico, inclusivo del meccanismo della prevenzione.
Il Tribunale di Pavia rigettava la richiesta di arretramento di un fabbricato eretto a pochi centimetri dal confine tra le proprietà delle parti. Nello specifico si trattava di una autorimessa, realizzata a ridosso di analoghi locali della confinante proprietà. Dopo il rinvio in appello per mancata evocazione in giudizio di un litisconsorte necessario, il Tribunale confermava il rigetto delle domande e la sentenza veniva confermata anche in appello. La questione è dunque giunta all'attenzione dei Giudici di legittimità. Il ricorso lamenta in primo luogo la natura emulativa dell'attività edificatoria realizzata. Ma le censure risultano prive di fondamento. I giudici di merito hanno infatti correttamente escluso la volontà di emulazione, posto che la nuova costruzione di una autorimessa era accanto ad analogo locale di proprietà dell'attore, con la conseguenza che «eventuali disturbi rumori delle autovetture, gas di scarico risultano confinati, per entrambe le proprietà, in aree ristrette e contigue. Ben maggiore disturbo arrecherebbe, ad es., un box costruito a ridosso di un'abitazione». Infatti la Cassazione ricorda che «poiché gli atti emulativi, vietati dall'art 833 c.c., sono caratterizzati, oltre che dall'elemento oggettivo del danno e della molestia altrui, anche dall'animus nocendi, consistente nell'esclusivo scopo di nuocere o molestare i terzi senza proprio reale vantaggio, non è riconducibile nella previsione della citata disposizione né l'attività edificatoria posta in essere dal proprietario in violazione delle norme pubblicistiche disciplinanti lo ius aedificandi, in quanto comunque preordinata al conseguimento di un diretto concreto vantaggio, né il mantenimento dell'opera iniziata e non ultimata perché in contrasto con dette norme, il quale salva l'ipotesi dell'inosservanza delle distanze legali e di un provvedimento amministrativo di riduzione in pristino rientra sempre nel legittimo esercizio dei poteri del proprietario, sia in relazione a possibili diverse utilizzazioni del manufatto incompiuto, sia con riferimento ad una eventuale abrogazione delle norme limitative, sia con riguardo agli oneri cui l'interessato dovrebbe altrimenti soggiacere per ridurre in pristino lo stato dei luoghi» Cass. civ. numero 3010/1981 e numero 4708/1977 . Il ricorso sottolinea inoltre il fatto che tra le due costruzioni resta un'intercapedine di 20 cm. Sul punto correttamente è stata esclusa l'applicabilità dell'articolo 877 c.c., non configurandosi una ipotesi di costruzione in aderenza. Di conseguenza, la norma da applicare è quella prevista dall'articolo 873 c.c., che prescrive la distanza minima di tre metri tra le costruzioni, ove non derogata dalle normative regolamentari locali e salvo il principio della prevenzione stabilito dall'articolo 875 c.c. Tornando alla vicenda, visto che il primo box era stato edificato ad una distanza dal confine minore della metà di quella stabilita dal regolamento locale, e poiché quest'ultimo non prevede un distacco assoluto dal confine, opera il criterio della prevenzione. Deve infatti essere applicato il principio secondo cui «il principio della prevenzione si applica anche nell'ipotesi in cui il regolamento edilizio locale preveda una distanza tra fabbricati maggiore di quella ex articolo 873 c.c. e tuttavia non imponga una distanza minima delle costruzioni dal confine, atteso che la portata integrativa della disposizione regolamentare si estende all'intero impianto codicistico, inclusivo del meccanismo della prevenzione, sicché il preveniente conserva la facoltà di costruire sul confine o a distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta tra le costruzioni e il prevenuto la facoltà di costruire in appoggio o in aderenza ai sensi degli articolo 874,875 e 877 c.c.». Di fatto, dunque, la seconda costruzione, con intercapedine di 20 cm, risulta violare l'articolo 875 c.c. la cui finalità ultima è proprio quella di evitare la creazione di intercapedini dannose tra gli edifici. La sentenza impugnata va dunque cassata avendo erroneamente applicato la normativa locale e il principio della prevenzione. La Cassazione accoglie dunque il ricorso e rinvia la causa alla Corte d'appello di Milano.
Presidente Orilia – Relatore Oliva Fatti di causa Con atto di citazione notificato nel 2007 N.P.A. evocava in giudizio D.B.S. innanzi il Tribunale di Pavia, sezione distaccata di Voghera, per sentirlo condannare all'arretramento del fabbricato eretto a pochi centimetri dal confine tra le proprietà delle parti. Il convenuto, costituendosi, invocava in via riconvenzionale la condanna dell'attore ad eliminare l'intercapedine venutasi a creare tra gli immobili delle parti. Con sentenza numero 470/2011 il Tribunale rigettava la domanda principale, accogliendo la riconvenzionale. Con sentenza numero 2868/2013 la Corte di Appello di Milano dichiarava la nullità di detta decisione, per mancata evocazione in giudizio della litisconsorte necessaria B.A.R., comproprietaria dell'immobile di proprietà dell'originario attore, rimettendo la causa in primo grado. Con atto di riassunzione notificato il 12.11.2013 D.B.S. riassumeva il giudizio innanzi il Tribunale di Pavia, il quale, con sentenza numero 1228/2016, rigettava tutte le domande, compensando le spese del grado. Con la sentenza impugnata, numero 3092/2019, la Corte di Appello di Milano rigettava gli appelli principale della B.A.R. ed incidentale del N.P.A. avverso la decisione di prime cure, confermandola. Propone ricorso per la cassazione di detta decisione la B.A.R. affidandosi a cinque motivi. Il D.B.S. ha depositato il 14.4.2022 solo “un atto di costituzione nel giudizio” per la partecipazione all'eventuale udienza di discussione. N.P.A. non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità. In prossimità dell'adunanza camerale, la parte resistente ha depositato memoria. Ragioni della decisione Prima di esaminare i motivi di ricorso, va rilevata l'inammissibilità della memoria depositata dalla difesa del D.B.S., in assenza di preventiva notificazione di controricorso tra le tante, Sez. 1 -, Sentenza numero 27140 del 15/11/2017 . Passando ai motivi del ricorso, con il primo di essi la parte ricorrente lamenta la nullità della sentenza e la violazione o falsa applicazione degli articolo 112 e 132 c.p.c., in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe omesso di pronunciarsi sull'eccezione con la quale l'odierna ricorrente aveva lamentato la natura emulativa dell'edificazione intrapresa dal D.B.S., fornendo sul punto motivazione meramente apparente. Con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli articolo 115 e 132 c.p.c. e la nullità della sentenza, in relazione all'articolo 360, primo comma, nnumero 4 e 5, c.p.c., perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente interpretato le risultanze istruttorie, fornendo motivazione meramente apparente, escludendo la natura emulativa dell'attività edificatoria posta in essere dal D.B.S Con il quinto motivo, invece, la ricorrente si duole della violazione o falsa applicazione dell'articolo 833 c.c., in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c., perché la Corte lombarda avrebbe erroneamente escluso la natura emulativa degli atti posti in essere dal D.B.S Le tre censure, meritevoli di esame congiunto perché entrambe attinenti alla questione della natura emulativa dell'attività edificatoria realizzata dal D.B.S., sono infondate. La Corte di Appello ha esaminato il primo motivo di gravame, con il quale sia la B.A.R. che il N.P.A. il quale aveva spiegato appello incidentale adesivo rispetto all'impugnazione principale, perfettamente coincidente con quest'ultima cfr. pag. 9 della sentenza impugnata avevano sollevato la questione della natura emulativa dell'edificazione posta in essere dal D.B.S., e lo ha disatteso, affermando che “Non può esservi una volontà emulativa né nella scelta di costruire un'autorimessa locale accessorio di un'abitazione né nella sua ubicazione, a ridosso di analoghi locali della confinante proprietà in tal modo eventuali disturbi rumori delle autovetture, gas di scarico risultano confinati, per entrambe le proprietà, in aree ristrette e contigue. Ben maggiore disturbo arrecherebbe, ad es., un box costruito a ridosso di un'abitazione” cfr. pag. 13 della sentenza . Il passaggio appena richiamato esprime in modo adeguato le ragioni del rigetto del motivo di appello proposto, onde non vi è né violazione dell'articolo 112 c.p.c., né vizio della motivazione, in quanto quest'ultima non è viziata da apparenza, né appare manifestamente illogica, ed è idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale e a dar atto dell'iter logico-argomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione cfr. Cass. Sez. U, Sentenza numero 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, nonché, in motivazione, Cass. Sez. U, Ordinanza numero 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639 . Peraltro va ribadito il principio per cui “Poiché gli atti emulativi, vietati dall'art 833 c.c., sono caratterizzati, oltre che dall'elemento oggettivo del danno e della molestia altrui, anche dall'animus nocendi, consistente nell'esclusivo scopo di nuocere o molestare i terzi senza proprio reale vantaggio, non è riconducibile nella previsione della citata disposizione né l'attività edificatoria posta in essere dal proprietario in violazione delle norme pubblicistiche disciplinanti lo ius aedificandi, in quanto comunque preordinata al conseguimento di un diretto concreto vantaggio, né il mantenimento dell'opera iniziata e non ultimata perché in contrasto con dette norme, il quale salva l'ipotesi dell'inosservanza delle distanze legali e di un provvedimento amministrativo di riduzione in pristino rientra sempre nel legittimo esercizio dei poteri del proprietario, sia in relazione a possibili diverse utilizzazioni del manufatto incompiuto, sia con riferimento ad una eventuale abrogazione delle norme limitative, sia con riguardo agli oneri cui l'interessato dovrebbe altrimenti soggiacere per ridurre in pristino lo stato dei luoghi” Cass. Sez. 2, Sentenza numero 3010 del 08/05/1981, Rv. 413559 cfr. anche, in termini, Cass. Sez. 2, Sentenza numero 4708 del 05/11/1977, Rv. 388304 . Inoltre, la sentenza impugnata è coerente con l'ulteriore principio, che pure merita di essere ribadito, secondo cui “La sussistenza di un atto di emulazione postula il concorso di un elemento oggettivo, consistente nell'assenza di utilità per il proprietario e di un elemento soggettivo, costituito dall'animus nocendi, ossia l'intenzione di nuocere o di recare molestia ad altri. Pertanto, si è al di fuori dell'ambito dell'articolo 833 cod. civ. quando ricorra un apprezzabile vantaggio del proprietario da cui l'atto sia stato compiuto” Cass. Sez. 2, Sentenza numero 3558 del 25/03/1995, Rv. 491409 . Passando al secondo motivo, la ricorrente lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo, la violazione o falsa applicazione dell'articolo 115 c.p.c. e la nullità della sentenza, in relazione all'articolo 360, primo comma, nnumero 4 3 5, c.p.c., perché la Corte milanese avrebbe erroneamente interpretato le risultanze istruttorie, affermando che, una volta ultimato, il manufatto eretto dal D.B.S. sorgerebbe esattamente sul confine tra le due proprietà, con conseguente esclusione di profili di violazione delle norme in tema di distanze, posto che la distanza di metri tre prevista dalle N.T.A. del locale P.R.G. si applicherebbe solo ai manufatti non realizzati sulla linea di confine. Con il quarto motivo, la ricorrente denunzia invece la violazione o falsa applicazione degli articolo 873,875 e 877 c.c., in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente escluso la contrarietà del manufatto eretto dal D.B.S. alla normativa in tema di distanze, pur avendo acclarato che lo stesso, era stato realizzato a circa 10 cm dal confine e ad una distanza di 20 cm da quello della B.A.R., distanza idonea a creare una intercapedine, per una lunghezza di 176 cm. Le due censure, suscettibili di esame congiunto in quanto attinenti alla legittimità dell'edificazione realizzata dal D.B.S. secondo costruttore in corrispondenza della linea di confine tra i fondi delle parti, sono fondate. La Corte di Appello ha accertato che tra i manufatti realizzati dalle parti residua una intercapedine della larghezza di 20 cm. cfr. pag. 11 della sentenza impugnata e ciò è sufficiente per escludere l'applicabilità dell'articolo 877 c.c., non configurandosi una ipotesi di costruzione in aderenza. Di conseguenza, la norma da applicare è quella prevista dall'articolo 873 c.c., che prescrive la distanza minima di tre metri tra le costruzioni, ove non derogata dalle normative regolamentari locali e salvo il principio della prevenzione stabilito dall'articolo 875 c.c. La Corte di seconda istanza ha altresì accertato che la costruzione box dei B.A.R.-N.P.A. era stata realizzata 19 anni prima di quella del D.B.S. ad una distanza “… tra i dieci e i venti centimetri dal confine” cfr. pagg. 11 e 12 della sentenza impugnata . L'articolo 7.2 delle N.T.A del Comune di OMISSIS trascritto a pag. 11 del ricorso prevede che si possano elevare sul confine tra due fondi “… pareti non finestrate di locali accessori, pertinenze ed impianti tecnologici box e simili a condizione che abbiano altezza del punto più alto della copertura non superiore a m. 3,00. Questi stessi locali accessori possono essere posti a distanza dal confine non inferiore da m. 3,00”. Il box edificato dai prevenienti N.P.A.-B.A.R., dunque, si trova ad una distanza dal confine minore della metà di quella stabilita dal regolamento locale, e poiché quest'ultimo non prevede un distacco assoluto dal confine, opera il criterio della prevenzione. Va, sul punto, data continuità al principio affermato da questa Corte, secondo cui “Il principio della prevenzione si applica anche nell'ipotesi in cui il regolamento edilizio locale preveda una distanza tra fabbricati maggiore di quella ex articolo 873 c.c. e tuttavia non imponga una distanza minima delle costruzioni dal confine, atteso che la portata integrativa della disposizione regolamentare si estende all'intero impianto codicistico, inclusivo del meccanismo della prevenzione, sicché il preveniente conserva la facoltà di costruire sul confine o a distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta tra le costruzioni e il prevenuto la facoltà di costruire in appoggio o in aderenza ai sensi degli articolo 874,875 e 877 c.c.” Cass. Sez. U, Sentenza numero 10318 del 19/05/2016, Rv. 639677 conf. Cass. Sez. 2, Ordinanza numero 14705 del 29/05/2019, Rv. 654186 . In applicazione del principio sopra richiamato, il D.B.S. secondo costruttore aveva la scelta tra edificare il suo manufatto rispettando la distanza dalla costruzione dei prevenienti oppure avanzare nel rispetto dell'articolo 875, ma non lo ha fatto. Il D.B.S. infatti ha eretto il suo box con modalità tali da creare una intercapedine di 20 cm. dal fabbricato della B.A.R., con conseguente violazione della norma di cui all'articolo 875 c.c., la cui finalità ultima è proprio quella di evitare la creazione di intercapedini dannose tra gli edifici. La sentenza impugnata va dunque cassata perché ha erroneamente applicato la normativa locale e il principio della prevenzione e si rende pertanto necessario nuovo esame. In definitiva, vanno accolti il secondo e quarto motivo e rigettati i restanti. Il giudice di rinvio, Corte di Appello di Milano in differente composizione, è investito anche del regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. la Corte accoglie il secondo e quarto motivo del ricorso e rigetta i restanti. Cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa alla Corte di Appello di Milano, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.