La responsabilità del consigliere non esecutivo di società bancaria

Della recente decisione della Corte Suprema qui annotata, oltre alla chiarezza della motivazione, si apprezzano le interessanti riflessioni sul tema della responsabilità dell’amministratore non esecutivo di società bancaria.

Il componente del consiglio di amministrazione, anche se privo di deleghe operative, deve possedere e attivare una costante e adeguata conoscenza del business bancario poiché compartecipe delle decisioni di strategia gestionale assunte dall'intero consiglio, ha l'obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace dei rischi in tutti i settori di operatività della banca, oltre che ad attivarsi in modo da esercitare proficuamente la funzione di monitoraggio sulle scelte compiute, non solo in vista della valutazione delle relazioni degli amministratori delegati e in presenza delle loro segnalazioni, ma anche ai fini dell'esercizio dei poteri di direttiva o avocazione riguardo alle attività rientranti nella delega. Questa la linea di pensiero tracciata dalla Seconda Sezione Civile. I fatti di causa La Corte di Appello di Roma respingeva le opposizioni avanzate dai cessati componenti del consiglio di amministrazione di una banca avverso le sanzioni loro irrogate dalla Banca d'Italia all'esito di un accertamento ispettivo di vigilanza . Agli incolpati erano stati contestati comportamenti di omessa vigilanza nonostante l'emersione di notevoli criticità nella gestione, nonché la mancata adozione dei necessari provvedimenti finalizzati a garantire una migliore efficienza operativa dell'istituto bancario. Numerose posizioni anomale sarebbero poi state mantenute “ in bonis ” ancorché deteriorate. In particolare, la Corte territoriale ravvisava l'inadeguatezza delle giustificazioni addotte dai componenti del consiglio di amministrazione con riferimento agli addebiti di mancato rilievo delle connessioni economiche tra gruppi in difficoltà, all'insufficiente approfondimento delle finalità dei finanziamenti richiesti, al ricorso a forme tecniche non correlate alle finalità delle operazioni, all'inidoneità delle modalità di stima degli immobili offerti in garanzia, all'omessa comunicazione all'organo di vigilanza di posizione ad andamento anomalo e di previsioni di perdita, alla mancata segnalazione di posizioni deteriorate. Di qui ricorso per cassazione. La natura del termine del procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative Con il primo motivo di ricorso viene denunciata la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2 Legge numero 241/1990 e del Regolamento della Banca d'Italia del 25 giugno 2008, oltre che delle Disposizioni di vigilanza in materia di sanzioni e procedura sanzionatoria amministrativa . Ciò sul presupposto che, nella specie, il procedimento si sarebbe protratto oltre il termine di 240 giorni. La Corte Suprema respinge tale motivo affermando il seguente principio di diritto « nel procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative previste in tema di intermediazione finanziaria , il termine di 240 giorni di cui all' articolo 145 del d.lgs. numero 385 del 1993 non ha natura perentoria e, pertanto, non può determinare alcuna decadenza dall'esercizio della potestà sanzionatoria attesa la inidoneità del regolamento interno a modificare le disposizioni sul procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative dettate dalla legge numero 689 del 1981 . Ne consegue che il regime decadenziale e prescrizionale applicabile può essere desunto esclusivamente dall' articolo 14 della citata legge numero 689 del 1981 , che prescrive un termine perentorio soltanto per la contestazione differita, e non trova alcuna applicazione nemmeno la disciplina di cui alla legge numero 241/1990 ». Il procedimento sanzionatorio Banca d'Italia ed il diritto di difesa dell'incolpato In allineamento all'orientamento di legittimità v. Cas. numero 16157/2020 , la Corte Suprema, nel respingere anche il secondo motivo di ricorso, ribadisce il generale principio di diritto alla stregua del quale il procedimento sanzionatorio davanti alla Banca d'Italia non viola il diritto di difesa dell'incolpato , atteso che , sebbene l' articolo 24, comma 1, l. numero 262 del 2005 disponga che «i procedimenti sanzionatori sono svolti nel rispetto dei principi della piena conoscenza degli atti istruttori, del contraddittorio, della verbalizzazione, nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie», è tuttavia esclusa la diretta applicabilità, in tale ambito, dei precetti costituzionali degli articolo 24 e 111 Cost. , invocabili solo con riferimento al processo che si svolge davanti al giudice, innanzi al quale l'incolpato può impugnare il provvedimento sanzionatorio con piena garanzia del diritto di difesa e del contraddittorio. Ruolo e responsabilità dell'amministratore non esecutivo di società bancaria Viene ritenuto infondato anche il motivo con il quale è stata contestata alla Corte distrettuale la violazione dell'articolo 53 lett. b e d TUB in relazione alla mancata o inadeguata considerazione della graduazione della re sponsabilità degli amministratori nel diritto societario e alla diversità dei ruoli e delle funzioni tra la figura gestoria apicale e quella di mero consigliere. La Corte Suprema attribuisce un ruolo pro attivo al consigliere non esecutivo di azienda bancaria, enfatizzando il dovere di agire informato. Segnatamente, viene ricordato che, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità v. Cass. numero 2737/2013 Cass. numero 22848/2015 nello specifico settore delle attività bancarie o di intermediazione finanziaria , ai fini del contenimento del rischio creditizio nelle sue diverse configurazioni, nonché dell'organizzazione societaria e dei controlli interni, l'articolo 53, lett. b e d , d.lgs. numero 385/1993 e le disposizioni attuative dettate con le Istruzioni di vigilanza per le banche sanciscono doveri di particolare pregnanza in capo ai componenti del consiglio di amministrazione nel suo complesso e ai singoli consiglieri anche se privi di deleghe operative . Essi sono sempre tenuti ad agire in modo informato e, in ragione dei requisiti di professionalità di cui sono e devono essere in possesso, ad impedire possibili violazioni. Tale dovere, scolpito dall' articolo 2381 c.c. , commi 3 e 6, e dall' art 2392 c.c. , non va rimesso – puntualizza la Corte Suprema - nella sua concreta operatività alle segnalazioni provenienti dai rapporti degli amministratori delegati, giacché anche i singoli consiglieri devono possedere e attivare una costante ed adeguata conoscenza del business bancario e, essendo compartecipi delle decisioni di strategia gestionale assunte dall'intero consiglio, hanno l' obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace dei rischi in tutti i settori di operatività della banca , oltre che ad attivarsi in modo da esercitare proficuamente la funzione di monitoraggio sulle scelte compiute, non solo in vista della valutazione delle relazioni degli amministratori delegati, ma anche ai fini dell'esercizio dei poteri di direttiva o avocazione riguardo alle attività rientranti nella delega. Aggiunge la Seconda Sezione Civile che l'ambito entro il quale deve esprimersi la diligenza dei consiglieri non è mutato neppure a seguito della riforma del diritto societario adottata con d. lgs. numero 6/2003 . Difatti l'articolo 2381, comma 6, c.c., impone un dovere di agire in modo informato, disponendo infine che «ciascun amministratore può chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società» il comma 2 dell' articolo 2392 c.c. continua a prevedere che gli amministratori «sono in ogni caso solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose». Con specifico riferimento ai consiglieri non esecutivi di società bancaria, l'articolo 53, lett. b e d , TUB prevede che la Banca d'Italia emani disposizioni di carattere generale aventi ad oggetto il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni e l'organizzazione societaria e dei controlli interni. Le disposizioni attuative dettate con le Istruzioni di vigilanza per le banche, mediante la Circolare 21 aprile 1999 numero 229 e successive integrazioni sanciscono doveri di particolare pregnanza in capo al consiglio di amministrazione di azienda bancaria, che si incentrano, per l'intero organo collegiale, proprio in quel compito di monitoraggio e valutazione della struttura operativa. I precedenti di legittimità e la «sensibilità percettiva» del consigliere non esecutivo Ricorda opportunamente la Seconda Sezione che il dovere di agire in modo informato gravante sui consiglieri non esecutivi è stato chiarito dalla sentenza della Corte di Legittimità numero 2737/2013. Trattasi di dovere particolarmente stringente in materia di organizzazione e governo societario delle banche, anche in ragione degli interessi protetti dall' articolo 47 Cost. , la cui rilevanza pubblicistica plasma l'interpretazione delle norme dettate dal codice civile ciò, in quanto la « diligenza richiesta agli amministratori risente della «natura dell'incarico» ad essi affidato ed è commisurata alle «loro specifiche competenze» articolo 2392 c.c. ». La richiamata pronuncia ha poi ricordato come il TUB esiga il possesso, in capo ai soggetti investiti di funzioni di amministrazione presso banche, di determinati requisiti di professionalità articolo 26 , mentre le predette Istruzioni di vigilanza attribuiscono al consiglio di amministrazione una quantità di compiti specifici afferenti ai rischi ed al sistema informativo interno, con l'obbligo espresso di adottare «con tempestività idonee misure correttive» «nel caso emergano carenze o anomalie» titolo IV, capitolo 11, sezione II . In presenza di società bancarie è stato ivi enfatizzato il dovere di agire informati dei consiglieri non esecutivi che, «non è rimesso, nella sua concreta operatività, alle segnalazioni provenienti dagli amministratori delegati attraverso i rapporti del quali la legge onera questi ultimi, giacché anche i primi devono possedere ed esprimere costante ed adeguata conoscenza del business bancario e, essendo compartecipi delle decisioni assunte dall'intero consiglio al quale è affidata l'approvazione degli orientamenti strategici e delle politiche di gestione del rischio dell'intermediario , hanno l'obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace dei rischi in tutte le aree della banca e di attivarsi in modo da poter utilmente ed esercitare utilmente una funzione dialettica e di monitoraggio sulle scelte compiute dagli organi esecutivi attraverso un costante flusso informativo e ciò non solo in vista della valutazione del rapporti degli amministratori delegati, ma anche ai fini della diretta ingerenza nella delega attraverso l'esercizio del poteri, di spettanza del consiglio di amministrazione, di direttiva e di avocazione» sul tema, cfr. Cass. numero 17799/2014 . Conclude pertanto la Corte Suprema avvertendo che mediante le richiamate disposizioni del TUB e della normativa secondaria, l'ordinamento ripone un particolare affidamento nella specifica competenza degli amministratori , sia pure non esecutivi, in ragione dei loro requisiti di professionalità e, perciò, di una dovuta sensibilità percettiva, nonché nella connessa reazione, che concreta il dovere di ostacolare l'accadimento dannoso. Ragion per cui, in presenza di segnali d'allarme percepibili da un amministratore diligente secondo la specifica competenza, egli risponde del mancato dovere di attivarsi. Qualche recente riferimento di dottrina v. DE POLI, Amministratori non esecutivi di banca e violazione del dovere di agire in modo informato, in Giur. comm., 2022, 446 ID, Segnali di allarme e responsabilità degli amministratori non esecutivi di banca, in Le Società, 2021, 561 PASSADOR, Gli amministratori non esecutivi di società bancarie nella giurisprudenza, in Giur. it., 2020, 867.

Presidente Bertuzzi – Relatore Carrato Ritenuto in fatto 1. Con provvedimento numero 1122449 del 3 dicembre 2012, notificato il 18 dicembre 2012, la Banca d'Italia definiva il procedimento sanzionatorio avviato contro componenti ed ex componenti degli organi della Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni Spa tra i quali, per quanto rileva specificamente nella presente sede, Fu.Lu. e Ru.Ro. Felice, quali componenti del CdA, e Da.Pi., nella qualità di presidente dello stesso CdA in seguito ad un serie di accertamenti ispettivi di vigilanza che si erano protratti nell'intervallo temporale dal 4 luglio 2012 al 30 novembre 2012. Con detto provvedimento agli incolpati in relazione alle distinte cariche da ciascuno ricoperte venivano contestati i seguenti illeciti a carenza nel processo del credito da parte di componenti ed ex componenti del consiglio di amministrazione e dell'amministratore delegato, in violazione della prescrizione sancita dall'articolo 53, comma 1°, lett. b e d del D.Lgs. numero 385/1993, tit. IV cap. II Istr. Vig. banche - circomma 229/1999 tit. I cap. I parte IV, nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche, circomma 263/2006 b carenze nella gestione e nel controllo dei rischi aziendali da parte di componenti ed ex componenti del consiglio di amministrazione e dell'amministratore delegato, in violazione della prescrizione riconducibile all'articolo 53, comma 1°, lett. b e d del D.Lgs. numero 385/1993, tit. IV cap. II Istr. Vig. banche - circomma 229/1999 tit. I cap. I parte IV, nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche, circomma 263/2006 - disposizioni di vigilanza del 4 marzo 2008 in materia di organizzazione e governo societario delle banche c carenze nei controlli da parte di componenti del collegio sindacale, in violazione della prescrizione prevista dall'articolo 53, comma 1°, lett. b e d del D.Lgs. numero 385/1993, tit. IV cap. II Istr. Vig. banche - circomma 229/1999 tit. I cap. I parte IV, nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche, circomma 263/2006 - disposizioni di vigilanza del 4 marzo 2008 in materia di organizzazione e governo societario delle banche d posizioni ad andamento anomalo e previsioni di perdite non segnalate all'Organo di Vigilanza da parte dei componenti del Consiglio di amministrazione in carica alla data dell'approvazione della semestrale 2012, dei componenti del collegio sindacale e dell'amministratore delegato, in violazione della prescrizione di cui all' articolo 51 del D.Lgs. numero 385/1993 , tit. VI cap. I istr. Vigilanza banche - circomma 229/1999 . Per ciascuna delle violazioni di cui alle richiamate lett. a , b e c veniva applicata, tra gli altri, a Fu.Lu. e Ru.Ro., la sanzione di Euro 24.500,00 per complessivi Euro 73.500,00 a carico di ognuno e a Da.Pi. quale amministratore delegato della suddetta Banca quella dell'importo totale di Euro 190.610,00 di cui Euro 129.110,00 per l'illecito di cui alla lett. a , Euro 37.000,00 per l'illecito di cui alla lett. b ed Euro 24.500,00 per l'illecito di cui alla lett. c . Dopo aver proposto opposizione avverso il citato provvedimento sanzionatorio dinanzi al TAR Lazio, il quale si dichiarava difettante di giurisdizione, il relativo giudizio veniva riassunto avanti alla Corte di appello di Roma con ricorso notificato il 3 agosto 2015 e depositato il 5 agosto 2015, mediante il quale tutti gli opponenti chiedevano l'annullamento del provvedimento stesso per insussistenza delle contestate violazioni e, in subordine, instavano per l'ottenimento della riduzione delle sanzioni pecuniarie applicate a ciascuno di essi. La Corte di appello di Roma - con sentenza numero 132/2018 pubblicata il 9 gennaio 2018 - respingeva tutte le opposizioni, rilevando l'infondatezza delle complessive doglianze degli opponenti. Avverso la citata sentenza hanno proposto distinti ricorsi per cassazione Fu.Lu. sulla base di quattro motivi , Da.Pi. con sei motivi e Ru.Ro. sulla scorta di tre motivi . L'intimata Banca d'Italia ha resistito con tre separati controricorsi. Il ricorrente Ru.Ro. ha depositato dichiarazione del 13 febbraio 2024 di rinuncia al ricorso, ritualmente accettata dalla Banca d'Italia con dichiarazione in data 28 febbraio 2024. I difensori di Da.Pi. e Fu.Lu. hanno anche depositato memorie ai sensi dell' articolo 378 c.p.comma Considerato in diritto Ricorso di Fu.Lu. 1 Con il primo motivo il Fu.Lu. denuncia - ai sensi dell' articolo 360, comma 1, nnumero 3 e 5, c.p.comma - la violazione o falsa applicazione di non meglio precisate norme di diritto e l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, avuto riguardo al primo motivo di appello. In particolare, con questa censura, viene - per quanto emerge dal suo svolgimento - dedotta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2 della legge numero 241/1990 e del Regolamento della Banca d'Italia del 25.06.2008, oltre che del punto 1.5. delle Disposizioni di vigilanza in materia di sanzioni e procedura sanzionatoria amministrativa sul presupposto che, nel caso di specie il procedimento si era protratto oltre il prescritto termine di 240 giorni, tenuto conto della sua decorrenza dall'inizio del procedimento d'ufficio. 2. Con il secondo motivo il Fu.Lu. lamenta - ai sensi dell' articolo 360, comma 1, nnumero 3 e 5, c.p.comma - la violazione o falsa applicazione di non meglio precisate norme di diritto, oltre all'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, con riferimento al secondo motivo di appello. Si confuta, con questo motivo, la valutazione operata nel provvedimento impugnato in ordine all'accentramento delle attività ispettive, di valutazione dell'esito dell'ispezione, di contestazione degli addebiti e di istruzione del procedimento in capo a soggetti facenti capo alla Direzione Centrale della Vigilanza, laddove si è ritenuto che tale accentramento non contrasta con i principi stabiliti dalla legge numero 262/2005 e che i relativi principi riguarderebbero solo la separazione tra attività istruttoria e quella decisoria . 2. Con il terzo motivo il Fu.Lu. prospetta - ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.comma - un ulteriore omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in ordine al terzo motivo di appello. Si evidenzia al riguardo che la Corte di appello, pur avendo richiamato la peculiare governance della Banca caratterizzata dalla posizione predominante dell'amministratore delegato, non ha preso in considerazione quest'ultima circostanza se non al fine di accertare una maggiore responsabilità di quest'ultimo, ovviamente collegata alle censure rivolte al proprio operato, ma mancando, tuttavia, di considerare la stessa circostanza al fine di escludere o circoscrivere la responsabilità dei componendi del Consiglio di amministrazione, con riferimento appunto alle operazioni poste in essere dall'organo delegato. 4. Con il quarto ed ultimo motivo il Fu.Lu. deduce - ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.comma - la violazione e falsa applicazione di non meglio precisate violazioni di legge in relazione al terzo motivo di appello, per non aver la Corte di appello legittimamente applicato la normativa di riferimento desumibile, in particolare, dagli articolo 2392, comma 1, e 2381 c.comma con riguardo alla distinzione tra la posizione di responsabilità aggravata, da un lato, dell'amministratore delegato e la responsabilità attenuata e circoscritta degli amministratori senza deleghe. Ricorso di Da.Pi. 1. Con il suo primo motivo il Da.Pi. denuncia - ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.comma - la violazione e falsa applicazione degli articolo 2 e 21-octies della legge numero 241/1990 , degli articolo 1, 3 e 6 del Regolamento della Banca d'Italia del 25.06.2008 e del punto 124 del relativo allegato, del punto 1.5, Sezione II, delle Disposizioni di vigilanza in materia di sanzioni e procedura sanzionatoria amministrativa della Banca d'Italia del 18.12.2021, nonché degli articolo 4 e 5, allegato E, della legge numero 2246/1865, con riferimento alla prospettata erroneità e non condivisibilità della sentenza impugnata sull'esclusione della natura perentoria del termine di 240 giorni per la conclusione del procedimento di contestazione, non tenendo conto, in senso contrario, del carattere discrezionale del potere esercitato dalla Banca d'Italia, della gravità delle sanzioni applicabili e in concreto applicate e delle esigenze di difesa degli incolpati, non rilevando, nella fattispecie, la proroga concessa agli incolpati per controdedurre. 2. Con il secondo motivo il Da.Pi. denuncia - ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.comma - la violazione e falsa applicazione dell' articolo 24 della legge numero 262/2005 , nella parte in cui stabilisce il principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie ritenuta non rilevante nella sentenza impugnata , delle Disposizioni di Vigilanza in materia di sanzioni e procedura sanzionatoria amministrativa del 18.12.2010, del Provvedimento della Banca d'Italia del 27.06.2011 e degli articolo 4 e 5, allegato E, della legge numero 2248/1865 . 3. Con il terzo motivo il Da.Pi. lamenta - ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.comma - un'ulteriore violazione e falsa applicazione dell' articolo 24 della legge numero 262/2005 , nella parte in cui stabilisce il principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie, delle Disposizioni di Vigilanza in materia di sanzioni e procedura sanzionatoria amministrativa del 18.12.2010, del Provvedimento della Banca d'Italia del 27.06.2011 e degli articolo 4 e 5, allegato E, della legge numero 2248/1865 , prospettando l'illegittimità esclusa nella sentenza impugnata del provvedimento sanzionatorio individuale emesso a suo carico, in quanto adottato in violazione dei principi del contraddittorio e della conoscenza degli atti istruttori sanciti dal citato articolo 24 della legge numero 262/2005 . 4. Con il quarto motivo il Da.Pi. prospetta - ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.comma - l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che ha costituito oggetto di discussione tra le parti, avuto riguardo alla mancata considerazione dell'errore di 100 milioni di Euro commesso dagli ispettori nel calcolare il patrimonio di vigilanza, ragion per cui se la base patrimoniale di BIM non avesse subìto l'erosione affermata dagli ispettori non si sarebbe verificato il supposto danno e le sanzioni applicate sulla base di tale, errato, presupposto non avrebbero potuto ritenersi giustificate o, comunque, non nella misura in cui erano state applicate in concreto. 5. Con il quinto motivo il Da.Pi. lamenta - sempre ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.comma - un altro omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti avuto riguardo alla mancata considerazione - nella sentenza impugnata - della circostanza relativa al numero e alla rilevanza degli ordini di iniziativa del cliente, da cui non sarebbe dovuta derivare la contestazione, a suo carico, delle carenze nella gestione e nel controllo dei rischi aziendali. 6. Con il sesto ed ultimo motivo il Da.Pi. denuncia - ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 4, c.p.comma - il vizio di omessa pronuncia su di un'eccezione e, quindi, la violazione dell' articolo 112 c.p.comma , avuto riguardo alla mancata presa di posizione, da parte della Corte di appello, circa la formulata contestazione, nei confronti di esso ricorrente, dell'omissione di dare notizia al Consiglio della sussistenza di propri interessi, omettendo di astenersi in occasione di operazioni della banca ovvero sottoponendole a un organo non competente . Ricorso di Ru.Ro. 1. Con il primo motivo il Ru.Ro. denuncia - ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.comma - la violazione e falsa applicazione della legge numero 689/1981, dell'articolo 24 della legge numero 262/2005 in relazione all' articolo 145, comma 1, del TUB nella versione ratione temporis vigente e agli articolo 1, 3, 6 e 7 del Provvedimento della Banca d'Italia del 25 giugno 2008, nonché dell' articolo 21-octies della legge numero 241/1990 , prospettando la violazione del termine di durata del procedimento sanzionatorio, l'erronea individuazione delle norme applicabili a detto procedimento e l'inapplicabilità del citato articolo 21-octies, comma 2, della legge numero 241/1990 ai provvedimenti sanzionatori applicati dalla Banca d'Italia. 2. Con il secondo motivo il Ru.Ro. deduce - ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.comma - la violazione e falsa applicazione dell' articolo 144 del TUB come modificato dall' articolo 1, comma 51, del D.Lgs. numero 72/2015 e dell' articolo 2, comma 3, dello stesso D.Lgs. numero 72/2015 , per inosservanza del principio della retroattività in mitius della disciplina delle sanzioni afflittive, come definito e riconosciuto dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE e dalla CEDU , nonché del principio di retroattività delle modifiche alle sanzioni amministrative di origine comunitaria. 3. Con il terzo ed ultimo motivo il Ru.Ro. lamenta - ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.comma - la violazione e falsa applicazione dell' articolo 2697 c.comma , dell'articolo 145 del TUB come modificato dall' articolo 1, comma 53, del D.Lgs. numero 72/2015 e degli articolo 2381 e 2392 c.comma , unitamente a quella degli articolo 115 e 116 c.p.comma Esame dei distinti ricorsi Ricorso di Ru.Ro. 1. In virtù della formalizzata rinuncia al ricorso, ritualmente accettata dal procuratore speciale dalla controricorrente Banca d'Italia, occorre dichiarare - ai sensi dell' articolo 391 c.p.comma - l'estinzione parziale del giudizio di cassazione limitatamente al relativo rapporto processuale, con il riconoscimento - come concordato tra le parti - del contributo delle spese di giudizio per l'importo complessivo di Euro 3.000,00, in favore della stessa Banca d'Italia. Ricorso di Fu.Lu. 1. Il primo motivo di questo ricorso non è fondato. Infatti - come accertato in fatto dalla Corte di appello - il provvedimento sanzionatorio è stato adottato entro il termine prescritto dalla normativa regolamentare decorrente dalla scadenza del termine concesso all'autorità di vigilanza per deliberare, decorrente dalla scadenza di quello concesso all'ultimo degli incolpati nell'ambito, quindi, della stessa attività ispettiva a ricevere la notificazione dell'atto di contestazione delle violazioni che risulta essersi in concreto - per quanto emergente ex actis - consumato il 28 febbraio 2013 allorquando è stata effettuata l'ultima notifica al sig. Ma. poiché tale termine è stato prorogato per tutti gli incolpati di 30 giorni, il successivo termine di 240 giorni è iniziato a decorrere dal 27 aprile 2013 ed è spirato il 23 dicembre e non novembre, come per mero errore materiale indicato nella sentenza qui impugnata , ragion per cui l'atto finale è stato adottato tempestivamente il 3 dicembre 2013, restando irrilevante la data in cui è poi avvenuta la sua notificazione. Peraltro, la giurisprudenza di questa Corte ha - in modo assorbente - precisato che nel procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative previste in tema di intermediazione finanziaria, il termine di 240 giorni di cui all' articolo 145 del D.Lgs. numero 385 del 1993 non ha natura perentoria e, pertanto, non può determinare alcuna decadenza dall'esercizio della potestà sanzionatoria attesa la inidoneità del regolamento interno a modificare le disposizioni sul procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative dettate dalla legge numero 689 del 1981 . Ne consegue che il regime decadenziale e prescrizionale applicabile può essere desunto esclusivamente dall' articolo 14 della citata legge numero 689 del 1981 , che prescrive un termine perentorio soltanto per la contestazione differita cfr. Cass. numero 9517/2018 e, in via generale, per il procedimento anche relativo a sanzioni diverse da quelle di cui al t.u.f. , Cass. numero 21706/2018 Cass. numero 6965/2018 Cass. numero 1740/2022 e Cass. numero 1154/2024 , senza che possa trovare applicazione, sul punto, nemmeno la legge numero 241/1990 . 2. Anche il secondo motivo è privo di fondamento. Pure a questo riguardo deve trovare applicazione il principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui il procedimento sanzionatorio davanti alla Banca d'Italia non viola il diritto di difesa dell'incolpato, atteso che, sebbene l' articolo 24, comma 1, della l. numero 262 del 2005 disponga che i procedimenti sanzionatori sono svolti nel rispetto dei principi della piena conoscenza degli atti istruttori, del contraddittorio, della verbalizzazione, nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie , è tuttavia esclusa la diretta applicabilità, in tale ambito, dei precetti costituzionali degli articolo 24 e 111 Cost. , invocabili solo con riferimento al processo che si svolge davanti al giudice, innanzi al quale l'incolpato può impugnare il provvedimento sanzionatorio con piena garanzia del diritto di difesa e del contraddittorio cfr., per tutte, Cass. numero 16157/2020 . Peraltro, con il motivo in questione, si deduce anche un vizio di omesso esame ex articolo 360 numero 5 c.p.comma , ma non si comprende a quale titolo, non risultando dedotto un fatto storico decisivo ai fini della supposta inapplicabilità dei principi stabiliti dalla legge numero 262/2005 , oltretutto rispettati dal momento che essi riguardano la sola separazione tra l'attività istruttoria e quella decisoria, in concreto osservati con l'attribuzione al Direttorio della Banca d'Italia della delibera sanzionatoria sulla proposta dell'organo ispettivo competente per il compimento dell'attività istruttoria. 3. Il terzo motivo è inammissibile perché - sotto forma della deduzione del vizio ricondotto all' articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.comma - investe la complessiva valutazione di merito della condotta addebitata al Fu.Lu., nella qualità di componente del CdA, per il quale vale l'applicazione del principio generale, in base al quale l'articolo 53, lett. b e d , D.Lgs. numero 385/1993 e le disposizioni attuative dettate con le istruzioni di vigilanza per le banche sanciscono doveri di particolare pregnanza in capo ai componenti del consiglio di amministrazione nel suo complesso e ai singoli consiglieri anche se privi di deleghe operative , poiché essi sono sempre tenuti ad agire in modo informato e, in ragione dei requisiti di professionalità di cui sono e devono essere in possesso, ad impedire possibili violazioni. In ogni caso la censura è infondata perché la sentenza impugnata - oltre a sottolineare la prevalente ma non certo esclusiva responsabilità del Presidente del CDA - ha considerato e valorizzato anche le responsabilità del Consiglio di amministrazione, di cui era componente il Fu.Lu., evidenziando i concreti comportamenti di omessa vigilanza nonostante l'emersione di notevoli criticità nella gestione bancaria, mancando di adottare i necessari e conferenti provvedimenti finalizzati a garantire una migliore efficienza operativa della Banca, ritenuti dalla Corte di appello di Roma certamente insufficienti ad impedire la gestione anomala della banca pur se caratterizzata dalla posizione predominante ma non per questo soppressiva delle funzioni di controllo demandate al Consiglio di amministrazione sulla gestione bancaria dell'amministratore delegato, congiuntamente alla scorretta erogazione di credito al settore immobiliare con numerose posizioni anomale, mantenute in bonis ancorché deteriorate. In particolare, la Corte di appello ha motivatamente ravvisato l'inadeguatezza di tutte le giustificazioni addotte dai componenti del CDA con riferimento agli addebiti di mancato rilievo delle connessioni economiche tra gruppi in difficoltà specificamente indicati a pag. 11 della sentenza impugnata , all'insufficiente approfondimento delle finalità dei finanziamenti richiesti, al ricorso a forme tecniche non correlate alle finalità delle operazioni, all'inidoneità delle modalità di stima degli immobili offerti in garanzia, all'omessa comunicazione all'organo di vigilanza di posizione ad andamento anomalo e di previsioni di perdita, alla mancata segnalazione di posizioni deteriorate, tutte condotte accertate sulla scorta della complessiva attività ispettiva svoltasi nel periodo considerato. 4. Il quarto motivo - con il quale si contesta la violazione dell'articolo 53 lett. b e d , del TUB in relazione alla mancata o inadeguata considerazione della graduazione della responsabilità degli amministratori nel diritto societario e alla diversità dei ruoli e delle funzioni tra le due figure quella apicale e quella di mero consigliere del CdA nel rispetto delle relative prescrizioni - è infondato. La giurisprudenza di questa Corte è ormai Co.Vi.data v., per tutte, Cass. numero 2737/2013 e Cass. numero 22848/2015 nell'affermare che nello specifico settore delle attività bancarie o di intermediazione finanziaria, ai fini del contenimento del rischio creditizio nelle sue diverse configurazioni, nonché dell'organizzazione societaria e dei controlli interni, l'articolo 53, lett. b e d , D.Lgs. numero 385/1993 e le disposizioni attuative dettate con le istruzioni di vigilanza per le banche sanciscono doveri di particolare pregnanza in capo ai componenti del consiglio di amministrazione nel suo complesso e ai singoli consiglieri anche se privi di deleghe operative . Essi sono sempre tenuti ad agire in modo informato e, in ragione dei requisiti di professionalità di cui sono e devono essere in possesso, ad impedire possibili violazioni. Tale dovere, sancito dall' articolo 2381 c.comma , commi 3 e 6, e dall' art 2392 c.comma , non va rimesso, nella sua concreta operatività, alle segnalazioni provenienti dai rapporti degli amministratori delegati, giacché anche i singoli consiglieri devono possedere e attivare una costante ed adeguata conoscenza del business bancario ed, essendo compartecipi delle decisioni di strategia gestionale assunte dall'intero consiglio, hanno l'obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace dei rischi in tutti i settori di operatività della banca, oltre che ad attivarsi in modo da esercitare proficuamente la funzione di monitoraggio sulle scelte compiute, non solo in vista della valutazione delle relazioni degli amministratori delegati, ma anche ai fini dell'esercizio dei poteri di direttiva o avocazione riguardo alle attività rientranti nella delega. L'ambito entro il quale deve esprimersi la diligenza dei consiglieri non è mutato neppure a seguito della riforma del diritto societario adottata con D.Lgs. numero 6/2003 l'articolo 2381, comma 6, c.c., impone un dovere di agire in modo informato, disponendo infine che ciascun amministratore può chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società il comma 2 dell' articolo 2392 c.comma continua a prevedere che gli amministratori sono in ogni caso solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose . Occorre, inoltre, evidenziare che, per quanto specificamente attiene ai consiglieri non esecutivi di società bancaria, l'articolo 53, lett. b e d , del t.u.b . prevede che la Banca d'Italia emani disposizioni di carattere generale aventi ad oggetto, per quanto in questa sede rileva, il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni e l'organizzazione societaria e dei controlli interni. Le disposizioni attuative sono state dettate con le Istruzioni di vigilanza per le banche, mediante la circolare 21 aprile 1999 numero 229 oltre che con le successive modificazioni ed integrazioni, le quali sanciscono doveri di particolare pregnanza in capo al consiglio di amministrazione di azienda bancaria, che si incentrano, per l'intero organo collegiale, proprio in quel compito di monitoraggio e valutazione della struttura operativa. In particolare, il dovere di agire in modo informato gravante sui consiglieri non esecutivi è stato chiarito da questa Corte - con la sentenza numero 2737/2013 - essere particolarmente stringente in materia di organizzazione e governo societario delle banche, anche in ragione degli interessi protetti dall' articolo 47 Cost. , la cui rilevanza pubblicistica plasma l'interpretazione delle norme dettate dal codice civile ciò, in quanto la diligenza richiesta agli amministratori risente della natura dell'incarico ad essi affidato ed è commisurata alle loro specifiche competenze articolo 2392 c.comma . La sentenza appena richiamata ha ricordato come, sotto questo profilo, il D.Lgs. numero 385 del 1993 esiga il possesso, in capo ai soggetti investiti di funzioni di amministrazione presso banche, di determinati requisiti di professionalità articolo 26 , mentre le predette Istruzioni di vigilanza attribuiscono al consiglio di amministrazione una quantità di compiti specifici afferenti ai rischi ed al sistema informativo interno, con l'obbligo espresso di adottare con tempestività idonee misure correttive nel caso emergano carenze o anomalie titolo IV, capitolo 11, sezione II . Tanto più, pertanto, nell'ambito delle società bancarie, è stato enfatizzato il dovere di agire informati dei consiglieri non esecutivi che - come è già stato posto in risalto - non è rimesso, nella sua concreta operatività, alle segnalazioni provenienti dagli amministratori delegati attraverso i rapporti del quali la legge onera questi ultimi, giacché anche i primi devono possedere ed esprimere costante ed adeguata conoscenza del business bancario e, essendo compartecipi delle decisioni assunte dall'intero consiglio al quale è affidata l'approvazione degli orientamenti strategici e delle politiche di gestione del rischio dell'intermediario , hanno l'obbligo di contribuire ad assicurare un governo efficace dei rischi in tutte le aree della banca e di attivarsi in modo da poter utilmente ed esercitare utilmente una funzione dialettica e di monitoraggio sulle scelte compiute dagli organi esecutivi attraverso un costante flusso informativo e ciò non solo in vista della valutazione del rapporti degli amministratori delegati, ma anche ai fini della diretta ingerenza nella delega attraverso l'esercizio del poteri, di spettanza del consiglio di amministrazione, di direttiva e di avocazione v. anche Cass. numero 17799/2014 . Mediante le richiamate disposizioni del testo unico di cui al D.Lgs. numero 385 del 1993 e della normativa secondaria, l'ordinamento ripone, dunque, un particolare affidamento nella specifica competenza degli amministratori, sia pure non esecutivi, in ragione dei loro requisiti di professionalità e, perciò, di una dovuta sensibilità percettiva, nonché nella connessa reazione, che concreta il dovere di ostacolare l'accadimento dannoso in presenza di segnali d'allarme percepibili da un amministratore diligente secondo la specifica competenza, egli risponde del mancato dovere di attivarsi. Ricorso di Da.Pi. 1. Per il primo motivo - che pongono la stessa questione giuridica - valgono le motivazioni, alle quali ci si richiama integralmente, già svolte con riferimento al primo motivo del ricorso proposto da Fu.Lu Va, perciò, riaffermato il seguente principio di diritto nel procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative previste in tema di intermediazione finanziaria, il termine di 240 giorni di cui all' articolo 145 del D.Lgs. numero 385 del 1993 non ha natura perentoria e, pertanto, non può determinare alcuna decadenza dall'esercizio della potestà sanzionatoria attesa la inidoneità del regolamento interno a modificare le disposizioni sul procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative dettate dalla legge numero 689 del 1981 . Ne consegue che il regime decadenziale e prescrizionale applicabile può essere desunto esclusivamente dall' articolo 14 della citata legge numero 689 del 1981 , che prescrive un termine perentorio soltanto per la contestazione differita, e non trova alcuna applicazione nemmeno la disciplina di cui alla legge numero 241/1990 . 2. Anche per il secondo e terzo motivo - con i quali viene prospettata la medesima questione giuridica - ci si richiama integralmente alle motivazioni già adottate con riguardo al secondo motivo del ricorso formulato da Fu.Lu Deve, pertanto, ribadirsi in proposito il generale principio di diritto alla stregua del quale il procedimento sanzionatorio davanti alla Banca d'Italia non viola il diritto di difesa dell'incolpato, atteso che, sebbene l' articolo 24, comma 1, della l. numero 262 del 2005 disponga che i procedimenti sanzionatori sono svolti nel rispetto dei principi della piena conoscenza degli atti istruttori, del contraddittorio, della verbalizzazione, nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie , è tuttavia esclusa la diretta applicabilità, in tale ambito, dei precetti costituzionali degli articolo 24 e 111 Cost. , invocabili solo con riferimento al processo che si svolge davanti al giudice, innanzi al quale l'incolpato può impugnare il provvedimento sanzionatorio con piena garanzia del diritto di difesa e del contraddittorio. 3. Il quarto motivo è inammissibile e, comunque, infondato. La censura, in primo luogo, difetta di specificità. Infatti, va rilevato che, in ordine all'eccezione che il patrimonio di vigilanza al 30 giugno 2012 era stato calcolato erroneamente in sede ispettiva nella somma di 158 milioni di Euro, anziché nella misura effettiva di Euro 258 milioni di Euro, il ricorrente pone meramente riferimento alla produzione avvenuta nel giudizio dinanzi alla Corte di appello di una relazione resa dal De. & To. del 12.09.2016 oltremodo ponderosa , ma di quest'ultima non vengono riportate - nemmeno per estratto o con la rappresentazione di un quadro di sintesi - le risultanze idonee ad avvalorare in concreto la prospettazione dell'errore nella determinazione del suddetto patrimonio di vigilanza, non potendosi - per effetto della necessaria autosufficienza dei motivi di ricorso per cassazione - ritenere bastevole il solo richiamo alle emergenze e alle difese nella fase di merito. Ad ogni modo, occorre osservare che - avuto riguardo alle concrete contestazioni mosse nei confronti del Da.Pi., quale amministratore delegato della Banca - l'omessa considerazione della circostanza relativa al prospettato errore di Euro 100 milioni che gli ispettori avrebbero commesso nel calcolare il patrimonio di vigilanza non ha avuto carattere decisivo in rapporto alla natura e al contenuto delle violazioni ascritte al ricorrente, siccome attinenti alla diversa condotta e, comunque, più ampia rilevante come illecito amministrativo riconducibile alle plurime carenze riscontrate nel processo di erogazione del credito, idoneamente e concretamente contestate allo stesso Da.Pi. e non, quindi, propriamente e direttamente - o, comunque, non solo - impattanti sul profilo dell'adeguatezza patrimoniale . 4. Il quinto motivo è infondato, perché - al di là dell'aspetto che impinge nel merito delle valutazioni della Corte di appello - non sussiste la prospettata omissione dell'esame del fatto asserito come decisivo, dal momento che nella sentenza impugnata, nel valutare le difese dell'odierno ricorrente ponenti riferimento anche alla richiamata tabella , è stato attribuito preminente rilievo alla sistematica esecuzione di ordini di iniziativa cliente , così ponendo in essere una condotta di anomalia gestoria non certo irrilevante ma implicante carenze nelle gestione e nel controllo dei rischi aziendali . Pertanto, in ogni caso, il fatto storico dedotto risulta esaminato. 5. Il sesto ed ultimo motivo si profila inammissibile perché la deduzione alla quale esso pone riferimento non è qualificabile come un'eccezione in senso proprio rispetto alla quale potersi configurare la violazione dell' articolo 112 c.p.comma , risolvendosi, piuttosto, nella prospettazione di una circostanza - di cui non si assume la decisività - relativa all'insussistenza di pretesi conflitti in capo al Da.Pi., come tali, in ogni caso, non incidenti sulle violazioni contestategli e ricondotte - come rilevato anche dalla Corte di appello - alle carenze nella gestione e nel controllo dei rischi aziendali aggravate anche dall'eccessivo accentramento di poteri in capo allo stesso quale amministratore delegato , comportante la configurazione di un sua posizione egemone nel mancato impedimento della gestione anomala della banca. Conclusioni In definitiva, alla stregua delle complessive motivazioni svolte, deve essere dichiarata l'estinzione parziale del giudizio di cassazione con riferimento, cioè, al solo rapporto processuale instauratosi tra il ricorrente Ru.Ro. e la controricorrente Banca d'Italia con la regolazione delle spese tra gli stessi nei sensi tra loro concordati , nel mentre vanno rigettati gli altri due ricorsi, distintamente proposti da Fu.Lu. e Da.Pi., con la loro separata condanna al pagamento delle spese giudiziali, nei termini di cui in dispositivo, tenuto conto delle attività difensive svolte e del valore delle sanzioni irrogate. Infine, ai sensi dell' articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. numero 115 del 2002 , occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti Fu.Lu. e Da.Pi., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte dichiara l'estinzione del giudizio di cassazione limitatamente al rapporto processuale tra il ricorrente Ru.Ro. e la controricorrente Banca d'Italia e condanna lo stesso ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della Banca d'Italia nella concordata misura di Euro 3.000.00. Rigetta per intero i ricorsi di Fu.Lu. e Da.Pi., condannando, rispettivamente, il primo al pagamento delle spese del presente giudizio liquidandole in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge, e il secondo al pagamento delle spese di questo giudizio nell'importo di Euro 8,200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1- quater, del D.P.R. numero 115 del 2002 dà atto della su ssistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di ciascuno dei ricorrenti Fu.Lu. e Da.Pi., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.