Illegittimo il licenziamento del lavoratore sorpreso dai Carabinieri con sei grammi di eroina in auto

Protagonista della vicenda in esame è un lavoratore, licenziato a seguito di procedimento disciplinare in cui gli era stato contestato che, in occasione di un controllo stradale eseguito dai Carabinieri, sul suo veicolo erano stati rinvenuti sei grammi di eroina con conseguente denuncia per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio.

Per dirimere la controversia in oggetto, il Collegio ricorda che in tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo , « la valutazione della gravità e proporzionalità della condotta rientra nell'attività sussuntiva e valutativa del giudice di merito , avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, con la quale viene riempita di contenuto la clausola generale dell' articolo 2119 c.c. » in proposito, «questa Corte non può sostituirsi al giudice del merito nell'attività di riempimento di concetti giuridici indeterminati, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza, e tale sindacato sulla ragionevolezza non è quindi relativo alla motivazione del fatto storico, ma alla sussunzione dell'ipotesi specifica nella norma generale, quale sua concretizzazione l'attività di integrazione del precetto normativo di cui all' articolo 2119 c.c. norma cd. elastica , compiuta dal giudice di merito non può essere censurata in sede di legittimità se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza del giudizio di sussunzione del fatto concreto, siccome accertato, nella norma generale, ed in virtù di una specifica denuncia di non coerenza del predetto giudizio rispetto agli standard, conformi ai valori dell'ordinamento, esistenti nella realtà sociale» Cass. numero 26043/2023 , Cass. numero 30866/2023 , Cass. numero 6827/2024 . E la sentenza impugnata risulta conforme ai suddetti principi, valutando la condotta extra-lavorativa del ricorrente, in sede penale ritenuta non costituente reato , e quindi «di disvalore sociale minore rispetto a condotta costituente reato, e in assenza di prova di danni all'immagine del datore di lavoro, non tale da incidere negativamente in via definitiva sullo svolgimento e proseguimento dell'attività lavorativa». Pertanto, il motivo deve essere respinto.

Presidente Doronzo – Relatore Michelini Rilevato che 1. la Corte d'Appello di Bologna, in riforma di sentenza del Tribunale di Forlì, dichiarava l'illegittimità del licenziamento intimato da OMISSIS s.r.l. a M.L., dichiarava risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento, condannava la società a pagare al lavoratore un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, oltre indennità di mancato preavviso e accessori 2. la Corte distrettuale, in particolare - osservava che l'originario ricorrente, assunto come apprendista operaio il 4.4.2016, era stato licenziato il 12.9.2016 a seguito di procedimento disciplinare in cui gli era stato contestato che il 19.8.2016, in occasione di controllo stradale eseguito dai Carabinieri, sul suo veicolo erano stati rinvenuti sei grammi di eroina con conseguente denuncia per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio - riteneva che non vi fosse prova del fine di spaccio, tenuto conto del decreto di archiviazione del GIP del Tribunale di Forlì in data 12.1.2017, in cui si affermava l'infondatezza della notizia di reato, in quanto la sostanza stupefacente sequestrata era da ritenersi per uso personale - escludeva la prova di danno all'immagine dell'azienda a seguito della pubblicazione della notizia su quotidiano a diffusione locale, perché avvenuta senza indicazione delle generalità del lavoratore e del datore di lavoro - valutava la gravità del fatto non tale da giustificare la sanzione disciplinare espulsiva per definitiva lesione del vincolo fiduciario - dato atto dei requisiti dimensionali del datore di lavoro, applicava la disciplina di cui all' articolo 9 d. lgs. numero 23/2015 anche tenuto conto della dichiarazione di illegittimità costituzionale del comma 1 dell'articolo 3 di tale d.lgs. e si atteneva ai parametri risarcitori minimi, atteso il limitato periodo di durata del rapporto di lavoro 3. per la cassazione della predetta sentenza ricorre la società con tre motivi resiste il lavoratore con controricorso entrambe le parti hanno comunicato memorie al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza Considerato che 1. con il primo motivo articolo 360, numero 3, c.p.c. , parte ricorrente deduce violazione degli articolo 115 c.p.c. e 2119 c.c., affermando che la condotta del resistente, pacifica e materialmente non contestata, andava ritenuta concretamente giusta causa di licenziamento 2. con il secondo motivo articolo 360, numero 3, c.p.c. , deduce violazione degli articolo 2119, 2104, 2105, 2106, 2108 c.c. , 3, comma 1, d. lgs. numero 23/2015, per erronea valutazione della condotta del lavoratore, sostenendo che a torto la Corte territoriale l'ha valutata non concretante giusta causa di recesso, e formula specifica denuncia di incoerenza e irragionevolezza della motivazione rispetto agli standard, conformi ai valori dell'ordinamento, esistenti nella realtà sociale, nonché vizio di sussunzione, per irragionevolezza, incoerente, errata sussunzione del fatto specifico in oggetto, ricadente invece nella clausola ex articolo 2119 c.c. per la pacifica sussistenza materiale del fatto 3. con il terzo motivo articolo 360, numero 3, c.p.c. , parte ricorrente deduce violazione dell'articolo 10 lettera B CCNL Industria Metalmeccanica con riferimento all' articolo 2119 c.c. , norma collettiva che, sotto la rubrica “Licenziamento senza preavviso”, dispone che “in tale provvedimento incorre il lavoratore che provochi all'azienda grave nocumento morale o materiale” 4. i motivi, connessi e da trattare congiuntamente perché tutti concernenti la sussunzione della fattispecie concreta nella clausola generale della giusta causa di licenziamento ai sensi dell' articolo 2119 c.c. , sussunzione esclusa dalla Corte di Bologna con la sentenza qui gravata, non sono fondati 5. preliminarmente, va ribadita l'autonomia, in generale e nel caso concreto, della valutazione dei fatti posti a base di contestazione disciplinare in sede giudiziale civile rispetto alla valutazione dei medesimi fatti in sede giudiziale penale, quali condotte integranti o meno fattispecie di reato così come è pienamente operante, anche nel caso in esame, il principio generale secondo cui il giudicato penale non preclude, in sede disciplinare, una rinnovata valutazione dei fatti accertati dal giudice penale, attesa la diversità dei presupposti delle rispettive responsabilità il giudicato di assoluzione ovvero, per quanto qui interessa, il decreto di archiviazione, sebbene con presupposti ed effetti non del tutto coincidenti non determina l'automatica archiviazione del procedimento disciplinare perché, fermo restando che il fatto, oggetto di giudicato, non può essere ricostruito in termini difformi, non si può escludere che lo stesso, inidoneo a fondare una responsabilità penale, possa comunque integrare un inadempimento sanzionabile sul piano disciplinare cfr. Cass. numero 30663/2023, numero 398/2023 , numero 11948/2019, S. U. numero 14344/2015, numero 12134/2005 6. tuttavia, la valutazione dei fatti oggetto di procedimento disciplinare come operata dal giudice penale non è irrilevante, posto che è assai differente il disvalore sociale e giuridico collegato alla detenzione di stupefacenti, anche pesanti, a fini di spaccio o per uso personale, e che la ricostruzione fattuale operata in sede penale, anche limitatamente alla fase delle indagini preliminari, è utilizzabile quanto meno come prova atipica - da parte del giudice del lavoro cfr. Cass. numero 26042/2023 , numero 9507/2023 7. come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, con principi consolidati ricordati anche da parte ricorrente, in tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, la valutazione della gravità e proporzionalità della condotta rientra nell'attività sussuntiva e valutativa del giudice di merito, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, con la quale viene riempita di contenuto la clausola generale dell' articolo 2119 c.c. in proposito, questa Corte non può sostituirsi al giudice del merito nell'attività di riempimento di concetti giuridici indeterminati, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza, e tale sindacato sulla ragionevolezza non è quindi relativo alla motivazione del fatto storico, ma alla sussunzione dell'ipotesi specifica nella norma generale, quale sua concretizzazione l'attività di integrazione del precetto normativo di cui all' articolo 2119 c.c. norma cd. elastica , compiuta dal giudice di merito non può essere censurata in sede di legittimità se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza del giudizio di sussunzione del fatto concreto, siccome accertato, nella norma generale, ed in virtù di una specifica denuncia di non coerenza del predetto giudizio rispetto agli standard, conformi ai valori dell'ordinamento, esistenti nella realtà sociale cfr. Cass. numero 13534/2019 , e giurisprudenza ivi richiamata cfr. anche Cass. numero 985/2017 , numero 88/2023 v. anche Cass. numero 14063/2019 , numero 16784/2020 , numero 17321/2020 , numero 25977/2020 , numero 26043/2023 , numero 30866/2023 , numero 6827/2024 8. a tali principi risulta conforme la sentenza impugnata, che ha valutato la condotta extra-lavorativa del ricorrente, in sede penale ritenuta non costituente reato, e quindi di disvalore sociale minore rispetto a condotta costituente reato, e in assenza di prova di danni all'immagine del datore di lavoro, non tale da incidere negativamente in via definitiva sullo svolgimento e proseguimento dell'attività lavorativa 9. invero, la censura, in questa sede formulata, di incoerenza e irragionevolezza della motivazione della sentenza gravata rispetto agli standard, conformi ai valori dell'ordinamento, esistenti nella realtà sociale, si risolve, in realtà, in un dissenso rispetto al decreto di archiviazione, cui è appunto seguita, nel secondo grado di merito, la valutazione di insussistenza di giusta causa ancorata al ricordato esito del procedimento penale, ridimensionato rispetto all'originaria e invero immutabile contestazione disciplinare 10. alla stregua dei suesposti motivi il ricorso deve, pertanto, essere respinto 11. in ragione della soccombenza parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, in favore di parte controricorrente, con distrazione al difensore dichiaratosi antistatario 12. al rigetto dell'impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge, da distrarsi. Ai sensi dell'articolo 13 comma 1 quater del d.p.r. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi delle parti a norma dell 'articolo 52 d.lgs. 196/0 3.