Il set di una trasmissione TV non è luogo di lavoro per il concorrente

Affinché possa ravvisarsi l’aggravante della violazione della disciplina antinfortunistica nei reati di lesioni e omicidio colposi occorre che tra la violazione e l’evento dannoso sussista un nesso causale e che il fatto avvenga in un ambiente di lavoro, durante lo svolgimento di prestazioni lavorative.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, con la sentenza numero 17679 depositata il 06 maggio 2024. Dalle risate alla tragedia Nel corso di una nota trasmissione televisiva , durante la quale i concorrenti si cimentavano con prove fisiche finalizzate a suscitare l'ilarità del pubblico, uno di costoro riportava gravissime e insanabili lesioni personali . Leggiamo nel riassunto del fatto storico che sta alla base della sentenza oggi in commento che il malcapitato , mentre saltava da un rullo ad un altro, cadeva in un'intercapedine tra questi ultimi e impattava col cranio sul fondo di una vasca. In seguito all'incidente rimaneva paralizzato . Ne nasceva un procedimento penale per lesioni colpose aggravate a carico di numerosi soggetti, ai quali venivano pure rimproverate numerose violazioni del T.U. sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. L'aggravante contestata era quella dell'aver cagionato le lesioni con violazione della normativa antinfortunistica ai danni della persona offesa, qualificata come “lavoratore occasionale dello spettacolo”. Il giudice di primo grado, però, pronunciava sentenza di non doversi procedere per intervenuta remissione di querela, dopo aver dichiarato insussistente l'aggravante contestata. Per le restanti imputazioni, invece, il verdetto era assolutorio per insussistenza dei fatti. Avverso la sentenza ricorreva per cassazione la Procura, la quale non condivideva né la parte della sentenza di primo grado in cui si negava che la persona offesa fosse da considerarsi un lavoratore a tutti gli effetti, né quella relativa alla ricorrenza dell'aggravante della violazione della normativa antinfortunistica. Cosa si intende per luogo di lavoro La prima questione affrontata dalla Cassazione è quella di cosa si intende con esattezza per “luogo di lavoro” esso è, secondo i supremi giudici, quello nel quale si svolgono prestazioni lavorative e «si concretizzi un rischio connesso all'esercizio dell'attività di impresa». Con questa definizione, quindi, si è inteso fare chiarezza sul primo presupposto oggettivo per la ricorrenza dell'aggravante il fatto deve quindi verificarsi in un ambiente di lavoro. E il set della trasmissione , che ha scopi ludici , non può essere considerato così in relazione alla figura del concorrente. Questi, invero, a prescindere dalla sua qualificazione se di lavoratore o di terzo , si trovava in un luogo riservato esclusivamente ai concorrenti, e non ai lavoratori che pur vi erano certamente impegnati. Lo spirito dell'aggravante, pertanto, è quello di punire più severamente i fatti posti in essere a causa della concretizzazione del rischio che le norme in materia di sicurezza sul lavoro mirano a scongiurare. Sintetica, ma chiara Siamo di fronte – ma non vogliamo sbilanciarci troppo – a un trend nel quale le sentenze tendono a connotarsi per sinteticità e maggiore chiarezza rispetto al recente passato. Questa decisione ci ricorda due concetti molto importanti ai fini della ricorrenza dell'aggravante che renderebbe il delitto di lesioni personali perseguibile d'ufficio in prima battuta, la identificazione del luogo di lavoro è operazione ermeneutica preliminare rispetto a ogni altra, successiva valutazione. In secondo luogo, la qualificazione della persona offesa come lavoratore o meno è del tutto irrilevante. E ciò perché le norme che tutelano la sicurezza sul lavoro sono poste a presidio anche dei terzi che dovessero per avventura trovarsi all'interno di un luogo di lavoro. Poco importava, quindi, la qualificazione soggettiva attribuita al concorrente. Ciò che importa è che i locali a lui riservati non sono – per quest'ultimo – un “ ambiente di lavoro ”.

Presidente Di Salvo – Relatore Mari Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Roma ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di C.S., P.M., M.M. e G.G. in relazione al delitto ascritto ai sensi dell' articolo 590 cod.penumero capo A , previa esclusione dell'aggravante prevista dal comma terzo, in quanto estinto per intervenuta remissione di querela ha altresì assolto i predetti imputati dai reati ascritti ai sensi dell'articolo 28, comma 2, lett. a e b , in relazione all' articolo 55, comma 3 e 4 del d.lgs. 9 aprile 2008, numero 81 capo B , all'articolo 18, comma 1, lett. c , in relazione all'articolo 55, comma 5, lett. c e agli articolo 36, comma 2, lett. a e c e all'articolo 37, comma 1, lett. b , in relazione all'articolo 55, comma 5, lett. c , d.lgs. numero 81/200 capo C , all'articolo 22, comma 1 e 23, comma 1, in relazione all' articolo 57, comma 1 e 2, d.lgs. numero 81/2008 capo D , all'articolo 18, comma 1, lett.c , in relazione all'articolo 55, comma 5, lett. c , d.lgs. numero 81/2008 capo E , per insussistenza dei fatti ascritti. Specificamente, in relazione al capo A dell'imputazione, era stato contestato ai prevenuti, in riferimento al disposto dell' articolo 113 cod.penumero , di avere - nelle rispettive qualità indicate nell'atto di esercizio dell'azione penale - per colpa consistente in imprudenza, negligenza e imperizia nonché per violazione delle norma in materia di sicurezza e prevenzione degli infortuni sul lavoro, cagionato a G.M. lesioni personali gravissime occorsegli mentre lo stesso, quale lavoratore occasionale dello spettacolo presso la OMISSIS s.p.a., società produttrice della trasmissione televisiva OMISSIS , era intento ad espletare una specifica prova consistente nel salto da un rullo all'altro durante la quale, a causa della superficie scivolosa della struttura, era caduto in un'intercapedine ricompresa tra due rulli precipitando verso il basso nella vasca sottostante, profonda solo m 1,09 e non sufficiente a garantire una caduta in sicurezza nonché recante fondo rigido, impattando con il cranio contro il fondo della vasca e riportando una malattia insanabile del tipo tetraplegia post-trauma con paralisi totali degli arti superiori e inferiori. 2. Il Tribunale ha premesso che, nell'atto di esercizio dell'azione penale, la persona offesa era stata qualificata quale lavoratore occasionale dello spettacolo ai sensi dell' articolo 1, comma 188, della l. numero 296/2006 , ragione per la quale era stata contestata l'aggravante speciale prevista dall' articolo 590, comma 3, cod.penumero ha peraltro rilevato che il riferimento normativo doveva ritenersi inconferente perché specificamente relativo a esibizioni musicali dal vivo in spettacoli o in manifestazioni di intrattenimento o in celebrazioni popolari o folkloristiche effettuate da giovani fino ai diciotto anni di età, da studenti fino a venticinque o da soggetti titolari di pensione. Al di là del richiamo normativo, ha comunque ritenuto non condivisibile l'equiparazione del concorrente a una trasmissione televisiva alla figura del lavoratore. In particolare, ha evocato la definizione contenuta nell' articolo 2 del d.lgs. numero 81/2008 e ha rilevato che la persona offesa - quale concorrente di una trasmissione televisiva - non era inserito nell'organizzazione imprenditoriale, non aveva alcun vincolo di subordinazione e non aveva alcun obbligo di prestare la propria opera. Ha altresì ritenuto che l'incidente in questione non si fosse verificato all'interno di un ambiente lavorativo, essendo l'infortunio avvenuto mentre il concorrente si cimentava in una prova che consisteva nell'attraversare una vasca colma d'acqua saltando su alcuni rulli e - dunque - in una struttura realizzata a scopo ludico e deputata alle sole prove dei concorrenti nella trasmissione, non potendo quindi considerarsi come luogo di espletamento di una prestazione di lavoro esponendo che le regole cautelari violate non dovevano intendersi predisposte a tutela dei lavoratori coinvolti nella produzione ma solo dei concorrenti medesimi. Per l'effetto, ha quindi ritenuto insussistenti le violazioni contestate in relazione al d.lgs. numero 81/2008 e - non ricorrendo l'aggravante prevista dall' articolo 590, comma 3, cod.penumero - ha ritenuto estinto il reato contestato al capo A per effetto di intervenuta remissione di querela. 3. Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, articolando un unitario motivo di impugnazione, nel quale ha dedotto l'inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, in relazione all' articolo 590, comma 3, cod.penumero e agli articolo 18, 22, 23, 28, 36, 37 e 69 del d.lgs. numero 81/2008 . Premesso un riferimento allo svolgimento dei fatti oggetto del procedimento, il p.m. ha dedotto che alla persona offesa dovesse essere attribuita la qualificazione di lavoratore dello spettacolo e che - in ogni caso - le disposizioni in tema di prevenzione degli infortuni dovevano intendersi dettate a tutela anche di tutti i terzi che comunque si trovino all'interno dell'ambiente lavorativo. Ha altresì ritenuto errata l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata in base alla quale la struttura - in quanto destinata a scopi ludici - non avrebbe potuto considerarsi luogo di lavoro, atteso che la struttura in questione costituiva pur sempre un luogo al cui interno venivano espletate prestazioni lavorative ha quindi osservato che l'infortunio occorso al concorrente si era verificato proprio in conseguenza dell'inosservanza degli obblighi di sicurezza imposti dalla legge a tutela della prevenzione di possibili infortuni connessi al rischio di caduta ha quindi ritenuto che la causa di estinzione del reato fosse stata erroneamente valutata dal Tribunale in violazione delle disposizioni contenute nel d.lgs. numero 81/2008 . 4. Il Procuratore generale ha concluso per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata. I difensori degli imputati hanno concluso come da verbale in atti. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Aspetto centrale del motivo di ricorso articolato dal p.m. è rappresentato dall'effettiva riconducibilità del fatto oggetto del procedimento all'interno della fattispecie astratta di cui al comma terzo dell' articolo 590 cod.penumero , il quale prevede un trattamento sanzionatorio aggravato - nonché la procedibilità d'ufficio - rispetto all'ipotesi prevista dal comma secondo, in caso di lesioni gravi o gravissime, qualora i fatti siano stati «commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro» aspetto al quale, per l'effetto, si connette quello relativo alla qualificazione come luogo di lavoro dell'ambiente al cui interno è avvenuto l'infortunio descritto nel capo di imputazione. 3. La relativa censura è da ritenersi infondata. 3.1 Sul punto, al fine di delineare la nozione di luogo di lavoro , occorre fare riferimento a un criterio di tipo funzionale e relazionale, in base al quale va qualificato come lavorativo un ambiente al cui interno si svolgano prestazioni lavorative e si concretizzi quindi un rischio connesso all'esercizio dell'attività di impresa criterio dal quale deriva che il datore di lavoro, all'interno del predetto ambiente, caratterizzato dalla concretizzazione del rischio, ha l'obbligo di garantire la sicurezza del luogo nei confronti di tutti i soggetti che ivi si trovino a essere presenti, indipendentemente dalla loro qualificazione sotto la specie della nozione di lavoratore dettata dall'articolo 2, comma 1, lett. a , d.lgs. numero 81/2008. 3.2 Coerentemente con tale assunto di partenza, quindi, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello in base al quale nella nozione di luogo di lavoro , rilevante ai fini della sussistenza dell'obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra ogni luogo in cui viene svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità - sportive, ludiche, artistiche, di addestramento o altro - della struttura in cui essa si svolge e dell'accesso ad essa da parte di terzi estranei all'attività lavorativa Sez. 4, numero 2343 del 27/11/2013, dep. 2014, S., Rv. 258435 Sez. 4, numero 12223 del 03/02/2015, dep. 2016, Delmastro, Rv. 266385 Sez. F, Sentenza numero 45316 del 27/08/2019, Giorni, Rv. 277292 Sez. 4, numero 44654 del 22/09/2022, Mannocchi, Rv. 283751 . Si tratta di una consolidata lettura giurisprudenziale da ritenere - a propria volta - del tutto coerente con quella in base alla quale ai fini dell'integrazione della circostanza aggravante del fatto commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro è necessario che venga violata una regola cautelare volta a eliminare o ridurre lo specifico rischio, derivante dallo svolgimento di attività lavorativa, di morte o lesioni in danno dei lavoratori o di terzi esposti alla medesima situazione di rischio e pertanto assimilabili ai lavoratori, e che l'evento sia concretizzazione di tale rischio lavorativo , non essendo all'uopo sufficiente che lo stesso si verifichi in mera occasione dello svolgimento di un'attività lavorativa Sez. 4, numero 32899 del 08/01/2021, Castaldo, Rv. 281997 Sez. 4, numero 31478 del 26/05/2022, Gatti, Rv. 283457 . 3.3 Per l'effetto, costituisce specificazione del principio predetto quello - pure consolidato nella giurisprudenza di questa Corte - in base al quale le disposizioni prevenzionali sono da considerare emanate nell'interesse di tutti, finanche degli estranei al rapporto di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo ambiente lavorativo, a prescindere, quindi, da un rapporto di dipendenza diretta con il titolare dell'impresa conseguendone che, in caso di lesioni e di omicidio colposi, perché possa ravvisarsi l'ipotesi del fatto commesso con violazione delle norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, è necessario e sufficiente che sussista tra siffatta violazione e l'evento dannoso un legame causale, il quale ricorre tutte le volte che il fatto sia ricollegabile alla inosservanza delle norme stesse secondo i principi dettati dagli articoli 40 e 41 cod.penumero Derivandone che, in tale evenienza, quindi, dovrà ravvisarsi l'aggravante di cui agli articoli 589, comma 2, e 590, comma 3, cod.penumero , nonché il requisito della perseguibilità d'ufficio delle lesioni gravi e gravissime, ex articolo 590 ultimo comma, cod.penumero , anche nel caso di soggetto passivo estraneo all'attività ed all'ambiente di lavoro, purché la presenza di tale soggetto nel luogo e nel momento dell'infortunio non abbia tali caratteri di anormalità, atipicità ed eccezionalità da far ritenere interrotto il nesso eziologico tra l'evento e la condotta inosservante e purché, ovviamente, la norma violata miri a prevenire incidenti come quello in effetti verificatosi Sez. 4, Sentenza numero 2343 del 27/11/2013, dep. 2014, S., Rv. 258436 Sez. 4, numero 44142 del 19/07/2019, De Remigis, Rv. 277691 Sez. 4, numero 32178 del 16/09/2020, Dentamaro, Rv. 280070 . 4. Nel caso di specie, deve quindi ritenersi che il Tribunale abbia fatto una corretta applicazione dei principi predetti. Difatti, il giudice di primo grado ha escluso che l'ambiente in cui si è verificato l'infortunio fosse qualificabile come luogo di lavoro sulla base dell'elemento di fatto rappresentato dalla destinazione ludica della struttura, in quanto finalizzata esclusivamente alle prove da svolgere da parte dei concorrenti in una trasmissione televisiva e riservata esclusivamente all'utilizzo da parte dei medesimi e non da parte dei lavoratori presenti all'interno della struttura. Ne consegue che il giudice di merito ha correttamente concluso che il rischio connesso all'utilizzo della predetta struttura non fosse espressione di un rischio di tipo lavorativo in quanto non correlato all'attività di impresa e non essendo, di fatto, la stessa collocata in uno spazio definibile come destinato ad attività lavorativa essendo, a propria volta, la predetta struttura finalizzata non all'espletamento dell'attività lavorativa medesima ma a un'attività ludica dalla stessa avulsa e concretizzante un rischio - ovvero quello della caduta - da ritenersi connaturato e consequenziale rispetto al suo utilizzo. Deve quindi ritenersi che correttamente il Tribunale abbia valutato come idonea a determinare l'estinzione del reato contestato al capo A, previa esclusione della contestata aggravante ad effetto speciale, l'intervenuta remissione di querela così come deve conseguentemente ritenersi immune dal denunciato vizio di violazione di legge la dichiarazione di insussistenza delle fattispecie contravvenzionali contestate nei rimanenti capi dedotta sulla base della non operatività delle regole prevenzionali imposte dal d.lgs. numero 81/2008 . 5. Sulla base delle predette considerazioni, il ricorso deve essere rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Oscuramento dati della persona offesa.