Calcolo degli interessi nel contratto di mutuo ipotecario: è valido il riferimento all’Euribor?

Il c.d. Euribor è il tasso di riferimento per i mercati finanziari, calcolato giornalmente, che indica il tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in Euro tra le principali banche europee.

Nell'ambito di un procedimento di intimazione di pagamento sulla base di un contratto di mutuo ipotecario, è sorta la questione relativa alla validità ed efficacia delle clausole contrattuali che, al fine di determinare il tasso di interesse, moratorio o convenzionale, relativo ad obbligazioni assunte dalle parti, facciano espresso riferimento al parametro costituito dall'Euribor EURo Inter-Bank Offered Rate il tasso interbancario di offerta in Euro si tratta di un tasso di riferimento per i mercati finanziari, calcolato giornalmente, che indica il tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in Euro tra le principali banche europee . La Cassazione, con la sentenza in oggetto ha sancito i seguenti principi di diritto «i contratti di mutuo contenenti clausole che, al fine di determinare la misura di un tasso d'interesse, fanno riferimento all'Euribor, stipulati da parti estranee ad eventuali intese o pratiche illecite restrittive della concorrenza dirette alla manipolazione dei tassi sulla scorta dei quali viene determinato il predetto indice, non possono, in mancanza della prova della conoscenza di tali intese e/o pratiche da parte di almeno uno dei contraenti anche a prescindere dalla consapevolezza della loro illiceità e dell'intento di conformare oggettivamente il regolamento contrattuale al risultato delle medesime intese o pratiche, considerarsi contratti stipulati in “applicazione” delle suddette pratiche o intese pertanto, va esclusa la sussistenza della nullità delle specifiche clausole di tali contratti contenenti il riferimento all'Euribor, ai sensi dell'articolo 2 della legge numero 287 del 1990 e/o dell'articolo 101 TFUE». «le clausole dei contratti di mutuo che, al fine di determinare la misura di un tasso d'interesse, fanno riferimento all'Euribor, possono ritenersi viziate da parziale nullità originaria o sopravvenuta , per l'impossibilità anche solo temporanea di determinazione del loro oggetto, laddove sia provato che la determinazione dell'Euribor sia stata oggetto, per un certo periodo, di in-tese o pratiche illecite restrittive della concorrenza poste in essere da terzi e volte a manipolare detto indice a tal fine è necessario che sia fornita la prova che quel parametro, almeno per un determinato periodo, sia stato oggettivamente, effettivamente e significativamente alterato in concreto, rispetto al meccanismo ordinario di determinazione presupposto dal contratto, in virtù delle condotte illecite dei terzi, al punto da non potere svolgere la funzione obbiettiva ad esso assegnata, nel regolamento contrattuale dei rispettivi interessi delle parti, di efficace determinazione dell'oggetto della clausola sul tasso di interesse» «in tale ultimo caso ferme, ricorrendone tutti i presupposti, le eventuali azioni risarcitorie nei confronti dei responsabili del danno, da parte del contraente in concreto danneggiato , le conseguenze della parziale nullità della clausola che richiama l'Euribor per impossibilità di determinazione del suo oggetto limitatamente al periodo in cui sia accertata l'alterazione con-creta di quel parametro e, prima fra quelle, la possibilità di una sua sostituzione in via normativa, laddove non sia possibile ricostruirne il valore “genuino”, cioè depurato dell'abusiva alterazione, andranno valutate secondo i principi generali dell'ordinamento».

Presidente De Stefano – Relatore Tatangelo Fatti di causa 1.- Con ricorso notificato il 2 aprile 2019 e affidato a quattro motivi, il signor To.Anumero impugna per cassazione la sentenza della Corte d'appello di Bari, recante il numero 1755 del 2018 e depositata il 4 ottobre 2018. 1.1.- La Corte territoriale ha respinto il gravame del signor To.Anumero e ha confermato la pronuncia del Tribunale di Foggia, che aveva rigettato la domanda di accredito di 114 giornate di lavoro agricolo per l'anno 2003. 1.2.- A fondamento della decisione, i giudici d'appello hanno argomentato che, nell'ipotesi di cancellazione dagli elenchi dei lavoratori agricoli, grava sul lavoratore l'onere di provare lo svolgimento di un'attività di lavoro subordinato a titolo oneroso per un numero minimo di giornate. A tale scopo, non sono sufficienti le registrazioni e le denunce aziendali, documenti di formazione unilaterale. Nel caso di specie, non è stata neppure specificamente censurata la statuizione d'inammissibilità delle istanze di prova per testi, incentrata sull'inconferenza, sulla genericità e sulla natura valutativa delle richieste istruttorie articolate. Quanto alle garanzie prescritte in tema di procedimento amministrativo dalla legge 7 agosto 1990, numero 241, la specialità della materia , contraddistinta da provvedimenti taciti e automatici e da esigenze di celere definizione, non è compatibile con il dovere d'indicare in ogni atto il termine e l'autorità cui è possibile proporre ricorso. 2.- L'INPS resiste con controricorso, notificato il 7 maggio 2019. 3.- Il ricorso e stato fissato in camera di consiglio, in applicazione degli articolo 375, secondo comma, numero 4-quater , e 380-bis.1., primo comma, cod. proc. civ. 4.- Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte. 5.- All'esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell'ordinanza nei sessanta giorni successivi articolo 380-bis.1., secondo comma, cod. proc. civ. .   Ragioni della decisione 1.- Il signor To.Anumero sottopone al vaglio di questa Corte le seguenti censure. 1.1.- Con il primo motivo articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ. , il ricorrente denuncia la violazione dell'articolo 97, secondo comma, Cost. e dell'articolo 3 della legge numero 241 del 1990. Avrebbe errato la Corte d'appello di Bari nel reputare inapplicabile alla disciplina della disoccupazione agricola l'obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi, che avrebbe portata generale, in quanto espressione del più generale principio di buon andamento ed imparzialità dell'agire amministrativo contenuto nell'articolo 97 comma 2 della Carta Costituzionale pagina 9 del ricorso per cassazione . 1.2.- Con la seconda censura articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ. , il ricorrente deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, concernente l'insufficienza delle motivazioni addotte a supporto della cancellazione dagli elenchi anagrafici. 1.3.- Con il terzo mezzo articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ. , il ricorrente prospetta la violazione dell'articolo 21-nonies della legge numero 241 del 1990, in combinato disposto con l'articolo 1, comma 136, della legge 30 dicembre 2004, numero 311, e imputa alla Corte territoriale di non aver considerato che il potere di autotutela è stato esercitato senza il rispetto del termine ragionevole di tre anni dall'acquisizione di efficacia dei provvedimenti revocati pagina 11 del ricorso per cassazione . 1.4.- Con la quarta critica articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ. , il ricorrente lamenta, infine, la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 2697 cod. civ. La sentenza impugnata avrebbe violato le norme sulla distribuzione degli oneri probatori, che imporrebbero all'Istituto di provare le ragioni del disconoscimento effettuato, e avrebbe attribuito rilievo decisivo alle generiche contestazioni racchiuse nel provvedimento di cancellazione. 2.- Possono essere esaminati congiuntamente il primo, il secondo e il terzo mezzo, che muovono dalla comune premessa ermeneutica dell'applicabilità delle prescrizioni della legge numero 241 del 1990 e, in particolare, dall'assunto della cogenza dell'obbligo della motivazione e dell'operatività dei limiti all'esercizio dell'autotutela anche nella materia della disoccupazione agricola. Le censure non colgono nel segno. 2.1.- Questa Corte ha chiarito di recente che vertendosi in materia di obbligazioni di natura pubblica, che nascono ex lege al verificarsi dei requisiti di volta in volta previsti dall'ordinamento, la funzione del procedimento amministrativo che è preordinato alla loro adozione è di natura meramente ricognitiva e ciò comporta non soltanto che all'inadempimento dell'ente che sia pregiudizievole per il diritto del privato può direttamente porre rimedio il giudice ordinario, dinanzi al quale si fa valere direttamente il rapporto obbligatorio, ma soprattutto che, trattandosi di atti rigidamente vincolati alla regola del rapporto obbligatorio, lo stesso ente previdenziale può sempre prendere, senza formalità alcuna e dunque anche in giudizio , una diversa posizione in ordine al contenuto dell'obbligazione, non essendo in alcun modo vincolato da altri atti emessi in precedenza, ma soltanto alla legge del rapporto così, espressamente, già Cass. numero 2804 del 2003 . Sta qui la ragione ultima per cui gli atti di gestione delle obbligazioni pubbliche in materia previdenziale e assistenziale debbono logicamente ritenersi sottratti all'obbligo di motivazione sancito dall'articolo 3 della legge numero 241 del 1990 si tratta infatti di atti in cui la motivazione è affatto irrilevante, decisivo essendo soltanto che il comportamento dell'ente si sia uniformato o meno al vincolo obbligatorio che, in presenza dei presupposti di fatto, sorge direttamente dalla legge. Ed è per ciò che questa Corte ha da tempo affermato che, stante l'indifferenza del procedimento amministrativo rispetto alla consistenza della sua situazione soggettiva, l'assicurato non può, in difetto dei fatti costitutivi della relativa obbligazione, fondare la pretesa giudiziale di pagamento della prestazione previdenziale su una carente o insufficiente motivazione del provvedimento di diniego della prestazione, potendo semmai in tali casi, ricorrendone in concreto i presupposti, far valere il proprio diritto al risarcimento dei danni eventualmente cagionatigli dal comportamento dell'ente medesimo così, espressamente, Cass. numero 2804 del 2003, cit., cui hanno dato seguito, tra le numerose, Cass. nnumero 9986 del 2009, 20604 del 2014, 31954 del 2019 e 3556 del 2023, cit. Cass., sez. lav., 11 dicembre 2023, numero 34482 . 2.2.- Per tali dirimenti ragioni, è conforme a diritto la pronuncia impugnata, nella parte in cui nega l'applicabilità della legge numero 241 del 1990. Né la parte ricorrente delinea argomenti idonei a infirmare le menzionate enunciazioni di principio. 3.- Infondata, infine, è anche la quarta doglianza. 3.1.- Questa Corte è costante nell'affermare che l'iscrizione di un lavoratore nell'elenco dei lavoratori agricoli adempie a una funzione di agevolazione probatoria, che viene meno qualora l'INPS, a seguito di un controllo, disconosca l'esistenza di un rapporto di lavoro, esercitando una propria facoltà, fondata sull'articolo 9 del decreto legislativo 11 agosto 1993, numero 375. Ne discende che, in tal caso, il lavoratore ha l'onere di provare l'esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto dedotto a fondamento del diritto d'iscrizione e di ogni altro correlato diritto di carattere previdenziale fatto valere in giudizio Cass., sez. lav., 16 maggio 2018, numero 12001 . Nel confermare tale orientamento, richiamato anche nel controricorso pagina 5 , questa Corte ha da ultimo puntualizzato che l'agevolazione probatoria garantita dall'iscrizione negli elenchi, che vale sul presupposto che non vi siano disconoscimenti, non può giustificare un'inversione dell'onere della prova a carico dell'ente previdenziale che istituzionalmente è preposto al controllo della veridicità ed esattezza dei dati dichiaratigli dal datore di lavoro in quest'ottica, anzi, la cancellazione dell'iscrizione deve considerarsi atto meramente consequenziale al disconoscimento, quest'ultimo essendo propriamente l'atto che comporta a carico dell'assicurato l'onere di provare l'esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto dedotto a fondamento del diritto e per il giudice l'obbligo di accertare l'esistenza e l'inesistenza di tale rapporto senza più essere condizionato dagli atti di iscrizione o di cancellazione Cass., sez. lav., 3 febbraio 2023, numero 3556 . 3.2.- La sentenza impugnata è conforme ai principi enunciati da questa Corte in tema di ripartizione degli oneri probatori. Principi che gli argomenti esposti nel ricorso non valgono a scalfire. 4.- In definitiva, il ricorso dev'essere nel suo complesso respinto. 5.- Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo. Come questa Corte ha affermato in una controversia sovrapponibile a quella odierna, in quanto concernente la mera reiscrizione nell'elenco dei lavoratori agricoli, il regime di esenzione dal pagamento delle spese processuali previsto dall'articolo 152 disp. att. cod. proc. civ. costituisce espressione di uno ius singulare, come tale non applicabile a casi non espressamente indicati, e opera in relazione ai soli giudizi promossi per il conseguimento di prestazioni previdenziali o assistenziali in cui il diritto alla prestazione sia l'oggetto diretto della domanda introdotta in giudizio e non solo la conseguenza indiretta ed eventuale di un diverso accertamento Cass., sez. lav., 4 agosto 2020, numero 16676 nello stesso senso, di recente, Cass., sez. lav., 25 marzo 2024, numero 7987, numero 7986 e numero 7967 . 6.- L'integrale rigetto del ricorso, proposto dopo il 30 gennaio 2013, impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell'obbligo del ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto Cass., S.U., 20 febbraio 2020, numero 4315 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge. Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1-bis dell'articolo 13 del D.P.R. numero 115 del 2002, ove dovuto.