AIGA e il Consiglio dell’Ordine di Roma a difesa dell’equo compenso contro le richieste dell'ANAC

Secondo l'Autorità Anticorruzione sarebbe urgente un intervento interpretativo o normativo delle Istituzioni in materia di contratti pubblici e sulla legge numero 49/2023, relativa sull'equo compenso dei professionisti.

È questa la richiesta inviata dall'ANAC alla Cabina di Regia e ai Ministri dell' Economia e delle Infrastrutture che ha sollevato le critiche dell'avvocatura. Sulla vicenda è intervenuta dapprima l' AIGA , l' Associazione dei Giovani Avvocati Italiani , che con una nota diffusa ieri secondo cui «l'intervento proposto dall'ANAC si traduce, in verità, in una vera e propria ‘neutralizzazione' della legge numero 49/2023 contenente le tutele, faticosamente ottenute, per i compensi professionali». Nello specifico, secondo AIGA, «non coglie nel segno e non può trovare condivisione, l'interpretazione offerta degli articolo 3, comma 3, e 13 della legge numero 49/2023 e della richiamata giurisprudenza sovranazionale. Sul punto giova ricordare come, invero, la disciplina della L. numero 49/23 trovi applicazione non solo nei rapporti professionali con i “ contraenti forti” ma anche nei rapporti con la P.A., al fine di porre rimedio all' inveterata prassi di bandi con compensi professionali irrisori. In secondo luogo, la ‘lettura' delle richiamate disposizioni è frutto di un'interpretazione offerta dall'Autorità la quale, lo si consenta, va oltre il dato positivo racchiuso nella disciplina sull'equo compenso. Suscita stupore, poi, quanto affermato dall'ANAC allorquando precisa che “anche il codice dei contratti pubblici già persegue la finalità sottesa alla legge numero 49/2023 , pur dovendo naturalmente orientarsi nel rispetto del diritto europeo e dei principi generali in esso declinati”. Ebbene, non si comprende perché, negli appalti pubblici, ai lavoratori dipendenti debba essere garantita la tutela equivalente a quella prevista dai CCNL di settore, addirittura sotto forma di principio contenuto nell' articolo 11 d. lgs. numero 36/2023 – che noi riteniamo, profondamente, giusta – ed analoga tutela non debba essere garantita ai professionisti. Probabilmente, la presa di posizione dell'ANAC non tiene in considerazione il lungo percorso politico, sociale ed economico che solo nel 2023 ha visto l'introduzione di effettive tutele anche per i professionisti. Difatti non si può negare come, storicamente, la vasta produzione normativa di tutela del lavoro subordinato sia andata di pari passo con una disattenzione per il comparto del lavoro professionale, lasciando i professionisti italiani in una condizione di ontologica minorità». Non si è fatta attendere nemmeno la reazione del COA di Roma che con una nota di oggi ha aggiunto «si tratta evidentemente di un intervento a favore dei c.d. committenti forti e contro la legge sull'equo compenso, che ha lo scopo di garantire ai professionisti un corrispettivo equo ed adeguato per la prestazione eseguita nell'ambito di rapporti in cui si trovino nella posizione di contraenti deboli. Noi non possiamo che esprimere la più netta contrarietà ad ogni tentativo di vanificare lo spirito della legge e continueremo a difendere la dignità degli Avvocati in tutte le sedi» commenta il Presidente dell'Ordine forense di Roma, Paolo Nesta. «Nocciolo della questione è che il compenso deve essere proporzionato tanto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, quanto all'importanza dell'opera e al decoro della professione. Per questo - prosegue Nesta - i rilievi dell'ANAC non sono fondati, poiché non sussiste alcuna antinomia tra la l. 49 e la disciplina dei contratti pubblici. Non lo dicono gli Avvocati, ma anche i giudici, da ultimo il TAR Veneto con una recentissima sentenza del 2024. Nè esiste alcuna violazione del principio di concorrenza o la violazione dell' articolo 3 della Costituzione ». In conclusione, il Consiglio di Roma interviene con una «posizione forte, chiedendo di unirsi nella protesta a tutti i Consigli dell'Ordine d'Italia, al CNF e all'OCF».