Come contestare la liquidazione del compenso per onorari forensi in Cassazione

È inammissibile il motivo di ricorso con cui il ricorrente lamenti che il giudice abbia liquidato in maniera onnicomprensiva il compenso per onorari senza dolersi della violazione della tariffa e della mancata distinzione fra compensi e rimborso di esborsi.

Il Tribunale accoglieva la domanda di rivendica di un terreno posseduto dai convenuti che hanno proposto impugnazione dinanzi alla Corte d'appello, senza però avere successo, in quanto il giudice di prime cure aveva correttamente valutato le prove sia avuto riguardo ai titoli, che al consolidarsi, comunque, del diritto di proprietà in capo agli appellati per la maturata usucapione attraverso la successione nel possesso. La vicenda è quindi giunta all'attenzione della Cassazione. In riferimento alla doglianza secondo cui la sentenza aveva accolto “domanda petitoria”, qualificando l'azione esperita come diretta a tutela dello spoglio perpetrato, la Corte ricorda che «le azioni proposte, rispettivamente, in sede possessoria e petitoria, pur nell'eventuale identità soggettiva sono caratterizzate dall'assoluta diversità degli altri elementi costitutivi causa petendi e petitum ne consegue che nel giudizio petitorio non possono essere invocati i provvedimenti emessi in sede possessoria, nè le argomentazioni e le circostanze risultanti dalla sentenza che ha definito quel giudizio, giacché queste ultime hanno rilievo solo in quanto si trovino in connessione logica e causale con la decisione in sede possessoria, e perciò, lasciando impregiudicata ogni questione, sulla legittimità della situazione oggetto della tutela possessoria, non possono influire sull'esito del giudizio petitorio». Quanto all'apprezzamento probatorio, l'asserita violazione degli articolo 115 e 116 c.p.c., non può essere contestata in sede di legittimità. Infine, è inammissibile il motivo di ricorso con cui i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell'articolo 91 c.p.c. per aver la sentenza effettuato la liquidazione delle spese in modo indeterminato ed omnicomprensivo. Occorre ricordare che la parte che intenda impugnare per cassazione la liquidazione delle spese, dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, per violazione dei minimi tariffari, ha l'onere di specificare analiticamente le voci e gli importi considerati in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore, cosa che nel caso di specie non risulta. I ricorrenti non contestano infatti l'entità della liquidazione, bensì la sua onnicomprensività. Sul punto, la Corte chiosa affermando il principio di diritto secondo cui «non è ammissibile il motivo con il quale il ricorrente lamenti che il giudice abbia liquidato in maniera onnicomprensiva il compenso per onorari – ove, ratione temporis, non trovi più vigenza la categoria dei “diritti” –, senza dolersi della violazione della tariffa, nel massimo o nel minimo, spiegandone le ragioni, e senza, infine, dolersi della mancata distinzione fra compensi e rimborso di esborsi». In conclusione, il ricorso viene rigettato.

Presidente Orilia – Relatore Grasso Fatti di causa 1. G. e L. G. agirono in rivendicazione nei confronti di M.A. e T.T., in relazione a uno stacco di terreno, che i convenuti possedevano. I convenuti si costituirono chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale accolse la domanda. 2. La Corte d'appello di Venezia rigettò l'impugnazione dei soccombenti convenuti. 2.1. Questo, in sintesi, per quel che ancora qui rileva, il ragionamento del Giudice di secondo grado. - il Tribunale era giunto a corretta valutazione delle emergenze probatorie, sia avuto riguardo ai titoli, che al consolidarsi, comunque, del diritto di proprietà in capo agli appellati per la maturata usucapione attraverso la successione nel possesso - la statuizione possessoria intervenuta fra le parti, che aveva assegnato tutela al M.A., non interferiva con la causa petitoria. 3. M.A. e T.T. proponevano ricorso avverso la sentenza d'appello sulla base di tre motivi. Gli intimati resistevano con controricorso. 4. Il Consigliere relatore, formulava proposta ai sensi dell'allora vigente articolo 380bis cod. proc., d'improcedibilità per “per omesso deposito copia autentica della notifica della sentenza impugnata”, rimettendo la causa alla trattazione in camera di consiglio non partecipata della Sezione Sesta. 5. I ricorrenti depositavano memoria. 6. La Sez. Sesta, con ordinanza depositata il 6/3/2019, rimetteva il processo alla pubblica udienza. 7. Fissata per la trattazione l'odierna pubblica udienza, il P.G., conclusioni scritte. Ragioni della decisione 1. Per non mancare di evidenziare la piena consapevolezza del Collegio sul punto è utile premettere all'esame del merito che, come affermato da questa Corte, “nel giudizio di cassazione la proposta di trattazione camerale ai sensi dell'articolo 380-bis c.p.c. non riveste carattere decisorio e non deve essere motivata, essendo destinata a fungere da prima interlocuzione fra il relatore e il presidente del collegio, senza che risulti in alcun modo menomata la possibilità per quest'ultimo, all'esito del contraddittorio scritto con le parti e della discussione in camera di consiglio, di confermarla o di non condividerla, con conseguente rinvio alla pubblica udienza della sezione semplice, in base all'articolo 391 bis, comma 4, c.p.c. né il contenuto e la funzione di tale disposizione sono mutati all'esito del Protocollo di intesa tra la Corte di cassazione, il Consiglio Nazionale Forense e l'Avvocatura generale dello Stato sull'applicazione del nuovo rito ai giudizi civili di cassazione, intervenuto in data 15 dicembre 2016, che ha previsto l' informazione circa le ragioni dell'avvio del ricorso alla trattazione in adunanza camerale . Ne consegue che in un giudizio di revocazione la suddetta proposta non può valere come indebita anticipazione del giudizio ad opera del consigliere relatore, né tantomeno comportare un obbligo di astensione di cui all'articolo 51, numero 4, c.p.c.” cfr. Sez. 6 - 2, Ordinanza numero 2720 del 05/02/2020 Rv. 657246 Sez. 6 - 3, Ordinanza numero 27305 del 07/10/2021 Rv. 662443 . Ed ancora “in tema di ricusazione nell'ambito del procedimento di cassazione ex articolo 380-bis c.p.c., non ricorre l'obbligo di astensione di cui all'articolo 51, numero 4, c.p.c., in capo al giudice relatore autore della proposta di cui al primo comma della citata disposizione, in quanto detta proposta non riveste carattere decisorio, essendo destinata a fungere da prima interlocuzione fra il relatore e il presidente del collegio, senza che risulti in alcun modo menomata la possibilità per il collegio, all'esito del contraddittorio scritto con le parti e della discussione in camera di consiglio, di confermarla o modificarla” cfr. Sez. 6 - 2, Ordinanza numero 7541 del 16/03/2019 Rv. 653507 . 2. Deve preliminarmente affermarsi la procedibilità del ricorso. 2.1. Appare utile una, pur sommaria, ricostruzione dei principi, oramai consolidatisi, elaborati da questa Corte di legittimità in materia d'improcedibilità ai sensi dell'articolo 369 cod. proc. civ. Va subito anticipato che il complesso delle decisioni sul punto è stato diretto al fine di eliminare qualunque ostacolo non indispensabile per ricorrere al giudizio di legittimità, nell'ottica di elidere quelle preclusioni non direttamente correlate alla necessità d'assicurare l'ordinata e celere accesso al giudizio nel merito delle doglianze, fermo il dovere di autoresponsabilità della parte processuale, che, adendo la Corte, è chiamata al tempestivo deposito degli atti di cui all'articolo 369 cit., strumentali alla verifica del diritto processuale all'esame della domanda di giustizia in sede di legittimità. Si è così giunti ad affermare, quanto al rispetto dell'onere del tempestivo deposito della copia autentica della sentenza impugnata, che il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata - redatta in formato elettronico e sottoscritta digitalmente, e necessariamente inserita nel fascicolo informatico -, priva di attestazione di conformità del difensore ex articolo 16 bis, comma 9 bis, del d.l. numero 179 del 2012, convertito dalla l. numero 221 del 2012, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l'improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente o uno dei controricorrenti , nel costituirsi anche tardivamente , depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca la conformità della copia informale all'originale nell'ipotesi in cui, invece, la controparte o una delle controparti sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l'onere di depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica, entro l'udienza di discussione o l'adunanza in camera di consiglio S.U. numero 8312 del 25/03/2019, Rv. 653597 - 02 conf., ex multis, Cass. numero 3727, 12/02/2021 . Non registrandosi contestazione alcuna della controparte, alla luce di quanto esposto, il ricorso è procedibile. 3. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli articolo 2909,1158 e 1167 cod. civ. Secondo l'assunto il Giudice di secondo grado era incorso in errore per non avere riconosciuto la preclusiva valenza di giudicato nascente dalla sentenza numero 382/2006 del Tribunale di Belluno, divenuta irrevocabile perché non impugnata, la quale, secondo gli esponenti  “aveva accolto domanda petitoria “ del M.A. nei confronti di G In virtù della predetta statuizione, della quale i ricorrenti riportano stralci in seno al ricorso, risultava che la parte ricorrente possedeva il piazzale già da diversi anni prima del 1993, anno in cui aveva avviato un'azienda agrituristica e, per converso,  “la totale mancanza di possesso “ in capo alla controparte. In violazione del maturato giudicato esterno, continuano i ricorrenti, e in violazione degli articolo 1158 e 1167 cod. civ., la Corte di Venezia aveva ignorato che nell'invocata sede era stato affermato il possesso continuato e non interrotto per il tempo sufficiente all'acquisto del diritto. Lo spoglio operato da G.G. nell'anno 1999 era stato accertato dall'invocata sentenza, con la quale il Tribunale aveva ordinato la reintegrazione nel possesso in favore di M.A 3.1. La doglianza è infondata. I ricorrenti, va stigmatizzato, dopo avere esordito affermando che la sentenza, della quale invocano la forza del giudicato, aveva accolto  “domanda petitoria “ del M.A., il cui “diritto” era stato riconosciuto da quel Giudice, qualificano l'azione esperita come diretta a tutela dello spoglio perpetrato da G.G. e, ulteriormente, precisano che la predetta sentenza aveva condannato alla reintegra la controparte. Inequivocamente la sentenza qui impugnata riporta il precedente giudiziario intercorso tra le parti spiegando che ebbe a trattarsi di un giudizio possessorio intentato nei confronti di G.G In materia, al fine di disattendere la censura, vanno ripresi i principi di diritto più volte enunciati da questa Corte e ai quali il Collegio intende dare continuità. Le azioni proposte, rispettivamente, in sede possessoria e petitoria, pur nell'eventuale identità soggettiva sono caratterizzate dall'assoluta diversità degli altri elementi costitutivi causa petendi e petitum ne consegue che nel giudizio petitorio non possono essere invocati i provvedimenti emessi in sede possessoria, ne' le argomentazioni e le circostanze risultanti dalla sentenza che ha definito quel giudizio, giacché queste ultime hanno rilievo solo in quanto si trovino in connessione logica e causale con la decisione in sede possessoria, e perciò, lasciando impregiudicata ogni questione, sulla legittimità della situazione oggetto della tutela possessoria, non possono influire sull'esito del giudizio petitorio Sez. 2, numero 7747, 20/07/1999, Rv. 528790 . Si è poi, in esatta linea di continuità, chiarito che nel giudizio possessorio l'accoglimento della domanda prescinde dall'accertamento della legittimità del possesso, perché è finalizzato a dare tutela ad una mera situazione di fatto avente i caratteri esteriori della proprietà o di un altro diritto reale. Ne consegue che il giudicato formatosi sulla domanda possessoria è privo di efficacia nel giudizio petitorio avente ad oggetto l'accertamento dell'avvenuto acquisto del predetto diritto per usucapione, in quanto il possesso utile ad usucapire deve avere requisiti che non vengono in rilievo nei giudizi possessori Sez. 2, numero 21233, 05/10/2009, Rv. 610215 conf., ex multis, Cass. numero 27513/2020, Cass. numero 24260/2023, non mass. . 4. Con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione degli articolo 116 e 132 cod. proc. civ. I ricorrenti sostengono che la Corte veneta aveva omesso di valutare le deposizioni testimoniali e reso motivazione inconsistente in ordine alla scelta di aver giudicato attendibili talune dichiarazioni e inattendibili altre. 4.1. La doglianza non supera lo scrutinio d'ammissibilità. 4.1.1. Quanto all'asserita omessa effettiva motivazione deve osservarsi quanto segue. Come noto la giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture Sez. 6, numero 13977, 23/5/2019, Rv. 654145 ma già S.U. numero 22232/2016 Cass. numero 6758/2022 e, da ultimo, S.U. numero 2767/2023, in motivazione . A tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell'ineludibile attitudine a rendere palese sia pure in via mediata o indiretta la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall'effettivo e specifico sindacato sul fatto. Siccome ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell'articolo 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., disposta dall'articolo 54 del d.l. 22 giugno 2012, numero 83, conv. in legge 7 agosto 2012, numero 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'articolo 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione S.U., numero 8053, 7/4/2014, Rv. 629830 S.U. numero 8054, 7/4/2014, Rv. 629833 Sez. 6-2, numero 21257, 8/10/2014, Rv. 632914 . Qui non ricorre alcuna delle ipotesi sopra richiamate avendo la Corte distrettuale esplicitato le ragioni del proprio convincimento non solo, con specificità, alle pagg. 12 e 13, ma ulteriormente alla pag. 10 e seg., al fine di dimostrare che gli appellati, anche tramite il possesso esercitato dai loro danti causa, avevano in ogni caso e da tempo maturato l'usucapione . 4.1.2. Quanto al profilo di censura riguardante l'apprezzamento probatorio deve chiarirsi quanto appresso. La critica alla ricostruzione probatoria, come noto, anche qualora sostenuta dall'asserita violazione degli articolo 115 e 116, cod. proc. civ., non può essere contestata in questa sede, poiché, come noto, l'apprezzamento delle prove effettuato dal giudice del merito non è, in questa sede, sindacabile, neppure attraverso l'escamotage dell'evocazione dell'articolo 116, cod. proc. civ., in quanto, come noto, una questione di violazione o di falsa applicazione degli articolo 115 e 116 cod. proc. civ. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito cfr., da ultimo, Sez. 6, numero 27000, 27/12/2016, Rv. 642299 . Punto di diritto, questo, che ha trovato recente conferma nei principi enunciati dalle Sezioni unite in epoca recente sent. numero 20867, 30/09/2020, conf. Cass. numero 16016/2021 , essendosi affermato che in tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell'articolo 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato - in assenza di diversa indicazione normativa - secondo il suo prudente apprezzamento , pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria come, ad esempio, valore di prova legale , oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione Rv. 659037 . E inoltre che per dedurre la violazione dell'articolo 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio , mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall'articolo 116 c.p.c. Rv. 659037 . In armonia con gli esposti principi  “l'omesso esame di elementi istruttori non è di per sé sindacabile in sede di legittimità in quanto non integra, per ciò stesso, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie Cass civ., Sez. Unumero , 7 aprile 2014, nnumero 8053 e 8054, RRvv. 629831 e 629834 v. anche Cass. civ., Sez. 6 - 3, Ordinanza numero 21257 dell'8 ottobre 2014, Rv. 632914 Sez. 2 -, Ordinanza numero 27415 del 29/10/2018 “ - Cass. numero 35366/2023 -. 5. con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell'articolo 91 cod. proc. civ., addebitando alla sentenza di avere effettuato la liquidazione delle spese  “in modo indeterminato ed omnicomprensivo “. 5.1. Il motivo è inammissibile. Nel solo caso in cui il ricorrente asserisca che la liquidazione risulti illegittima per violazione del massimo di tariffa e costui dia contezza dei “range” di riferimento per le singole fasi, in relazione al valore della causa, risulta necessario scomporre la liquidazione. Si è spiegato che la parte, la quale intenda impugnare per cassazione la liquidazione delle spese, dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, per pretesa violazione dei minimi tariffari, ha l'onere di specificare analiticamente le voci e gli importi considerati in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore, con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il ricorso che contenga il semplice riferimento a prestazioni che sarebbero state liquidate in eccesso rispetto alla tariffa massima Sez. 1, numero 18584, 30/06/2021, Rv. 661816 - 02 . Ovviamente, lo stesso principio non può che valere nel caso inverso, nel quale il ricorrente lamenti liquidazione superiore ai parametri di legge. Qui non viene mossa censura di tal fatta non si contesta l'entità della liquidazione, bensì la sua onnicomprensività. La specificazione evocata dai ricorrenti, inoltre, trovava fondamento sotto la vigenza della distinzione fra “diritti” e “onorari”. Distinzione che suggellava una diversa imputabilità delle due categorie di compenso a singoli e specifici atti nella loro materialità, la prima, all'opera intellettuale, avuto riguardo allo “step” definito dalla legge, i secondi. Anche sotto la vigenza di quel regime, tuttavia, il ricorrente non poteva limitarsi a dolersi della liquidazione, ove non l'avesse posta a confronto con la nota spese a suo tempo depositata. Tanto da essersi affermato inammissibile, per violazione del principio di autosufficienza, il ricorso per cassazione che, nel censurarne la complessiva quantificazione operata del giudice di merito, non indichi le singole voci della tariffa, per diritti ed onorari, risultanti nella nota spese, in ordine alle quali quel giudice sarebbe incorso in errore Sez. 1, numero 20808, 02/10/2014, Rv. 632497 . In linea con un tale assetto si riscontra la giurisprudenza di questa Corte cfr., ex multis, Cass. numero 18905/2017 . Né qui ricorre il caso di liquidazione per più gradi del giudizio, che impone al giudice di distinguere, quanto imputato a ciascun grado sul punto la giurisprudenza è abbastanza ricorrente, per brevità può farsi riferimento sempre a Cass. numero 18905/2017 cit. . Né, ancora, quello in cui il giudice abbia onnicomprensivamente liquidato, in uno al compenso, gli esborsi, senza specificare quanto sia da rapportare al primo e quanto ai secondi Cass. numero 23919/2020 . 5.1.1. In conclusione, deve declinarsi il seguente principio di diritto  “Non è ammissibile il motivo con il quale il ricorrente lamenti che il giudice abbia liquidato in maniera onnicomprensiva il compenso per onorari - ove, ratione temporis, non trovi più vigenza la categoria dei “diritti” -, senza dolersi della violazione della tariffa, nel massimo o nel minimo, spiegandone le ragioni, e senza, infine, dolersi della mancata distinzione fra compensi e rimborso di esborsi “. In ogni caso, è utile soggiungere che la liquidazione, trattandosi di causa dal valore indeterminabile, risulta confinato nei limiti della tabella di cui al d.m. numero 55/2014, ratione temporis applicabile. 6. Il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle svolte attività, siccome in dispositivo. 7. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater D.P.R. numero 115/02 inserito dall'articolo 1, comma 17 legge numero 228/12 applicabile ratione temporis essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013 , sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater D.P.R. numero 115/02 inserito dall'articolo 1, comma 17 legge numero 228/12 , si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.