Respingimento indiretto: Sezioni Unite chiamate a chiarire i dubbi

Le Sezioni Unite sono state interpellate dalla I Sezione Civile per rispondere ai quesiti formulati in tema di respingimento indiretto e Regolamento UE numero 604/2013 Dublino III , per decidere sul ricorso del Viminale contro un decreto del Tribunale che aveva bloccato il trasferimento, disposto dallo stesso Ministero, di un uomo dell'Iraq verso l'Austria, dove aveva presentato istanza di protezione poi respinta. Il provvedimento costituiva già attuazione del refoulement indiretto che il ricorso dell'uomo intendeva prevenire.

La vicenda in esame Con ricorso exarticolo 27 regolamento UE numero 604/2013, un cittadino dell'Iraq ha impugnato il provvedimento col quale il Ministero dell'Interno, Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione, Unità Dublino, aveva disposto il suo trasferimento in Danimarca ex articolo 1, par. 1, lett. d , regolamento UE numero 604/2013 e ne ha chiesto l'annullamento. Il Ministero si è opposto. Il Tribunale ha accolto il ricorso in riferimento alla doglianza con cui era stato rappresentato dal ricorrente che l'istanza di protezione internazionale in Danimarca era stata rigettata e il trasferimento in quel Paese avrebbe comportato il rischio di rimpatrio in violazione dell'articolo 3 della CEDU e dell'articolo 4 della Carta dei Diritti fondamentali UE. Per il Tribunale «il rispetto delle regole di riparto della competenza dei Paesi europei deve conciliarsi con il divieto di refoulement ex articolo 3 CEDU e articolo 4 e 19 della CDFUE e ciò deve imporre ai paesi contraenti che dispongono il trasferimento di accertare che tale misura non equivalga ad un refoulement indiretto », citando alcuni precedenti giurisprudenziali CEDU e CGUE e richiamato l'articolo 19, comma 1 e 1.1. del d.lgs. numero 286/1998 che vietano il trasferimento dello straniero in uno Stato in cui potrebbe subire persecuzioni, torture o trattamenti inumani o degradanti. Il Tribunale ha osservato che la Danimarca ha intrapreso una politica restrittiva verso i migranti e i richiedenti asilo deducendo che il richiedente, se fosse trasferito in Danimarca, correrebbe il rischio concreto di essere rimpatriato. Il Tribunale ha evidenziato che in Iraq, dove l'uomo povrebbe essere rimpatriato, la vita, l'incolumità e i diritti fondamentali sono continuamente poste a repentaglio, concludendo che l'applicazione dell'articolo 23 del regolamento avrebbe potuto comportare una violazione dei diritti fondamentali della persona in ragione della situazione attuale del Paese di potenziale rimpatrio del migrante, sussistendo il rischio di trattamenti inumani per l'ipotesi di un suo refoulement dalla Danimarca all'Iraq. Tale rischio, a dir del Tribunale, giustifica l'applicazione dell'articolo 3, par. 2, del regolamento Dublino III. L'individuazione della competenza L'articolo 3, par. 2, del Regolamento stabilisce che «Qualora non sia possibile eseguire il trasferimento a norma del presente paragrafo verso un altro Stato membro designato in base ai criteri di cui al capo III o verso il primo Stato membro in cui la domanda è stata presentata, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione diventa lo Stato membro competente». Non essendo possibile eseguire il trasferimento verso un altro Stato membro designato in base ai criteri di cui al capo III, oltre che verso la Danimarca per le ragioni sopra evidenziate, l'Italia diventa lo Stato membro competente. Contesto giurisprudenziale La Corte di Giustizia, con la sentenza 30 novembre 2023 cause riunite C-228/21, C-254/21, C-297/21, C-315/21 e C-328/21 ha affrontato delle questioni insorte con riferimento al regolamento numero 604/2013. I quesiti oggetto di rinvio pregiudiziale hanno riguardato l'interpretazione dell'articolo 3, par. 2, degli articoli 4 e 5, dell'articolo 17, paragrafo 1, dell'articolo 18, paragrafo 1, dell'articolo 20, paragrafo 5, e dell'articolo 27 del regolamento UE numero 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di un'istanza di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide. La CGUE si è soffermata sulla questione afferente alla presa in considerazione, da parte del giudice incaricato dell'esame della legittimità della decisione di trasferimento disposta ai sensi del regolamento numero 604/2013, del rischio di “refoulement indiretto” dell'interessato e ha affermato che l'articolo 3, paragrafo 1, e paragrafo 2, secondo comma, del regolamento numero 604/2013, in combinato disposto con l'articolo 27 di tale regolamento, nonché con gli articoli 4, 19 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, deve essere interpretato nel senso che il giudice dello Stato membro richiedente, adito avverso una decisione di trasferimento, non può esaminare se sussista un rischio, nello Stato membro richiesto, di una violazione del principio di non-refoulement al quale il richiedente protezione internazionale sarebbe esposto a seguito del suo trasferimento verso tale Stato membro, o in conseguenza di questo, quando tale giudice non constati l'esistenza, nello Stato membro richiesto, di carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. Inapplicabilità dei principi secondo la Cassazione Per la Cassazione osta a un'applicazione automatica dei principi formulati dalla Corte di Giustizia la circostanza che la decisione sul trasferimento in applicazione dei criteri di determinazione dello Stato membro competente ex reg. UE numero 604 del 2013, si inserisce, nel procedimento volto all'esame della domanda di protezione internazionale da parte dello Stato membro richiedente Italia . È una decisione che si fonda sull'accettazione della ripresa in carico da parte dello Stato membro che aveva già esaminato e rigettato in via definitiva l'istanza di protezione internazionale Stato competente, ex articolo 23 e ss. del reg. UE numero 604 del 2013 . Pertanto, formulata analoga domanda pure in Italia, all'esito del rilevamento mediante il sistema EURODAC della preventiva richiesta in ulteriore Stato membro, viene disposto il trasferimento, impugnato prima davanti al Tribunale e, poi, davanti alla Corte di legittimità. Inoltre, un principio consolidato della giurisprudenza di legittimità, il sistema eurounitario della protezione internazionale, unitamente alle misure di protezione nazionale dal diritto unionale d'asilo, previste dalla cd. Direttiva Rimpatri attua il diritto d'asilo costituzionale contenuto nell'articolo 10, terzo comma, Cost. Consegue che, avendo le situazioni giuridiche soggettive che sostanziano il diritto alla protezione internazionale e nazionale natura di diritti autodeterminati, il giudice del merito che esamina la domanda è tenuto, nei limiti del principio dispositivo, ovvero sulla base dei fatti allegati e di quelli acquisiti al processo tramite l'esercizio del potere dovere di cooperazione istruttoria cui è tenuto articolo 3, d.lgs. numero 251/2007 , ad accertare, anche d'ufficio, se sussistono le condizioni pure per il rilascio di un permesso speciale fondato sul nostro sistema di protezione nazionale che trae la sua fonte dall'articolo 10, terzo comma, Cost. e dall'obbligo, non cancellato dal legislatore ordinario che è variamente intervenuto a modellarne il contenuto, di rispettare il sistema dei diritti umani proveniente dalle Convenzioni Internazionali che se ne occupano, prima tra tutte la CEDU, secondo la declinazione che ne fornisce la Corte di Strasburgo e la Carta dei diritti fondamentali dell'UE. Le questioni reputate di massima di particolare importanza Il Collegio ha disposto la trasmissione degli atti alla Prima Presidente della Corte di Cassazione per l'eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite civili rispetto alle questioni considerate come di massima si particolare importanza la deroga ai principi generali di determinazione della competenza di uno Stato membro ex Reg. UE numero 604 del 2013, desumibile dal combinato disposto dell'articolo 3 del Reg. UE numero 604 del 2013 e dell'articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE anche alla luce della risposta al quesito numero 2 da parte della Corte di Giustizia nella sentenza del 30 novembre 2023, può condurre a verificare non la necessità di procedere a una comparazione tra i due Stati il richiedente, nella fattispecie l'Italia e il richiesto ovvero quello di ripresa in carico sulla valutazione del rischio di non refoulement indiretto dovuta al pericolo di rimpatrio conseguente al rigetto della domanda di protezione internazionale, ma la legittimità dell'interferenza del nostro sistema di rango costituzionale di protezione nazionale con la decisione di trasferimento, sulla base di un'indagine caso per caso o per determinate categorie di persone, tenuto conto della riconducibilità della vulnerabilità giuridicamente qualificata, cui si esporrebbe il richiedente in caso di rimpatrio coattivo verso il paese terzo, all'interno delle ipotesi tutelate dal nostro sistema di protezione nazionale. il complesso sistema di protezione nazionale interno, fondato, come ampiamente illustrato, sulla necessità di portare a compimento l'attuazione del diritto d'asilo costituzionale, essendo insufficiente al riguardo il sistema di protezione internazionale eurounitario, può essere qualificato come una modalità di esercizio della clausola discrezionale, così da ritenere che la decisione di trasferimento da parte dell'autorità statale che ha la facoltà di applicare la clausola di sovranità, evidenzi un rifiuto tacito di avvalersene e ne consenta la sindacabilità, così come in concreto effettuato dal giudice del merito nella decisione di annullamento.

Presidente Acierno – Relatore Tricomi Rilevato che 1. - Con ricorso ex articolo 27 del regolamento UE numero 604/2013, Sa.Al., cittadino dell'Iraq, ha impugnato per plurime ragioni il provvedimento emesso il 22 ottobre 2019 e notificato il 12 novembre 2019, con il quale il Ministero dell'Interno - Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione - Unità Dublino - aveva disposto il suo trasferimento in Danimarca ai sensi dell'articolo 1, par. 1, lett. d del regolamento UE numero 604/2013 e ne ha chiesto l'annullamento. Il Ministero si è opposto. Con decreto in data 20 gennaio 2021, il Tribunale di Roma ha accolto il ricorso con riferimento alla doglianza con cui era stato rappresentato dal ricorrente che la domanda di protezione internazionale in Danimarca era stata rigettata e il trasferimento in quel Paese avrebbe comportato il rischio concreto di rimpatrio in violazione dell'articolo 3 della CEDU e dell'articolo 4 della Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea CDFUE . Segnatamente il Tribunale ha affermato che il rispetto delle regole di riparto della competenza dei Paesi europei deve conciliarsi con il divieto di refoulement ex articolo 3 CEDU e articolo 4 e 19 della CDFUE e ciò deve imporre ai paesi contraenti che dispongono il trasferimento di accertare che tale misura non equivalga ad un refoulement indiretto , ha valorizzato in tal senso alcuni precedenti giurisprudenziali CEDU e CGUE e richiamato anche quanto previsto dall'articolo 19, commi 1 e 1.1. del D.Lgs. numero 286/1998 che vietano esplicitamente il trasferimento dello straniero in uno Stato in cui potrebbe subire persecuzioni, torture o trattamenti inumani o degradanti. Passando al caso concreto, il Tribunale ha rammentato che dalle fonti internazionali si evince che la Danimarca ha intrapreso una politica molto restrittiva e severa nei confronti dei migranti e dei richiedenti asilo e ne ha dedotto che il richiedente, se fosse trasferito in Danimarca, correrebbe il rischio concreto di essere rimpatriato. Il Tribunale ha, inoltre, evidenziato che nel Paese nel quale il ricorrente dovrebbe essere rimpatriato Iraq , la vita, l'incolumità e i diritti fondamentali della popolazione sono continuamente poste a repentaglio, richiamando quanto riferito da fonti internazionali accreditate ed aggiornate. Ha, quindi, concluso che l'applicazione dell'articolo 23 del regolamento avrebbe potuto comportare una violazione dei diritti fondamentali della persona cfr. articolo 1, 2 e 4 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea in ragione della situazione attuale del Paese di potenziale rimpatrio del migrante ed ha soggiunto In definitiva, a fronte di una generalizzata e crescente situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, il Tribunale ha accertato l'esistenza di un serio rischio per il ricorrente di essere soggetto a trattamenti inumani e degradanti per l'ipotesi, concretamente supportata dalle fonti di un suo refoulement dalla Danimarca all'Iraq. Tale rischio giustifica l'applicazione dell'articolo 3, par.2, del regolamento Dublino III. Quanto alla determinazione della competenza, il citato articolo 3, par. 2 del Regolamento stabilisce che Qualora non sia possibile eseguire il trasferimento a norma del presente paragrafo verso un altro Stato membro designato in base ai criteri di cui al capo III o verso il primo Stato membro in cui la domanda è stata presentata, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione diventa lo Stato membro competente . Non essendo possibile eseguire il trasferimento verso un altro Stato membro designato in base ai criteri di cui al capo III, oltre che verso la Danimarca per le ragioni dette l'Italia diventa lo Stato membro competente. Il ricorso deve, pertanto, essere accolto dichiarando la competenza dello Stato italiano a decidere sulla domanda di protezione internazionale proposta dal ricorrente. . Ha soggiunto che la decisione del Tribunale è dettata da un'eccezione al principio di reciproca fiducia tra gli Stati membri dell'Unione europea, invocata dal ricorrente in sede giurisdizionale. Il Ministero dell'Interno - Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione Unità Dublino, in persona del Ministro p.t., ha proposto ricorso con un mezzo. Il cittadino straniero è rimasto intimato. È stata disposta la trattazione camerale. Non sono state depositate memorie. La Procura Generale, in data 15 marzo 2024, ha depositato istanza - riferita al ricorso 10013/2020 ed estesa a tutti i ricorsi chiamati nell'adunanza del 5 aprile 2024 - con cui ha chiesto di disporre la trattazione in pubblica udienza, considerato che sulle questioni oggetto del giudizio è intervenuta la sentenza della Corte di Giustizia 30 novembre 2023, nelle cause riunite Omissis , Omissis , Omissis , Omissis e Omissis , resa all'esito di rinvii pregiudiziali disposti da questa Corte, nonché dai Tribunali di Roma, Firenze, Milano e Trieste ed attesa la complessità della pronuncia e la necessità di consentire il pieno contradittorio delle parti. Considerato che 2. - Con l'unico motivo il Ministero denuncia la violazione degli articolo 3.2 e 17 del regolamento UE 604/2013. 2.1. - Il ricorrente ritiene che il Tribunale, avendo ravvisato la violazione del principio del non refoulement, abbia ritenuto applicabile al caso di specie l'articolo 17 del regolamento 604/2013 e se ne duole. In tal senso, deduce - che l'articolo 17 riconosce allo Stato membro interessato di determinare le circostanze in cui intende far uso della facoltà conferita dalla clausola discrezionale al fine di salvaguardare le prerogative degli Stati membri nell'esercizio di concedere la protezione internazionale clausola facoltativa e discrezionale il cui esercizio è rimesso allo Stato e, per esso, all'Autorità amministrativa - che la norma definisce le scansioni temporali entro cui dette facoltà devono essere esercitate secondo quanto previsto dall'articolo 17, par. 2 limite temporale - che in base al par. 1 dell'articolo 3 del reg. la domanda di protezione può essere esaminata da un solo Stato membro, ossia lo Stato individuato come competente secondo il reg. Dublino unicità dello Stato competente all'esame della domanda di protezione . 2.2. - Il ricorrente contrasta anche l'applicazione dell'articolo 3, par. 2, del regolamento 604/2013 e sostiene che non vi era alcuna ragione ostativa al trasferimento del richiedente protezione internazionale in Danimarca, ove non sussistevano carenze sistemiche nel sistema di accoglienza. In tal senso, deduce - che sussiste una presunzione di rispetto del sistema comune di asilo e di accoglienza da parte degli Stati membri e che le carenze del sistema di asilo e di accoglienza di cui all'articolo 3, par.2, del regolamento 604/2013 devono essere gravi, comprovate ed eccezionale per vincere la presunzione che si fonda sul principio di reciproca fiducia e mutuo riconoscimento delle decisioni Cass. Sez. U. numero 8044/20189 presunzione del rispetto del sistema comune di asilo e accoglienza e prova contraria delle gravi carenze sistemiche - che l'onere della prova contraria alla anzidetta presunzione grava sulla controparte, va documentata e non può consistere nella deduzione di una generica violazione di norme europee ed internazionali da parte di uno Stato membro onere prova gravante sul cittadino straniero - che l'articolo 3.2. è applicabile solo in presenza di gravi, palesi e comprovate carenze e violazioni all'interno dello Stato membro competente e che non possono rilevare a tal fine - il rigetto delle domande di accoglienza che non afferisce ad un necessario aspetto deficitario del sistema di accoglienza - le modifiche normative dello Stato membro in relazione al fenomeno migratorio che non sono sufficienti a concretizzare un rischio di trattamento inumano e degradante contenuto prova - che il pericolo derivante dalla situazione socio - politica del Paese di origine del richiedente - di cui vi è ampia analisi nel provvedimento impugnato - non legittima mai, nel sistema sovranazionale, una imposizione nella attivazione della clausola di cui articolo 17 perché l'obbligo di valutare il pericolo attiene alla delibazione della domanda di protezione che si colloca in un momento successivo alla decisione della presa in carico del richiedente da parte dello Stato e presuppone l'avvenuto esercizio della discrezionalità delibazione della competenza - elementi valutabili - che l'esercizio della clausola compete all'Unità Dublino e non può essere esercitata dal giudice ordinario Cass. numero 23724/2020 Cass. numero 26603/2020 - che l'applicazione indebita della clausola comporterebbe il rischio del cd. asylum shopping violando lo spirito del sistema normativo eurounitario - che lo spirito di reciproca fiducia si fonda su un sistema comune di valori e di regole che tutti gli Stati membri sono chiamati a rispettare Cass, Sez. U. numero 8044/2018 e che il suo rispetto non può essere rimesso al sindacato dei giudici nazionali nelle forme di una indebita invasione di competenze politiche. 3. - Le questioni introdotte devono necessariamente essere esaminate alla luce della recente sentenza emessa dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea CGUE del 30 novembre 2023 e dei precedenti giurisprudenziali ivi richiamati. 4. - La Corte di Giustizia, con la sentenza del 30 novembre 2023 nelle cause riunite Omissis , Omissis , Omissis , Omissis e Omissis , ha affrontato alcune significative questioni interpretative sorte in relazione al regolamento numero 604/2013. I quesiti oggetto di rinvio pregiudiziale hanno riguardato l'interpretazione dell'articolo 3, par. 2, degli articoli 4 e 5, dell'articolo 17, paragrafo 1, dell'articolo 18, paragrafo 1, dell'articolo 20, paragrafo 5, e dell'articolo 27 del regolamento UE numero 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide GU 2013, L 180, pag. 31 , dell'articolo 29 del regolamento UE numero 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 che istituisce l' Eurodac per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del regolamento numero 604/2013 e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento UE numero 1077/2011 che istituisce un'agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia GU 2013, L 181, pag. 1 , nonché dell'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. 5. - Per quanto di interesse, la CGUE si è soffermata sulla problematica, introdotta nelle cause Omissis , Omissis e Omissis , relativa alla presa in considerazione, da parte del giudice incaricato dell'esame della legittimità della decisione di trasferimento disposta ai sensi del regolamento numero 604/2013, del rischio di refoulement indiretto dell'interessato e ha affermato, conclusivamente che 2 L'articolo 3, paragrafo 1, e paragrafo 2, secondo comma, del regolamento numero 604/2013, in combinato disposto con l'articolo 27 di tale regolamento nonché con gli articoli 4,19 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, deve essere interpretato nel senso che il giudice dello Stato membro richiedente, adito di un ricorso avverso una decisione di trasferimento, non può esaminare se sussista un rischio, nello Stato membro richiesto, di una violazione del principio di non-refoulement al quale il richiedente protezione internazionale sarebbe esposto a seguito del suo trasferimento verso tale Stato membro, o in conseguenza di questo, quando tale giudice non constati l'esistenza, nello Stato membro richiesto, di carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. Divergenze di opinioni tra le autorità e i giudici dello Stato membro richiedente, da un lato, e le autorità e i giudici dello Stato membro richiesto, dall'altro, in relazione all'interpretazione dei presupposti sostanziali della protezione internazionale non dimostrano l'esistenza di carenze sistemiche. 3 L'articolo 17, paragrafo 1, del regolamento numero 604/2013, in combinato disposto con l'articolo 27 di tale regolamento nonché con gli articoli 4, 19 e 47 della Carta dei diritti fondamentali, deve essere interpretato nel senso che esso non impone al giudice dello Stato membro richiedente di dichiarare tale Stato membro competente qualora non condivida la valutazione dello Stato membro richiesto quanto al rischio di refoulement dell'interessato. In assenza di carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale nello Stato membro richiesto in occasione del trasferimento o in conseguenza di esso, il giudice dello Stato membro richiedente non può neppure obbligare quest'ultimo Stato membro a esaminare esso stesso una domanda di protezione internazionale sul fondamento dell'articolo 17, paragrafo 1, del regolamento numero 604/2013 per il motivo che esiste, secondo tale giudice, un rischio di violazione del principio di non-refoulement nello Stato membro richiesto . 6. - Il Collegio ritiene che la valutazione sulle censure prospettate dal Ministero dell'Interno imponga un esame approfondito dei profili ad esse sottesi e non possa trovare soluzione univoca nelle risposte fornite dalla Corte di Giustizia ai quesiti numero 2 e 3 come sopra illustrati. 7. - Ostano ad un'applicazione automatica dei principi formulati dalla Corte di Giustizia due considerazioni di carattere necessario. 7.1. - In primo luogo, non deve trascurarsi che la decisione sul trasferimento in applicazione dei criteri di determinazione dello Stato membro competente ex reg. UE numero 604 del 2013, si inserisce, nel procedimento volto all'esame della domanda di protezione internazionale da parte dello Stato membro richiedente l'Italia . È una decisione che si fonda sull'accettazione della ripresa in carico da parte dello Stato membro che aveva già esaminato e rigettato in via definitiva la domanda di protezione internazionale Stato competente, ex articolo 23 e ss. del reg. UE numero 604 del 2013 . Ne consegue che, formulata analoga domanda anche in Italia, all'esito del rilevamento mediante il sistema EURODAC della preventiva richiesta in altro Stato membro, viene disposto il trasferimento, impugnato prima davanti al Tribunale e, successivamente, davanti alla Corte di legittimità. Secondo quanto affermato dalle S.U. della Corte di Cassazione nell'ordinanza numero 8044 del 2018 volta a regolare la giurisdizione in relazione al ricorso avverso trasferimento ex reg. Dublino la determinazione dello Stato competente ex reg. numero 604 del 2013 costituisce non un diverso e autonomo procedimento, bensì una fase, necessariamente preliminare, all'interno del procedimento di riconoscimento dello status di protezione internazionale. Ne deriva che l'accertamento della competenza all'esame della domanda e la decisione sulla domanda medesima, pur costituendo fasi distinte, sono inserite in un procedimento unitario attivato dalla manifestazione di volontà del cittadino straniero o apolide alle autorità competenti . L'applicazione dei criteri di trasferimento del cittadino straniero verso lo Stato competente secondo le regole stabilite dagli articolo 29 e ss. del reg. numero 604 del 2013 incide, di conseguenza, in via diretta sull'esito dell'esame della domanda di protezione internazionale proposta nel nostro Stato cd. Stato richiedente , in quanto ove il trasferimento sia disposto e ne venga definitivamente accertata la fondatezza, cessa la potestas iudicandi dello Stato che ha disposto il trasferimento in caso contrario, deve procedersi all'esame della domanda. Proprio in funzione di questa discendenza comune dalla domanda di protezione internazionale dei due procedimenti che tuttavia presentano delle peculiarità, in particolare in punto di assolvimento degli obblighi informativi Cass. numero 10334 del 2024 deriva la seconda considerazione da svolgere. 7.2. - Secondo un principio consolidato della giurisprudenza di legittimità, il sistema eurounitario della protezione internazionale, unitamente alle misure di protezione nazionale dal diritto unionale d'asilo, peraltro espressamente previste - articolo 6 par. 4 Dir. UE numero 115 del 2008, cd. Direttiva Rimpatri attua il diritto d'asilo costituzionale contenuto nell'articolo 10, terzo comma, Cost. Cass. numero 10686 del 2012, leading case Cass. numero 16362 del 2016 Cass. numero 19176 del 2020 . Ne consegue che, avendo le situazioni giuridiche soggettive che sostanziano il diritto alla protezione internazionale e nazionale natura di diritti autodeterminati Cass. numero 8819 del 2020 Cass. numero 30365 del 2023 , il giudice del merito che esamina la domanda, è tenuto, nei limiti del principio dispositivo, ovvero sulla base dei fatti allegati e di quelli acquisiti al processo mediante l'esercizio del potere dovere di cooperazione istruttoria cui è tenuto articolo 3 D.Lgs. numero 251 del 2007 , ad accertare, anche d'ufficio, se sussistono le condizioni anche per il rilascio di un permesso speciale fondato sul nostro sistema di protezione nazionale che trae la sua fonte dall'articolo 10, terzo comma, Cost. e dall'obbligo, non cancellato dal legislatore ordinario che è variamente intervenuto a modellarne il contenuto, di rispettare il sistema dei diritti umani proveniente dalle Convenzioni Internazionali che se ne occupano, prima tra tutte la CEDU, secondo la declinazione che ne fornisce la Corte di Strasburgo e la Carta dei diritti fondamentali dell'UE articolo 5, c.6. D.Lgs. numero 286 del 1998, per la parte attualmente ancora vigente . 8. - Alla luce di queste premesse ritiene il Collegio che le risposte fornite dalla Corte di giustizia ai quesiti numero 2 e 3 debbano essere esaminate tenendo conto delle peculiarità del sistema giuridico italiano di protezione nazionale cui il richiedente protezione internazionale può accedere pur in mancanza delle condizioni di riconoscimento dei diritti riguardanti le protezioni maggiori, o perché sussistono condizioni ostative soggettive articolo 9,20,15 e 16 D.Lgs. numero 251 del 2007 o perché la vulnerabilità soggettiva accertata rientra nelle fattispecie astratte contenute nell'articolo 19 c.1, c.1.1. e comma 1 e 2 ratione temporis applicabili o in quelle fondate sulla violazione dei diritti fondamentali della persona riconosciute dalla Convenzioni internazionali cui lo Stato italiano aderisce e i cui obblighi è tenuto a rispettare ex articolo 5 c.6 D.Lgs. numero 286 del 1998 nella parte ancora vigente. Al riguardo è necessario precisare che l'articolo 19 non si limita a riprodurre le ipotesi convenzionali di non refoulement ma, permanendo ex articolo 5, c.6 D.Lgs. numero 286 del 1998 l'obbligo di tutelare le violazioni dei diritti umani di carattere convenzionale e la necessità di dare attuazione anche mediante la protezione nazionale al diritto d'asilo costituzionale come ribadito dalla giurisprudenza di legittimità Cass. numero 10686 del 2012, leading case Cass. numero 16362 del 2016 Cass. numero 19176 del 2020 , indica condizioni di vulnerabilità tutelabili così esemplificate a L'esposizione a rischi di discriminazione per motivi di razza, per motivi politici, religiosi, di genere etcomma quando vi siano condizioni ostative al riconoscimento delle protezioni maggiori articolo 19 c.1 b L'esposizione a rischio di tortura e a violazioni sistematiche dei diritti umani articolo 19 c.1.1 prima parte coincidente con l'articolo 4 della Carta e rimasto in vigore anche dopo l'entrata in vigore del D.L. 20/2023, convertito dalla L. numero 50 del 2023 c La violazione dei diritti di cui all'articolo 8 CEDU fino all'entrata in vigore del D.L. numero 20 del 2023 ratione temporis applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio d Violazione di diritti umani conseguenti agli obblighi costituzionali ed internazionali assunti dallo Stato italiano catalogo aperto nel quale può rientrare in posizione di preminenza il rischio per l'incolumità fisica dovuto ad una situazione di conflitto armato esterno od interno quando sussistano condizioni ostative al riconoscimento della protezione sussidiaria. 8.1. - La stessa Corte di Giustizia, nella risposta al quesito numero 2 con riferimento all'ambito di applicazione dell'articolo 3, par.2, del regolamento 604/2013, pur avendo affermato che, in funzione del principio di fiducia reciproca tra Stati membri si deve presumere che il divieto di refoulement, diretto e indiretto, quale espressamente previsto dall'articolo 9 della direttiva procedure , sia rispettato in ciascuno Stato membro e che il trattamento riservato ai richiedenti protezione internazionale in ciascuno Stato membro sia conforme alle disposizioni europee ed internazionali condivise, non ha escluso, anche in mancanza di accertate carenze sistemiche, che l'articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea possa essere invocato qualora non sia escluso che, in una fattispecie concreta, il trasferimento di un richiedente asilo, comporti un rischio reale e comprovato di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti, ai sensi di detto articolo, richiamando la precedente sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a. in causa Omissis , che aveva considerato il caso del rischio reale e acclarato che il trasferimento dell'interessato l'esponesse a un trattamento inumano e degradante legato ad un rischio di un deterioramento significativo e irrimediabile del suo stato di salute. 8.2. - Nel paragrafo 133 della sentenza viene precisato, in particolare che ove il sistema di protezione dei diritti umani nello Stato membro competente presenti gravi difficoltà di funzionamento con grave rischio per i singoli richiedenti o categorie determinate di richiedenti par. 136 e 138 di essere trattati in modo incompatibile con i loro diritti fondamentali si può derogare al sistema di determinazione della competenza dettato in via generale dal Regolamento anche in mancanza di carenze sistemiche. La Corte di Giustizia nel par. 139 fornisce una esemplificazione restrittiva delle fattispecie concrete che possano dar luogo alla deroga ai principi generali di determinazione dello Stato membro competente e nei paragrafi precedenti precisa che in linea di principio non può procedersi da parte dell'organo decisore dello Stato membro richiedente ad un annullamento della decisione di trasferimento per una valutazione diversa sulle condizioni di riconoscimento della protezione internazionale ed in particolare di quelle contenute nell'articolo 15 lettera c della Direttiva Ue 2011/95 . 9. - In questo quadro risulta cruciale stabilire se senza incrinare il sistema di fiducia reciproca, solennemente affermato dalla Corte di Giustizia al fine di escludere la rilevanza della valutazione del rischio di refoulement indiretto in caso di rimpatrio verso il paese terzo dell'organo giurisdizionale del paese membro richiedente, si possa consentire al cittadino straniero che abbia manifestato inequivocamente la volontà di richiedere la protezione internazionale, di non essere trasferito nello Stato membro richiesto per effetto dell'accettazione della ripresa in carico, dal momento che, all'interno della domanda più ampia, nel nostro ordinamento devono essere vagliate le condizioni di riconoscimento del diritto alla protezione nazionale, quando sulla base delle allegazioni di fatto acquisite, si debba procedere anche ex officio a questo specifica verifica articolo 32, c.3, 3,1,3.2 D.Lgs. numero 25 del 2008 , secondo il sopra illustrato paradigma legislativo contenuto nell'articolo 19 D.Lgs. numero 286 del 1998 che integra gli obblighi costituzionali ed internazionali assunti dal nostro Stato in tema di protezione dalle violazioni dei diritti umani. 10. - Costituisce ad avviso del Collegio una prima questione di massima di particolare importanza da rimettere alle S.U., la necessità, non di procedere a una comparazione tra i due Stati sulla valutazione del rischio di non refoulement indiretto ma di verificare la legittimità dell'interferenza del nostro sistema di rango costituzionale di protezione nazionale con la decisione di trasferimento, sulla base di un'indagine caso per caso o per determinate categorie di persone, tenuto conto della riconducibilità della vulnerabilità giuridicamente qualificata, cui si esporrebbe il richiedente in caso di rimpatrio coattivo verso il paese terzo, all'interno delle ipotesi tutelate dal nostro sistema di protezione nazionale. 11. - Una seconda questione da porre all'attenzione delle S.U. riguarda l'ambito di applicazione della clausola discrezionale di cui all'articolo 17 del reg. UE numero 604 del 2013. Anche se il Tribunale non richiama espressamente l'applicazione dell'articolo 17 del reg. UE 604 del 2013, nella sua decisione di annullamento del trasferimento disposto dall'Autorità Dublino, correttamente la parte ricorrente nel primo motivo ne evidenzia l'inferenza rilevando che la decisione si fonda sulla ricorrenza dei presupposti per l'applicazione della clausola stessa in sede giudiziale al fine di valutare, illegittimamente, il rischio di non refoulement indiretto derivante dalla decisione di trasferimento. Al riguardo, ritiene il Collegio che l'ambito di applicazione della clausola di discrezionalità, così come definita nell'articolo 17 Reg. Dublino III numero 604 del 2013 e la sua successiva sindacabilità in sede giurisdizionale costituiscano questione di particolare rilievo nomofilattico. 12. - È necessario, in primo luogo, illustrare la decisione adottata al riguardo dalla Corte di Giustizia, partendo da alcune considerazioni utili per definire il contenuto della questione. L'esercizio della clausola è una facoltà dello Stato, esercitabile, nel nostro ordinamento, dall'Autorità Dublino. Spetta allo Stato membro interessato determinare le circostanze in cui intende far uso della facoltà conferita dalla clausola discrezionale. 12.1. - Sull'applicabilità della clausola discrezionale da parte del giudice dello Stato membro investito di un ricorso avverso la decisione di trasferimento, la Corte di Giustizia afferma che gli articolo 4, 19 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea numero d.r. in combinato disposto con l'articolo 17, par. 1 del regolamento UE numero 604 del 2013 non impongono al giudice dello Stato richiedente di esaminare la domanda di protezione internazionale per la quale non sarebbe competente secondo i criteri previsti dal Regolamento sopra citato ove non condivida la valutazione svolta dallo Stato membro richiesto quanto al rischio di non refoulement indiretto. Aggiunge che il giudice non può obbligare lo Stato richiedente ad applicare la clausola in caso ravvisi nel trasferimento un rischio di violazione del principio di non refoulement. 12.2. - Dall'esame testuale della sintetica motivazione della sentenza della Corte di Giustizia, può desumersi che il giudice investito del ricorso sulla decisione di trasferimento non ha un obbligo ma neanche è assoggettato al divieto di applicazione della clausola, salvo che l'esercizio di essa operi quando non sia condivisa la valutazione del rischio di refoulement indiretto da parte dello Stato membro richiesto. 12.3. - Nello stesso tempo, però, la Corte di Giustizia non esclude l'applicabilità del parallelo principio affermato in passato e fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità prevalente Cass. numero 23724 del 2020 e numero 36996 del 2022 secondo il quale, in conformità a quanto statuito da precedenti e consolidate pronunce della Corte di Giustizia, il ricorso alla clausola discrezionale ha natura facoltativa ed è attribuito all'amministrazione in ragione della natura delle considerazioni di tipo politico pragmatico ed umanitario e non può essere direttamente compiuto dal giudice il rifiuto di farne uso tuttavia può essere contestato in sede di ricorso avverso la decisione di trasferimento onde verificare se l'esercizio della discrezionalità amm.va sia eventualmente avvenuto in violazione dei diritti soggettivi riconosciuti al richiedente dal citato Regolamento e più in generale dall'impianto normativo eurounitario . 13. - La sindacabilità giurisdizionale della clausola nei limiti precisati in sede UE e fatti propri dalla nostra giurisprudenza deve coniugarsi con quanto la Corte di Giustizia svolge nella pronuncia del 30 novembre 2023 ed ha affermato nel punto 147. Ciascuno Stato membro, dichiara la Corte, può determinare le circostanze in cui intende far uso della clausola discrezionale anche in via legislativa. 14. - Diviene di conseguenza rilevante valutare se il complesso sistema di protezione nazionale interno, fondato, come ampiamente illustrato, sulla necessità di portare a compimento l'attuazione del diritto d'asilo costituzionale, essendo insufficiente al riguardo il sistema di protezione internazionale eurounitario, possa essere qualificato come una modalità di esercizio della clausola discrezionale, così da ritenere che la decisione di trasferimento da parte dell'autorità statale che ha la facoltà di applicare la clausola in oggetto, manifesti un rifiuto tacito di avvalersene e ne consenta la sindacabilità, così come in concreto effettuato dal giudice del merito nella decisione di annullamento. 15. - L'accertamento dello spazio applicativo della protezione nazionale presenta, infine, una peculiarità, legata al lungo tempo di attesa dai 3 i 4 anni dei numerosi procedimenti oggetto di sospensione impropria dovuta ai rinvii pregiudiziali ora risolti dalla Corte di Giustizia. Si tratta di uno iato temporale nel quale possono essere profondamente modificate le condizioni soggettive dei richiedenti, e le condizioni oggettive dei paesi terzi ove dovrebbe essere disposto il rimpatrio. Si aggiunga che il paradigma normativo applicabile ai fini della protezione nazionale sarebbe certamente ed esclusivamente quello che ha esteso le fattispecie di protezione speciale nazionale ex D.L. numero 130 del 2020, alla luce dell'articolo 15 del medesimo decreto. La conferma della decisione di trasferimento impedirebbe la valutazione attuale delle condizioni di applicazione del regime di protezione nazionale ratione temporis vigente, pur trattandosi di un sistema normativo, equiordinato sul piano delle fonti ma non interno al sistema di protezione internazionale regolato, quanto alla determinazione dello Stato competente dal reg. Dublino III. 16. - In conclusione, appare dunque necessario rimettere gli atti alla Prima Presidente per le valutazioni di sua competenza in ordine alla possibile assegnazione della controversia alle Sezioni Unite in quanto, sulla base delle considerazioni svolte, reputa questo Collegio che le questioni esposte si palesino come di massima di particolare importanza, ai sensi dell'articolo 374, secondo comma, c.p.c., in ragione della novità delle stesse, indotta anche dalla recente sentenza della Corte di giustizia del 30 novembre 2023, nelle cause riunite Omissis , Omissis , Omissis , Omissis e Omissis , e, conseguentemente, delle possibili ricadute della decisione su un numero rilevante di controversie instaurate ed instaurande. 17. - Si ritiene di poter così sintetizzare le questioni che il Collegio reputa di prospettare come di massima di particolare importanza I La deroga ai principi generali di determinazione della competenza di uno Stato membro ex Reg. UE numero 604 del 2013, desumibile dal combinato disposto dell'articolo 3 del Reg. UE numero 604 del 2013 e dell'articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE anche alla luce della risposta al quesito numero 2 da parte della Corte di Giustizia nella sentenza del 30 novembre 2023, può condurre a verificare non la necessità di procedere a una comparazione tra i due Stati il richiedente, nella fattispecie l'Italia ed il richiesto ovvero quello di ripresa in carico sulla valutazione del rischio di non refoulement indiretto dovuta al pericolo di rimpatrio conseguente al rigetto della domanda di protezione internazionale, ma la legittimità dell'interferenza del nostro sistema di rango costituzionale di protezione nazionale con la decisione di trasferimento, sulla base di un'indagine caso per caso o per determinate categorie di persone, tenuto conto della riconducibilità della vulnerabilità giuridicamente qualificata, cui si esporrebbe il richiedente in caso di rimpatrio coattivo verso il paese terzo, all'interno delle ipotesi tutelate dal nostro sistema di protezione nazionale. II Il complesso sistema di protezione nazionale interno, fondato, come ampiamente illustrato, sulla necessità di portare a compimento l'attuazione del diritto d'asilo costituzionale, essendo insufficiente al riguardo il sistema di protezione internazionale eurounitario, può essere qualificato come una modalità di esercizio della clausola discrezionale, così da ritenere che la decisione di trasferimento da parte dell'autorità statale che ha la facoltà di applicare la clausola di sovranità, evidenzi un rifiuto tacito di avvalersene e ne consenta la sindacabilità, così come in concreto effettuato dal giudice del merito nella decisione di annullamento. P.Q.M. - Dispone la trasmissione degli atti alla Prima Presidente della Corte di cassazione per l'eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite civili rispetto alle questioni prospettate in motivazione, considerabili come di massima si particolare importanza, ai sensi dell'articolo 374, secondo comma, c.p.c.