Le possibili corresponsabilità per l’incasso illecito di un assegno non trasferibile

Il soggetto che materialmente paga un assegno non trasferibile, a persona diversa dall’intestatario, è contrattualmente responsabile dell’eventuale errore, ma ha comunque la possibilità di provare la propria estraneità, per aver esso assolto la propria obbligazione con la diligenza professionale richiesta dall’articolo 1176, comma 2 c.c.

Allo stesso tempo, la spedizione per posta ordinaria di un assegno, anche se non trasferibile, costituisce, in caso di illecita sottrazione e riscossione, una condotta colposa, idonea a legittimare la previsione del concorso di colpa del mittente, che si espone immotivatamente a un rischio superiore a quello consentito dalle regole di comune prudenza, costituendo, con la propria condotta, un antecedente necessario dell'evento dannoso, al pari della condotta tenuta dal soggetto chiamato a identificare il legittimo intestatario del titolo, in sede di pagamento La Prima Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, con l'ordinanza numero 10711 del 22 aprile 2024 ha fatto il punto sulla controversia insorta fra due società, per l'accertamento della responsabilità inerente la particolare questione del pagamento di assegni bancari non trasferibili a soggetti diversi dai legittimi intestatari, previa presentazione di documenti identificativi contraffatti. Il fatto La vicenda processuale viene innescata dalla richiesta, avanzata in giudizio da una compagnia assicuratrice, nei confronti di una società di servizi postali, per ottenere il risarcimento del danno scaturente dalla negoziazione e conseguente pagamento di alcuni assegni non trasferibili, emessi da istituti bancari convenzionati con l'attrice e da questa spediti a mezzo posta ordinaria. I detti assegni, tuttavia, erano stati intercettati da soggetti differenti dai legittimi destinatari e mediante l'utilizzo di documenti contraffatti, erano stati presentati agli sportelli postali, ottenendone illecitamente il pagamento. In primo grado il tribunale aveva accolto la domanda attorea, riconoscendo la responsabilità della convenuta, per la sua condotta negligente. La sentenza di primo grado veniva poi impugnata, ma i giudici della Corte d'Appello ne confermavano totalmente il contenuto, sottolineando come la convenuta non aveva fornito alcuna prova atta a dimostrare che la verifica dei documenti, condotta dai propri addetti, fosse stata effettuata con la diligenza professionale normalmente esigibile. Avverso quest'ultima decisione, la convenuta proponeva ricorso innanzi alla Corte di Cassazione. La diligenza necessaria nell'identificazione dell'intestatario I giudici della Suprema Corte hanno ritenuto di dover innanzitutto chiarire che, come precedentemente affermato dalle Sezioni Unite sentenze nnumero 12477/2018 e 12478/2018 , l'articolo 43 del R.D. numero 1736/1933, la cosiddetta legge assegni, prevede la responsabilità del soggetto che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal destinatario. Tale norma individua, come soggetto pagatore e conseguentemente responsabile dell'eventuale errore, non solo chi emette l'assegno, ma anche chi lo negozia, ovvero materialmente lo paga, dato che è proprio quest'ultimo che effettua i controlli sull'identità del soggetto che presenta il titolo all'incasso. Tale responsabilità, prosegue la Corte, ha natura contrattuale ed il soggetto cui viene attribuita ha comunque la possibilità di provare la propria estraneità, per aver assolto la propria obbligazione con la diligenza professionale richiesta dall'articolo 1176, comma 2 c.c. Nel caso di specie, la convenuta non aveva né allegato, né dimostrato l'esistenza di circostanze tali da consentire di escludere che la contraffazione dei documenti di identificazione, presentati agli sportelli, in sede di incasso dei titoli, fosse tale da non poter essere rilevata dagli addetti, mediante controlli eseguiti con un livello di diligenza adeguata a quel tipo di operazioni. La corresponsabilità del mittente per la scelta della posta ordinaria Dopo aver opportunamente chiarito questo punto, i giudici della Prima Sezione, tuttavia, ritengono opportuno sottolineare come, nella vicenda in questione, vi fosse un profilo di corresponsabilità della società attrice, ignorato dai giudici di merito. Tale corresponsabilità attiene specificamente alla scelta, operata dall'attrice, di spedire i detti assegni a mezzo posta ordinaria, uno strumento che per sua natura non consente di avere prova del fatto che la spedizione sia effettivamente giunta al destinatario. Anche in questo caso i giudici di legittimità richiamano una precedente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che afferma che la spedizione per posta ordinaria di un assegno, anche se munito di clausola di intrasferibilità, costituisce, in caso di illecita sottrazione e riscossione, una condotta colposa, idonea a legittimare la previsione del concorso di colpa del mittente. Quest'ultimo, infatti, si espone immotivatamente a un rischio superiore a quello consentito dalle regole di comune prudenza, costituendo, con la propria condotta, un antecedente necessario dell'evento dannoso, al pari della condotta tenuta dal soggetto chiamato a identificare il legittimo intestatario del titolo, in sede di pagamento sentenze nnumero 25886/2023 e 15638/2022 .

Presidente Di Marzio – Relatore Campese Fatti di causa 1. U. s.p.a. citò P. s.p.a. innanzi al Tribunale di Padova chiedendone, previa declaratoria di responsabilità, la condanna al pagamento, a titolo di risarcimento danni, della somma di € 9.040,00, costituente l'importo complessivo portato da cinque assegni di traenza non trasferibili emessi da Banca OMISSIS s.p.a. e da Banca OMISSIS s.p.a., con cui aveva sottoscritto una convenzione di assegno che erano stati negoziati dalla società convenuta pagandoli a persone diverse dai legittimi beneficiari, attraverso condotte asseritamente negligenti, in violazione dell'articolo 43 legge ass 1.1. Costituitasi P. s.p.a., che contestò l'avversa pretesa, l'adito tribunale, con sentenza del 24 maggio 2018, numero 1133, accolse la domanda dell'attrice e condannò la menzionata convenuta al pagamento di € 9.040,00, oltre rivalutazione ed interessi come ivi specificati. 2. Il gravame proposto da quest'ultima avverso tale decisione fu respinto dalla Corte di appello di Venezia, con sentenza del 27 gennaio/17 febbraio 2020, numero 561, pronunciata nel contraddittorio con U. s.p.a 2.1. Per quanto qui ancora di interesse, quella corte, premettendo di dover applicare i principi sanciti da Cass., SU, numero 12477 del 2018 e «dato atto che i documenti esibiti dai prenditori erano contraffatti», osservò che «La regola della cd. responsabilità da “contatto sociale” prevede una presunzione di colpa a carico del debitore inadempiente perché utilizza i criteri della responsabilità contrattuale. L'appellante avrebbe dunque dovuto specificare quali circostanze di fatto emerse nel giudizio di primo grado dimostrassero che il controllo dei documenti fosse avvenuto con la diligenza richiedibile a un operatore professionale. L'onere della prova dell'assenza di colpa era a carico di P. s.p.a. e non era stato assolto per il solo fatto che i documenti d'identificazione esibiti fossero falsi. Esistono falsi grossolani ed esistono regole cautelari – ricordate dalla difesa dell'appellato – volte a ridurre il rischio di raggiri attraverso una tecnica truffaldina già nota, anche all'epoca di fatti oggetto del presente processo, a P. s.p.a L'appellante avrebbe dovuto provare di aver assunto una condotta conforme alla diligenza media di un “accorto banchiere”, riferibile alla natura dell'attività esercitata e all'obbligo di verifica visiva e tattile del documento cartaceo esibito per l'incasso dell'assegno». Precisò, poi, che «Le considerazioni sul pagamento in check truncation sono irrilevanti ai fini della decisione perché al più potrebbero servire per ipotizzare una concorrente responsabilità solidale delle banche trattarie – estranee al presente giudizio - ma non per negare la responsabilità dell'istituto che ha negoziato i titoli». Negò, infine, la configurabilità di un concorso di colpa dell'appellata per aver utilizzato la posta ordinaria per spedire gli assegni in questione ai beneficiari. 3. Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso P. s.p.a., affidandosi a due motivi. Ha resistito, con controricorso, corredato anche da memoria ex articolo 380-bis.1 cod. proc. civ., U. s.p.a Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato «articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. - violazione e falsa applicazione dell'articolo 43 del r.d. numero 1736/33, in riferimento agli articolo 1176, comma 2, e 1992 c.c. e all'articolo 115 c.p.c.». Invocandosi, sul punto, i principi enunciati da Cass., SU, numero 12477 del 2018, si contestano le argomentazioni utilizzate dalla corte lagunare per giustificare la ivi ritenuta sussistenza della responsabilità di P. s.p.a Si assume, tra l'altro, che «se è pur vero che era onere di Poste dimostrare di aver agito con diligenza, una volta provata l'esimente, era onere di Unipol dimostrare il contrario, evidenziando la presenza di contraffazioni visibili ictu oculi sul titolo o sui documenti». 2. Allo scrutinio di questa doglianza giova premettere che i è incontroverso che l'odierna vicenda ha riguardato cinque assegni di traenza non trasferibili emessi da Banca OMISSIS s.p.a. e da Banca OMISSIS s.p.a., incaricatane da U. s.p.a. con cui aveva sottoscritto una convenzione di assegno che erano stati negoziati da P. s.p.a. pagandoli a persone diverse dai rispettivi legittimi beneficiari ii l'articolo 43, comma 2, del r.d. numero 1736 del 1933 cd. legge assegni sancisce che “Colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l'incasso, risponde del pagamento”. 2.1. Rileva il Collegio, poi, che le Sezioni Unite di questa Corte, intervenute per dirimere un contrasto insorto tra le sezioni semplici in ordine alla interpretazione di detta norma, con le sentenze del 21 maggio 2018, numero 12477 e 12478, hanno ribadito o pronunciato i seguenti principi di diritto a la menzionata norma si applica anche all'assegno circolare, all'assegno bancario libero della Banca d'Italia ed all'assegno di traenza usualmente utilizzato, in luogo del bonifico bancario, per il pagamento di un soggetto che non sia titolare di un conto corrente o di cui non si conoscono le coordinate bancarie munito della clausola di intrasferibilità b l'espressione «colui che paga», adoperata dall'articolo 43, comma 2, l.ass., si riferisce non solo alla banca trattaria o all'emittente, nel caso di assegno circolare , ma anche alla banca negoziatrice, che è l'unica concretamente in grado di operare controlli sull'autenticità dell'assegno e sull'identità del soggetto che, girandolo per l'incasso, lo immette nel circuito di pagamento c ha natura contrattuale la responsabilità cui si espone il banchiere che abbia negoziato un assegno munito della clausola di non trasferibilità in favore di persona non legittimata d specificamente «ai sensi dell'articolo 43, comma 2, legge assegni r.d. 21 dicembre 1933, numero 1736 , la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato – per errore nell'identificazione del legittimo portatore del titolo – dal pagamento di assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità a persona diversa dall'effettivo beneficiario, è ammessa a provare che l'inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall'articolo 1176, comma 2, c.c.» cfr. Cass., SU, numero 12477 del 2018 . 2.1.1. A sostegno di tale conclusione, è stata richiamata la precedente sentenza delle stesse Sezioni Unite che, risolvendo il contrasto di giurisprudenza riguardante la responsabilità della banca, ne aveva escluso la natura extracontrattuale, ravvisandovi, invece, un'ipotesi di responsabilità contrattuale cd. da contatto sociale, fondata sull'obbligo professionale di protezione preesistente, specifico e volontariamente assunto , posto a carico della banca nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione, di far sì che il titolo sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità delle regole che ne presidiano la circolazione e l'incasso cfr. Cass., SU, numero 14712 del 2007 . Nel ribadire tale principio, la nuova pronuncia ne ha evidenziato l'incompatibilità con la natura oggettiva della responsabilità, predicabile soltanto in riferimento a fattispecie d'illecito extracontrattuale, precisando che, al fine di sottrarsi alla responsabilità, la banca è tenuta a provare di aver assolto alla propria obbligazione con la diligenza dovuta, che è quella nascente, ai sensi dell'articolo 1176, comma 2, cod. civ., dalla sua qualità di operatore professionale, tenuto a rispondere anche in ipotesi di colpa lieve. È stato chiarito, inoltre, che lo scopo della clausola di intrasferibilità consiste non solo nell'assicurare all'effettivo prenditore il conseguimento della prestazione dovuta, ma anche e soprattutto nell'impedire la circolazione del titolo ed a conferma di tale assunto è stato richiamato l'articolo 73 del r.d. numero 1736 del 1933, il quale esclude l'ammortamento dell'assegno non trasferibile proprio perché lo stesso non può essere azionato da un portatore di buona fede, conferendo nel contempo al prenditore, ma solo come conseguenza indiretta, la maggior sicurezza di poterne ottenere un duplicato denunciandone lo smarrimento, la distruzione o la sottrazione al trattario o al traente. 2.2. Alla stregua di tali dicta peraltro ribaditi dalla successiva giurisprudenza di legittimità. Cfr. pure nelle rispettive motivazioni, ex aliis, Cass. numero 25581 del 2018 Cass. numero 34107 del 2019 Cass., SU, numero 9769 del 2020 Cass. numero 9842 del 2021 Cass. nnumero 15638, 15643, 15651, 15818, 16781 e 16782 del 2022 Cass. nnumero 12861 e 35755 del 2023 Cass. n 4146 del 2024, tutte rese in controversie assolutamente analoghe a quella odierna , che il Collegio condivide pienamente ed alle cui ulteriori argomentazioni giustificative può qui farsi rinvio ex articolo 118 disp. att. cod. proc. civ. , la censura in esame si rivela complessivamente inammissibile. 2.2.1. Essa, invero, mostra di non aver colto appieno la ratio decidendi della sentenza impugnata, nella misura in cui quest'ultima, muovendo dal rilievo, affatto corretto, che «La regola della cd. responsabilità da “contatto sociale” prevede una presunzione di colpa a carico del debitore inadempiente perché utilizza i criteri della responsabilità contrattuale», ha puntualizzato, poi, che «L'appellante avrebbe dunque dovuto specificare quali circostanze di fatto emerse nel giudizio di primo grado dimostrassero che il controllo dei documenti fosse avvenuto con la diligenza richiedibile a un operatore professionale». 2.2.2. La corte distrettuale, in particolare, ha ritenuto non assolto da P. s.p.a. l'onere della prova su di essa gravante perché ha considerato insufficiente la mera circostanza che i documenti d'identificazione esibiti fossero falsi, atteso che «Esistono falsi grossolani ed esistono regole cautelari – ricordate dalla difesa dell'appellato – volte a ridurre il rischio di raggiri attraverso una tecnica truffaldina già nota, anche all'epoca di fatti oggetto del presente processo, a P. s.p.a.». L'appellante, dunque, al fine di dimostrare la propria assenza di colpa ex articolo 1176 comma 2, cod. civ., avrebbe dovuto allegare e dimostrare l'esistenza di circostanze tali da consentire di escludere che la alterazione dei documenti di identificazione presentati agli sportelli dove gli assegni de quibus furono negoziati fosse rilevabile ictu oculi, in base alla diligenza media riferibile ai dipendenti addetti a quegli sportelli, stante la natura dell'attività esercitata e l'obbligo di verifica visiva e tattile di quanto esibitogli, benché gli stessi non fossero tenuti a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né a mostrare le qualità di un esperto grafologo. 2.2.3. Non resta, dunque, che prendere atto dell'accertamento di merito effettuato dalla corte suddetta, rispetto al quale le argomentazioni della censura, sul punto – oltre a rivelarsi erronee, per quanto è appena detto, laddove pretendono di far gravare su U. s.p.a. l'onere di dimostrare «la presenza di contraffazioni visibili ictu oculi sul titolo o sui documenti» – appaiono sostanzialmente volte ad ottenerne un riesame al fine di ritenere sussistente il lamentato inadempimento. Il giudizio di legittimità, tuttavia, non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative cfr. Cass. numero 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. numero 8758 del 2017 Cass., SU, numero 34476 del 2019 Cass. nnumero 32026 e 40493 del 2021 Cass. nnumero 1822, 2195, 3250, 5490, 9352, 13408, 5237, 21424, 30435, 35041 e 35870 del 2022 Cass. nnumero 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 27522, 30878 e 35782 del 2023 Cass. nnumero 4582, 4979, 5043, 6257 e 9429 del 2024 . 3. Il secondo motivo di ricorso denuncia «articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. Violazione e falsa applicazione degli articolo 38, 100 e 105 del d.P.R. numero 655/82 e del d.m. 26.2.2004 Carta della qualità del servizio pubblico postale nonché dell'allegato A Condizioni generali di servizio per l'espletamento del servizio universale postale di P. della delibera AGICOM numero 385/13/CONS, in riferimento all'articolo 1227, comma 1, c.c. e degli articolo 43 L.A. e 40-41 c.p.». Si censura la decisione impugnata quanto all'esclusione del concorso di colpa del danneggiato ex articolo 1227, comma 1, cod. civ., rispetto alla verificazione del fatto dannoso, in relazione al tenuto comportamento di U. s.p.a. consistito nella spedizione per forma ordinaria dell'assegno pur munito di clausola di intrasferibilità. 3.1. Questa doglianza si rivela fondata. 3.1.1. Invero, l'assunto del giudice di appello che ha escluso la configurabilità del concorso di colpa della danneggiata, ex articolo 1227, comma 1, cod. civ., malgrado l'avvenuta, incauta spedizione, da parte sua, del titolo suddetto tramite la posta ordinaria noncurante che lo stesso arrivasse nelle mani del creditore, non è coerente con quanto affermato da Cass., SU, numero 9769 del 2020, secondo cui «La spedizione per posta ordinaria di un assegno, ancorché munito di clausola d'intrasferibilità, costituisce, in caso di sottrazione del titolo e riscossione da parte di un soggetto non legittimato, condotta idonea a giustificare l'affermazione del concorso di colpa del mittente, comportando, in relazione alle modalità di trasmissione e consegna previste dalla disciplina del servizio postale, l'esposizione volontaria del mittente ad un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza e del dovere di agire per preservare gl'interessi degli altri soggetti coinvolti nella vicenda, e configurandosi dunque come un antecedente necessario dell'evento dannoso, concorrente con il comportamento colposo eventualmente tenuto dalla banca nell'identificazione del presentatore» cfr., in senso conforme, tra le altre, le successive Cass. numero 25873 del 2020 Cass. numero 34201 del 2021 Cass. numero 15638 del 2022 Cass. nnumero 27579 e 25886 del 2023 . Sul punto, allora, la sentenza impugnata deve essere cassata al fine di consentire al giudice di rinvio di procedere ad un nuovo esame del corrispondente motivo di appello di P. s.p.a. alla luce dell'appena riportato principio. 4. In conclusione, dunque, l'odierno ricorso deve essere accolto limitatamente al suo secondo motivo, dichiarandosene inammissibile il primo. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata, in relazione al motivo accolto, rinviandosi la causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità. Per questi motivi La Corte accoglie il ricorso proposto da P. s.p.a. limitatamente al suo secondo motivo, dichiarandone inammissibile il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.