Quando il ricorso in Cassazione si può definire prolisso?

La Corte di Cassazione, con sentenza numero 16698/2024, affrontando una controversia in tema di violenza sessuale da parte di un dipendente della Croce Rossa Italiana nei confronti di una collega, ha espresso due importanti principi di diritto, in tema di prolissità e verbosità del ricorso presso il Collegio, e in tema di aggravante di cui all’articolo 609- septies , quarto comma, numero 3 .

Di seguito i principi di diritto espressi dalla Suprema Corte « È inammissibile, perché generico, il ricorso per cassazione articolato in un numero abnorme di censure concernenti gli stessi capi d'imputazione e i medesimi punti e questioni della decisione, in quanto tale eccessiva prolissità e verbosità rende confusa l'esposizione delle doglianze e difficoltosa l'individuazione delle questioni sottoposte al vaglio della Corte . L'esposizione dei motivi di ricorso deve infatti essere improntata a quella della “sinteticità e chiarezza” indicata “Protocollo d'Intesa tra la Corte di Cassazione e il Consiglio Nazionale Forense in merito alle regole redazionali dei motivi di ricorso in materia penale”, sottoscritto il 17 dicembre 2015, da intendersi quale strumento esplicativo del dato normativo dettato dall' articolo 606, c.p.p. al fine della valutazione dell'ammissibilità dei motivi di ricorso. La prolissità quale “indice di genericità” non può tuttavia essere valutata in assoluto , ma raffrontando le specifiche censure articolare nell'impugnazione con la consistenza delle argomentazioni contenuto nel provvedimento impugnato» « in tema di aggravante di cui all'articolo 609- septies , quarto comma, numero 3 , laddove entrambe le parti rivestano la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio , la sovra-ordinazione sussiste non solo in presenza di un rapporto di subordinazione gerarchica, tipico delle strutture organizzative di tipo “verticale” o di “line” , ma anche in caso di sovra-ordinazione di tipo “orizzontale” c.d. “ primus inter partes ” , tipica delle organizzazioni di “staff” caratterizzata da poteri di direzione, impulso e coordinamento, cui si affianca, talvolta, quello disciplinare».

Presidente Aceto – Relatore Galanti Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 15 febbraio 2017, il Tribunale di Torino assolveva Ra.Ma. perché il fatto non sussiste , dal reato di cui agli articolo 81,609-bis, primo comma, 609-septies, quarto comma, numero 3 , cod. penumero , a lui contestato perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, nella qualità di dipendente della Croce Rossa Italiana ed incaricato della mansione di coordinatore dei volontari, in più occasioni costringeva con violenza e minaccia o mediante abuso di autorità la dipendente interinale Al.Li. a compiere e subire atti sessuali nel corso di turni di servizio da lui predisposti, accompagnando tali azioni dalla minaccia ripetutamente rivolta alla persona offesa di non farla più lavorare presso la Croce Rossa capo A . Con la medesima sentenza, il Tribunale ha anche dichiarato non doversi procedere - per mancanza di querela - per il reato di cui agli articolo 609-bis , primo comma, 609-septies, quarto comma, numero 3 , cod. penumero , contestato all'imputato perché, nella qualità già menzionata al capo a , nel corso di un turno di servizio con la volontaria Pa.Al., costringeva la medesima con violenza e abuso di autorità, a subire atti sessuali, consistiti in baci sulla bocca e palpazioni sul seno e delle parti intime, posti in essere nonostante l'espresso rifiuto della persona offesa ed i suoi tentativi di allontanarlo con le mani capo b . Il Tribunale, inoltre, disponeva trasmettersi gli atti al pubblico ministero, per il reato di cui all' articolo 368 cod. penumero , nei confronti di Al.Li. procedimento poi archiviato . 2. Con sentenza del 2 aprile 2019, la Corte d'appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rinnovata l'escussione della persona offesa Al.Li., dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'imputato per i reati a lui ascritti al capo A , di cui ha ritenuto la sussistenza, per tardività della querela, avendo escluso la procedibilità di ufficio ex articolo 609-septies, quarto comma, numero 3 cod. penumero I giudici della Corte territoriale avevano ritenuto attendibile la versione della persona offesa costituita parte civile, ma, alla luce dei contributi dichiarativi e documentali acquisiti nel corso del primo giudizio, avevano ritenuto non integrata la condizione che avrebbe determinato la procedibilità di ufficio, riconducendo le minacce rivolte dal Ra.Ma. alla persona offesa a mere millanterie . 3. Con sentenza numero 8213 del 12/11/2020, dep. 2021, Rv. 281379-01, questa Corte annullava la sentenza, impugnata dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Torino, con riferimento alla condizione di procedibilità evidenziando che dalla motivazione della sentenza impugnata emergeva una svalutazione degli elementi di prova relativi alla configurabilità di una posizione di sovraordinazione dell'imputato , con rinvio, per nuovo giudizio alla Corte di appello di Torino. La Corte evidenziava come la Corte d'appello avesse ricostruito in maniera puntuale e rigorosa l'intera dinamica dei fatti, ritenendo attendibile la persona offesa - contrariamente al giudice di primo grado - in relazione agli abusi perpetrati dall'imputato nei suoi confronti. Infatti, nella sua analitica ricostruzione, la sentenza impugnata si soffermava sia sul profilo psicologico della vittima, sia sull'importanza del dato probatorio rappresentato dal filmato, dal quale si comprendeva in modo inequivocabile che la persona offesa non era consenziente alle avances dell'imputato, e, ciononostante, l'imputato aveva persistito nella sua condotta prevaricatrice e violenta. Tanto premesso, però, la sentenza impugnata riteneva che non fosse emersa prova certa della sussistenza della condizione da cui discenderebbe la procedibilità d'ufficio per il reato, affermando che l'insussistenza del requisito dell'abuso della funzione di incaricato di pubblico servizio era desumibile dal fatto che entrambe le parti rivestivano tale ruolo, con la conseguenza che la soggezione della vittima non derivava dalla posizione pubblicistica dell'imputato, analoga alla propria, bensì dipendeva esclusivamente dalle millanterie di quest'ultimo in merito alla possibilità di incidere sulla sua attività lavorativa, benché egli non avesse in realtà nessuna voce in capitolo. Si trattava di affermazioni che non tenevano conto - secondo la Corte - della prospettazione accusatoria, secondo la quale la superiorità gerarchica dell'imputato rispetto alla vittima, era desumibile non solo da un provvedimento della Croce Rossa del 29 dicembre 2009, che qualificava quest'ultimo come responsabile dei turni dei servizi operativi dei volontari e Commissario del Gruppo Omissis , con un ruolo a lui demandato per tutte le componenti volontaristiche , ma anche dalle dichiarazioni rese da altri responsabili Be.Lo. e Fi.Pi. , i quali - nell'ipotesi accusatoria - avrebbero confermato la sovra-ordinazione dell'imputato, affermando che lo stesso aveva un ruolo certamente determinante sulla scelta dei nominativi per il rinnovo dei contratti, in quanto, lavorando con gli interinali, poteva riferire della capacità lavorativa, della collaborazione e della disponibilità mostrata dai lavoratori durante il periodo di assunzione. La Corte evidenziava, inoltre, che la soggezione psicologica, che costituisce la radice dell'aggravante, è configurabile anche nel caso in cui sia l'imputato sia la persona offesa abbiano la qualità di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, ma il primo si trovi in posizione sovra-ordinata rispetto alla seconda, rinviando per nuovo esame ad altra Sezione della corte di appello di Torino. 4. Con sentenza 20/10/2021, la Corte d'appello di Torino, giudicando in sede di rinvio, riconosceva la sussistenza della procedibilità di ufficio del reato per essere stato il fatto commesso da incaricato di pubblico servizio nell'esercizio delle proprie funzioni ex articolo articolo 609-septies, quarto comma, numero 3 , cod. penumero e, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla aggravante contestata, lo condannava alla pena di anni 4 mesi 6 di reclusione. In particolare, la sentenza, delimitato il thema decidendum alla sola sussistenza dell'aggravante che rende procedibili e non estinti per prescrizione i reati di cui al Capo A , evidenzia che in favore della sussistenza di un rapporto di sovra-ordinazione tra le parti militano numerosi elementi - in primo luogo, ben diversa era la posizione del Ra.Ma. e quella dell'Al.Li. sotto il profilo della stabilità lavorativa il primo, dipendente della CRI con contratto annuale a tempo indeterminato la seconda, lavoratore interinale assunto da società terza con contratto rinnovato mensilmente e senza alcuna garanzia di rinnovo - in secondo luogo, la lettera 29/1/2009 a firma del Dr. Ca.Anumero , che indica nel Ra.Ma. il responsabile dei turni dei volontari e il Be.Lo. di quelli dei dipendenti, tra cui gli interinali, oltre agli stabilizzati circostanza confermata da Fi.Pi. e Be.Lo., i quali aggiungevano che tutti i lavoratori interinali erano anche volontari e che - nelle s.i.t. rese in precedenza - aveva precisato che la posizione di debolezza degli interinali era stata utilizzata per spingerli ad effettuare turni come volontari - l'imputato, in ragione del suo ruolo di responsabile, faceva pesare il suo ruolo di Commissario, assumendo talvolta atteggiamenti di potere egli inoltre, essendo anche volontario, poteva inserirsi nei turni predisponendoli come più gli aggradava - lo stesso imputato in sede di interrogatorio aveva ammesso di avere ampliato l'area ed i tempi di utilizzo dei volontari , con ciò ammettendo la sussistenza di un ruolo gestionale, e di avere sottoposto la Al.Li. a dei rimproveri in due occasioni, con ciò ammettendo la sussistenza di un potere disciplinare - sulla posta elettronica dell'imputato venivano rinvenute mail che concernevano richieste di intervento sui turni dei volontari. Da ciò la Corte distrettuale torinese desume che il Ra.Ma. fosse un primus con funzioni organizzative, quindi con una posizione nettamente sovraordinata . E tale posizione era sfruttata sistematicamente dall'imputato nei confronti della Al.Li., ricattata per il timore di perdere il posto di lavoro. Ritiene la Corte territoriale che non è difficile ipotizzare che poteva essere sufficiente che fosse giunta in direzione la voce che un dipendente a termine non aveva dimostrato sufficiente disponibilità, così come rappresentò, sia pure in termini felpati, lo stesso Fi.Pi., per non vedersi rinnovato il contratto mensile . La Corte di appello ricapitola quindi gli episodi di violenza commessi dall'imputato cinque in tutto, oltre a quello ripreso dalle telecamere . 5 . Con sentenza numero 40590 del 05/10/2022 numero m. , la Quarta Sezione di questa Corte, a seguito di ricorso proposto dall'imputato, annullava nuovamente la sentenza impugnata ritenendo che fosse stata emessa in violazione del disposto di cui all' articolo 603 comma 3-bis cod. proc. penumero La Quarta Sezione precisava preliminarmente che sulla base del dictum della sentenza della Corte di Cassazione la Corte di cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte di Appello in ordine alla attendibilità della persona offesa ed alla veridicità della ricostruzione dalla stessa operata non fosse censurabile, in quanto congruamente argomentata fosse preclusa alla Corte di appello la rielaborazione della ricostruzione dei fatti operata nella sentenza di secondo grado annullata e ha correttamente individuato il perimetro della cognizione ad essa riservato dalla sentenza rescindente, limitato al solo profilo della sussistenza o meno di una condizione di sovra-ordinazione dell'imputato rispetto alla persona offesa, rilevante ai fini della procedibilità di ufficio del reato . Rigettando la doglianza difensiva sui limiti della cognizione dei giudici del rinvio, la Corte evidenziava che l'annullamento aveva colpito un solo punto della sentenza impugnata, ovvero quello relativo alla procedibilità. Non si è dunque determinata la formazione del giudicato sulla parte della sentenza non annullata, posto che il giudicato presuppone l'affermazione della responsabilità che nel caso di specie non avrebbe potuto esservi, ma si è determinata comunque una preclusione processuale , per il giudice del rinvio, di rielaborare la ricostruzione degli episodi di abuso sessuale come descritti dalla vittima e come emersi nell'istruttoria. Tuttavia, secondo la Corte, il ribaltamento della sentenza di assoluzione da parte della Corte di appello, era stato determinato dalla valutazione in merito alla sussistenza di una condizione di sovra-ordinazione dell'imputato rispetto alla vittima fondata sul dato documentale della lettera in cui erano riportate le mansioni di Ra.Ma., Fi.Pi. e Be.Lo. e sul contenuto delle dichiarazioni di Fi.Pi. e Be.Lo Le dichiarazioni dei due testi erano state esaminate nella sentenza assolutoria di primo grado, sia pure non esplicitamente ai fini della verifica della condizione di procedibilità, ed erano state ritenute dimostrative della assenza di alcun potere da parte di Ra.Ma. rispetto alla situazione lavorativa di Al.Li. La Corte territoriale, in ossequio ai principi sopra richiamati, avrebbe dovuto disporre l'assunzione della testimonianza dei due testi, Fi.Pi. e Be.Lo le cui dichiarazioni aveva ritenuto rilevanti ai fini dell'apprezzamento demandatagli dalla Corte di cassazione. Nessun rilievo poteva assumere, secondo la Corte, il fatto che i due non fossero stati sentiti neppure in primo grado essendo state le loro dichiarazioni, rese nel corso delle indagini, acquisite al fascicolo del dibattimento su accordo delle parti, giacché, come chiarito dalle Sezioni Unite della Corte Sez. U., numero 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269785 , è il principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio ad imporre che il ribaltamento di una sentenza assolutoria passi attraverso l'assunzione della prova caratterizzato da oralità e immediatezza in quanto incontestabilmente più affidabile per l'apprezzamento degli apporti dichiarativi . Nella circostanza, la Corte precisava che l'annullamento ha colpito un solo punto della sentenza impugnata, ovvero quello relativo alla procedibilità. Non si è dunque determinata la formazione del giudicato sulla parte della sentenza non annullata, posto che il giudicato presuppone l'affermazione della responsabilità che nel caso di specie non avrebbe potuto esservi, ma si è determinata comunque una preclusione processuale , per il giudice del rinvio, di rielaborare la ricostruzione degli episodi di abuso sessuale come descritti dalla vittima e come emersi nell'istruttoria fra l'altro anche attraverso una videoregistrazione acquisita in atti . La Corte di appello di Torino ha correttamente ritenuto con motivazione definita puntuale e rigorosa che sulla base del dictum della sentenza della Corte di Cassazione fosse preclusa la rielaborazione della ricostruzione dei fatti operata nella sentenza di secondo grado annullata e ha correttamente individuato il perimetro della cognizione ad essa riservato dalla sentenza rescindente, limitato al solo profilo della sussistenza meno di una condizione di sovraordinazione dell'imputato rispetto alla persona offesa, rilevante ai fini della procedibilità di ufficio del reato. La preclusione operava, quindi posto che tali erano i profili di censura ritenuti manifestamente infondati in riferimento alla responsabilità dell'imputato avuto riguardo alle condotte contestate ed in particolare al tema delle modalità minacciose o prevaricanti con cui avrebbe compiuto gli atti sessuali contestati e alla attendibilità della parte civile. 6. Con sentenza del 26/05/2023, la Corte di appello di Torino, pronunciando nel susseguente giudizio rescissorio, dopo aver rinnovato l'istruttoria mediante escussione dei testi Fi.Pi., Be.Lo. e Mu.Ca. quest'ultimo su richiesta della Difesa , in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava estinti per prescrizione i fatti verificatisi fino alla data del 26/11/2010 e, riconosciuta la circostanza aggravante di cui all' articolo 609-septies, quarto comma, numero 3 , cod. penumero suvvalente rispetto alle riconosciute circostanze attenuanti generiche, condannava l'imputato alla pena di anni tre e mesi otto di reclusione anni tre e mesi quattro per il reato base aumentati di quattro mesi per la continuazione interna . 7. Avverso tale sentenza il Ra.Ma. per il tramite dei propri difensori, propone due distinti ricorsi. 8. Il ricorso dell'Avv. Tommaso Servetto del Foro di Torino. 8.1. Con il primo motivo, lamenta vizio di motivazione per travisamento delle testimonianze rese da Fi.Pi., Be.Lo. e Mu.Ca., in ordine all'accertamento relativo alla sussistenza di una condizione di sovra-ordinazione dell'imputato rispetto alla persona offesa ai fini della ritenuta procedibilità d'ufficio del reato contestato all'imputato al Capo A . Evidenzia il ricorrente come il thema decidendum stabilito dalla prima sentenza rescindente fosse costituito dalla configurabilità di una posizione sovra-ordinata dell'imputato fondata sulla sua eventuale influenza sul rinnovo del contratto della persona offesa. La sentenza risulta viziata da travisamento laddove afferma che i testi escussi abbiano confermato, acriticamente e indiscriminatamente, le precedenti dichiarazioni rilasciate in sede di s.i.t., laddove, al contrario, le hanno clamorosamente smentite. Il ricorrente cita, ad esempio la deposizione del Fi.Pi. sulla eccezionalità delle richieste ai dipendenti di svolgere turni da volontari, sulle conseguenze in caso di rifiuto, sull'automaticità del rinnovo degli interinali, da cui si desumono sia un travisamento per omissione che per invenzione, oppure le dichiarazioni del Be.Lo. sull' apprezzamento che gli interinali facessero i turni da volontari. Anche la deposizione del Mu.Ca. appare travisata per omissione, laddove la sentenza omette di considerare le sue chiare dichiarazioni sulla mancanza di subordinazione gerarchica tra le parti. Evidenzia inoltre che il potere disciplinare che in ipotesi aveva il Ra.Ma. doveva riferirsi alla sola componente volontaristica pura , e non anche ai dipendenti. 8.2. Con il secondo motivo di ricorso, lamenta vizio di motivazione e violazione di norme processuali previste a pena di nullità e in particolare del canone della colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio . Evidenzia il ricorrente come la sentenza ha solo formalmente rinnovato il dibattimento, ma di fatto ha totalmente svalutato le deposizioni assunte in appello a tutto favore delle sommarie informazioni testimoniali seguono esempi , che non possono essere recuperate neppure in ragione di eventuali difformità mnemoniche. Tale modus procedendi, oltre a violare in modo sostanziale l'obbligo di rinnovazione dell'istruttoria posto che la sentenza si basa sullo stesso materiale probatorio che precedeva la rinnovazione , viola anche l'obbligo di motivazione rafforzata in caso di overturning, al primo principio strettamente correlato. 9. Il ricorso dell'Avv. Cosimo Maggiore del Foro di Torino. 9.1. Con il primo motivo, lamenta vizio di motivazione risultante dalla sentenza e dal confronto con i seguenti atti processuali sommarie informazioni testimoniali e deposizione resa da Fi.Pi., sommarie informazioni testimoniali e deposizione resa da Be.Lo. e deposizione resa da Mu.Ca. Il Capo della sentenza concernente la ritenuta sussistenza della condizione di procedibilità è viziato da manifesta illogicità sia intrinseca cioè risultante dal suo stesso testo , sia estrinseca, ossia risultante dal suo raffronto con i dati processuali travisamento in positivo e in negativo . In primo luogo, la Corte di appello non ha chiarito se le difficoltà mnemoniche dei dichiaranti abbiano o meno condotto ad un giudizio di complessiva inattendibilità dei testimoni. Inoltre, ritiene che l'imputato, in quanto commissario calato dall'alto e quindi imposto, avrebbe avuto maggiori poteri dell'ispettore che andava a sostituire, circostanza mai dichiarata dai testimoni. La Corte di appello ha inoltre atomizzato la figura della persona offesa, omettendo di considerare che era soprattutto un dipendente interinale e solo in via secondaria ed eccezionale una volontaria, circostanza da cui avrebbe dovuto desumere l'assenza di qualsiasi potere per il Ra.Ma. di influire sul rinnovo del contratto della Al.Li. Anche in questo caso, il ricorrente ritiene che il devolutum consistesse, in particolare, sulla possibilità giuridica per l'imputato di influire sul rinnovo del contratto interinale della p.o. quale dipendente, e, sotto tale profilo, appare evidente che tale possibilità non vi fosse, in quanto il Ra.Ma. era responsabile dei soli volontari e le due strutture - quella dei dipendenti e quella dei volontari - erano parallele . Critica, inoltre, analiticamente gli indici probatori ritenuti dalla sentenza prova dell'esistenza di una sovra-ordinazione esposti in precedenza . Il ricorrente censura che le conclusioni cui è pervenuta la Corte par. 13 e 14 non sono coerenti con le premesse probatorie esposte ai parr. 8, 9 e 10 della sentenza impugnata. La Corte di appello ha ritenuto che l'imputato, nominato commissario in luogo dell'ispettore, avesse poteri più ampi di questi che fosse un coordinatore addetto a fornire i volontari al Comitato che per i volontari fosse un capo con poteri disciplinari sui sottoposti, negando, per converso, che il suo compito fosse di mero ausilio dei due responsabili dei servizi operativi e dei turni dipendenti. Nelle pagine da 12 a 38 esplicita le doglianze su tali aspetti, che il Collegio riassumerà stringatamente. Quanto alla scelta dei volontari da mettere nei turni, secondo il ricorrente Ra.Ma. non svolgeva alcun compito se non trasmettere le schede turno redatte dai suoi collaboratori Ga.Ma. e Vo.Ma. e trasmetterle a Fi.Pi. e Be.Lo. di cui era un mero collaboratore con il compito di assicurare che non si creassero vuoti nei turni. Analogamente, il teste Mu.Ca. riferisce che il Ra.Ma. si limitava a ricevere i turni predisposti da capisquadra. La sentenza è pertanto, sul punto, viziata da contraddittorietà con le fonti di prova. Quanto alla asserita diversità del ruolo del commissario rispetto a quello dell'ispettore, la sentenza ritiene che le due figure fossero distinte, che Ra.Ma. fu nominato commissario a seguito delle dimissioni di tale Bi., che il suo compito era quello di spingere i volontari a fare più di quanto fossero disposti a fare e che egli fosse stato coinvolto nella riorganizzazione delle responsabilità operative dopo il pensionamento del Bi La Corte travisa le prove confondendo le dimissioni del precedente ispettore con il pensionamento del Bi., cui era conseguita la nomina provvisoria del Ra.Ma. Del pari, la Corte territoriale travisa il contenuto del documento a firma del Ca.Anumero del dicembre 2009, che in realtà non mutava nulla della precedente struttura organizzativa. In realtà il commissario dei volontari era una figura interinale e temporanea, che non aveva alcun potere di influire sul percorso lavorativo dei dipendenti quali la persona offesa. Del pari, la Corte di appello travisa le dichiarazioni del Be.Lo. in riferimento all'esistenza di un potere disciplinare del Ra.Ma. sulla Al.Li., del quale non ha spiegato il contenuto e la fonte, limitandosi a richiamare la deposizione del teste Mu.Ca., il quale aveva tuttavia escluso un autonomo potere di iniziativa disciplinare, in quanto il Ra.Ma. una volta ricevuta una segnalazione dai capi squadra, avrebbe dovuto solo fare rapporto al Comitato. Del pari manifestamente illogico è ritenere, come fa la Corte, che l'imputato avesse un ruolo decisivo sul rinnovo del contratto della persona offesa. I profili di illogicità concernono tutte circostanze escluse dai testi escussi come specificato nelle pagine successive i la valutazione sul rischio di non essere confermati a seguito di segnalazioni negative, laddove sussisteva di fatto una vera e propria stabilità ii la ritenuta normalità del ricorso agli interinali come volontari, laddove era solo saltuaria iii l'utilizzo del rinnovo mensile come strumento di pressione sugli interinali per svolgere turni come volontari, non retribuiti iv l'affermazione che l'imputato fosse stato nominato commissario proprio per compulsare i volontari a svolgere turni aggiuntivi. In merito a tali aspetti si verifica una frattura logica nel percorso della motivazione i testi negano ciò che la Corte di appello afferma. 9.2. Con il secondo motivo lamenta manifesta illogicità della motivazione per violazione dell'obbligo di motivazione rafforzata rispetto alla sentenza di primo grado. E, per conseguenza, violazione del canone dell' oltre ogni ragionevole dubbio . La Corte di appello si limita a contrapporre alla prima sentenza la propria valutazione delle fonti di prova, senza evidenziare le oggettive carenze della sentenza assolutoria. Il Tribunale aveva affrontato a pagg. 8-12 la questione della sovra-ordinazione, escludendola, ed escludendo del pari la sussistenza di rapporti privilegiati tra Ra.Ma., Fi.Pi. e Be.Lo., tali da consentire al primo di influire indirettamente, tramite gli altri, sul rinnovo della persona offesa. La sentenza di primo grado evidenzia che i non vi era differenza di inquadramento e trattamento tra le due parti, essendo entrambi dipendenti ii entrambi, nella predisposizione dei turni, erano sottoposti alla struttura preordinata dal Fi.Pi. iii la persona offesa non ha mai chiesto al Fi.Pi. di non essere messa in turno con l'imputato iv il compito del Ra.Ma. si fermava al reperimento dei volontari, concludendo per l'assenza di un rapporto di sovra-ordinazione o di influenza sul rinnovo contrattuale. Il Tribunale si era espresso anche sull' apprezzamento dei turni svolti ai fini del rinnovo del contratto, escludendo che tali turni fossero in qualche modo obbligatori. Di avviso sostanzialmente analogo è la prima sentenza della Corte di appello. La sentenza impugnata non spiega quali siano i profili di novità introdotto per effetto della rinnovazione del dibattimento, né si sofferma sui passaggi argomentativi delle due precedenti sentenze. Del resto, anche la seconda sentenza era stata annullata dalla Corte di cassazione per avere omesso il medesimo confronto con le precedenti di merito. Inoltre, anche la sentenza di appello dell'ottobre 2021 era stata annullata in quanto viziata dai medesimi motivi della presente, in quanto la p.o. era chiaramente una dipendente e non una volontaria e non era sotto-ordinata al Ra.Ma. Inoltre, entrambe le sentenze, quella pronunciata dalla Quarta e quella pronunciata dalla Quinta Sezione della corte torinese, sono affette dal medesimo errore di travisamento della prova, laddove affermano che gli interinali fossero obbligati a svolgere i turni da volontari, in quanto quello che era mero apprezzamento viene trasfigurato in una prassi commendevole. La sentenza che si impugna non si confronta inoltre con la prima sentenza laddove afferma che non era nelle mansioni del Ra.Ma. comunicare eventuale apprezzamento dei dipendenti interinali, né si confronta con l'affermazione del Fi.Pi. secondo cui la prassi di spingere gli interinali a turnazioni aggiuntive come volontari fosse stata abbandonata da prima che si verificassero i fatti per cui si procede. 9.3. Con il terzo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza di oggettivi indici di sovra-ordinazione, di tale rilevanza e spessore da determinare, oltre ogni ragionevole dubbio, la condizione di metus o maggiore vulnerabilità della vittima che giustificano la procedibilità d'ufficio. Non vi è prova alcuna che il metus sia derivato, con nesso eziologico diretto ed immediato dalle funzioni esercitate dall'imputato, laddove è provato che la persona offesa, come dipendente, non era sotto-ordinata all'imputato stesso. 9.4. Con il quarto motivo, lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all'applicazione della disciplina del reato continuato e della prescrizione del reato. La sentenza, nel dichiarare prescritti i reati commessi fino al 26 novembre 2010, applica l'istituto della continuazione, mitigandolo, senza tuttavia chiarire quali altri episodi si sarebbero verificati tra la data suddetta e il 12 novembre 2011, epoca della ripresa video cui seguì l'arresto del Ra.Ma., non risultando tale elemento dagli atti del processo. Non avendo neppure indicato quali e quanti episodi si sarebbero verificati, la Corte di appello è venuta anche meno all'obbligo di specifica motivazione sui criteri utilizzati per quantificare l'aumento. 10. Nel concludere per l'inammissibilità del ricorso, il Procuratore generale evidenziava che, nel caso in esame, i giudici di appello hanno accertato, sulla base di quanto riferito dai testi escussi e dal coordinamento logico delle altre prove in atti, che era configurabile un effettivo potere di sovra-ordinazione dell'imputato nei confronti della persona offesa, atteso che il Ra.Ma. gestiva il gruppo dei volontari e dirigeva il personale organizzava le persone per coprire le postazioni individuava i nomi delle persone che dovevano salire sulle ambulanze la persona offesa era una dipendente interinale e non in servizio presso la Croce Rossa Ra.Ma. era un capo e come tale doveva logicamente farsi rispettare assumeva talvolta atteggiamenti di potere il ricorrente stava sopra e al di sotto di lui c'erano i capisquadra e ancor più sotto i volontari tra cui la vittima nei confronti dei quali aveva il potere di procedere disciplinarmente . Tale accertamento risulta coerente con gli elementi a disposizione e le conclusioni che ne sono state tratte dalla Corte di appello non sono affatto illogiche, avendo tutti e tre i testimoni tenuto separata la sfera dei dipendenti da quella dei volontari, chiarendo che ciascuno aveva il proprio sovraordinato, sicché Ra.Ma. era tale nei confronti della persona offesa in quanto volontaria, mentre non lo era nei confronti della stessa persona in quanto dipendente per lo svolgimento dei turni a titolo di volontariato . E proprio questa duplice qualità della donna dipendente-volontaria non appare irragionevole e trova stretta aderenza con lo svolgimento dei fatti e con le differenti qualifiche dei soggetti coinvolti, in grado di incidere nel concreto sulla possibilità di rinnovo del contratto interinale della donna. 11. In data 1° febbraio 2024, l'Avv. Tommaso Servetto faceva pervenire, per l'imputato, memoria di replica, in cui insisteva per l'accogliento del ricorso. La memoria evidenzia in particolare che l'accertamento devoluto alla Corte di appello, previa assunzione delle due testimonianze indicate, è da intendersi essenzialmente circoscritto alla valutazione delle dichiarazioni di Fi.Pi. e Be.Lo all'eventuale ruolo dell'imputato in ordine al rinnovo del contratto interinale della persona offesa. Quanto all'oggetto del giudizio di rinvio, il censurato vizio del travisamento della prova sussiste in quanto, contrariamente a quanto ritenuto nella motivazione della sentenza impugnata e nelle conclusioni della Procura Generale, i testi non hanno in alcun modo confermato od adombrato - avendolo, al contrario, espressamente escluso - un ruolo del Ra.Ma. nella procedura di rinnovo contrattuale della persona offesa. Le testimonianze assunte in sede di rinvio, in applicazione dell' articolo 603, comma 3-bis, c.p.p. , ratione temporis applicabile, sono state sul punto travisate e, in ogni caso, così come eccepito nel secondo motivo di ricorso, svalutate, in favore delle s.i.t. acquisite nel giudizio di primo grado, con evidente violazione dei principi della motivazione rafforzata e del canone di giudizio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, che elevano l'onere motivazionale per la condanna a fronte dell'esito assolutorio del primo grado cita Sez. 4, numero 15169 del 01/02/2022, Romano, numero m., secondo cui la sentenza del giudizio rinnovato non potrebbe ricalcare lo stesso canovaccio argomentativo della pronuncia annullata dal giudice di legittimità . L'equivoco in cui incorre la sentenza impugnata, censurato nei motivi di ricorso, nonché la Procura Generale nelle sue conclusioni alle pagine 2 e 3, è evidente e radicale la componente dei volontari, di cui Ra.Ma. era Commissario, è formalmente e sostanzialmente distinta dalla componente dei dipendenti, a cui apparteneva la Al.Li. e che faceva capo a Be.Lo. la vittima non era una volontaria ma una dipendente e nei suoi confronti il Ra.Ma., nella sua qualità di Commissario dei Volontari, non aveva il potere di procedere disciplinarmente. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono inammissibili. Preliminarmente, il Collegio ritiene di dovere, in primo luogo, ribadire il principio secondo cui la prova, con particolare riferimento a quella dichiarativa, non è mai un fatto in sé bensì una affermazione, che deve essere verificata come vera o come non vera sull'esistenza di un fatto passato. Una serie di affermazioni vere e convergenti su un determinato accadimento del passato integra la prova del medesimo come fatto giuridico, dal quale derivano determinate conseguenze legali Sez. U, numero 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255145-01 . Nella valutazione della prova dichiarativa, il giudice deve prendere in considerazione ogni singolo fatto ed il loro insieme non in modo parcellizzato e avulso dal generale contesto probatorio, procedendo a verificare se essi, ricostruiti in sé e posti vicendevolmente in rapporto, possano essere ordinati in una costruzione logica, armonica e consonante che consenta, attraverso la valutazione unitaria del contesto, di attingere la verità processuale, cioè la verità limitata, umanamente accertabile e umanamente accettabile del caso concreto Sez. 2, numero 33578 del 20/05/2010, Isoa, Rv. 248128-01 Sez. 6, numero 8314 del 25/06/1996, Cotoli, Rv. 206131-01 . Se tale è il percorso argomentativo, e prima ancora logico, che il giudice deve seguire nella valutazione della prova, analogo cimento viene richiesto alle parti nella stesura dei motivi di ricorso, dovendosi ritenere inammissibile e il riferimento va, prevalentemente al ricorso dell'Avv. Maggiore, che articola il primo motivo in ben 72 sotto-punti di censura quel ricorso che procede a sezionare le prove e la stessa sentenza in miriadi di monadi, avulse dal contesto generale così, ad esempio, Sez. 2, numero 32619 del 24/04/2014, Pipino, Rv. 260071-01, non massimata sul punto, che parla di smembramento degli elementi processualmente emersi . Nel caso di specie, entrambi i ricorsi appaiono caratterizzati da una frammentazione settoria del materiale probatorio in rivoli separati, sì da far perdere allo stesso la sua naturale unità, nonché da una prolissità tale da rendere inagevole la stessa comprensione delle dedotte censure. A tale ultimo proposito, il Collegio evidenzia come l'esposizione dei motivi di ricorso debba essere improntata a sinteticità e chiarezza , come emerge anche dal Protocollo d'intesa tra la Corte di Cassazione e il Consiglio Nazionale Forense in merito alle regole redazionali dei motivi di ricorso in materia penale , sottoscritto il 17 dicembre 2015 da intendersi quale strumento esplicativo del dato normativo dettato dall' articolo 606, cod. proc. penumero al fine della valutazione dell'ammissibilità dei motivi di ricorso , v. Sez. 6, numero 57224 del 09/11/2017, Longo, Rv. 271725-01 Sez. 2, numero 57737 del 20/09/2018, Obambi, Rv. 274471-01 e che, secondo un principio ormai cristallizzato nella giurisprudenza civile ma che deve essere ribadito anche in materia penale, il mancato rispetto del dovere di chiarezza e sinteticità espositiva degli atti processuali esprime un principio generale del diritto processuale, la cui inosservanza espone il ricorrente al rischio di una declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione, non già per l'irragionevole estensione del ricorso la quale non è normativamente sanzionata , ma in quanto pregiudica l'adeguata intellegibilità delle questioni, qualora renda effettivamente oscura l'esposizione dei fatti di causa e, così, confuse le censure mosse alla sentenza gravata ex plurimis, Sez. U. Civ., numero 37552 del 30/11/2021 Sez. 3 Civ., numero 4300 del 13 febbraio 2023 . È stato in proposito osservato dalla Corte Sez. 6 Penumero , numero 10539 del 10/02/2017, Lorusso, Rv. 269379-01 che è inammissibile, perché generico, il ricorso per cassazione articolato in un numero abnorme di motivi nella specie settantanove concernenti gli stessi capi d'imputazione e i medesimi punti e questioni della decisione, in quanto tale eccessiva prolissità e verbosità rende confusa l'esposizione delle doglianze e difficoltosa l'individuazione delle questioni sottoposte al vaglio dell'organo della impugnazione . Ed infatti, prosegue la sentenza citata, sottoporre al giudice della impugnazione argomenti all'evidenza ridondanti, rende il ricorso proposto in violazione del disposto dell'articolo 581, lett. c , cod., proc. penumero , là dove prescrive l'enunciazione dei motivi con indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono la richiesta , in quanto contravviene al necessario onere di specificazione delle critiche mosse al provvedimento. Ovviamente, la prolissità quale indice di genericità non può essere valutata in assoluto , ma raffrontando le specifiche censure articolate nell'impugnazione, con la consistenza delle argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato Sez. 3, numero 37737 del 18/06/2014, Bacci, Rv. 259907-01 . Nel caso di specie, a fronte di un thema decidendum cristallizzato sulla sola rinnovazione di due dichiarazioni testimoniali, le difese si sono profuse in una fluviale dilatazione dei profili di censura, spesso ripetitivi e sovrabbondanti, tali da rendere particolarmente complessa al Collegio la stessa comprensione delle doglianze, risultando già per tale aspetto inammissibili. Il Collegio esprime quindi il principio di diritto secondo cui è inammissibile, perché generico, il ricorso per cassazione articolato in un numero abnorme di censure concernenti gli stessi capi d'imputazione e i medesimi punti e questioni della decisione, in quanto tale eccessiva prolissità e verbosità rende confusa l'esposizione delle doglianze e difficoltosa l'individuazione delle questioni sottoposte al vaglio della Corte. L'esposizione dei motivi di ricorso deve infatti essere improntata a quella sinteticità e chiarezza indicata Protocollo d'intesa tra la Corte di Cassazione e il Consiglio Nazionale Forense in merito alle regole redazionali dei motivi di ricorso in materia penale , sottoscritto il 17 dicembre 2015, da intendersi quale strumento esplicativo del dato normativo dettato dall' articolo 606, cod. proc. penumero al fine della valutazione dell'ammissibilità dei motivi di ricorso. La prolissità quale indice di genericità non può tuttavia essere valutata in assoluto, ma raffrontando le specifiche censure articolate nell'impugnazione con la consistenza delle argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato. Ciò premesso, i ricorsi sono inammissibili anche per altri motivi, specifici per ciascuno di essi. 2. Il motivo di censura comune ad entrambi i ricorsi relativo alla dedotta inottemperanza all'obbligo di motivazione rafforzata, è inammissibile per diversi e convergenti motivi. 2.1. In primo luogo, tale profilo di censura non era stato sollevato nella precedente fase rescindente, tanto che il principio di diritto espresso dalla Corte concerneva esclusivamente la rinnovazione della prova testimoniale. Esso era stato, invece, proposto nei confronti della prima sentenza di appello, e respinto da questa Corte nella citata sentenza numero 8213/2021. Nella circostanza, nel premettere che la motivazione rafforzata consiste nella compiuta indicazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado, nonché in un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale o processuale, in modo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore ex plurimis, Sez. 6, numero 51898 del 11/07/2019, Rv. 278056 Sez. 1, numero 12273 del 05/12/2013, 14/03/2014, Rv. 262261 , la Corte evidenziava come la difesa, nel lamentare la mancanza di quella motivazione rafforzata che deve accompagnare il ribaltamento della decisione assolutoria emessa in primo grado, ne equivoca tuttavia la portata, sostenendo che la prova dichiarativa oggetto di rinnovazione istruttoria non abbia portato elementi di novità idonei alla riforma della sentenza. Nella specie, i giudici distrettuali hanno correttamente evidenziato come gli elementi sui quali si fondava la valutazione di inattendibilità della vittima, ovverosia le parziali divergenze del racconto rese da costei, assumessero tutt'altro significato alla luce delle ulteriori risultanze istruttorie . A fronte di siffatte precisazioni - che costituiscono il logico fondamento sul quale i giudici di appello hanno basato il proprio, alternativo, ragionamento probatorio volto a sovvertire le conclusioni raggiunte sul punto dai primi giudici - la difesa si limita a prospettare una rivisitazione parziale dei fatti basata sulla valorizzazione di dati che devono essere ritenuti recessivi . Sul profilo invocato è, pertanto, calata la duplice preclusione del devolutum e della mancata proposizione nella precedente fase rescissoria, di analogo oggetto della presente. Il ricorrente, per superare tale ostacolo, correla l'obbligo di motivazione rafforzata all'obbligo di rinnovazione istruttoria, come se costituissero due facce della medesima medaglia v. pag. 22 ricorso Avv. Servetto, pag. 40 ricorso Avv. Maggiore, punto 2.3 . Tale assunto è errato per una serie di convergenti motivi. In primo luogo, questa Corte Sez. 3, numero 27473 del 24/03/23, Matteucci, numero m. , ha stabilito che l'obbligo di motivazione rafforzata prescinde dalla rinnovazione dell'istruttoria, prevista dall' articolo 603, comma 3-bis, cod. proc. penumero , in quanto trova fondamento nella mera necessità di dare una spiegazione diversa rispetto a quella cui era pervenuta la sentenza di primo grado cfr. Sez. 6, numero 51898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056-01 . E, in effetti, l'obbligo di motivazione rafforzata e quello di procedere a rinnovazione istruttoria sono tra loro distinti e non certo incompatibili. L'obbligo di procedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale attiene alla individuazione del materiale di prova che il giudice di appello è tenuto a valutare , mentre l'obbligo di motivazione rafforzata concerne i criteri da seguire nella valutazione delle risultanze istruttorie acquisite , anche in forza di quanto disposto dall' articolo 603, comma 3-bis, cod. proc. penumero , nonché la ostensione dei canoni di apprezzamento effettivamente seguiti , al fine di consentirne il controllo in sede di impugnazione. Inoltre, l'obbligo di procedere alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale costituisce applicazione del principio di immediatezza , e risponde all'esigenza di garantire un contatto diretto tra le fonti di prova ed il giudice che pronuncia la sentenza di condanna, mentre l'obbligo di motivazione rafforzata è funzionale all'esigenza di assicurare il superamento di ogni ragionevole dubbio , attraverso un esame di tutto il materiale istruttorio acquisito e rilevante ai fini della decisione. Sotto altro profilo, Sez. U. 11568 del 30/09/2021, dep. 2022, Sadik, Rv. 282808-01, hanno precisato nel caso di specie le Sezioni Unite erano chiamate a verificare se, in caso di riforma in appello del giudizio assolutorio di primo grado, fondata su una diversa valutazione delle dichiarazioni ritenute decisive, l'impossibilità di procedere alla rinnovazione della prova dichiarativa a causa del decesso del soggetto da esaminare precluda, di per sé sola, il ribaltamento del suddetto giudizio che la riforma, in appello, della sentenza di assoluzione non è preclusa nel caso in cui la rinnovazione della prova dichiarativa decisiva, oggetto di discordante valutazione, sia divenuta impossibile per decesso del dichiarante , a condizione che , rafforzata deve essere la motivazione che deve colmare il deficit del mancato riascolto . In questo caso il rafforzamento delle argomentazioni motivazionali deve essere particolarmente incisivo e, in primo luogo, avere ad oggetto la dichiarazione decisiva , resa in primo grado e non potuta replicare, attraverso un esame e una valutazione di tutti gli elementi riguardanti la credibilità del soggetto e l'attendibilità del suo narrato, per poi procedere alla falsificazione della stessa prova dichiarativa per verificarne le disarmonie logiche e argomentative, nonché per evidenziare il fondamento erroneo dei fatti e rapporti valorizzati dal primo giudice sulla base di un eventuale travisamento probatorio. Ma, soprattutto, il rafforzamento deve avvenire non solo su basi argomentative, bensì sulla base di ulteriori elementi che siano idonei a compensare il sacrificio del contraddittorio, elementi che il giudice ha l'onere di ricercare e acquisire anche avvalendosi dei poteri officiosi di cui all' articolo 603, comma 3, cod. proc. penumero . In altre parole, il deficit probatorio che si verifica per effetto della impossibilità di procedere alla rinnovazione della prova dichiarativa decisiva e in presenza di una sentenza assolutoria di primo grado, determina la necessità di prevedere tutte quelle garanzie procedimentali in grado di reintegrare il quadro probatorio, al fine di dimostrare la illogicità della originaria valutazione che di quelle prove ha fatto il primo giudice. Le Sezioni Unite, pertanto, ritengono che non ad ogni ribaltamento della sentenza assolutoria debba conseguire sia un obbligo di rinnovazione che di motivazione rafforzata, in ciò confermando che le due locuzioni esprimono concetti e istituti differenti. 2.3. In secondo luogo, i ricorrenti riconducono la violazione dell'obbligo al contenuto di tutta la sentenza di primo grado concernente il rapporto di sovra-ordinazione v. pag. 40 ss. ricorso Avv. Maggiore . Tale censura è doppiamente e manifestamente infondata. In proposito, va in primo luogo sottolineato come il primo giudice, nell'assolvere nel merito l'imputato perché il fatto non sussiste, non ha espressamente considerato la questione della procedibilità, riferendo alcune dichiarazioni del Fi.Pi. e del Be.Lo. al solo fine di svalutare l'attendibilità della persona offesa. Lo stesso ricorrente Avv. Maggiore - pag. 39 del ricorso - precisa, richiamando la seconda sentenza rescindente, che le dichiarazioni dei testi Fi.Pi. e Be.Lo. erano state esaminate dalla prima sentenza assolutoria sia pure non esplicitamente ai fini di verifica della condizione di procedibilità e la stessa Difesa dell'imputato, nel ricorso avverso la prima sentenza di appello Avv. Rossini , testualmente affermava nel primo motivo che l'accertata insussistenza della condizione di procedibilità del reato precluderebbe ogni valutazione nel merito da parte dell'organo giudicante, avendo precedenza assoluta sull'accertamento del fatto di reato pag. 3 sent. Cass. 8213/2021 . Pertanto, nell'assolvere nel merito l'imputato, la questione relativa alla procedibilità aveva perso rilevanza, tanto da non essere stata oggetto di specifica valutazione. In secondo luogo, il Collegio evidenzia come, in materia di overturning in appello della sentenza assolutoria di primo grado, nel caso di annullamento con rinvio, la verifica dell'ottemperanza dell'obbligo di motivazione rafforzata va, in ogni caso, riferita non solo all'ultima sentenza rescissoria, ma anche a quelle rese nei precedenti giudizi di appello, nelle parti non oggetto di annullamento esse, infatti, si pongono tra di loro come cerchi concentrici di dimensioni sempre minori, che fra loro si saldano a formare un unicum inscindibile. 2.3.1. E così, dalla prima sentenza di appello emerge, con accertamento su cui è calata la preclusione del devolutum a che l'imputato ha sicuramente commesso violenza sessuale continuata nei confronti della persona offesa b che le dichiarazioni della persona offesa riscontrate anche dalle dichiarazioni della Pa.Al., persona offesa del Capo B - v. pag. 26 della sentenza - la quale ha evidenziato come l'imputato, che era legato ad altra donna da cui attendeva un figlio, non risparmiava le sue attenzioni verso altre donne, facendo il piacione devono ritenersi pienamente attendibili, a differenza di quanto ha ritenuto il primo giudice, che aveva disposto la trasmissione degli atti in Procura affinché si procedesse nei di lei confronti per calunnia c che, conseguentemente, va ritenuta credibile la versione narrata dalla persona offesa, secondo cui sussisteva un forte metus nei confronti dell'imputato, che la minacciava di non farle rinnovare il contratto interinale se non avesse accondisceso alle sue pretese sessuali la sentenza precisa che la persona offesa, che aveva assoluto bisogno di lavorare perché aveva un figlio piccolo da crescere, era stata anche avvicinata in data 14 ottobre 2011 dal Ra.Ma., che nell'occasione le avrebbe ricordato come dovesse comportarsi per poter lavorare tale condizione di timore, tuttavia, veniva ricondotta a mere millanterie dell'imputato e non ad una effettiva sovra-ordinazione dello stesso pag. 28 , parte della sentenza - quest'ultima - colpita dall'annullamento della Corte. 2.3.2. La seconda sentenza di appello, a sua volta, contiene l'accertamento definitivo in riferimento alla rivalutazione di tutte le prove assunte in primo grado e nel precedente giudizio di appello, ad eccezione di quelle dichiarative rese da Fi.Pi. e Be.Lo., in relazione alle quali la Corte di cassazione ha ritenuto violato l'obbligo di rinnovazione ex articolo 603, comma 3-bis, cod. proc. penumero In particolare, la sentenza ricava la sussistenza di una posizione di sovra-ordinazione del Ra.Ma. nei confronti della persona offesa da una serie di elementi a in primo luogo, se è vero che entrambi lavoravano per la Croce Rossa, le posizioni lavorative dei due erano molto diverse in termini di stabilità, poiché il primo era soggetto dipendente come autista soccorritore con contratto a tempo determinato con scadenza annuale fin dal 2003, mentre la seconda era una lavoratrice con contratto interinale di durata mensile, rinnovato mensilmente a partire dal luglio del 2009. È dunque immediato rilevare come il rapporto di lavoro del Ra.Ma. fosse molto più stabile e continuativo rispetto a quello della Al.Li., realtà, questa, già ampiamente dimostrativa della condizione di estrema fragilità in cui si trovava la persona offesa rispetto alla posizione ben più tutelata che caratterizzava il rapporto di lavoro dell'imputato con la Croce Rossa b in secondo luogo, evidenzia la presenza in atti di un documento, del tutto pretermesso nelle precedenti fasi di merito, emesso il 29 Dicembre 2009 dal commissario provinciale Ca.Anumero su carta intestata della Croce rossa italiana. Comitato provinciale di T in cui si precisava che mentre il responsabile dell'area operativa continuava ad essere il Fi.Pi., il Be.Lo. veniva nominato quale coordinatore del personale dipendente mentre il Ra.Ma., indicato quale responsabile dei turni del personale volontario , a seguito del congedo di tale Bi., integrerà tali mansioni nell'ambito delle proprie competenze di Commissario del gruppo Omissis , svolgendo però tale attività in funzione di un ruolo a lui demandato per tutte le componenti volontaristiche . Tale documento, secondo la sentenza, non lascerebbe dubbi sul fatto che l'imputato avesse una posizione nettamente prevalente sulla persona offesa c in terzo luogo, fa riferimento alle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari dai sommari informatori testimoniali Fi.Pi. e Be.Lo., sulla cui valutazione è calata la scure rescindente della Corte e di cui il Collegio parlerà in appresso d in quarto luogo, la Corte torinese evidenzia le parole stesse rese dall'imputato in sede di interrogatorio in data 17/05/2012, laddove riferiva di avere ampliato l'area ed i tempi di utilizzo dei volontari, con ciò ammettendo di aver svolto ruoli gestionali non solo ma in una circostanza egli ebbe ad aggiungere anche che con particolare riferimento poi alla Al.Li., la stessa aveva da me subito rimproveri in due occasioni, perché si era spostata da un turno con volontario ad un turno con altro dipendente, possibilità non consentita secondo le nostre regole interne di amministrazione , da ciò risultando evidente la sussistenza di un ruolo preminente dell'imputato rispetto alla persona offesa e in quinto luogo, la Corte di appello evidenzia come tra le conversazioni di posta elettronica rinvenute all'interno del computer dell'imputato sono state rinvenute diverse richieste di chiarimenti sulle modalità di cambio turni rivolte al commissario Ra.Ma., ciò a cui lo stesso risponde dicendo che era lui che comunicava la cadenza del turno di notte tra i volontari, circostanza che conferma che anche verso l'esterno la figura dell'imputato fosse percepita non solo come quella di un primus inter pares, ma sicuramente come quella di un primus con funzioni organizzative, quindi con una posizione nettamente sovra-ordinata a cui si rivolgevano i volontari per avere chiarimenti ed indicazioni sui turni f ancora, che l'imputato utilizzasse questa sua posizione di sovra-ordinazione oltre alla sua imponente stazza fisica per fare leva sulla già debole capacità di resistenza della persona offesa in ragione degli abusi sessuali patiti in età infantile , emerge dalle dichiarazioni della stessa Al.Li., la quale, escussa dalla Corte d'appello in data 5 dicembre 2018, affermava che a me il lavoro mi serviva. Io avevo una bambina, quindi io del lavoro avevo bisogno . diciamo che lui diceva sempre che aveva un occhio, avrebbe avuto un occhio di riguardo, se io assecondavo le sue richieste e che in ordine alla minaccia dell'uso del suo potere sovraordinato, lo stesso dichiarava occhio a quello che fai, sennò io non . il primo mese non lavori , oppure bisogna ancora vedere se tu lavori il prossimo mese . g infine, le dichiarazioni della persona offesa, circa i suoi tentativi di non essere abbinata all'imputato durante i turni, vengono confermati dai testi To. e Lo., che vanno ad aggiungersi al teste Ta.Se. pag. 12 sentenza di primo grado . 2.3.3. La terza sentenza, a sua volta, va valutata esclusivamente in riferimento alla motivazione resa in ordine alle dichiarazioni dei suddetti testimoni v. anche paragrafi che seguono . Alle pagine 12 e seguenti, la Corte territoriale analizza le deposizioni dei testi. Il Fi.Pi. pag. 12-14 , sia pure con molte amnesie dovute al trascorrere del tempo dodici anni , pur ridimensionando parzialmente il tenore delle precedenti dichiarazioni, confermava che il Ra.Ma. che all'epoca aveva un contratto rinnovato annualmente era il responsabile dei turni dei volontari, che a detti turni erano addetti, sia pure a suo dire eccezionalmente, i dipendenti interinali quali la Al.Li., che tuttavia, sempre a suo dire e in contrasto con le dichiarazioni rese in precedenza, potevano rifiutarsi di svolgere i turni da volontari. Il Be.Lo. pag. 14-15 confermava il ruolo di gestione dei volontari da parte dell'imputato e precisava che i turni da volontari non sono retribuiti con lo straordinario. Affermava di non sapere se il Ra.Ma. abbia utilizzato lo strumento della precarietà degli interinali come forma di ricatto per fargli fare turni da volontari. Confermava che il Ra.Ma. faceva pesare il ruolo da commissario nei confronti dei volontari. Il Mu.Ca., a sua volta, oggi comandante della Polizia locale di S, all'epoca dei fatti consigliere del Comitato provinciale della CRI, conosceva entrambe le parti coinvolte, il Ra.Ma. in quanto volontario storico, la Al.Li. in quanto mamma di una compagna della propria figlia. Egli riferisce che il Ra.Ma. fu nominato commissario in quanto l'ispettore eletto dai volontari si era dimesso per contrasti relativi alla politica del Comitato, che voleva aumentare le ore di turno ai volontari, e che era stato nominato proprio affinché spingesse i volontari in tale direzione. Riferisce che lui era il responsabile dei volontari, sotto c'erano i sette capisquadra e sotto ancora i volontari. L'imputato era sovraordinato alla Al.Li. nel volontariato, non nel lavoro dipendente. Dopo avere dedicato numerose pagine da 16 a 22 all'esame delle corpose note di udienza depositate dalla Difesa peraltro allegate al ricorso presentato dall'Avv. Maggiore , da pagine 23 in avanti, il provvedimento impugnato valuta le testimonianze raccolte, evidenziando in primis le difficoltà mnemoniche e contraddizioni dovute alla risalenza dei fatti , ostacoli che caratterizzano anche la deposizione del Mu.Ca., solo apparentemente meno incerta delle altre , che passa quindi in rassegna. Dopo aver evidenziato le contraddizioni rispetto alle precedenti dichiarazioni e ai dati oggettivi acquisiti nel corso della frammentata istruttoria, la Corte di appello riassume il contenuto delle deposizioni, che - secondo il suo giudizio - hanno sostanzialmente confermato quanto in precedenza dichiarato su punti fondamentali del thema decidendum che se formalmente non era possibile costringere un interinale a svolgere i turni da volontario, ciò era comunque apprezzato , anche perché era semplice e pratico chiamare loro piuttosto che fare un giro di telefonate, e che alcuni utilizzavano la precarietà degli interinali per forzare loro la mano e fargli effettuare i turni da volontari elementi da cui, a contrario, si evince che in caso di reiterato diniego, il mancato apprezzamento avrebbe potuto influire sul rinnovo contrattuale degli interinali e che tale argomento era utilizzato nei loro confronti quale arma di ricatto contrattuale che il Ra.Ma. come riferito dal Be.Lo. era un capo che doveva farsi rispettare, il che si salda con le dichiarazioni rese a s.i.t. secondo cui egli con i volontari assumeva talvolta atteggiamenti di potere che l'imputato era stato collocato d'imperio al posto dell'Ispettore a seguito delle dimissioni di quest'ultimo, contrario all'aumento delle ore di lavoro per i volontari. Il Ra.Ma., secondo il Mu.Ca., poteva procedere disciplinarmente nei confronti dei sottoposti, tra cui anche la Al.Li., ma solo nella sua veste di volontaria e non di dipendente come dalla stessa Al.Li. dichiarato nel corso dell'esame nel primo giudizio di appello . 2.4. Come appare evidente, il thema decidendum è stato caratterizzato, nel corso dei vari giudizi, da una progressiva raffinazione, passando, idealmente, per dei colini a maglie sempre più fini fino ad essere, in ultimo circoscritto esclusivamente alla assunzione di due nuove prove testimoniali e alla loro valutazione, correlata e quanto già in precedenza esaminato, con esclusivo riferimento alla esistenza di una condizione di sovra-ordinazione. Non era quindi consentito rimettere in discussione l'obbligo di motivazione rafforzata se non con riferimento a tale ultimo profilo, sul quale, come si vedrà nel paragrafo che segue, la Corte territoriale ha speso una motivazione che indica in modo chiaro, così come la sentenza che la precedeva, le ragioni per cui ha ritenuto di ribaltare la prima decisione che, si ribadisce, sul punto non si era espressa . I motivi di ricorso concernenti l'asserita violazione dell'obbligo di motivazione rafforzata sono, in conclusione, inammissibili. 3. Il valore probatorio delle sommarie informazioni testimoniali rese da Fi.Pi. e Be.Lo. Dall'esame dei motivi di ricorso emerge, sia pure espresso in modo non chiaro si veda pag. 22 del ricorso presentato dall'Avv. Maggiore, che parla espressamente di frase che era stata contestata al Be.Lo. , che i ricorrenti considerano le sommarie informazioni testimoniali rese da Fi.Pi. e Be.Lo. nel 2012 alla stregua di mere dichiarazioni rese agli organi inquirenti nella fase delle indagini preliminari, da utilizzare esclusivamente per le contestazioni ai sensi dell' articolo 500 cod. proc. penumero , e quindi con efficacia probatoria limitata alla valutazione di attendibilità del teste. Ciò sembra confermato dalla deduzione, contenuta nella memoria di replica della Difesa Servetto, secondo cui le testimonianze assunte in sede di rinvio sarebbero state svalutate in favore delle s.i.t. acquisite nel giudizio di primo grado, con ciò contravvenendo al canone che impone la rinnovazione della prova. Tale deduzione non coglie nel segno. 3.1. In primo luogo, la stessa pronuncia citata dal ricorrente Sez. 4, numero 15169 del 01/02/2022, Romano, numero m. chiaramente precisa che il divieto di utilizzazione delle dichiarazioni rese in precedenza dalla persona offesa opera solo se non si procede a previa rinnovazione istruttoria delle stesse, e che grava sul giudice del rinvio il compito di rendere evidenti gli esiti della rinnovazione espletata e di coniugare il nuovo percorso motivazionale con gli esiti dichiarativi della rinnovazione istruttoria, attraverso una precisa ed argomentata rivalutazione del complessivo materiale istruttorio, principio cui la sentenza ha, per come si vedrà in appresso, ottemperato. La medesima sentenza, in altro passaggio, rammenta che è conforme ai principi enunciati dalla Corte Suprema in materia di rinnovazione dell'istruttoria in appello procedere ad una valutazione complessiva delle dichiarazioni della persona offesa vittima vulnerabile di abusi sessuali che rende dichiarazioni accusatorie sulla base di stadi progressivi di disvelamento sez.3, numero 6710 del 18 Dicembre 2020, F., Rv.281005 , mediante una valutazione di insieme e non frazionata che attinga altresì al complessivo apporto di dichiarazioni de relato di un risconto esterno sez.4, numero 21886 del 19 aprile 2018, Cataldo, Rv.272753 . 3.2. In secondo luogo, l' articolo 500 cod. proc. penumero si riferisce alle sole dichiarazioni rese nella fase delle indagini preliminari contenute nel fascicolo del pubblico ministero e non anche, come nel caso in esame, a quelle confluite, sull'accordo delle parti, nel fascicolo di cui all' articolo 431 cod. proc. penumero , ai sensi dell'articolo 493, comma 3, del codice di rito, pienamente utilizzabili e con pieno valore probatorio ai sensi dell' articolo 511 cod. proc. penumero In un caso simile a quello presente si verteva in tema di giudizio abbreviato condizionato , questa Corte Sez. 2, numero 18365 del 17/01/2014, Sirchia, Rv. 259703-01 , ha avuto modo di precisare che le dichiarazioni rese in udienza da una persona già sentita in fase di indagini non sono di per sé stesse dotate di valore probatorio privilegiato e preminente rispetto a quelle fornite alle Autorità inquirenti, stante il carattere integrativo e non sostitutivo che l' articolo 438, comma quinto, cod. proc. penumero , attribuisce all'attività istruttoria nel contraddittorio delle parti. 3.3. Inoltre, anche a voler concedere ma così non è che si verta in ipotesi di applicazione dell' articolo 500 cod. proc. penumero , questa Corte ha costantemente ritenuto Sez. 2, numero 35428 del 08/05/2018, Caia, Rv. 273455-01 Sez. 4, numero 18973 del 9.3.2009, Rv 244042 Sez. 2, numero 17089 del 28/02/2017, Rv. 270091 che le dichiarazioni predibattimentali utilizzate per le contestazioni al testimone, che siano state successivamente confermate, anche se in termini laconici come avvenuto nel caso in esame , vanno recepite e valutate come dichiarazioni rese direttamente dal medesimo in sede dibattimentale. In particolare, si è ritenuto che, sebbene l' articolo 500, comma 2, c.p.p. preveda che le contestazioni possano essere valutate ai fini della credibilità del teste , non può certo ritenersi che il contenuto della contestazione, laddove abbia comunque, e finanche in termini laconici, trovato conferma da parte dell'esaminato, non debba poi, necessariamente e logicamente, essere apprezzato e recepito quale dichiarazione resa direttamente dal medesimo in sede dibattimentale. 3.4. Per ultimo, ma non da ultimo, il Collegio evidenzia che la seconda sentenza rescindente ha precisato - citando la sentenza delle Sezioni Unite Patalano, menzionata nelle premesse in fatto - che è necessario che il ribaltamento di una sentenza assolutoria passi attraverso l'assunzione della prova caratterizzato da oralità e immediatezza . Tuttavia, nel caso di specie, in riferimento agli anzidetti principi si è in presenza di una sorta di cortocircuito le sommarie informazioni testimoniali rese durante le indagini da Fi.Pi. e Be.Lo., infatti, difettano del requisito della oralità i.e. del contraddittorio ma presentano quello della relativa immediatezza , essendo state rese tra il giugno ed il luglio del 2012 ossia a circa sei mesi dall'ultimo dei fatti contestati al Capo A l'escussione dibattimentale, al contrario, presenta il requisito dell' oralità , ma difetta clamorosamente di quello dell' immediatezza essendo i due testi stati escussi dodici anni dopo i fatti . Non a caso, la sentenza dà atto della presenza di difficoltà mnemoniche e contraddizioni dovute alla risalenza dei fatti, che la Corte tenta di ricomporre chiedendo direttamente ai propalanti rectius, al solo Be.Lo. se ciò che avevano in passato dichiarato fosse veritiero e ricevendo risposta affermativa . Pertanto, appare perfettamente legittimo che, nell'esercizio del proprio potere discrezionale purché esercitato in modo non manifestamente illogico o contraddittorio , in presenza di aporie o contraddizioni, i giudici dell'appello prediligano attribuire maggiore valenza probatoria all'una ovvero all'altra tra le dichiarazioni contenute nel fascicolo del dibattimento. Del resto, le Sezioni Unite della Corte Sez. U, numero 14426 del 28/01/2019, Pavan, Rv. 275112 hanno precisato che l' articolo 603, comma 3-bis, cod. proc. penumero ha natura meramente procedimentale , limitandosi solo a stabilire la modalità con la quale il giudice di appello può giungere ad una diversa valutazione della prova dichiarativa dalla quale consegua la riforma dell'assoluzione di primo grado, ma non stabilisce di certo un criterio legale di valutazione della prova, né prevede una sorta di gerarchia probatoria tra le dichiarazioni precedentemente rese e quelle rinnovate. 4. La struttura della CRI Omissis Aspetto di primaria importanza al fine di valutare le censure proposte è la ricostruzione della struttura organizzativa della Croce Rossa Omissis . A tal proposito, il Collegio procederà, al fine di valutare la sussistenza di eventuali profili di manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione, ovvero di travisamento della prova, ad attingere a tutte le sentenze e ai mezzi di prova specificamente indicati dai ricorrenti a sostegno dei motivi di ricorso , confrontandole con quella impugnata. 4.1. In merito alla organizzazione della CRI il Fi.Pi., nel verbale di s.i.t. del 06/06/2012, il cui contenuto è ampiamente riportato nelle tre sentenze di appello, riferisce che il corsivo, d'ora in appresso, è, e sarà, del Collegio egli rivestiva il ruolo di responsabile dei servizi operativi, mentre i turni dei dipendenti e dei volontari venivano gestiti in modo distinto . I turni dei dipendenti erano gestiti tra il 2010 ed il 2011 da Be.Lo. fino alla fine del mese di ottobre 2011.I volontari invece erano gestiti da un commissario. Tra quelli che si sono succeduti tra il 2010 ed il 2011 c'era Ra.Ma. Lui era responsabile dell'organizzazione dei turni dei volontari per svolgere tale compito si avvaleva di due collaboratori, credo Ga.Ma. incaricato da Ra.Ma. di gestire il turno notturno 22-6 e Vo.Ma. che era stata incaricata da Ra.Ma. di gestire il turno 14-18 . Appare quindi evidente come il Fi.Pi. fosse sovraordinato rispetto alle figure di Be.Lo. e Ra.Ma., che erano sostanzialmente omologhi l'uno responsabile dei turni dipendenti e l'altro responsabile dei turni volontari. È pertanto smentito dagli atti del processo quanto affermato dalla Difesa Maggiore, che il Ra.Ma. fosse solo un mero collaboratore degli altri due. La sentenza impugnata, poi, riconduce la nomina di un Commissario calato dall'alto in luogo di un Ispettore scelto dal basso , alla circostanza che questi si sarebbe dimesso pag. 24 sentenza e pag. 32 trascrizione verbale ud. 27/04/2023, teste Mu.Ca. in quanto contrario alla scelta del Comitato di aumentare le ore di lavoro non retribuite dei volontari. Circa la nomina dell'imputato come commissario in sostituzione dell'ispettore, a pag. 32 trascr. udienza 27/04/2023, il teste Mu.Ca. dichiarazioni da cui non è - invero - chiaro evincere se le dimissioni dell'ispettrice fossero determinate dal rifiuto dei volontari di aumentare le ore o dal rifiuto di ottemperare a tale richiesta promanante dei vertici riferiva che abbiamo fatto un referendum per cercare di aumentare il numero delle ore dei volontari nel servizio, proprio per poter tenere alto il numero e questi si sono rifiutati. Siccome l'ispettrice ci teneva, ha dato le dimissioni e quindi ci siamo trovati in condizione di non avere più una guida e abbiamo messo Ra.Ma. . Aggiungeva infatti il Fi.Pi. nelle s.i.t. che tra il personale dipendente è compreso anche il personale che è assunto tramite una società interinale ed ha un contratto a termine. Questi interinali sono tutti anche volontari o pionieri In genere l'assunzione tramite agenzia interinale avviene attraverso la Omissis Group che ha vinto la gara bandita dalla CRI. Effettivamente venivano assunte tramite agenzia interinale sempre le stesse persone. Ciò era determinato da una scelta fatta dal precedente commissario che riteneva preferibile che venisse assunto sempre lo stesso personale. Tuttavia, voglio precisare che non c'era una circolare in tal senso ma era una sua idea. Il commissario era il sig. Ca.Anumero Era sono una direttiva e non è mai stata neppure discussa . Il ricorso ai volontari era del resto una prassi abituale, posto che il lavoro si svolgeva su un triplo turno, mentre i fondi disponibili erano stanziati dalla regione per coprire solo due turni pag. 13 trascr. ud. 27/04/2023 , quindi un turno doveva essere necessariamente coperto da volontari non retribuiti, attinti anche dai lavoratori interinali. Va da sé che, a fronte della indisponibilità dei volontari di aumentare le ore di servizio, per coprire i turni volontari era necessario ricorrere ai dipendenti. Sul punto, il Collegio evidenzia come le Difese si sono profuse lungamente nel tentativo di dimostrare, testimonianze alla mano v. deposizione Fi.Pi. succitata del 27/04/2023, pag. 14 , che l'utilizzo dei dipendenti interinali quali volontari fosse occasionale o in emergenza . Tale assunto cozza, tuttavia, contro un dato oggettivo, inoppugnabile e non contestato a pagina 26 della sentenza impugnata, emerge che i turni di servizio volontario svolti dalla persona offesa erano tutt'altro che occasionali, risultando oltre 29 turni oltre a quelli come interinale svolti in poco più di un anno e mezzo, oltre ai turni svolti ma non riportati, in quanto a volte il nome del volontario non era riportato nel quadro dei turni dove era riportata solo la scritta VDS , senza indicazione del nome . Emerge poi che, in almeno una occasione, la persona offesa ha svolto, di seguito, due turni di otto ore, uno come dipendente e uno come volontaria anche se il Fi.Pi. ritiene che il secondo turno sia stato di sole quattro ore non sembra certo manifestamente illogico inferire, dal fatto che una persona costretta a lavorare per sfamare una bambina accetti di lavorare per sedici ore consecutive la metà delle quali, peraltro, non retribuite , che tale accettazione consegua alla prospettiva di conservare il posto di lavoro. Del tutto irrilevante è, poi, il riferimento alle ore di straordinario svolte dalla Al.Li., posto che correttamente la Corte di appello ritiene che ai presenti fini ciò che rileva ed interessa sono i turni non retribuiti svolti come volontaria. Emerge quindi con chiarezza che anche i dipendenti interinali svolgevano volontariato non retribuito, e, in tale ambito, erano sottoposti al Ra.Ma. la persona offesa, in proposito pag. 10 sentenza di primo grado, il corsivo è del Collegio , dichiara lui era superiore per quanto riguarda il volontario, perché era comunque il mio responsabile. In realtà per quanto riguarda il lavoro no, però per rispetto dell'anzianità in realtà avevano una marcia in più, diciamo . All'udienza del 27/04/2023, il Fi.Pi. conferma che il Ra.Ma. svolgeva una funzione di coordinamento di questi volontari . 4.2. Altro tema ampiamente solcato è quello del rinnovo dei contratti degli interinali. A sommarie informazioni, il Fi.Pi. riferiva che alla fine del rinnovo dei contratti con il personale interinale si verificava la capacità lavorativa, la collaborazione e la disponibilità mostrata dai lavoratori durante il periodo di assunzione. Tale verifica in realtà non era codificata nel senso che non c'era una procedura specifica. In linea di massima se c'erano dei problemi segnalati, l'ufficio personale comunicava alla società interinale i nominativi delle persone per le quali non si chiedeva il rinnovo. Le problematiche che determinavano tale decisione erano raccolte tra il personale che lavorava con gli interinali tra i quali poteva esserci anche Ra.Ma. . A pag. 35 delle trascrizioni dell'udienza 27/04/2023, Mu.Ca. confermava. A domanda della Difesa Servetto, su quali sarebbero state le conseguenze in caso di rifiuto da parte del volontario di fare un turno, rispondeva è il rapporto di lavoro, nel senso che se io mi rifiuto senza motivazione è ovvio che ti si chiede conto . All'udienza del 27/04/2023, il Fi.Pi. rappresentava di ricordare che era il Rag. Pa., il contabile dell'ufficio del personale, a segnalare i nominativi dei soggetti da confermare, ma di non ricordare chi fornisse al Pa. tali nominativi pag. 6 trascr. . La persona offesa, in proposito, ricorda, a contestazione del pubblico ministero pag. 9 sentenza di primo grado , che nel mese di luglio 2010 si era recata dal Pa. in quanto non le era arrivato il contratto rinnovato, e quest'ultimo le aveva riferito che il Ra.Ma. lamentava avesse fatto troppi turni come volontaria . In altra occasione, ebbe a chiedere al Pa. perché fosse stata mandata a lavorare al Omissis , ed egli rispose chiedilo al tuo collega Ra.Ma. . 4.3. Circa la possibilità che gli interinali possano essere costretti , o almeno coartati con una sorta di astraint , a svolgere turni di volontariato non retribuiti , il Fi.Pi. dichiarava a s.i.t. mentre in udienza - pag. 12 - non ricordava neppure che gli interinali svolgessero turni come volontari, salvo poi riferire - pag. 16 - che gli interinali avrebbero potuto sempre rifiutare di fare i turno volontari richiesti formalmente nessun responsabile della CRI può imporre ai dipendenti interinali di svolgere dei turni come volontario. In passato tale modalità era diffusa, ma dal 2009 circa ho cercato, come responsabile dell'area operativa di far passare l'idea che per motivi di opportunità, anche assicurativa e sindacale, era preferibile evitare di spingere gli interinali a turnazioni aggiuntive come volontari. Comunque tuttora è certamente più semplice e più pratico chiedere ad un interinale la disponibilità a coprire un turno come volontario anche solo per evitare di fare altre telefonate. Ribadisco che non è possibile imporre un turno come volontario il personale interinale. Diciamo che ci si aspetta una loro collaborazione . Tali dichiarazioni vanno saldate con quelle rese dal Be.Lo. in data 02/07/2012, il quale dichiarava che per i lavoratori dipendenti interinali . predisponendo sempre io il turno, che generalmente era individuato nella fascia oraria del mattino in genere i dipendenti interinali erano tutti volontari e veniva comunque apprezzato il fatto che svolgessero dei turni oltre che con retribuzione anche come volontari. So che alcuni utilizzavano questi argomenti con gli interinali per ottenerne dei turni come volontari ma io ho sempre contrastato questa prassi. Non so dire nello specifico se il Ra.Ma. utilizzasse questo argomento con i volontari, né so dire quali fossero i suoi rapporti con l'ufficio del personale o dire se potesse incidere o meno sul rinnovo dei contratti interinali. Tra me il signor Fi.Pi. non c'erano buoni rapporti e perciò io non ho mai potuto influire sul rinnovo dei contratti del personale . Il Ra.Ma. si gestiva in autonomia la turnazione dei volontari. Credo che il Ra.Ma. avesse buoni rapporti con l'ufficio deI personale sul punto della sussistenza di rapporti privilegiati con l'ufficio del personale, il Collegio evidenzia come la sentenza di primo grado, a pag. 10, riporti le dichiarazioni della p.o., secondo cui non avrebbe denunciato la cosa all'interno della CRI perché il Ra.Ma. era troppo impelagato negli uffici per poter parlare . perché è sempre stato troppo protetto, come persona . Per quanto concerne l'atteggiamento del Ra.Ma. con i volontari, il Be.Lo. riferisce a s.i.t. che nei rapporti con i volontari faceva pesare abbastanza il suo ruolo di commissario, assumendo talvolta atteggiamenti di potere. . In realtà, questi atteggiamenti li avevano anche altri commissari che si atteggiavano a capetti , con le conseguenze che i volontari negli ultimi anni sono diminuiti . Circa la possibilità che il Ra.Ma. potesse effettuare pressioni sui volontari, precisa il teste Mu.Ca. pag. 32 trascr. ud. 27/04/2023 che il motivo per cui Ra.Ma. in qualche modo poteva influire sui volontari, era questa nomina che gli era stata fatta perché dovevamo, avevamo bisogno di qualcuno forte che tenesse i volontari e cercasse di spingere i volontari a fare il servizio come volontari . La Al.Li., poi, pag. 11 sentenza Tribunale dichiarava anche che i turni come volontari da parte degli interinali erano molto apprezzati , e che molti interinali per preservare il posto di lavoro, si dichiaravano disponibili anche ad effettuare turni come volontari, disponibilità questa che era molto apprezzata al fine del rinnovo dei contratti erano quasi obbligatori, non c'era scritto da nessuna parte però . io ti do, tu mi dai. Tu mi fai i turni da volontario e io ti riservo il posto . E che la Al.Li. svolgesse tanti turni come volontaria lo conferma anche Be.Lo. Conosco la Al.Li. ed era una persona che copriva molti turni oltre che come interinale anche come volontario. Per quanto riguarda i turni che io predispongo è possibile che lei mi abbia indicato delle preferenze, così come è possibile che il Ra.Ma. mi abbia chiesto di fare di turni come dipendente insieme alla Al.Li. Non ricordo però con precisione. Ra.Ma. era anche volontario per cui poteva comunque inserirsi nei turni predisponendoli come più gli aggradava . 4.4. Altro tema che sembra necessario premettere è quello del presunto ricatto occupazionale soft attuato nei confronti della vittima. Sul punto, la difesa Maggiore secondo motivo di ricorso profonde molte pagine nel ricordare a questa Corte il contenuto della sentenza di primo grado e della Corte di appello, laddove avrebbero la prima negato l'attendibilità della persona offesa in merito alle frasi pronunciate nei suoi confronti dal Ra.Ma. e la seconda negato sussistessero prove sufficienti circa la sovra-ordinazione dell'imputato, riconducendo le sue pressioni a mere millanterie . Dimentica tuttavia, la Difesa, che l'attendibilità della deposizione della persona offesa è oramai stabilita e coperta da preclusione e che la prima sentenza di appello è stata cassata da questa Corte proprio sul punto in argomento. Vanno pertanto destituite da ogni fondamento - e ritenute inammissibili - tutte e doglianze che si riferiscono a presunti vuoti o vizi motivazionali della sentenza impugnata in riferimento alla sentenza del Tribunale e alla prima sentenza di appello ad eccezione, in questo caso, della condizione di procedibilità . Depurato il thema decidendum dalle scorie anzidette, la persona offesa ha riferito che a me il lavoro mi serviva. Io avevo una bambina, quindi io del lavoro avevo bisogno . diciamo che lui diceva sempre che aveva un occhio, avrebbe avuto un occhio di riguardo, se io assecondavo le sue richieste , e che, in ordine alla minaccia dell'uso del suo potere sovraordinato, lo stesso dichiarava occhio a quello che fai, sennò io non . il primo mese non lavori , oppure bisogna ancora vedere se tu lavori il prossimo mese , e che era stata avvicinata il 14 ottobre 2011 dal Ra.Ma., che nell'occasione le avrebbe ricordato come dovesse comportarsi per poter lavorare . A pagina 9 della sentenza di primo grado la p.o. precisa che sottostare alle improprie attenzioni dell'imputato era un pegno da pagare per lavorare , mentre a pag. 9 della prima sentenza di appello si rinviene il riferimento ad un messaggio mandato dall'imputato alla persona offesa non ti dovresti preoccupare perché per te ho un occhio riguardo , che confermerebbe la possibilità che il Ra.Ma. potesse influenzare la valutazione sulla riconferma della Al.Li. 4.5. Dal complesso delle fonti di prova dianzi esposte, emerge con chiarezza che - il Ra.Ma. svolgeva funzioni di coordinamento dei turni dei volontari - i turni da volontari erano coperti anche dagli interinali, posta l'assenza di fondi per coprire i tre turni di servizio con i dipendenti - il responsabile dei turni dei volontari poteva chiedere agli interinali di fare turni di volontariato. Formalmente, essi potevano rifiutarsi di fatto, acconsentivano per paura di non essere rinnovati inoltre, la posizione di vulnerabilità degli interinali era spesso usata, almeno in certi periodi storici, come leva per spingere gli interinali a coprire i turni volontari non retribuiti - la prassi all'interno della CRI Omissis era nel senso di confermare gli interinali mese per mese tranne i c.d. stacchi , ma non esisteva una direttiva scritta in tal senso che assicurasse la riconferma - la richiesta di rinnovo proveniva dal Pa., che svolgeva mansioni di ragioniere le indicazioni su chi rinnovare o meno salivano dal basso, e, stante quanto dichiarato dalla persona offesa, anche dall'imputato - il Ra.Ma. gestiva in sostanziale autonomia i turni dei volontari, utilizzando dei collaboratori e gli stessi capisquadra come ausilio nella compilazione delle schede turno, e salva la possibilità di inserirsi nei turni come più gli aggradava - l'imputato aveva reiteratamente minacciato la persona offesa di non farle rinnovare il contratto se non avesse accondisceso alle sue voglie. È dunque totalmente priva di pregio, in quanto non si confronta con le sentenze rese, la ipotesi ricostruttiva fornita dalle Difese, secondo cui l'imputato fosse una specie di passacarte tra i collaboratori Ga.Ma. e Vo.Ma., i capisquadra, da un lato, e il Comitato, dall'altro, e ogni doglianza fondata su tale assunto deve essere rigettata. Essa è pertanto inammissibile. Per altro verso, la valutazione proposta dalla sentenza impugnata non solo non si pone in contrasto con le precedenti sentenze, ma anzi ne segue, sostanzialmente, il percorso argomentativo, arricchendolo degli elementi in precedenza pretermessi e di quelli emersi dalla rinnovazione istruttoria. 5. La nozione di sovraordinazione. Ricostruita nei termini di cui sopra la struttura organizzativa dei responsabili dei turni, il Collegio ritiene necessario affrontare la questione relativa alla nozione stessa di sovra-ordinazione, che costituisce il core del presente processo e sulla quale, nei ricorsi, si registra una certa confusione. Il teste Mu.Ca. nega recisamente pag. 35 trascrizione verbale ud. 27/04/2023 che tra la Al.Li. e il Ra.Ma. sussistesse un rapporto gerarchico , che invece sussisteva tra entrambi i coordinatori e il Consiglio, ma, a domanda se il Ra.Ma. era in qualche modo sovraordinato a Al.Li. , risponde nel mondo del volontariato si, perché lui era il Commissario , mentre il Be.Lo. pag. 28 riferisce che, per quanto riguarda i volontari il corsivo è del Collegio anche loro comunque avevano una minima gerarchia, comunque una persona che ha una responsabilità, nel senso che doveva farsi un pochino rispettare sic il suo ruolo , per poi aggiungere che logicamente un capo deve farsi rispettare in ciò confermando quanto dichiarato a sommarie informazioni testimoniali, secondo cui egli con i volontari assumeva talvolta atteggiamenti di potere . In realtà, si è visto al paragrafo che precede come lo stesso svolgesse in primo luogo un ruolo di coordinamento il teste Mu.Ca., parlando dell'ispettore che Ra.Ma. andava a sostituire con il ruolo di commissario, parla di lui come di una guida - pag. 32 trascr. ud. 27/04/2023 . Lo stesso Mu.Ca. pag. 33 trascr. in proposito precisa che l'imputato il corsivo è del Collegio stava sopra, poi sotto c'erano i capisquadra e sotto ancora c'erano i volontari. Quindi quelli che erano a diretto contatto con i volontari e quindi gestivano turni, servizi e attività dei volontari, in realtà erano i capisquadra. Quindi Ra.Ma. aveva il rapporto diretto con i capisquadra, lui doveva far funzionare il gruppo utilizzando la struttura che c'era, perché non ha smontato la struttura . ha tenuto in piedi l'organizzazione con i 7 capi squadra e quindi erano loro che gestivano i turni. . Ma è ovvio che se il caposquadra avesse segnalato una irregolarità o una scorrettezza da parte di un volontario, Ra.Ma. aveva il potere di procedere disciplinarmente . comunque la decisione finale era del Consiglio anche sui volontari . Appare quindi evidente che il Ra.Ma., oltre al potere di coordinamento, avesse anche quello di procedere a contestazioni disciplinari, come del resto dallo stesso evidenziato in sede di interrogatorio v. supra, par. 2.3.2, lettera d . Ciò posto, il Collegio evidenzia che l'indagine richiesta alla Corte di appello di Torino nella prima sede rescissoria non era volta a verificare la sussistenza di rapporti di subordinazione gerarchica , bensì di una qualche forma di sovra-ordinazione tra le parti, tale da poter ingenerare in capo alla persona offesa un metus nei confronti dell'imputato, riferito alla funzione svolta testualmente, la sentenza afferma - pagg. 6-7 - che è evidente che la richiamata soggezione psicologica è configurabile anche nel caso in cui sia l'imputato sia la persona offesa abbiano la qualità di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, ma il primo si trovi in posizione sovraordinata rispetto alla seconda, come - secondo l'ipotesi accusatoria - sarebbe avvenuto nel caso di specie . In tal senso, va sottolineato come, accanto alla tradizionale nozione di sovra-ordinazione gerarchica, tipica delle strutture organizzative di tipo verticale o di line , si è nel corso dei decenni affermata quella di sovra-ordinazione di tipo orizzontale , tipica delle organizzazioni di staff , caratterizzata da poteri di direzione, impulso e coordinamento, cui si affianca, talvolta, quello disciplinare. Come evidenziato in dottrina e nella sociologia delle organizzazioni, mentre la dimensione verticale esprime l'attribuzione del potere gerarchico all'interno dell'organizzazione, si sostanzia nella creazione di vincoli di subordinazione e si realizza mediante il riporto gerarchico, la dimensione orizzontale consente di superare le barriere tra le varie unità organizzative e fornisce il coordinamento necessario tra i dipendenti. In tal senso, non vi è dubbio che anche ai c.d. primi inter pares , laddove in possesso dei predetti strumenti operativi e di controllo, vada riconosciuta la natura di organo sovra-ordinato. Il Collegio esprime quindi il principio secondo cui in tema di aggravante di cui all'articolo 609-septies, quarto comma, numero 3 , laddove entrambe le parti rivestano la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, la sovra-ordinazione sussiste non solo in presenza di un rapporto di subordinazione gerarchica, tipico delle strutture organizzative di tipo verticale o di line , ma anche in caso di sovra-ordinazione di tipo orizzontale c.d. primus inter pares , tipica delie organizzazioni di staff , caratterizzata da poteri di direzione, impulso e coordinamento, cui si affianca, talvolta, quello disciplinare. La Corte territoriale, con motivazione scevra da vizi di manifesta illogicità o contraddittorietà con gli atti del processo, né, per quanto si è visto, in presenza di travisamenti della prova di alcun genere, ritiene che tali requisiti sussistessero nel caso di specie. 6. L'irrilevanza del potere di influire sul rinnovo del contratto. Il Collegio evidenzia inoltre come entrambi i ricorsi effettuino, sovente, un accostamento tra la sussistenza di un rapporto di sovra-ordinazione tra le parti e la sussistenza di un potere del Ra.Ma. di incidere sulla condizione lavorativa della persona offesa, accostamento che, a loro dire, si evincerebbe dalla stessa sentenza di annullamento della Corte. Così non è. Ed infatti, quanto alla circostanza aggravante di cui all'articolo 609-septies, quarto comma, numero 3 , la costante giurisprudenza della Corte ritiene Sez. 3, numero 9878 del 21/01/2020, Molino, Rv. 278670-02, nonché la stessa Sez. 3, Sentenza numero 8213 del 12/11/2020, dep. 2021, Rv. 281379-01, resa nella prima fase rescindente Sez. 3, numero 15181 del 10/01/2012, B., Rv. 252371-01 che la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio assume rilevanza, ai fini della procedibilità di ufficio, non solo quando si pone in diretta relazione con la condotta criminosa, ma anche nei casi in cui, pur collocandosi il comportamento illecito fuori dall'esercizio delle funzioni, la posizione pubblicistica del colpevole abbia agevolato la commissione dell'abuso, rendendo la persona offesa maggiormente vulnerabile per il metus o per la soggezione psicologica derivante dalle funzioni esercitate . Non è neppure necessario che l'abuso sia avvenuto durante l'espletamento, in senso tecnico, delle funzioni demandate al pubblico ufficiale Sez. 3, numero 3637 del 05/11/2013, dep. 2014, C.L., Rv. 258926-01 , essendo sufficiente che tale qualità abbia agevolato in modo diretto la commissione del reato attraverso il condizionamento o il timore suscitato nella persona offesa Sez. 3, numero 45064 del 19/09/2008, Parenza, Rv. 241778-01 , rendendo quest'ultima maggiormente vulnerabile. Pertanto, ai presenti fini, assume rilievo la mera sussistenza di un rapporto che possa definirsi come di sovra-ordinazione tra le parti che si è visto sussistere , tale da ingenerare il metus la circostanza se l'imputato avesse o meno, in concreto, il potere di interferire sul rinnovo del contratto della persona offesa è irrilevante. Gli elementi rilevanti sono quindi costituiti, da un lato, dalla sussistenza di una dissimmetria tra le posizioni dei due attori, tale da ingenerare quel metus che integra l'aggravante in parola, e, dall'altro, dalla credibile affermazione, da parte dell'imputato, di poter usare il proprio potere sovra-ordinato in modo da arrecare danno alla persona offesa, ostacolando o impedendo il rinnovo del suo contratto. Tale dissimmetria è stata correttamente ritenuta esistente, mentre della sussistenza dei restanti elementi per come dichiarato dalla persona offesa, che è stata ritenuta attendibile da tutte le sentenze di appello non è più possibile discettare in ragione della preclusione del devolutum. Non a caso, la prima sentenza rescindente, citata anche dalla Difesa, precisa che la posizione di sovra-ordinazione dell'imputato, rilevante ai fini della procedibilità d'ufficio, deve rivestire un carattere oggettivo, riconducibile alle caratteristiche della sua qualità di incaricato di pubblico servizio, il cui accertamento non può esaurirsi nella percezione soggettiva dell'esistenza di uno squilibrio di potere su un piano meramente psicologico , con ciò rendendo evidente che è la posizione , da cui deriva che, laddove entrambe le parti siano pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, è il dato oggettivo della sussistenza della sovra-ordinazione ciò che sostanzia l'elemento costitutivo della circostanza aggravante. A nulla rileva, in concreto, che il Ra.Ma. avesse realmente il potere di non far rinnovare il contratto della persona offesa, o che tale potere avesse intenzione o meno di esercitare una volta stabilita la sussistenza del rapporto di sovra-ordinazione, è proprio tale rapporto sbilanciato che l'imputato ha usato come leva per minorare la difesa di una persona scelta, verosimilmente, non a caso già debole a causa di pregressi abusi subiti in ambito familiare, a fronte delle sue reiterate - e consumate - avances sessuali. Inoltre il Collegio aggiunge, per mero tuziorismo, che stante quanto evidenziato in precedenza, laddove il Ra.Ma., nella sua posizione di responsabile dei volontari, avesse come in un paio di occasioni ha fatto usato il ruolo sovraordinato per contestare disciplinarmente la condotta della Al.Li., delle sue osservazioni sicuramente il Comitato avrebbe tenuto conto, non essendo il rinnovo pressoché automatico degli interinali una regola scritta, ma una mera prassi operativa voluta dal Ca.Anumero , certamente superabile come è accaduto in almeno una occasione in presenza di gravi inadempienze del dipendente. La sentenza impugnata si pone, conclusivamente, in linea di perfetta continuità con la precedente sentenza della Corte di appello emessa nella prima fase rescissoria, cui ha aggiunto la valutazione dei nuovi elementi scaturenti dalla rinnovazione dell'escussione dei testi indicati da questa Corte, la cui valutazione non presenta profili di manifesta illogicità o contraddittorietà. In conclusione, ritiene il Collegio che tutti i motivi di ricorso che lamentano l'assenza di sovra-ordinazione dell'imputato sulla persona offesa debbano essere ritenuti inammissibili in quanto non si confrontano con il contenuto delle varie pronunce, limitandosi a proporre una lettura alternativa della messe probatoria. 7. Quanto al lamentato travisamento delle prove dichiarative che, secondo la prospettazione difensiva, concernerebbe sia una erronea valutazione del significante della prova assunta, che un travisamento per omissione, quando non anche per invenzione, della stessa , il Collegio evidenzia come secondo la giurisprudenza della Corte esso deve comunque avvenire in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti cfr., Sez. 4, numero 35963 del 3/12/2020, Tassoni Sez. 2, numero 5336 del 9/1/2018, L. . È necessario, quindi, che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della dichiarazione o di altro elemento di prova e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori eventualmente commessi nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima cfr., Cass. Penumero , 5, 4.12.2017 numero 8.188, Grancini cfr., Cass. Penumero , 2, 12.6.2019 numero 27.929, PG in proc. Borriello , tale da disarticolare l'intero ragionamento probatorio Sez. 5, numero 48050 del 2/7/2019, S, Rv. 27758-01 Sez. 6, numero 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio, Rv. 258774-01 . Nel caso di specie, come correttamente evidenziato dal P.G., tale situazione non sussiste la Corte di appello rectius le Corti di appello, le cui pronunce si saldano, per le parti non coperte da annullamento ha motivato in modo non manifestamente illogico o contraddittorio in ordine alla sussistenza di una sovra-ordinazione dell'imputato sulla Al.Li., ritraendo tale dato dal complesso della mole probatoria e senza travisare il significato delle prove assunte. Il Collegio evidenzia come in realtà, sotto l'apparente ombrello del vizio di motivazione, i ricorsi sono volti a proporre una mera rilettura degli elementi posti a fondamento della decisione impugnata, e l'adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, operazione non consentita nel giudizio di legittimità v. Sez. 6, numero 5456 del 4/11/2020, F., Rv. 280601-1 Sez. 6, numero 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482 . Infine il Collegio evidenzia che, quand'anche taluni aspetti di contorno della sentenza risultassero poco convincenti, la giurisprudenza della Corte è chiara nel ritenere che l'emersione di una criticità su una delle molteplici valutazioni contenute nella sentenza impugnata, laddove le restanti offrano ampia rassicurazione sulla tenuta del ragionamento ricostruttivo, non può comportare l'annullamento della decisione per vizio di motivazione, potendo lo stesso essere rilevante solo quando, per effetto di tale critica, all'esito di una verifica sulla completezza e sulla globalità del giudizio operato in sede di merito, risulti disarticolato uno degli essenziali nuclei di fatto che sorreggono l'impianto della decisione Sez. 1, Sentenza numero 46566del 21/02/2017, Rv. 271227 -01 , disarticolazione certo non sussistente nel caso di specie, in cui, anche a volere ritenere presenti piccole falle nella motivazione come, ad esempio, un deficit di motivazione sulla differenza di compiti tra il commissario nominato e l'ispettore eletto dai volontari, ovvero un marginale ridimensionamento di talune discordanze tra le prime dichiarazioni di Fi.Pi. e Be.Lo. e quelle rese in sede di rinnovazione , esse sono di fatto ininfluenti ove rapportate all'intera messe probatoria. Anche tali motivi di ricorso sono pertanto inammissibili per genericità. 8. Quanto all'ultimo motivo di ricorso della Difesa Servetto, relativo alla continuazione, esso è inammissibile. Ed infatti, l'accertamento relativo alla penale responsabilità dell'imputato nell'arco temporale coperto da contestazione è divenuto intangibile per effetto della preclusione imposta dai limiti del devoluto. La Corte di appello ha, correttamente, dichiarato la prescrizione dei fatti commessi prima della data di pronuncia della propria sentenza, ma l'eventuale prescrizione di ulteriori fatti di reato, tra quelli contestati nell'editto accusatorio, non può più essere censurata per cassazione, stanti i rigidi confini del giudizio di rinvio, limitato all'espletamento delle attività processuali imposte dalla sentenza rescindente. Il motivo è pertanto inammissibile in quanto proposto per motivi non consentiti dalla legge. 9. Alla declaratoria dell'inammissibilità cui è equiparata la manifesta infondatezza consegue, a norma dell'articolo 616 cod. proc, penumero , l'onere delle spese del procedimento. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, numero 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell' articolo 616 cod. proc. penumero , l'onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.