Una recente reiterazione di episodi – peraltro già presenti nel passato – di comportamenti riconducibili al periodo fascista, ha richiamato l’attenzione degli operatori all’inquadramento normativo di simili comportamenti, anche alla luce di diversificate interpretazioni giurisprudenziali.
In particolare, la questione riguarda il c.d. “saluto fascista o romano” e la chiamata del “presente” che i partecipanti ad alcune manifestazioni, variamente strutturate, mostravano pubblicamente funerali di cameristi, celebrazione di eventi, ricordi celebrativi. Invero, erano due le norme di riferimento nelle quali questi atti potevano essere inquadrati. Per un verso, si tratta dell'articolo 5, l. 20 giugno 1952, numero 645 c.d. Legge “Scelba” che sanziona, sotto il nome di “manifestazioni fasciste”, «chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste» in particolare, rispetto alla originaria versione, il sintagma “a pubbliche riunioni” è subentrato all'avverbio “pubblicamente” e quello di “ovvero di organizzazioni naziste” è stato semplicemente aggiunto dalla l. numero 152 del 1975 . Tale norma è chiaramente diretta a predisporre una tutela anticipata del bene giuridico protetto, sanzionando condotte prodromiche alla ricostituzione del partito fascista e, allo stesso tempo, di “inoculazione”, anche subdola, della ideologia fascista, sia pure solo attraverso manifestazioni, gestuali o simboliche. Essa ha composto, insieme alle restanti disposizioni introdotte dalla medesima legge, tra cui vanno significativamente ricordate l'articolo 1, norma definitoria della nozione di “riorganizzazione del disciolto partito fascista” modificato dall'articolo 7, l. 22 maggio 1975, numero 152 , e l'articolo 4, sanzionante la “apologia del fascismo”, il “meccanismo” normativo con cui la Repubblica Italiana ha appositamente “dato corpo” alla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, che vieta «la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista». Il secondo polo normativo è dato dall'articolo 2 d.l. 26 aprile 1993, numero 122, convertito, con modificazioni, dalla l. 25 giugno 1993, numero 205, che, rubricato sotto il titolo “Disposizioni di prevenzione”, sanziona, al comma 1, «chiunque, in pubbliche riunioni, compie manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri od usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all'articolo 3 della l. 13 ottobre 1975, numero 654», in tal modo, pertanto, ricollegandosi alla norma che, abrogata dal d. lgs. 1° marzo 2018, numero 21 e trasfusa, senza variazioni, nell'articolo 604-bis, comma 2, primo periodo, c.p., intitolato “Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa”, vietava e continua dunque a vietare «ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi». Ora, come peraltro emerge dalle stesse modalità con le quali le riferite attività vengono svolte, le Sezioni unite ritengono che pur potendo le stesse situazioni concorrere tra loro, esse siano diversamente inquadrabili entro il profilo fattuale e quindi della riconducibilità alle situazioni descritte diversamente dalle due previsioni. L'occasione, del resto, della possibile concorrenza delle due fattispecie, consente alla Corte di precisare che mentre la previsione di cui all'articolo 5 della cit. legge del 1965 è integrata, invece, da un pericolo concreto di riorganizzazione del disciolto partito fascista, nelle diverse situazioni fattuali bisognerà verificare in quali limiti restino riconducibili ad un elemento “rievocativo”, tipicità della gestualità dell'epoca e in quale misura si connotino di altri elementi suscettibili di integrare la fattispecie più grave. In forza di questi elementi il Supremo Collegio ha confezionato il seguente punto di diritto – che appare pienamente condivisibile - «La condotta, tenuta nel corso di una pubblica riunione, consistente nella risposta alla ‘chiamata presente' e nel cosiddetto ‘saluto romano' integra il delitto previsto dall'articolo 5 l. 20 giugno 1952, numero 645, ove, avuto riguardo alle circostanze del caso, sia idonea ad attingere il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII disp. trans. finumero Cost. tale condotta può integrare anche il delitto, di pericolo presunto, previsto dall'articolo 2, comma 1, d.l. numero 122 del 26 aprile 1993, convertito dalla l. 25 giugno 1993, numero 205, ove, tenuto conto del significativo contesto fattuale complessivo, la stessa sia espressiva di manifestazione propria o usuale delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all'articolo 604 bis, secondo comma, c.p. già articolo 3 l. 13 ottobre 1975, numero 654 ».