Accesso al fascicolo digitale nel processo amministrativo: analisi del recente intervento dell’Adunanza Plenaria e indicazioni operative

L'avvento del processo amministrativo telematico ha portato alla necessità di un'adeguata regolamentazione di tutte le fasi prodromiche alla costituzione in giudizio, tra esse, quella dell'accesso ai fascicoli informatici, tema che si interseca inevitabilmente con questioni di privacy, diritto di difesa e trasparenza processuale.

Con particolare riferimento al processo amministrativo, la normativa sull'accesso ai fascicoli informatici è, attualmente, disciplinata dall'articolo 17 del Decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 28.7.2021 «L'accesso al fascicolo informatico dei procedimenti come risultanti dal SIGA, secondo le modalità stabilite dalle specifiche tecniche di cui all'articolo 19, è consentito al presidente o al magistrato delegato per i provvedimenti monocratici, a ciascun componente il collegio giudicante nonché, nei limiti di cui al comma 2, agli ausiliari del giudice. 2. Gli ausiliari del giudice accedono ai servizi di consultazione nel limite dell'incarico ricevuto e dell'autorizzazione concessa dal giudice. 3. L'accesso di cui al comma 1 è altresì consentito ai difensori muniti di procura, agli avvocati domiciliatari, alle Parti personalmente nonché, previa autorizzazione del giudice, a coloro che intendano intervenire volontariamente nel giudizio». Se da una parte, i magistrati hanno il diritto di accedere ai fascicoli informatici, dunque, de plano, le parti non costituite o coloro che intendano intervenire volontariamente nel giudizio necessitano di una previa autorizzazione. Tale disposizione, tuttavia, ha recentemente sollevato interrogativi di legittimità e conformità costituzionale che hanno richiesto l'intervento interpretativo del Consiglio di Stato e della sua Adunanza Plenaria. Il dibattito, invero, si è concentrato proprio sul comma 3 del citato articolo. Invero, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato, tramite l'ordinanza del 23 ottobre 2019, numero 7202, ha valutato la precedente disposizione che però ha il medesimo tenore letterale dell'attuale in contrasto con le norme processuali primarie, in particolare quelle relative al processo e alla protezione dei dati personali, nonchè priva di ‘copertura' rispetto alla legge delega di cui all'articolo 13 delle disposizioni di attuazione del codice del processo amministrativo. Di conseguenza, la Sesta Sezione ha disapplicato la disposizione regolamentare e ha ritenuto che il terzo estraneo al processo può ottenere accesso agli atti processuali mediante alternative quali l'intervento nel processo senza nuove domande che non richiede il pagamento del contributo unificato l'ordine di esibizione del giudice ottenuto attraverso un ricorso giurisdizionale che dimostri un interesse specifico ad acquisire o conoscere certi documenti il previo consenso di tutte le parti del processo rispetto agli atti che il terzo desidera consultare.   Analogo ragionamento, peraltro, era già stato espresso in un decreto presidenziale del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana del 19 ottobre 2018, numero 150. L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, tuttavia, ha ritenuto la disposizione regolamentare più che legittima Cons. Stato, Ad.Plenumero , 12 aprile 2024, numero 5 . Invero, l'applicazione della riserva di legge nel contesto processuale, basata sull'articolo 111 Cost., impone che, nell'ambito di un giusto processo , la legge non possa delegare indiscriminatamente le competenze legislative del Parlamento a entità di rango inferiore, ma possa stabilire i principi fondamentali che governano la materia, permettendo una certa discrezionalità tecnica della normativa secondaria. Sulla base di tale principio, l'Adunanza Plenaria ha poi ricordato che il d.lgs. 2 luglio 2010, numero 104, ha conferito al Presidente del Consiglio di Stato l'adozione di regole tecniche per il processo amministrativo telematico, mantenendo intatti i poteri primari del Collegio, inclusi quelli relativi all'ammissibilità degli interventi nel giudizio. A tal riguardo, l'articolo 17 del D.P.C.S. permette l'accesso ai fascicoli telematici a chi desidera intervenire nel giudizio, subordinatamente all'autorizzazione giudiziale, regolamentando una pratica già esistente, ma formalizzata dalla digitalizzazione. Tale disposizione non altera le condizioni processuali esistenti e si conforma alla normativa sulla protezione dei dati personali, specificando che il trattamento di dati personali sensibili e non sensibili è permesso per ragioni di giustizia, come delineato dal Regolamento UE 2016/679 e dal Codice in materia di protezione dei dati personali del 2003. Fugati i dubbi sulla legittimità della disposizione, vediamo, allora, come è possibile formulare una istanza di visibilità in ambito del processo amministrativo. I passaggi delineati sono i seguenti accesso al portale della giustizia amministrativa e verifica della pendenza del giudizio verifica della sezione presso cui è pendente il giudizio, individuazione del numero di registro tramite l'accesso da parte dell'avvocato o della persona fisica registrata al portale formulazione di una istanza, firmata in modalità pades, inviata secondo le regole del processo amministrativo telematico al T.A.R. di riferimento dalla quale si evinca l'astratta pertinenza e la non manifesta pretestuosità della richiesta esame dell'istanza da parte del Presidente di sezione, ma è possibile che il Presidente decida conformemente alle disposizioni, di delegare il Collegio presso cui è incardinato il giudizio resta ferma la possibilità che il Presidente o il Collegio possa previamente sentire le Parti costituite.   Le soluzioni giurisprudenziali hanno cercato, quindi, di bilanciare così gli interessi in gioco. A parere di chi scrive, poi, la discussione contribuisce significativamente al dibattito più ampio sulla digitalizzazione della giustizia e sulla necessità di un equilibrio tra innovazione tecnologica e rispetto dei diritti fondamentali nel contesto giuridico moderno.