Sottoporre un dipendente nella fattispecie una guardia penitenziaria ad un test sulla sua omosessualità per valutarne l’idoneità lavorativa è un fatto di per sé idoneo a causargli una sofferenza risarcibile come danno non patrimoniale.
Tale atteggiamento, infatti, veicola «l'idea per cui l'omosessualità attribuita al ricorrente potesse essere ritenuta un disturbo della personalità. In questa prospettiva non rileva la circostanza dell'effettivo orientamento sessuale del ricorrente, in quanto ciò a cui si ricollega l'esistenza del danno è la condotta consistita nell'aver attribuito al dipendente uno stato di salute in tesi, un disturbo della personalità tale da rendere necessario un accertamento psichiatrico, notoriamente connotato da un grado di “invasività” non trascurabile, in particolar modo nei casi in cui tale accertamento attenga ad una sfera strettamente personale quale quella dell'orientamento sessuale». È quanto deciso dal TAR Piemonte nella sentenza n.353 del 9 aprile in cui Il Ministero della Giustizia è stato condannato a indennizzare il ricorrente con 10mila euro per le sofferenze subite e gravi pregiudizi per essere stato sottoposto ad un test sulla sua presunta omosessualità. La vicenda L'agente scelto della polizia penitenziaria era in servizio presso il carcere di Vercelli quando due detenuti lo denunciarono asserendo di aver subito delle avances. Fu perciò sottoposto d'ufficio ad un procedimento disciplinare, poi archiviato per mancanza di prove. Durante questo procedimento dovette sostenere con un colloquio con domande ambigue ed imbarazzanti sulla sua sessualità. Erano inoltre stati disposti accertamenti psichiatrici presso la competente Commissione Medica Ospedaliera finalizzati ad accertare la sua omosessualità il tutto per verificare la sua idoneità al servizio che fu confermata dalla CMO non avendo trovato elementi che la mettessero in discussione. «La condotta con cui l'amministrazione aveva “messo alla gogna” il ricorrente, sottoponendolo a penetranti controlli psichiatrici, aveva determinato uno stato di sofferenza nell'Agente Scelto -omissis-, anche tenuto conto della diffusione, all'interno dell'ambiente di lavoro, di informazioni relative alla propria vicenda personale» gli aveva ingenerato un grave stress e fatto sentire vittima di pregiudizi lesivi dei suoi diritti ed onorabilità, sì che fu costretto a chiedere il trasferimento a Foggia per incompatibilità ambientale. Stigmatizzare un dipendente è causa di danno morale La PA non può far chiarezza sulla personalità di un dipendente in assenza di elementi concreti che consentissero di desumere la possibilità che il ricorrente fosse affetto da un disturbo della personalità. In breve, è stato surrettiziamente attribuito uno stato di salute, tramite illegittima interferenza nella vita privata e lavorativa, in assenza di qualsiasi prova giuridica e tecnico-scientifica. «Una simile condotta è idonea ad arrecare una lesione non patrimoniale, sotto forma di danno c.d. morale, in quanto può ritenersi, secondo lo standard probatorio del “più probabile che non” che il ricorrente abbia patito una sofferenza interiore derivante dall'essersi visto attribuire lo “stigma” di un disturbo della personalità da parte dei superiori gerarchici con la conseguente sottoposizione a visita psichiatrica senza che sussistesse alcun elemento indiziario che deponesse in tale direzione e suggerisse l'opportunità di espletare approfondimenti medico-legali. Sotto il profilo dell'elemento soggettivo, la condotta dell'amministrazione deve ritenersi quantomeno connotata da colpa in quanto posta in violazione di regole cautelari di condotta di diligenza e prudenza che devono ispirare l'amministrazione nella sottoposizione dei propri dipendenti a valutazioni mediche connotate da elevato grado di “invasività”, quali quelle che attengono alla sfera della personalità e dell'orientamento sessuale» neretto, nda . Quali voci sono risarcibili e come Non vi sono dubbi che questo danno sia risarcibile in via equitativa ex articolo 1226 c.c. Il ricorrente lamenta non solo questi accertamenti invasivi della sua privacy, ma anche di aver subito un forte stress psichico dovuto all'essere deriso ed emarginato dai colleghi e di essere vissuto nel terrore che la sua famiglia scoprisse l'accaduto ed essere stato costretto a chiedere il trasferimento per incompatibilità ambientale. «Quanto al secondo ordine di conseguenze pregiudizievoli, diversamente, la domanda non può trovare accoglimento in quanto non vi è prova che il pregiudizio lamentato sia “più probabilmente che non” derivato dalla condotta dell'amministrazione consistita nel sottoporre il dipendente ad illegittimi accertamenti psichiatrici sulla propria sessualità. Infatti, non vi sono elementi che possano condurre ad escludere che le conseguenze pregiudizievoli lamentate siano state cagionate da fattori causali alternativi. A titolo esemplificativo, non può ragionevolmente escludersi che tali pregiudizi siano derivati dalla diffusione di informazioni relative al procedimento disciplinare instaurato nei confronti dell'Agente Scelto -omissis-, e non dagli indebiti accertamenti sanitari a cui il ricorrente è stato sottoposto» neretto,nda .