L’adozione del provvedimento di sgombero rappresenta una modalità esecutiva del sequestro preventivo attribuita, ai sensi dell’articolo 655 c.p.p., alla legittimazione del magistrato del pubblico ministero.
In ossequio al principio di proporzionalità, l'attuazione del provvedimento cautelare deve essere la meno gravosa tra quelle possibili ed adeguata a salvaguardare gli effetti del sequestro. È, pertanto, demandato al giudice dell'esecuzione il controllo sull'operato del pubblico ministero, senza che lo stesso organo giurisdizionale possa valutare la sussistenza dei requisiti previsti per l'applicazione del sequestro preventivo. La questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte La Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità del provvedimento reso dal GIP del Tribunale di Torre Annunziata, in funzione di giudice dell'esecuzione, con cui ha disposto che lo sgombero degli appartamenti facenti parte di un complesso edilizio fosse affidata, ai sensi dell'articolo 104-bis disp. att. c.p.p., ad un amministratore giudiziario. Secondo l'ordinanza resa dal giudice per le indagini preliminari, lo sgombero non è stato adeguatamente motivato dal pubblico ministero, in ragione delle formule di stile utilizzate nel provvedimento. Con l'impugnazione di legittimità, il pubblico ministero ha censurato l'ordinanza resa dal GIP nella parte in cui ha erroneamente ritenuto sussistente un obbligo di motivazione del provvedimento di sgombero ed ha, nel contempo, operato una sperequazione tra chi ha occupato l'immobile in pendenza del vincolo cautelare reale e chi, invece, si è astenuto dall'occupazione in attesa di conoscere l'epilogo del procedimento. Il controllo del giudice dell'esecuzione sul provvedimento di sgombero adottato dal pubblico ministero Il provvedimento di sgombero da persone o da cose è una modalità esecutiva del provvedimento cautelare reale ed è attribuito, ai sensi dell'articolo 655 c.p.p., alla legittimazione del magistrato del pubblico ministero presso il giudice dell'esecuzione. Dunque, se da un lato al pubblico ministero è riconosciuto il potere di disporre o meno lo sgombero di un immobile sottoposto a vincolo cautelare, dall'altro al giudice che procede è demandata la verifica, su iniziativa di parte, sulla sussistenza dei presupposti e alla permanenza degli stessi della misura cautelare in corso di esecuzione ex plurimis, Cass., Sez. III, 18.02.2015, numero 43615, in iusexplorer . Di conseguenza, le questioni avente ad oggetto la modalità esecutiva del sequestro preventivo sono sottoposte all'incidente di esecuzione è, pertanto, al giudice dell'esecuzione che è demandato il potere di controllo sull'operato del pubblico ministero, al fine di accertare se le finalità cautelari del sequestro possono essere attuate con modalità diverse da quelle adottate dall'organo inquirente. In altre parole, il pubblico ministero è sì legittimato a disporre lo sgombero dell'edificio, ma il provvedimento può essere sottoposto al sindacato del giudice dell'esecuzione, sia sotto il profilo dell'inesistenza del titolo e sia anche della sua concreta “indispensabilità” v. Cass, Sez. III, 30.1.2013, numero 19476, in iusexplorer . Ed invero, in ossequio al principio di proporzionalità, la modalità di attuazione del provvedimento cautelare deve essere la meno gravosa tra quelle possibili ed adeguata a salvaguardare gli effetti del sequestro. Resta preclusa, comunque, al giudice una valutazione in ordine alla sussistenza dei requisiti previsti per l'applicazione del sequestro preventivo - fumus commissi delicti e periculum in mora – in quanto il perimetro d'intervento è circoscritto al controllo delle modalità di attuazione della misura di coercizione reale. Il quantum motivazionale previsto per l'ordine di sgombero In ragione della mancata tipizzazione nel sistema processuale dell'ordine di sgombero, la Suprema Corte ha evidenziato l'assenza di uno specifico onere motivazionale del provvedimento adottato dal pubblico ministero. Come correttamente evidenziato nel decisum in commento, ai sensi dell'articolo 125, comma 3, c.p.p., la scelta del legislatore è stata quella di indicare tassativamente gli atti del pubblico ministero soggetti ad un obbligo di motivazione. Nonostante l'eventuale vulnus motivazionale non possa costituire un vizio dell'atto, la tenuta logica del provvedimento non può prescindere dalla motivazione in ordine al profilo dell'indispensabilità ovvero se lo stesso costituisca l'unica modalità di attuazione del sequestro. Ciò in ragione del preminente valore costituzionale e convenzionale del diritto all'abitazione, evidentemente sacrificato con l'adozione dell'ordine di sgombero. La valutazione della sussistenza del c.d. carico urbanistico Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale richiamato dalla sentenza in commento, è legittima l'adozione del sequestro preventivo di un immobile abusivamente costruito anche nell'ipotesi in cui l'edificazione risulti già ultimata cfr. Cass., Sez. Unumero , 29.01.2003, numero 12878, in iusexplorer . L'effetto che s'intende neutralizzare mediante l'adozione del vincolo reale non è identificabile con l'evento del reato in senso giuridico o naturalistico, ma dalle specifiche conseguenze che possono determinarsi a causa della libera disponibilità della cosa pertinente al reato in capo all'autore o ai terzi. È consentito, pertanto, il sequestro preventivo quando il libero utilizzo dell'immobile abusivo, anche dopo la sua ultimazione, può determinare conseguenze negative sul regolare assetto del territorio, aggravando il c.d. carico urbanistico. La nozione di carico urbanistico, richiamata dal summenzionato orientamento espresso dalla S.C., deriva «[…] dall'osservazione che ogni insediamento umano è costituito da un elemento c.d. primario abitazioni, uffici, opifici, negozi e da uno secondario di servizio opere pubbliche in genere, uffici pubblici, parchi, strade, fognature, elettrificazione, servizio idrico, condutture di erogazione del gas che deve essere proporzionato all'insediamento primario ossia al numero degli abitanti insediati ed alle caratteristiche dell'attività da costoro svolte» Cass., Sez. Unumero , 29.01.2003, numero 12878, cit. . La soluzione adottata dalla Suprema Corte La Suprema Corte ha annullato con rinvio il provvedimento impugnato ed ha statuito che il principio di proporzionalità, applicabile anche alla fase esecutiva del sequestro preventivo, non può spingersi, in assenza di impulso di parte, fino alla rivalutazione della sussistenza del presupposto del periculum in mora, realizzandosi, in tale ipotesi, una indebita invasione da parte del giudice delle prerogative dell'organo requirente preposto all'esecuzione del provvedimento. Per quanto concerne, poi, il requisito dell'indispensabilità dello sgombero, la sentenza in commento ha espresso il principio di diritto secondo cui occorre tenere conto dell'aggravio dal carico urbanistico dell'opera abusiva, ancorché ultimata, in quanto incidente sul regolare assetto del territorio.
Presidente Ramacci – Relatore Galanti Ritenuto in fatto 1. Il pubblico ministero di Torre Annunziata aveva impugnato mediante ricorso per Cassazione l'ordinanza del 27/07/2022, con la quale il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Torre Annunziata, in funzione di giudice dell'esecuzione, aveva sospeso, fino alla definitività della sentenza, lo sgombero avente ad oggetto gli appartamenti facenti parte del complesso edilizio sito in Sant'Agnello, con riferimento ai quali il pubblico ministero aveva, in data 22 marzo 2022, notificato agli occupanti il relativo provvedimento. 2. Questa Corte, con ordinanza numero 17398 del 24/01/2023, qualificato il ricorso come opposizione all'esecuzione, aveva disposto la trasmissione degli atti al Tribunale di Torre Annunziata per l'ulteriore corso. 3. Con il provvedimento impugnato, il GIP presso il Tribunale di Torre Annunziata rigettava il ricorso in opposizione del pubblico ministero avverso il provvedimento di cui al par. 1 e contestualmente disponeva che l'esecuzione del sequestro, ai sensi dell'articolo 104-bis disp. att. cod. proc. penumero , fosse affidata ad un amministratore giudiziario, di cui disponeva la nomina. 4. Avverso il provvedimento ricorre per cassazione il pubblico ministero. Il ricorrente lamenta vizio di contraddittorietà della motivazione dell'ordinanza laddove il provvedimento impugnato nega l'esistenza del presupposto della indispensabilità dello sgombero, quale modalità esecutiva del sequestro preventivo, per il quale, da un lato, evidenzia l'insussistenza di un obbligo di motivazione previsto dalla legge, mentre, dall'altro, radica in capo al pubblico ministero stesso un obbligo di motivazione. Censura, altresì, l'affermazione secondo cui la depenalizzazione dell'assenza del certificato di abitabilità, di cui all'articolo 221 T.U.LL.SS. determinerebbe l'irrilevanza, sotto il profilo penale, dell'abitazione di un immobile sprovvisto di certificato di abitabilità o agibilità. Ancora, il giudice ritiene che il ricorrente, nel motivare comunque il provvedimento di sgombero, abbia fatto ricorso a formule di stile sganciate dal dato reale, non tenendo conto degli ingenti investimenti economici dei nuclei familiari interessati, della loro buona fede, dell'assenza di soluzioni abitative alternative. Tuttavia, la motivazione sarebbe carente laddove, da un lato, richiama l'insegnamento della Sezioni Unite della Corte numero 12878/2003 , secondo cui l'aggravio del carico urbanistico giustifica il sequestro preventivo degli immobili abusivi, dall'altro non motiva sul perché l'insistenza di 38 nuclei familiari nell'immobile abusivo non determinerebbe un aggravio del carico urbanistico. Il ricorrente censura anche il provvedimento del GIP che non contesta la validità del titolo cautelare, ma sottopone a vaglio di validità operativa la scelta di provvedere allo sgombero dell'immobile , laddove ritiene sussistente una violazione del principio di proporzionalità , in base al quale le scelte effettuate a tutela di interessi pubblicistici non possono determinare il sacrificio di dei diritti di natura reale del terzo incolpevole, asserendo la natura di terzi in buona fede degli acquirenti. Evidenzia in proposito il pubblico ministero - che gli occupanti dell'immobile non sono ancora proprietari in quanto meri promissari acquirenti . - che la zona oggetto dell'abuso edilizio era destinata alla attuazione di soli interventi di edilizia residenziale pubblica previsti dal PEEP approvato con D.P.G.R. numero 13332 del 10/09/1990 e pertanto riservati a soggetti residenti nel comune di Sant'Agnello abitanti in zone malsane da sostituire e in abitazioni sovraffollate , requisiti non posseduti dai promissari acquirenti, che erano quindi ben consapevoli di non poter partecipare al bando per l'assegnazione degli alloggi - che gli acquirenti hanno occupato gli immobili pur in pendenza del processo e con la consapevolezza della sussistenza del vincolo cautelare. Da ultimo, il giudice ha operato una inaccettabile sperequazione, premiando coloro che hanno occupato l'immobile in pendenza di sequestro, a discapito di coloro che, ossequiosi della legge, si sono astenuti dall'occupazione in attesa di conoscere la sorte del vincolo cautelare. 5. In data 26/02/2024, l'Avv. Antonio Spagnuolo, per Sp.Mi.2Ge.Ro.,Ma.Ni. Te.Te., Ca.Ro., Ca.Gi., Mo.Gi., Pe.Gi., No.Pa., Ga.Anumero , Ai.Ma., Av.Anumero , Vi.Ge., Ga.Anumero , De.Ge., Ma.Vi., St.Ca., Ve.Al., Lo.Sa., Ga.Ma., Ma.Ma., Po.Gi., De.Ga., Ac.Di. e Da.Anumero , nella loro qualità di terzi interessati, depositava memoria in cui chiedeva che il ricorso venisse dichiarato inammissibile ovvero rigettato. In particolare evidenzia, tra gli altri profili, che a seguito della notifica del decreto di esecuzione emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata in data 21/03/2022, con il quale veniva intimato lo sgombero alle famiglie occupanti gli appartamenti del complesso immobiliare sito in Sant'Agnello NA alla via M.B. Gargiulo n° 27, e della proposizione dei rispettivi ricorsi per incidente di esecuzione, avevano origine 9 distinte procedure esecutive i cui autonomi procedimenti, ciascuno con diverso numero di registro generale SIGE, tutti assegnati al GIP Dott.ssa Iannone, quale Giudice dell'Esecuzione, venivano discussi ciascuno nel medesimo giorno 13/07/22 e riservati per la decisione in relazione a ciascuno di essi veniva emesso il medesimo provvedimento di sospensione dell'ordine di sgombero un unico provvedimento dello stesso tenore motivazionale per ogni procedura . Tuttavia, l'originario Ricorso per Cassazione delia Procura della Repubblica quello poi qualificato dalla Ecc.ma Suprema Corte quale opposizione all'esecuzione Ali. 1 veniva proposto sì avverso il provvedimento unico emesso dal GIP, però nell'ambito della sola procedura n° SIGE 143/2022 Ordinanza GIP del 27.7.22 - Ali. 2 . Di tale circostanza veniva richiesta attestazione alla Cancelleria GIP si allega relativa attestazione di veridicità rilasciata dalla Cancelleria - Ali. 3 di essa viene peraltro dato atto nella stessa ordinanza impugnata cfr. pag. 2 Ordinanza GIP del 10/10/23 . Orbene, la opzione di impugnare l'ordinanza conclusiva delle distinte procedure di incidente di esecuzione ordinanza che compie una valutazione complessiva ed unitaria della intera vicenda procedimentale e che resta sostanzialmente unica nell'ambito di una sola procedura la n° 143/22 SIGE e non in tutte le altre procedure ha determinato una evidente disparità di trattamento rispetto a posizioni individuali dei terzi occupanti l'immobile totalmente identiche identità quest'ultima peraltro non smentita dall'Ufficio di Procura . E tale situazione si appalesa tanto ingiusta quanto potenzialmente foriera di conseguenze giuridiche pregiudizievoli ciò per la conseguente stabilizzazione giuridica dell'ordinanza originaria del GIP nella sua unicità, per alcuni soggetti e non per altri seppur con posizioni di assoluta identità, considerati gli effetti preclusivi connessi ad una sorta di giudicato , per quanto atipico , che si è comunque creato sulla medesima ordinanza. Tali circostanze impongono , già nella valutazione della singolarità della circostanza e del metodo adoperato , un giudizio di inammissibilità o di rigetto del ricorso proposto dall'Ufficio di Procura. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 1.1. Preliminarmente il Collegio osserva come il ricorso non concerne l'esistenza o la validità del vincolo cautelare, ormai incontestato, bensì la sussistenza dei presupposti per disporre lo sgombero coattivo dello stesso da parte del pubblico ministero. Ciò determina l'impossibilità di sottoporre a nuova valutazione sia il profilo del fumus commissi delieti che quello del periculum in mora, ritenuti entrambi sussistenti all'atto dell'emissione del decreto di sequestro. Ed infatti, per consolidata giurisprudenza della Corte, pur non essendo tipizzato, il provvedimento di sgombero , concernendo le modalità esecutive del provvedimento cautelare adottato, è attribuito alla competenza esclusiva del pubblico ministero, a norma dell'articolo 655 cod. proc. penumero a questi, e solo a questi, è quindi riservato il potere di disporre o meno lo sgombero di un immobile sottoposto a vincolo, mentre al giudice procedente è demandato il compito di verificare, su impulso di parte, la sussistenza dei presupposti, così come la permanenza degli stessi, in ordine alla misura reale in corso di esecuzione Sez. 3, numero 43615 del 18/02/2015, Manconi, Rv. 265152 - 01, cit. . Dopo l'emissione del titolo, pertanto, compete al giudice la sola valutazione dei presupposti per il mantenimento o la revoca della misura, rientrando nelle prerogative del pubblico ministero ogni questione concernente l'esecuzione del sequestro, salva la possibilità per gli incisi di sollecitare, con ricorso al giudice dell'esecuzione, il controllo di legittimità relativo alle modalità di esecuzione della misura Sez. 3, numero 30405 del 08/04/2016, Murino, Rv. 267587 - 01 . In applicazione del principio, questa Corte - in un procedimento simile al presente - ha, ad esempio, ritenuto abnorme il provvedimento del GIP che, paralizzando l'efficacia del provvedimento emesso dal P.M., aveva autorizzato i detentori di un appartamento sito in un immobile sottoposto a sequestro preventivo a continuare ad abitarvi e a fruire dei servizi comuni Sez. 3, numero 43615 del 18/02/2015, Manconi, Rv. 265152 - 01, cit. . Si è, tuttavia, ritenuto che il provvedimento di sgombero emesso dal pubblico ministero è sindacabile, in sede esecutiva, sotto il duplice profilo della inesistenza del titolo profilo che qui non interessa e della sua concreta indispensabilità al fine di dare esecuzione al provvedimento giurisdizionale Sez. 3, numero 19476 del 30/01/2013, Notarianni, Rv. 255959 -OlSez. 3, numero 45938 del 09/10/2013, Speranza, Rv. 258312 - 01 . In tale ipotesi, il giudice deve limitarsi ad accertare se le finalità cautelari del provvedimento di sequestro possano essere attuate con modalità diverse tale accertamento, se motivato congruamente ed esente da vizi logici, non è censurabile in sede di legittimità Sez. 3, numero 37592 del 01/07/2009, Zimbetto, Rv. 244895 - 01 . Resta comunque escluso che, con la procedura dell'incidente di esecuzione quale quella in esame , possano contestarsi le ragioni stesse del sequestro sussistenza del fumus delieti e del periculum in mora , in quanto in tal modo verrebbe posta non già una questione relativa al controllo delle modalità di attuazione del sequestro, propria della fase esecutiva, ma invece verrebbe sollevato un problema di rivalutazione della sussistenza dei presupposti di legittimità della misura di coercizione reale, che esula dalla sfera dell'esecuzione e per la cui risoluzione l'ordinamento appresta altri specifici rimedi Sez. 3, numero 14187 del 13/12/2006, dep. 2007, Tortora, Rv. 236323 - 01 . Il perimetro del giudizio rimesso a questa Corte è pertanto limitato a verificare la tenuta della motivazione fornita dal GIP di Torre Annunziata in ordine alla non indispensabilità dello sgombero. 1.2. Altrettanto preliminarmente, in riferimento alla osservazione contenuta nella memoria depositata nell'interesse dei terzi interessati dall'Avv. Spagnuolo, il Collegio osserva quanto segue. In primo luogo, va esclusa l'inammissibilità del ricorso per disparità di trattamento , posto che la scelta di quali provvedimenti impugnare e nei confronti di chi è rimessa discrezionalmente alla parte che coltiva l'impugnazione, soluzione che discende dalla natura stessa del processo accusatorio quale processo di parti . Inoltre, il Collegio evidenzia che al vaglio della Corte è stata posta l'impugnazione dell'ordinanza numero 166/23 Mod. 32 - SIGE l'ulteriore annotazione 143/2022 R. Es. è stata interlineata a penna del 10/10/2023, depositata in pari data, concernente il ricorso proposto dal pubblico ministero avverso l'ordinanza GIP del 27/07/2022 nel procedimento in epigrafe indicato, qualificato come opposizione da questa Corte con ordinanza del 24/01/2023 di questa Corte. Nel provvedimento impugnato non si chiarisce nei confronti di chi tale provvedimento sia stato emesso, posto che l'ordinanza impugnata ha assunto un numero di ruolo diverso da quello originario. La memoria difensiva, tuttavia, che neppure allega l'originario ricorso del pubblico ministero, introduce un elemento di valutazione del tutto nuovo, ma non consente al Collegio di avere contezza dell'ambito dei destinatari del provvedimento impugnato, di talché essa non può costituire oggetto di valutazione da parte della Corte. 2. Ciò debitamente premesso, il primo profilo di censura concerne un asserito vizio di contraddittorietà della motivazione, nella parte in cui, da un lato non sussisterebbe alcun obbligo motivazionale previsto dalla legge, dall'altro radica, contraddittoriamente, un obbligo di motivazione in capo al pubblico ministero stesso. La doglianza è parzialmente fondata. L'articolo 111 Cost. impone un obbligo di motivazione di tutti i provvedimenti giurisdizionali. L'articolo 125, comma 3, cod. proc. penumero , stabilisce, con riferimento al giudice, l'obbligo di motivazione delle sole sentenze e delle ordinanze, mentre i decreti debbono essere motivati solo quando tale onere è previsto espressamente dalla legge. Per quanto concerne il pubblico ministero, è stato osservato durante i lavori parlamentari che hanno preceduto l'approvazione del codice di procedura penale che un obbligo generalizzato di motivazione dei provvedimenti del pubblico ministero non sarebbe stato conforme alla natura dell'attività di tale soggetto, dal momento che gli atti del pubblico ministero non sono provvedimenti giurisdizionali, ma atti preprocessuali o processuali che esplicano la funzione inquirente, per cui la scelta del legislatore è stata quella di indicare tassativamente gli atti del pubblico ministero soggetti ad obbligo di motivazione. E' pertanto ovvio che la mancata tipizzazione dell'ordine di sgombero determina l'assenza di un obbligo di motivazione la cui violazione potrebbe determinare la nullità del relativo provvedimento. E, tuttavia, considerata l'indubbia valenza del bene giuridico in argomento, ossia il diritto alla abitazione, il quale assume preminente rilievo sotto il profilo a della copertura costituzionale, posto che la Corte Costituzionale ha incluso il diritto all'abitazione nel catalogo dei diritti inviolabili della persona, che rientra fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione v. sentenze nnumero 217/1988, 44/2020 e 128/2021 b della rilevanza Euro-unionale, posto che l'articolo 34.3 della Carta dei diritti fondamentali dei cittadini dell'Unione europea stabilisce che con l'obiettivo di combattere povertà e esclusione sociale, l'Unione riconosce e rispetta il diritto alla casa e all'housing sociale, al fine di assicurare un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non siano in possesso delle risorse minime, in accordo alle regole stabilite dalla legislazione Comunitaria e dalla legislazione e pratiche internazionali c del riconoscimento convenzionale , posto che, da un lato, la Carta sociale europea CSE , nel testo in vigore dal 1999, sancisce all'articolo 31 che tutte le persone hanno diritto all'abitazione , e, d'altro canto, la Corte EDU, attraverso un'interpretazione estensiva dell'articolo 8 della CEDU che garantisce la tutela della vita privata e familiare e del domicilio , ha riconosciuto l'esistenza di un diritto all'abitazione, la tenuta logica del provvedimento, sotto il summenzionato profilo della indispensabilità , in caso di difetto di motivazione o di motivazione operata con mere formule di stile può risultare difficilmente difendibile. Pertanto, il provvedimento impugnato non appare censurabile sotto il profilo della valutazione della motivazione del provvedimento, posto che rientra nello spettro dello scrutinio del giudice la verifica della indispensabilità dello sgombero, che può essere dedotta solo dalla motivazione del provvedimento. Il motivo è, invece, fondato, nella parte in cui si impugnava l'originario provvedimento adottato dal GIP in sede di incidente di esecuzione allegato alla memoria dei terzi interessati , il quale, nell'accogliere l'istanza dei terzi interessati, motivava il provvedimento di sospensione anche sulla base di carenza di sufficiente motivazione sull'indispensabilità dello sgombero, carenza che non può costituire un vizio dell'atto posto che - come visto - la legge non impone un generale obbligo di motivazione dei provvedimenti del pubblico ministero. 3. Fondato è il profilo di ricorso relativo al cattivo uso del bilanciamento della funzione preventiva del sequestro con le esigenze di vita del terzo possessore. Il provvedimento, infatti, a sostegno della necessità di sospendere l'esecuzione dell'ordine di sgombero, fa esplicito riferimento pag. 9 alla necessità di considerare il c.d. principio di proporzionalità , Sul punto, il Collegio evidenzia che è sicuramente vero che le Sezioni Unite della Corte hanno statuito Sez. U, numero 36959 del 24/06/2021, Eliade, IRv. 281848 - 01 Sez. U. numero 48126 del 20/07/2017, Muscari, Rv. 270938 - 01, che peraltro concerne il caso - diverso dal presente -del terzo che non abbia partecipato al procedimento di cognizione che il provvedimento di sequestro preventivo di cui all'articolo 321, comma 2, cod. proc. penumero , finalizzato alla confisca di cui all'articolo 240 cod. penumero , deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l'anticipazione dell'effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, e che tale motivazione è necessaria anche nell'ottica del rispetto dei criteri di proporzionalità la cui necessaria valenza, con riferimento proprio alle misure cautelari reali, e in consonanza con le affermazioni della giurisprudenza sovranazionale, questa Corte ha ritenuto di dovere a più riprese rimarcare al fine di evitare un'esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata . La giurisprudenza delle Sezioni semplici ha poi ritenuto Sez. 5, numero 17586 del 22/03/2021, Onorati, Rv. 281104 - 01 che, anche in tema di sequestro preventivo c.d. impeditivo , il principio di proporzionalità impone al giudice cautelare di motivare sull'impossibilità di fronteggiare il pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di altri reati ricorrendo a misure cautelari meno invasive oppure limitando l'oggetto del sequestro o il vincolo posto dallo stesso in termini tali da ridurne l'incidenza sui diritti del destinatario della misura reale. La citata sentenza Omissis ha sottolineato che anche le modalità di attuazione del provvedimento devono essere le meno gravose tra quelle possibili ed adeguate a salvaguardare gli effetti del sequestro, in ossequio al principio di proporzionalità applicabile - sia nella fase genetica, sia in quella funzionale - anche alle misure cautelari reali . Tuttavia, il rispetto del principio di proporzionalità non può spingersi - in sede esecutiva -nella rivalutazione della sussistenza del presupposto del periculum in mora, che il giudice deve effettuare al momento in cui viene sottoposta al suo vaglio la sussistenza dei presupposti per l'emanazione del vincolo reale. Il provvedimento impugnato, considerando il diritto all'abitazione dei terzi come assolutamente prevalente rispetto agli altri profili sul carico urbanistico v. infra , senza alcun bilanciamento con le opposte esigenze cautelari, fa' rientrare dalla finestra un profilo, quello del periculum in mora, che era uscito dalla porta nel momento in cui il provvedimento di sequestro aveva assunto la sua stabilità e che non poteva costituire oggetto di rivalutazione in assenza di impulso di parte. 4. Tale affermazione conduce il Collegio direttamente nella valutazione degli altri profili di censura, strettamente connessi a quello testé analizzato. Fondato è il profilo relativo alla omessa valutazione della sussistenza di un aumento del carico urbanistico . Le Sezioni Unite della Corte Sez. U, numero 12878 del 29/01/2003, Innocenti, Rv. 223722 - 01 hanno stabilito che, in tema di reati edilizi o urbanistici, la valutazione che il giudice di merito ha il dovere di compiere in ordine al pericolo che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa agevolare o protrarre le conseguenze di esso o agevolare la commissione di altri reati, va diretta in particolare ad accertare se esista un reale pregiudizio degli interessi attinenti al territorio o una ulteriore lesione del bene giuridico protetto anche con riferimento ad eventuali interventi di competenza della p.a. in relazione a costruzioni non assistite da concessione edilizia, ma tuttavia conformi agli strumenti urbanistici , ovvero se la persistente disponibilità del bene costituisca un elemento neutro sotto il profilo dell'offenisività. In tal senso, la giurisprudenza assolutamente prevalente della Corte è nel senso di ritenere la sussistenza del potere del giudice di disporre il sequestro preventivo di un immobile abusivamente costruito anche nell'ipotesi in cui l'edificazione risulti già ultimata. E' stato così affermato che le conseguenze che il legislatore intende neutralizzare mediante il sequestro preventivo non sono identificabili con l'evento del reato in senso naturalistico e neppure con l'evento in senso giuridico cioè, la lesione del bene penalmente tutelato , cosicché esse possono essere aggravate o protratte anche dopo la consumazione del reato medesimo. La Corte ha in proposito evidenziato come vanno distinte nettamente la consumazione del reato che nei reati edilizi tendenzialmente coincide con la ultimazione dell'immobile , dalle specifiche conseguenze indicate dall'articolo 321 c.p.p. che possono determinarsi a causa del mancato impedimento della libera disponibilità della cosa pertinente al reato in capo all'autore di esso ovvero di terzi. Dette conseguenze diverse, necessariamente antigiuridiche, sono sicuramente ipotizzabili nel caso in cui il reato siasi consumato ed in particolare l'edificio sia stato portato a termine. Si è in particolare specificato che libero uso dell'immobile abusivo, anche dopo il suo completamento, può determinare conseguenze negative sul regolare assetto del territorio, aggravando i c.d. carichi urbanistici . L'istituto del carico urbanistico v. Sez. 3, numero 36104 del 22/09/2011, Armelani, Rv. 251251 - 01 deriva dall'osservazione che ogni insediamento umano è costituito da un elemento c.d. primario abitazioni, uffici, opifici, negozi e da uno secondario di servizio opere pubbliche in genere, uffici pubblici, parchi, strade, fognature, elettrificazione, servizio idrico, condutture di erogazione del gas , che deve essere proporzionato all'insediamento primario, ossia al numero degli abitanti insediati ed alle caratteristiche dell'attività da costoro svolte. Quindi, il carico urbanistico è l'effetto che viene prodotto dall'insediamento primario come domanda di strutture ed opere collettive, in dipendenza del numero delle persone insediate su di un determinato territorio. Si tratta di un concetto, non definito dalla vigente legislazione, ma che è in concreto preso in considerazione in vari istituti di diritto urbanistico, ampiamente richiamati delle sentenze citate. Pertanto, ove dall'esecuzione di opere costruite abusivamente, anche nell'ipotesi in cui l'edificazione sia ultimata, sia derivato un aumento del carico urbanistico, è consentito il sequestro preventivo Sez. 3, numero 52051 del 20/10/2016, Giudici, Rv. 268812 - 01 , fermo restando l'obbligo di motivazione del giudice. Ancora, si è ritenuto Sez. 3, numero 42717 del 10/09/2015, Buono, Rv. 265195 - 01 che è legittimo il sequestro preventivo di un immobile abusivo ultimato anche nel caso di utilizzo dell'opera in conformità alle destinazioni di zona, allorquando il manufatto presenti una consistenza volumetrica tale da determinare comunque un'incidenza negativa concretamente individuabile sul carico urbanistico, sotto il profilo dell'aumentata esigenza di infrastrutture e di opere collettive correlate . 4.3. Che l'aggravio urbanistico nel caso di specie sia assolutamente rilevante sembrerebbe attestato dall'insediamento di trentotto nuclei familiari nell'immobile occupato la relativa valutazione costituisce elemento di fatto sottratto a censure in sede di legittimità ove sorretto da idonea motivazione. Nel caso di specie, tuttavia, il provvedimento omette qualsivoglia motivazione sul punto, non ritenendosi a tal fine calibrata sullo specifico aspetto l'affermazione contenuta a pag. 13 secondo cui la nomina di un amministratore giudiziario, con il compito di sorvegliare e monitorare il rispetto del vincolo, impedire qualsiasi modifica alla struttura dell'immobile e custodire giudizialmente le somme pagate dagli occupanti a garanzia dei costi pubblici di occupazione , costituirebbe garanzia di contemperamento delle opposte esigenze. Sul punto, il Collegio evidenzia come la Corte Sez. 3, numero 24662 del 15/04/2009, Improta, numero m. , in un caso simile al presente, ha affermato che la mera apposizione dei sigilli ex articolo 260 c.p.p., con eventuale nomina di un custode giudiziario unica figura all'epoca esistente , costituisce misura del tutto inidonea a salvaguardare le finalità cautelari del sequestro essa può tutelare le finalità del sequestro probatorio assicurare le cose necessarie per l'accertamento dei fatti , ma la nomina del custode e l'apposizione dei sigilli, senza lo sgombero dell'immobile da coloro che lo occupano, non impedirebbe di certo il determinarsi dell'aggravio del carico urbanistico che deriva appunto dalla persistenza della occupazione . 5. E' del pari fondata la doglianza che censura la ritenuta irrilevanza dell'assenza del requisito dell'agibilità dell'immobile. Evidenziano sul punto le citate Sezioni Unite Innocenti come deve qualificarsi in termini di antigiuridicità l'implicazione proveniente dalla perpetrazione dell'illecito amministrativo ex articolo 221 T.U. delle leggi sanitarie, non più inquadrato nell'agevolazione di commissione di altri reati , ma certamente costituente una situazione illecita ulteriore prodotta dalla condotta la libera utilizzazione della cosa che il provvedimento cautelare è finalizzato ad inibire. Tale principio è coerente con i principi espressi dalla Corte costituzionale, la quale sent. numero 256/1996 , ha escluso una automaticità assoluta nel rilascio del certificato di abitabilità a seguito di concessione in sanatoria, dovendo invece il Comune verificare che al momento del rilascio del certificato di abitabilità siano osservate non solo le disposizioni sanitarie e quelle previste da altre disposizioni di legge in materia di abitabilità e servizi essenziali relativi e rispettiva normativa tecnica permangono, quindi, iri capo ai Comuni tutti gli obblighi inerenti alla verifica delle condizioni igienico-sanitarie per l'abitabilità degli edifici, con l'unica possibile deroga ai requisiti fissati da norme regolamentari . Il principio è stato confermato dalla giurisprudenza amministrativa Consiglio di Stato, numero 2575 del 26/03/2021 , la quale ha espresso il principio secondo cui il rilascio del certificato di abitabilità di un fabbricato, conseguente al condono edilizio, può legittimamente avvenire in deroga solo ad autonome e autosufficienti disposizioni regolamentari e non anche quando siano carenti condizioni di salubrità richieste invece da fonti normative di livello primario, poiché la disciplina del condono edilizio, per il suo carattere eccezionale e derogatorio, non è suscettibile di interpretazioni estensive e, soprattutto, tali da incidere sul fondamentale principio della tutela della salute. Va quindi affermata da un lato l'autonomia del certificato di abitabilità, dall'altro la rilevanza della sua assenza sotto il profilo cautelare. Il provvedimento, che omette di confrontarsi con il quadro normativo, così come interpretato dalla Corte nella sua massima composizione, è pertanto viziato da violazione di legge. 5. Il Collegio evidenzia inoltre come il provvedimento impugnato, nell'incipit, dia conto della esistenza di un tavolo tecnico predisposto presso la Procura della Repubblica con il precipuo fine di organizzare le operazioni in modo da non arrecare eccessivo pregiudizio alle ragioni dei terzi. Di tale istituto, tuttavia, non dà cenno alcuno nella parte motiva, omettendo di precisare per quale motivo la scelta di un amministratore giudiziario sarebbe in grado di meglio contemperare gli opposti interessi, rispetto alla coltivazione di uno strumento di confronto quale quello istituito dall'Ufficio preposto all'esecuzione del provvedimento, in tal modo realizzando una indebita invasione delle prerogative dell'organo requirente. 7. Da ultimo si evidenzia, in riferimento al profilo di doglianza che censura la stessa qualifica degli occupanti come terzi in buona fede, che l'insussistenza di un titolo traslativo della società il ricorrente definisce i terzi come meri promissari acquirenti e l'epoca dell'insediamento dei nuclei familiari nell'immobile abusivo il ricorrente evidenzia che essa sarebbe avvenuta dopo l'emanazione del decreto di sequestro preventivo , sono circostanze sconosciute alla Corte, in quanto non risultano dagli atti a sua disposizione. In ricorso, su tali aspetti, risulta pertanto inammissibile, fermo restando che, laddove le allegazioni del ricorrente fossero corrette, tali circostanze - su cui il provvedimento non si sofferma - non potrebbero non riversare i loro effetti nella valutazione relativa alla sussistenza del requisito della buona fede . 7. Il Collegio esprime quindi i seguenti principi di diritto - il principio di proporzionalità, applicabile anche alla fase esecutiva del sequestro impeditivo, non può spingersi, in assenza di impulso di parte, fino alla rivalutazione della sussistenza del presupposto del periculum in mora , realizzandosi, in tal caso, una indebita invasione da parte del giudice delle prerogative dell'organo requirente preposto all'esecuzione del provvedimento - in tema di reati urbanistici, ai fini della valutazione del requisito della indispensabilità dell'ordine di sgombero, occorre tenere conto anche dell'aggravio in concreto del carico urbanistico dell'opera abusiva, ancorché ultimata, in quanto incidente sul regolare assetto del territorio . 8. Si impone quindi l'annullamento del provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame sui punti sopra indicati al Tribunale di Torre Annunziata, in diversa persona fisica. P.Q.M. Annulla la ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Torre Annunziata, in diversa persona fisica. Così deciso il 13 marzo 2024. Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2024.