Il mero rapporto di convivenza tra autore e vittima del reato non è sufficiente a integrare la circostanza aggravante “in fatto” dell’abuso di detta relazione, a meno che non sia esplicitata nel capo di imputazione la misura e il modo nel quale si sarebbe manifestata la condotta abusante.
Così ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, con la sentenza numero 16127 depositata il 17 aprile 2024. Tre reati e un'aggravante Non è la parodia di un noto film inglese di qualche tempo fa, ma la situazione nella quale si veniva a trovare un uomo, condannato sia in primo che in secondo grado di giudizio per minacce, sequestro di persona e lesioni aggravate dall'abuso di relazioni domestiche la persona offesa era, infatti, la moglie. Proposto ricorso per cassazione, venivano sottoposte all'attenzione del Collegio di legittimità molteplici questioni, legate sia alla procedibilità del delitto di sequestro di persona – oggi perseguibile a querela – sia in relazione alla predetta aggravante, contestata soltanto per il delitto di lesioni, ma ritenuta sussistente anche per il capo riguardante il sequestro di persona. La riforma della procedibilità La prima questione sollevata nel ricorso non faceva breccia lamentava il ricorrente che il giudice di merito avrebbe erroneamente condannato l'imputato anche per il delitto di sequestro di persona, nonostante lo stesso sia oggi procedibile a querela, che nel caso di specie era assente. L'avvenuta costituzione di parte civile della persona offesa, però, è stata giudicata sufficiente dalla Suprema Corte per dichiarare manifestamente infondata la doglianza. La decisione, su questo punto, si è appoggiata a un consolidato orientamento di legittimità, ribadito fino al 2023, secondo il quale, se il regime di procedibilità di un reato muta per effetto di una riforma legislativa, la costituzione di parte civile tiene luogo alla querela perché manifesta la volontà di perseguire penalmente l'autore del fatto-reato. L'aggravante “in fatto” quando può legittimamente ritenersi in sentenza? Il tema delle “aggravanti in fatto”, cioè presenti nel capo di imputazione e legittimamente dichiarabili in sentenza nonostante non siano state esplicitate nell'atto di esercizio dell'azione penale, è noto da un pezzo. L'orientamento giurisprudenziale che riassume la disciplina di questo fenomeno è condensato nella sentenza a Sezioni Unite “Sorge” del 2019, con la quale si è affermato il principio che è legittimo ritenere in sentenza una circostanza aggravante anche se la stessa non è enunciata formalmente nel capo di imputazione, purchè gli elementi che la compongono siano facilmente evincibili da parte dell'imputato che potrà, così, difendersene. Questa regola vale, in sostanza, per le aggravanti che si basano su dati fattuali “autoevidenti”, quali ad esempio il numero dei còrrei. Ma nel caso in cui l'aggravante contenga elementi “valutativi” – cioè basati su qualità o quantità – la regola appena indicata non vale e occorrerà una contestazione formale. L'abuso della relazione domestica reo-vittima è considerata dalla Corte un'aggravante valutativa. Soltanto la puntuale formulazione del capo di imputazione può consentire di far comprendere all'imputato come e in quale misura egli avrebbe abusato della relazione qualificata con la persona offesa. Un po' di rigore non guasta Non possiamo che condividere la decisione in commento aprire maglie nel principio della necessità che l'imputato abbia ben chiaro il fatto contestato in tutti i suoi elementi, anche circostanziali, è pericoloso. Né è particolarmente agevole distinguere tra aggravanti autoevidenti e valutative. Tra i due mali – un'imputazione incompleta e una implicita – è certamente preferibile il primo.
Presidente Sabeone – Relatore Morosini Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Genova ha confermato, anche agli effetti civili, la condanna di R.D. in ordine ai reati di cui agli articolo 61, numero 4, 61 numero 11, 582-585 cod. penumero capo 1 , 612, comma secondo, cod. penumero capo 2 605 cod. penumero capo 3 , commessi ai danni della convivente. 2. Avverso l'indicata pronuncia ricorre l'imputato, tramite il difensore, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 2.1. Con il primo denuncia violazione di legge sostanziale e processuale in relazione alla ritenuta sussistenza della condizione di procedibilità. A seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. numero 150 del 2022 il delitto di sequestro di persona è divenuto punibile a querela di parte, che, nella specie non risulta presentata. Secondo il ricorrente è erronea la tesi, accolta in sentenza, secondo cui la costituzione di parte civile sarebbe sufficiente a integrare la condizione di procedibilità. 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione in punto di credibilità e attendibilità della persona offesa. Le risposte fornite dalla Corte di appello non sarebbero sufficienti a soddisfare rilievi svolti con il gravame che ponevano in luce non solo le contraddizioni intrinseche e le sviste mnemoniche in cui era incorsa la persona offesa, ma anche gli elementi di prova esterni che ne smentivano il racconto. 2.3. Con il terzo motivo eccepisce la violazione degli articolo 517,522 e 604 cod. proc. penumero , perché il giudice di merito ha riconosciuto, anche in relazione al capo 3 , la circostanza aggravante di cui all'articolo 61 numero 11 cod. penumero , pur in assenza di contestazione. 3. Il ricorso è stato trattato, senza intervento delle parti, nelle forme di cui all'articolo 23, comma 8 legge numero 176 del 2020 e successive modifiche. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato limitatamente al terzo motivo nel resto è inammissibile. 2. Il primo motivo è manifestamente infondato. 2.1. A seguito della modifica intervenuta per effetto del d.lgs. 10 ottobre 2022, numero 150, in vigore dal 30 dicembre 2022, il delitto di sequestro di persona è divenuto punibile a querela della persona offesa ad eccezione di alcune ipotesi estranee al caso di specie . In relazione ai fatti commessi prima dell'entrata in vigore della suddetta modifica legislativa, l'articolo 85 del d.lgs. numero 150 del 2022 ha stabilito che il termine per la presentazione della querela pari a tre mesi ex articolo 124, primo comma, cod. penumero decorre dalla data di entrata in vigore della novella 30 dicembre 2023 , se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato. La novità normativa riguardante il regime di procedibilità trova applicazione anche in ordine a fatti, come quelli sub iudice, commessi prima del 30 dicembre 2022. Si è, infatti, condivisibilmente affermato che, data la natura mista, sostanziale e processuale, della querela e la sua concreta incidenza sulla punibilità dell'autore del fatto, il rapporto tra leggi che modificano il regime di procedibilità di un reato deve essere governato dalla norma di cui all'articolo 2, comma 4, cod. penumero cfr. specificamente sul d. lgs. numero 150 de 2022 Sez. 5, numero 22641 del 21/04/2023, P., Rv. 284749 - 01 nonché sul principio generale tra le altre Sez. 3, numero 2733 del 08/07/1997, Frualdo, Rv. 209188 - 01 Sez. 2, numero 40399 del 24/09/2008, Calabrò, Rv. 241862 Sez. 2 numero 225 del 08/11/2018, dep., 2019, Mohammad Razzaq, Rv. 274734 - 01 Sez. 5, numero 22143 del 17/04/2019, D., Rv. 275924 . 2.2. Nel caso di specie la modifica è intervenuta a processo penale in corso, quando era già stata pronunciata la sentenza di primo grado. Tuttavia non sorgono problemi di punibilità/procedibilità dato che la persona offesa si è costituita parte civile. La contraria opinione sviluppata in ricorso è completamente destituita di fondamento dato che si pone in contrasto con i consolidati principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità anche a Sezioni Unite, in forza dei quali la costituzione di parte civile non revocata equivale a querela ai fini della procedibilità di reati originariamente perseguibili d'ufficio, divenuti perseguibili a querela a seguito di una modifica legislativa, posto che la volontà punitiva della persona offesa, non richiedendo formule particolari, può essere legittimamente desunta anche da atti che non contengono la sua esplicita manifestazione cfr. Sez. U, numero 40150 del 21/06/2018, Salatino, in motivazione tra le ultime proprio in tema di d.lgs. numero 150 del 2022, si veda Sez. 3, numero 27147 del 09/05/2023, S., Rv. 284844 - 01 . 3. Il secondo motivo esula dal novero dei vizi deducibili ex articolo 606 comma 1, cod. proc. penumero . La censura si risolve nella prospettazione di una diversa lettura del materiale probatorio, come tale inammissibile in sede di legittimità. La valutazione offerta dalla Corte di appello in punto di credibilità soggettiva della persona offesa e di attendibilità del suo racconto è congrua e lineare e non si espone a censure di manifesta illogicità pagg. 5 e 6 . 4. Il terzo motivo è fondato. 4.1. I giudici di merito hanno riconosciuto la sussistenza, anche per il capo 3 , della circostanza aggravante di cui all'articolo 61 numero 11 cod. penumero abuso di relazioni domestiche , ritenendola «contestata di fatto fin dall'inizio [ ] come emerge chiaramente dal capo di imputazione» pag. 6 sentenza impugnata . In realtà, la chiarezza, tanto apoditticamente affermata, non risulta affatto. Il capo 3 è così formulato «del reato di cui all'articolo 605 cod. penumero poiché, nel corso di una lite domestica intervenuta con la convivente, [ ] le impediva di lasciare l'abitazione sita in OMISSIS , vico OMISSIS , chiudendo la porta dall'interno, nascondendo le chiavi di casa e sottraendole altresì il telefono cellulare, privandola per l'effetto della libertà personale. Fatto commesso in OMISSIS dal OMISSIS al OMISSIS circa». Nessun cenno all'abuso di relazioni domestiche o all'articolo 61 numero 11 cod. penumero . Né la contestazione della circostanza aggravante può essere ricavata dal rilievo che il capo 1 eleva contestazione in tal senso. Semmai proprio il raffronto tra capo 1 che richiama l'articolo 61 numero 11 cod. penumero ed espressamente cita l'aggravante del fatto commesso con abuso di relazione domestica e capo 3 che non fa cenno all'aggravante in parola conduce a conclusione opposta, nel senso di evidenziare con chiarezza che la scelta del P.M. è stata quella elevare la contestazione dell'elemento accidentale per il capo 1 e non per il capo 3 . 4.2. Occorre allora stabilire se possa essere sufficiente o meno integrare la contestazione della aggravante il mero riferimento al rapporto di convivenza tra autore e vittima. Si apre la tematica della c.d. contestazione in fatto che rende necessario un inquadramento di ordine generale al fine di enucleare gli interessi, anche di rango costituzionale, che sono sottesi alla normativa e alla sua interpretazione. 4.2.1. Come osservano in motivazione le Sezioni Unite Sorge sentenza numero 24906 del 18/04/2019 la contestazione delle circostanze aggravanti si muove su un piano concettualmente diverso da quella della c.d. definizione giuridica del fatto storico originariamente contestato. E ciò per quanto attiene sia alle vicende processuali dall'esercizio dell'azione penale sino al giudicato sia al rapporto tra potere del giudice e potere del pubblico ministero. L'articolo 417, comma 1, lett. b cod. proc. penumero con una disposizione che si trova replicata in tutte le norme relative all'atto di esercizio dell'azione penale v. in motivazione Sez. U. Sorge cit. stabilisce che la richiesta di rinvio a giudizio contiene l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge. Circa i successivi sviluppi dibattimentali, le modifiche dell'imputazione sono disciplinate dagli articolo 516 e ss. cod. proc. penumero in particolare l'articolo 516 si occupa della diversità del fatto nella sua dimensione storica l'articolo 517 di nuovi reati concorrenti o di nuove circostanze aggravanti l'articolo 518 di un nuovo reato che si aggiunge a quello contestato e a quest'ultimo non connesso ex articolo 12, lett. b , cod. proc. penumero L'articolo 521 cod. proc. penumero sotto la rubrica correlazione tra l'imputazione contestata e la sentenza riconosce al giudice il potere di dare al fatto «una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione» comma 1 e prevede che il giudice disponga con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero se accerta che il fatto è diverso da come descritto nel decreto che dispone il giudizio ovvero nella contestazione effettuata a norma degli articoli 516, 517 e 518, comma 2. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, tale disposizione non abilita, invece, il giudice alla restituzione degli atti al pubblico ministero allorché dagli atti emerga la sussistenza di una circostanza aggravante non contestata, poiché - per scelta del legislatore processuale al di là di quella che può essere la loro sistemazione concettuale all'interno del diritto sostanziale - le circostanze sono trattate come elementi esterni al fatto che non ne determinano la diversità Sez. 4 numero 44973 del 13/10/2021, Nodari, Rv. 282246 Sez. 1, numero 25882 del 12/05/2015, Dello Monaco, Rv. 263941 Sez. 4, numero 31446 del 25/06/2008, Mustaccioli, Rv. 240896 - 01 . 4.2.2. Sul punto è intervenuta anche la Corte Costituzionale sentenza numero 230 del 2022 che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 521, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non consente al giudice la restituzione degli atti al pubblico ministero nel caso di omessa contestazione di una circostanza aggravante. Le ragioni della Consulta sono perspicue e particolarmente illuminanti - nella disciplina codicistica, per una scelta del legislatore che non si presta a dubbi di legittimità costituzionale, il giudice non può ritenere esistente la circostanza non contestata, essendogli ciò precluso dall'articolo 521, comma 1, cod. proc. penumero , e deve pertanto limitarsi a pronunciare condanna per il fatto di reato non qualificato, come ritualmente contestato dal pubblico ministero - «tale regola di sistema è, anzitutto, funzionale al corretto svolgersi del contraddittorio, e a garantire così la pienezza del diritto di difesa dell'imputato. In secondo luogo, essa tutela la stessa posizione del pubblico ministero, che l'ordinamento vigente - imperniato sul principio accusatorio - individua come esclusivo titolare dell'azione penale. Infine, la regola assicura la posizione di terzietà e imparzialità del giudice rispetto alle opposte a/legazioni delle parti posizione che è pur essa inscindibilmente legata alla logica del principio accusatorio» così testualmente Corte cost. sentenza numero 230 del 2022, cit. . La Consulta sviluppa il ragionamento sul piano delle garanzie come segue - quanto alla posizione dell'organo di accusa «il principio di obbligatorietà dell'azione penale non può essere ragionevolmente esteso sino al punto di negare qualsiasi spazio valutativo al pubblico ministero sulla concreta configurazione dell'imputazione, nella quale egli è tenuto a enunciare i fatti storici corrispondenti all'insieme delle fattispecie astratte contenute nelle disposizioni da cui dipende la rilevanza penale di una condotta - ivi comprese quelle configuranti circostanze, le quali spesso contengono clausole generali o requisiti elastici che rimandano necessariamente ad apprezzamenti discrezionali di chi debba applicare la norma, a cominciare appunto dal pubblico ministero» - quanto alla posizione dell'imputato «il legislatore non può non preoccuparsi di garantire l'effettività del diritto di difesa dell'imputato, il quale - una volta formulata l'imputazione da parte del pubblico ministero - ha un'ovvia aspettativa a poter articolare la propria strategia difensiva in relazione, appunto, all'imputazione così cristallizzata, e non ad eventuali imputazioni alternative emerse nel corso del giudizio, anche solo in termini di circostanze aggravanti non ritualmente contestategli dal pubblico ministero» - circa la posizione del giudice «lo stesso ruolo del giudice non può essere inteso sino a ricomprendere, per necessità costituzionale, un penetrante sindacato su tutte le scelte compiute dal pubblico ministero nella descrizione del fatto che costituisce il thema decidendum del giudizio penale. Un tale sindacato finirebbe infatti per snaturare la stessa posizione di terzietà e imparzialità del giudice, chiamato in linea di principio a giudicare della corrispondenza dei fatti provati a quelli ascritti all'imputato dal pubblico ministero, e non già ad assicurare, in chiave collaborativa con quest'ultimo, l'adeguamento dell'imputazione ai fatti provati». 4.2.3. Deve ritenersi, pertanto, che siano queste le linee guida nella disamina della tematica in rassegna che deve pervenire a una soluzione rispondente al diritto al contraddittorio, al potere esclusivo di contestazione del pubblico ministero, alla assenza di potere correttivo in capo al giudice. 4.2.4. Il discorso si sposta, quindi, sui requisiti minimi che la descrizione di un elemento circostanziale debba presentare, nella imputazione elaborata dal pubblico ministero, al fine di integrare i presupposti della contestazione della relativa circostanza aggravante. Soccorrono al riguardo le Sezioni Unite Sorge sentenza numero 24906 del 18/04/2019, cit. che hanno accreditato quell'orientamento della giurisprudenza di legittimità favorevole alla c.d. contestazione in fatto delle aggravanti. Tale pronuncia chiarisce che per «contestazione in fatto» si intende una formulazione dell'imputazione che - non enunciando letteralmente la fattispecie circostanziale né indicando la specifica norma di legge - riporti, comunque, in maniera chiara e precisa gli elementi di fatto integranti la circostanza, così da permettere all'imputato di averne piena consapevolezza e di espletare adeguatamente la propria difesa. A ulteriore precisazione, le Sezioni Unite aggiungono che «l'ammissibilità della contestazione in fatto delle circostanze aggravanti deve essere verificata rispetto alle caratteristiche delle singole fattispecie circostanziali e, in particolare, alla natura degli elementi costitutivi delle stesse. Questo aspetto, infatti, determina inevitabilmente il livello di precisione e determinatezza che rende l'indicazione di tali elementi, nell'imputazione contestata, sufficiente a garantire la puntuale comprensione del contenuto dell'accusa da parte dell'imputato». Sempre secondo la sentenza Sorge, «la contestazione in fatto non dà luogo a particolari problematiche di ammissibilità per le circostanze aggravanti le cui fattispecie, secondo la previsione normativa, si esauriscono in comportamenti descritti nella loro materialità, ovvero riferiti a mezzi o oggetti determinati nelle loro caratteristiche oggettive. In questi casi, invero, l'indicazione di tali fatti materiali è idonea a riportare nell'imputazione la fattispecie aggravatrice in tutti i suoi elementi costitutivi, rendendo possibile l'adeguato esercizio dei diritti di difesa dell'imputato». Diversamente avviene «con riguardo alle circostanze aggravanti nelle quali, in luogo dei fatti materiali o in aggiunta agli stessi, la previsione normativa include componenti valutative risultandone di conseguenza che le modalità della condotta integrano l'ipotesi aggravata ove alle stesse siano attribuibili particolari connotazioni qualitative o quantitative. Essendo tali, dette connotazioni sono ritenute o meno ricorrenti nei singoli casi in base ad una valutazione compiuta in primo luogo dal pubblico ministero nella formulazione dell'imputazione, e di seguito sottoposta alla verifica del giudizio. Ove il risultato di questa valutazione non sia esplicitato nell'imputazione, con la precisazione della ritenuta esistenza delle connotazioni di cui sopra, la contestazione risulterà priva di una compiuta indicazione degli elementi costitutivi della fattispecie circostanziale. Né può esigersi dall'imputato, pur se assistito da una difesa tecnica, l'individuazione dell'esito qualificativo che connota l'ipotesi aggravata in base ad un autonomo compimento del percorso valutativo dell'autorità giudiziaria sulla base dei dati di fatto contestati, trattandosi per l'appunto di una valutazione potenzialmente destinata a condurre a conclusioni diverse». L'insegnamento delle Sezioni Unite Sorge è quindi nel senso di ammettere la contestazione in fatto delle circostanze aggravanti, a condizione che, nel rispetto del diritto di difesa, l'imputazione riporti in maniera sufficientemente chiara e precisa gli elementi di fatto che integrano la fattispecie. Chiarezza e precisione della contestazione vanno raccordati, di volta in volta, alle caratteristiche delle singole fattispecie circostanziali e, in particolare, alla natura degli elementi costitutivi delle stesse in presenza di elementi valutativi, il grado di determinatezza della contestazione va ragguagliato alla esplicitazione dell'elemento valutativo coinvolto in base alla complessità maggiore o minore dello stesso. Vi sono dei casi in cui la contestazione delle circostanze è resa immediatamente comprensibile dal mero riferimento a dati materiali autoevidenti, come ad esempio il numero delle persone che hanno concorso nel reato di furto articolo 625, comma primo, numero 5, cod. penumero , quando l'imputazione indichi tutti i concorrenti la pluralità delle persone offese, quando risulti dal capo di imputazione Sez. 3, numero 28483 del 10/09/2020, D., Rv. 280013 - 02 che ha ritenuto legittima la contestazione in fatto della circostanza aggravante prevista dall'articolo 4, numero 7, della legge 20 febbraio 1958, numero 75 il rapporto di parentela o di coniugio ad esempio nei reati di lesione personale e di omicidio quando l'imputazione lo specifichi Sez. 6, numero 4461 del 15/12/2016, dep. 2017, Rv. 269615 - 01, cit. la minore età della vittima quando l'imputazione indichi l'età della persona offesa o la sua data di nascita Sez. 5 numero 28668 del 09/06/2022, Rv. 283540 - 01 ha ritenuto legittima la contestazione in fatto dell'aggravante di cui all'articolo 612-bis, comma terzo, cod. penumero , relativa all'aver diretto gli atti persecutori in danno di un minore . Su versante opposto vi sono dei casi, come quello della aggravante del falso commesso su atto fidefacente deciso dalle Sezioni Unite Sorge, che involgono elementi valutativi talmente complessi da non lasciare spazio ad alternative sì da rendere necessario esporre la natura fidefacente dell'atto, o direttamente, o mediante l'impiego di formule equivalenti, ovvero attraverso l'indicazione della relativa norma Sez. U, numero 24906 del 18/04/2019, Sorge, Rv. 2.75436 . Tra questi due estremi si collocano le varie tipologie di circostanze che, come detto, richiedono una esplicitazione delle loro caratteristiche in termini adeguati alla rispettiva complessità valutativa. In conclusione, l'imputazione deve contenere una chiara e precisa contestazione delle circostanze aggravanti così che, da un lato, si consente all'imputato di averne piena, immediata e inequivoca cognizione per espletare una adeguata difesa e, dall'altro lato, si impone al pubblico ministero di esplicitare le proprie scelte su un punto che rientra nella sua signoria esclusiva mentre non è consentito lasciare alla intuizione dell'imputato o del suo difensore la comprensione della contestazione di una componente circostanziale aggravatrice, priva di autoevidenza, desunta da descrizioni del fatto, dei mezzi o dell'oggetto e non riferibile a una precisa e chiara volontà dell'organo di accusa di elevare proprio quella contestazione. Da parte sua il giudice non può sovrapporsi all'organo di accusa nell'esercizio dei poteri a quest'ultimo spettanti e quindi non può riconoscere una aggravante, pur risultante dagli atti, per la quale non risulti elevata contestazione nei termini indicati. 4.2.5. Tali conclusioni sono coerenti con le indicazioni che provengono dalla giurisprudenza della Corte costituzionale v., Corte cost., sent. numero 230 del 2022, cit. e dalle decisioni della Corte di Strasburgo, chiamata a verificare il rispetto del diritto dell'accusato ad essere informato del contenuto dell'accusa, previsto dall'articolo 6, par. 3, lett. a , CEDU. A questi fini, infatti, l'imputato deve essere informato non solo dei motivi dell'accusa, ossia dei fatti materiali che gli vengono attribuiti e sui quali si basa l'accusa, ma anche, e in maniera dettagliata, della qualificazione giuridica data a tali fatti le modalità dell'informazione possono essere le più varie, purché adeguate allo scopo ex plurimis, Corte EDU, sentenza 7 novembre 2019, Gelenidze contro Georgia sentenza 15 gennaio 2015, Mihelj contro Slovenia sentenza 24 luglio 2012, D.M.T. e D.K.I. contro Bulgaria sentenza 3 maggio 2011, Giosakis contro Grecia . 4.3. Nel caso in esame si discute della circostanza aggravante dell'abuso delle relazioni domestiche ex articolo 61 numero 11 cod. penumero 4.3.1. Si tratta di una fattispecie che richiede non solo una relazione qualificata tra autore e vittima la relazione domestica, appunto , ma un quid pluris rappresentato dall'abuso di tale relazione. Dovendosi intendere per abuso lo sviamento della situazione, di volta in volta contemplata, dai limiti e dalle finalità che le sono proprie o, secondo altra definizione, l'approfittamento di una condizione di superiorità nei confronti del soggetto passivo che non trasmodi in abuso di potere altrimenti si ricadrebbe nella circostanza di cui al nono numero del citato articolo 61 . Ergo l'aggravante in rassegna può ritenersi validamente contestata in fatto purché emerga l'elemento qualificante dell'abuso, anche eventualmente tramite formule equivalenti ma inequivoche, sì da lasciar comprendere all'imputato che deve difendersi anche su quel piano. 4.3.2. Il capo 3 di imputazione come sopra trascritto non contiene alcuna indicazione idonea a soddisfare i requisiti minimi appena esposti, pertanto l'aggravante prevista dall'articolo 61 numero 11 cod. penumero non può ritenersi contestata in fatto in ragione della mera indicazione della qualità di convivente della persona offesa. Ciononostante, la sentenza di condanna ha riconosciuto detta circostanza aggravante così incorrendo, sul punto, nella violazione di disposizioni concernenti l'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale. Ne consegue che la relativa statuizione è affetta da nullità assoluta, come tale insanabile e rilevabile dal giudice in ogni stato e grado del procedimento cfr. in motivazione paragrafo 5, pag. 11, Sez. U, numero 49935 del 28/09/2023, Domingo Sez. 5, numero 11412 del 19/01/2021, Papandrea, Rv. 280748 - 01 Sez. 5, numero 32682 del 18/06/2018, Trotti, Rv. 273491 - 01 . 5. Deriva che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al riconoscimento della circostanza aggravante di cui all'articolo 61 numero 11 cod. penumero in relazione al capo 3 , aggravante che, per detto capo, va esclusa con conseguente eliminazione della pena ai mesi uno di reclusione, applicata quale aumento a tale titolo cfr. calcolo della pena nella sentenza di primo grado . Il ricorso va dichiarato inammissibile nel resto. 5.2. La declaratoria di inammissibilità del ricorso in ordine ai capi 1 e 2 - non toccati, neppure in punto di trattamento sanzionatorio, dalla pronuncia di annullamento afferente unicamente un elemento circostanziale del capo 3 impedisce di rilevare l'intervenuto decorso del termine prescrizionale per i medesimi capi. Al riguardo va ricordato che in caso di ricorso avverso una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi più reati ascritti allo stesso imputato, l'autonomia dell'azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l'ammissibilità dell'impugnazione per uno dei reati possa determinare l'instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, con la conseguenza che per tali reati, nei cui confronti si è formato il giudicato parziale, è preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza di appello Sez. U, numero 6903 del 27/05/2016, dep. 2017, Aiello, Rv. 268966 - 01 . 5.3. L'imputato deve essere condannato, inoltre, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, ammessa al patrocinio a spese dello Stato. Dette spese, da versarsi a favore dell'erario ex articolo 110, comma 3 d.p.r. numero 115 del 2002, verranno liquidate dalla Corte di appello di Genova con separato decreto di pagamento ai sensi degli articolo 82 e 83 d.p.r. 115/2002 Sez. U, numero 5464 del 26 settembre, 2019, dep. 2020, De Falco, Rv. 277760 . L'inerenza della vicenda a rapporti familiari impone, in caso di diffusione della presente sentenza, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente alla circostanza aggravante di cui all'articolo 61, numero 11, cod. penumero per il delitto di cui al capo 3 che esclude ed elimina la relativa pena di mesi uno di reclusione. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Genova con separato decreto di pagamento ai sensi degli articolo 82 e 83 d.p.r. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'articolo 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.