I balconi del condominio non sono necessariamente parti comuni lo sono, specialmente i modiglioni e i rivestimenti, se svolgono in concreto una funzione per il palazzo, ad esempio contribuendo al suo decoro architettonico.
Il caso Una società condomina impugnava una delibera assembleare del proprio palazzo chiedendo la dichiarazione di annullabilità in merito alla decisione di intraprendere dei lavori di rifacimento dei balconi dello stabile. A parere della ricorrente, infatti, il Condominio avrebbe scelto un'impresa troppo onerosa, che avrebbe programmato lavori per cifre esorbitanti e basate su un capitolato di appalto non attendibile. In secondo luogo, sempre a detta dell'attrice, l'assemblea sarebbe stata invalida in quanto questa avrebbe deliberato sul rifacimento dei modiglioni dei balconi i quali, parti private, non avrebbero potuto essere oggetto di decisioni del condominio. Ai sensi dell'articolo 1117 c.c., infatti, i modiglioni non sarebbero stati annoverati tra le parti comuni e quindi l'assemblea non avrebbe avuto alcuna possibilità di decidere sul rifacimento degli stessi. Si costituiva in giudizio il Condominio, negando le ragioni dell'attrice e insistendo per la validità della delibera assunta. Il Tribunale rigetta la domanda e sottolinea l'estensione del concetto di decoro architettonico in condominio Con la sentenza numero 1360 del 1° marzo 2024, il Tribunale di Torino rigettava la domanda attorea. Su cosa si basa questo rigetto? Leggendo la decisione in commento pare importante sottolineare tre temi giuridici sui quali si è incentrata la ratio decidendi. In primo luogo, con riguardo al primo motivo di impugnazione della società, ossia che la deliberazione fosse stata effettuata per cifre troppo elevate e sulla base di un capitolato non congruo, il Giudice rigettava recisamente la domanda. Secondo il Tribunale, infatti, il giudice civile ha giurisdizione per pronunciarsi sulla domanda di validità o invalidità di una delibera assembleare, ma non può sindacare il merito della stessa. Citando la Cassazione, il Giudice affermava che «in tema di condominio, il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere assembleari non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condòmini, ma deve limitarsi ad un riscontro di legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, non è finalizzato a controllare l'opportunità o convenienza della soluzione adottata dall'impugnata delibera, ma solo a stabilire se la decisione collegiale sia o meno il risultato del legittimo esercizio del potere dell'assemblea» si vedano Cass. numero 29619/2022 Cass. numero 15320/2022 . Esulano quindi dal sindacato del tribunale civile le eccezioni sulla vantaggiosità della scelta operata dall'assemblea, e rilevano solo quelle in merito al corretto esercizio della funzione assembleare, ad esempio con riguardo all'oggetto della stessa, alla rispondenza alle leggi e al rispetto dei quorum costitutivi e deliberativi. Con riguardo al secondo motivo, invece, ossia il tema della proprietà privata dei modiglioni dei balconi, anche su questo il Giudice rigettava le argomentazioni della società impugnante. Dalle risultanze istruttorie, infatti, era risultato che i modiglioni in questione, lungi dall'essere parti meramente strutturali, svolgevano anche una funzione decorativa nella facciata condominiale, contribuendo al decoro architettonico dello stabile. Secondo la Cassazione, infatti, i rivestimenti dei balconi devono essere considerati parti condominiali se «svolgono in svolgono in concreto una prevalente, e perciò essenziale, funzione estetica per l'edificio, divenendo così elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata e contribuendo a renderlo esteticamente gradevole» si veda Cass. numero 10848/2020 . Lo stesso CTU, nella fase istruttoria, aveva peraltro evidenziato come i modiglioni rivestissero una funzione decorativa dell'intero edificio, dato che questi facevano parte «di un'architettura storica dei primi del Novecento e di un sistema costruttivo non contemporaneo». La domanda di annullamento della delibera condominiale per illiceità dell'oggetto, nello specifico per avere deciso sui modiglioni, veniva quindi rigettata. Sul tema, in modo condivisibile, il Giudice aggiungeva quanto segue. La domanda era infondata, e quindi era corretto il rigetto per le ragioni di merito sopra riportate. Tuttavia, aggiungeva il Giudice, questa appariva non corretta anche dal punto di vista del rito, dato che l'eventuale contestazione in merito alla delibera assembleare avente oggetto vietato in quanto su parte privata avrebbe dovuto portare alla domanda di nullità della stessa, e non di annullabilità. Ammesso e non concesso, quindi, che l'eventuale domanda fosse stata fondata e nel caso di specie non lo era non sarebbe comunque stato possibile pronunciare la nullità della delibera in quanto tale domanda sarebbe stata ultronea rispetto alla domanda attorea. La domanda attorea veniva quindi integralmente rigettata e la società veniva, in ragione del principio di soccombenza, condannata a sostenere le spese del giudizio.
Giudice Gallo Motivi in fatto e in diritto Con atto di citazione del , ritualmente notificato, la ha convenuto in giudizio il sito in onde ottenere l'annullamento delle deliberazioni assunte in data ai punti 1 e 2 dell'ordine del giorno, con cui l'assemblea approvava l'esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria della facciata interno cortile e la messa in sicurezza della stessa. Lamentava come il capitolato approvato dall'assemblea non fosse attendibile e come le delibere non avessero ad oggetto beni di proprietà comune condominiale, ma strutture i modiglioni di proprietà esclusiva dei singoli condomini. Costituendosi in giudizio il contestava le domande avversarie, evidenziando inoltre come i modiglioni avessero una funzione estetica, oltre che strutturale, e fossero dunque di proprietà condominiale. Con ordinanza del veniva disposta una consulenza tecnica d'ufficio volta a descrivere lo stato dei luoghi. Con note scritte dell' la parte attrice produceva i verbali delle nuove deliberazioni assembleari assunte in data e , sostenendo come di fatto le stesse avessero revocato quanto disposto nella delibera impugnata, con conseguente cessazione della materia del contendere. All'udienza del la causa veniva trattenuta a decisione, previa assegnazione alle parti dei termini per il deposito di comparse conclusionale e memorie di replica. 1. Preliminarmente non può condividersi la tesi attorea, secondo cui sarebbe cessata la materia del contendere. Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, la cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conclusioni conformi in tal senso al giudice, potendo al più residuare un contrasto solo sulle spese di lite, che il giudice con la pronuncia deve risolvere secondo il criterio della cosiddetta soccombenza virtuale. Allorquando, invece, la sopravvenienza di un fatto, che si assume suscettibile di determinare la cessazione della materia del contendere, sia allegato da una sola parte e l'altra non aderisca a tale prospettazione, il suo apprezzamento, ove esso sia dimostrato, non può concretarsi in una pronuncia di cessazione della materia del contendere, ma, ove abbia determinato il soddisfacimento del diritto azionato con la domanda dell'attore, in una valutazione dell'interesse ad agire, con la conseguenza che il suo rilievo potrà dare luogo ad una pronuncia dichiarativa dell'esistenza del diritto azionato e, quindi, per tale aspetto, di accoglimento della domanda e di sopravvenuto difetto di interesse ad agire dell'attore in ordine ai profili non soddisfatti da tale dichiarazione, in ragione dell'avvenuto soddisfacimento della sua pretesa per i profili ulteriori rispetto alla tutela dichiarativa Cass. civ. Sez. II Sent., , numero 21757 . Nella fattispecie in esame, non solo il convenuto non ha condiviso la prospettazione di parte attrice in ordine al mutamento della situazione sostanziale a seguito delle delibere assembleari dell' e del e, dunque, non può ritenersi che vi sia cessazione della materia del contendere, ma tali delibere, pur comportando nei fatti la revoca della decisione di dare esecuzione ai lavori di manutenzione straordinaria della facciata e di affidare l'incarico alla non appaiono soddisfare integralmente le pretese attoree, con conseguente permanenza dell'interesse ad impugnare le delibere oggetto di causa. E' infatti evidente che la cessazione della materia del contendere, o la carenza, anche sopravvenuta, di interesse ad agire, sono ravvisabili solo quando il secondo deliberato modifichi le decisioni del primo in senso conforme a quanto richiesto dal condomino che impugna e non anche quando reiteri o comunque adotti una decisione nello stesso senso della precedente, presupponendo la stessa il sopravvenire di una situazione che consenta di ritenere risolta o superata la lite insorta tra le parti, sì da comportare il venir meno dell'interesse a una decisione sul diritto sostanziale dedotto in giudizio cfr. Tribunale Torino Sez. VIII Sent., . 2. Ciò premesso, la domanda attorea deve essere respinta. Come primo motivo di impugnazione l'attrice ha lamentato come i lavori per il rifacimento integrale della facciata interna dello stabile fossero stati deliberati per cifre esorbitanti e non corrispondenti ad un capitolato attendibile. Tali doglianze non rilevano ai fini dell'invocato annullamento della delibera. Come noto, in tema di condominio, il sindacato dell'autorità giudiziaria sulle delibere assembleari non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l'assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condòmini, ma deve limitarsi ad un riscontro di legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, non è finalizzato a controllare l'opportunità o convenienza della soluzione adottata dall'impugnata delibera, ma solo a stabilire se la decisione collegiale sia o meno il risultato del legittimo esercizio del potere dell'assemblea cfr. ex multis Cass. numero 29619/2022 Cass. numero 15320/2022 Corte d'Appello Torino Sez. II Sent., inoltre, il sindacato dell'autorità giudiziaria può abbracciare anche l'eccesso di potere, purché la causa della deliberazione risulti - sulla base di un apprezzamento di fatto del relativo contenuto, che spetta al giudice di merito - falsamente deviata dal suo modo di essere, in quanto anche in tal caso lo strumento di cui all'articolo 1137 c.c. non è finalizzato a controllare l'opportunità o convenienza della soluzione adottata dall'impugnata delibera, ma solo a stabilire se la decisione collegiale sia, o meno, il risultato del legittimo esercizio del potere dell'assemblea. Ne consegue che esulano dall'ambito del sindacato giudiziale sulle deliberazioni condominiali le censure inerenti la vantaggiosità della scelta operata dall'assemblea sui costi da sostenere nella gestione delle spese relative alle cose e ai servizi comuni. Cass. Ord. numero 20135 del . 3. Con il secondo motivo di impugnazione, l'attrice ha lamentato come la delibera avesse ad oggetto beni non condominiali. Ha infatti evidenziato come i balconi fossero di proprietà esclusiva dei singoli condomini, ed insieme ad essi anche i modiglioni, in quanto elementi strutturali diversi da fregi, rivestimenti e particolari decorativi che partecipano al decoro architettonico della facciata. Anche sotto questo profilo l'impugnazione deve essere respinta per molteplici ragioni. In primo luogo, come evidenziato dal , nel corso dell'assemblea del Data3 veniva specificato come il capitolato lavori e conseguentemente i preventivi non prevedono lavorazioni sui balconi di proprietà esclusiva e nemmeno su quelli che fungono da accesso agli appartamenti , essendo previsti esclusivamente interventi sulla facciata e sui modiglioni in quanto parti strutturali . Le risultanze della CTU confermano inoltre la natura condominiale dei modiglioni oggetto di causa. Incaricata espressamente di verificare se essi servano al sostegno delle parti comuni del fabbricato o comunque assolvano ad una funzione estetica , l'arch. ha chiarito che la funzione dei modiglioni è con certezza strutturale e non meramente estetica. Fungono da sostegno delle lastre in pietra che costituiscono la struttura orizzontale e di calpestio dei balconi sopradescritti e sono attaccate al muro di facciata . Essi sorreggono inoltre i montanti metallici delle ringhiere dei medesimi balconi, anche questi ancorati a muro, nella parte superiore. Per rispondere se servano pertanto al sostegno delle parti comuni del fabbricato o di proprietà esclusiva, bisogna vedere dove sono posizionati e considerare la loro funzione di supporto, non solo dei balconi ma anche delle ringhiere, considerate elemento di facciata con funzione di sicurezza pag. 6 CTU . Il CTU ha infine concluso che i ballatoi del caso in oggetto sono, a giudizio della scrivente, da considerarsi necessari per l'esistenza del fabbricato, essendo destinati all'uso o al servizio di esso, per consentire l'accesso di buona parte delle u.i. che lo costituiscono , escludendo dalla funzione strutturale solo alcuni modiglioni, che sorreggono le parti di ballatoio ad uso esclusivo di una unità immobiliare pag. 7 CTU . Non solo, dunque, la maggior parte dei modiglioni posizionati nella facciata interno cortile del assolvono ad una essenziale funzione strutturale, e come tali costituiscono parti comuni del ex articolo 1117 c.c., ma in ogni caso essi partecipano tutti di una funzione estetica per l'intero fabbricato condominiale. Come noto, la Corte di Cassazione opera una differenziazione tra i balconi e i rivestimenti degli stessi, precisando come mentre i balconi di un edificio condominiale non rientrano tra le parti comuni, ai sensi dell'articolo 1117 c.c., non essendo necessari per l'esistenza del fabbricato, né essendo destinati all'uso o al servizio di esso, i rivestimenti dello stesso devono, invece, essere considerati beni comuni se svolgono in concreto una prevalente, e perciò essenziale, funzione estetica per l'edificio, divenendo così elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata e contribuendo a renderlo esteticamente gradevole Cass. Sez. 2, Data 16 , numero 637 Cass. Sez. 2, , numero 14576 Cass. Sez. 2, , numero 6624 Cass. Sez. 2, , numero 30071 cfr. Cass. Ord. numero 10848/2020 Cass. numero 4909/2020 . Inoltre, le pronunce di legittimità sono chiare nell'affermare che il rivestimento e gli elementi decorativi del fronte o della parte sottostante della soletta dei balconi degli appartamenti di un edificio debbono essere considerati di proprietà comune dei condomini, in quanto destinati all'uso comune, ai sensi dell'articolo 1117 cod. civ., in tutti i casi in cui assolvano prevalentemente alla funzione di rendere esteticamente gradevole l'edificio, mentre sono pertinenze dell'appartamento di proprietà esclusiva quando servono solo per il decoro di quest'ultimo conseguentemente, nel caso di distacco, per vizio di costruzione, del rivestimento o degli elementi decorativi predetti, l'azione di responsabilità nei confronti del costruttore è legittimamente esperita dal condominio, ai sensi dell'articolo 1669 cod. civ., se il rivestimento o gli elementi decorativi abbia prevalente funzione estetica per l'intero edificio cfr. Cass. numero 12792/1992 . In risposta alle osservazioni del consulente tecnico di parte attrice, l'arch. con il proprio elaborato integrativo alla relazione preliminare del , ha ribadito come il CTU non concorda con l'affermazione riguardo ai modiglioni che si tratta di elementi in pietra senza alcun pregio architettonico e privi di funzione estetica . Essi, infatti, oltre alla funzione primaria statica di sostegno hanno comunque una funzione estetica, in quanto elementi lavorati con un disegno curvo, come evidenziato anche dal CTP del p. 1 . Non possono condividersi i rilievi dell'attrice, secondo cui la funzione estetica, in quanto residuale, non sarebbe sufficiente a giustificare l'adozione di una delibera condominiale. Ciò che rileva non è tanto determinare se sia prioritaria la funzione strutturale o quella estetica, bensì stabilire se gli elementi decorativi adempiano prevalentemente alla funzione ornamentale dell'intero edificio o solamente al decoro delle porzioni immobiliari ad essi corrispondenti. Nella fattispecie, la consulente ha chiaramente sottolineato come i modiglioni rivestano una funzione decorativa dell'intero edificio - e non solo dei singoli balconi - in quanto elementi facenti parte di un'architettura storica dei primi del 900 e di un sistema costruttivo non contemporaneo cfr. pag. 2 elaborato integrativo della CTU . Alla luce di quanto sopra esposto deve dunque affermarsi la validità delle delibere impugnate. 4. Ad abundantiam, occorre evidenziare come parte attrice abbia svolto domanda di annullamento delle delibere impugnate, e non di nullità, come emerge dalle conclusioni rassegnate in atto di citazione, in memoria ex articolo 183, comma 6, numero 1 c.p.c., nelle note scritte ex articolo 127 ter c.p.c. e nella comparsa conclusionale. Secondo la nota sentenza a Sezioni Unite della Corte di Cassazione numero 9839/2021, in tema di condominio degli edifici, l'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'articolo 1137 c.c., come modificato dall'articolo 15 della l. numero 220 del 2012, mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico - quest'ultima da valutarsi in relazione al difetto assoluto di attribuzioni -, contenuto illecito, ossia contrario a norme imperative o all' ordine pubblico o al buon costume Cass. numero 9839/2021 . Nel caso di specie, alla prospettazione attorea avrebbe dovuto seguire una domanda di nullità, e non di annullamento, delle delibere, essendo in discussione il difetto di attribuzioni dell'assemblea condominiale a statuire in ordine a parti asseritamente di proprietà esclusiva dei singoli condomini peraltro, neppure sarebbe stato possibile pronunciare d'ufficio la nullità, per rispetto del principio della domanda. Come chiarito da una recentissima pronuncia della Suprema Corte che, sebbene emessa in materia societaria, ben può trovare applicazione, per identità di ratio, anche alla materia condominiale, il giudice, se investito dell'azione di nullità di una delibera assembleare, ha sempre il potere e il dovere , in ragione della natura autodeterminata del diritto cui tale domanda accede, di rilevare e di dichiarare in via ufficiosa, e anche in appello, la nullità della stessa per un vizio diverso da quello denunciato se, invece, la domanda ha per oggetto l'esecuzione o l'annullamento della delibera, la rilevabilità d'ufficio della nullità di quest'ultima da parte del giudice nel corso del processo e fino alla precisazione delle conclusioni dev'essere coordinata con il principio della domanda per cui il giudice, da una parte, può sempre rilevare la nullità della delibera, anche in appello, trattandosi di eccezione in senso lato, in funzione del rigetto della domanda ma, dall'altra parte, non può dichiarare la nullità della delibera impugnata ove manchi una domanda in tal senso ritualmente proposta, anche nel corso del giudizio che faccia seguito della rilevazione del giudice, dalla parte interessata Cass. Ord. numero 10233 del . In conclusione, le domande attoree devono essere integralmente respinte. 5. Le spese di lite seguono la soccombenza e devono pertanto essere poste a carico della , in assenza di nota spese, si liquidano come in dispositivo, secondo i parametri medi previsti dal D.M. numero 147/2022 per le cause di valore indeterminabile ricompreso tra Euro 26.000,01 ed Euro 52.000,00. Vanno altresì poste definitivamente a carico dell'attrice le spese di CTU, già provvisoriamente liquidate in corso di causa. P.Q.M. Il Tribunale di Torino, definitivamente pronunciando, respinta o assorbita ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, respinge tutte le domande di parte attrice condanna la a rimborsare al sito in , , le spese di lite, che liquida in Euro 7.616,00 per compenso, oltre 15% rimborso spese generali, CPA ed IVA ai sensi di legge pone in via definitiva a carico dell'attrice le spese di CTU già liquidate in corso di causa, nei soli rapporti interni tra le parti.