Avvocati: quando l’attività istruttoria espletata dal consiglio territoriale deve ritenersi correttamente motivata?

Un avvocato è stato sottoposto a procedimento disciplinare per aver violato il codice deontologico forense, avendo assunto incarico professionale di difesa in un procedimento di divorzio giudiziale, in nome e per conto del cliente, dopo aver assistito entrambi i coniugi durante il procedimento di separazione consensuale.

Il CNF, per dirimere la controversia in oggetto, ricorda che, in base a costante e uniforme giurisprudenza di legittimità e domestica, «in sede disciplinare opera il principio del libero convincimento del giudice disciplinare, cui è attribuito ampio potere discrezionale nel valutare la conferenza e rilevanza delle prove acquisite, con la conseguenza che la decisione assunta in base alle testimonianze e agli atti acquisiti deve ritenersi legittima quando risulti coerente con le risultanze documentali acquisite al procedimento» CNF numero 17/2019 , «mentre la decisione è formalmente corretta se le dichiarazioni dell'esponente trovano conforto nelle risultanze documentali acquisite agli atti». Nel caso di specie, il CDD ha correttamente ritenuto che la rinuncia all'esposto non dovesse produrre alcun effetto sul procedimento disciplinare de quo, non rientrando l'azione disciplinare nella disponibilità delle parti. Pertanto, la doglianza risulta infondata e viene sottolineato come «l'attività istruttoria espletata dal consiglio territoriale deve ritenersi correttamente motivata allorquando la valutazione disciplinare sia avvenuta non già solo esclusivamente sulla base delle dichiarazioni dell'esponente o di altro soggetto portatore di un interesse personale nella vicenda, ma altresì dall'analisi delle risultanze documentali acquisite agli atti, che rappresentano certamente il criterio logico-giuridico inequivocabilmente a favore della completezza e definitività della istruttoria» CNF numero 215/2020 .

CNF, sentenza numero 293/2023