Conciliazione sindacale: l’azienda non può essere “sede protetta”

La conciliazione in sede sindacale non può essere validamente conclusa presso la sede aziendale, non potendo quest'ultima essere annoverata tra le sedi protette aventi il carattere di neutralità indispensabile a garantire la libera determinazione della volontà del lavoratore, unitamente all'assistenza prestata dal rappresentante sindacale

Una conciliazione tombale Il caso trae origine dall'impugnazione di una conciliazione sindacale per non essere stata sottoscritta in “sede protetta”. In particolare, si trattava di un accordo sulla riduzione delle retribuzioni ai fini della conservazione del posto di lavoro, sottoscritto presso i locali della datrice di lavoro, che la Corte d'Appello di Napoli aveva ritenuto privi del carattere di neutralità richiesto dal legislatore ai fini dell'individuazione delle c.d. “sedi protette”. Diversamente, la società datrice di lavoro, ricorrente in Cassazione, riteneva che la sede sindacale, di cui all'articolo 411 c.p.c., non dovesse necessariamente essere intesa come un luogo fisico - topografico ma ben potesse essere anche un luogo virtuale, purchè fosse di protezione del lavoratore. Secondo il ricorrente, infatti, la protezione non si realizzerebbe nel luogo di sottoscrizione, ma nell'effettiva assistenza del sindacato. Ragionando al contrario, sarebbe solo l'assenza di un'effettiva assistenza sindacale a determinare l'invalidità dell'accordo conciliativo anche qualora sia sottoscritto nella sede fisica dell'associazione sindacale . Le norme in gioco e la loro ratio L'articolo 2113 c.c., al primo comma, definisce non valide le rinunce e le transazioni che hanno ad oggetto diritti del lavoratore, derivanti da disposizioni inderogabili. Vi è però un'eccezione a tale regola è consentito transigere diritti inderogabili, a condizione che la rinuncia/transazione sia oggetto di una conciliazione intervenuta ai sensi degli articolo 185,410,411,412 ter e 412 quater c.p.c. In altri termini, legislatore ha ritenuto necessaria una forma peculiare di protezione del lavoratore, realizzata attraverso la previsione dell'invalidità delle rinunce delle transazioni aventi ad oggetto diritti inderogabili e l'introduzione di un termine di decadenza per l'impugnativa, così da riservare al lavoratore la possibilità di riflettere sulla convenienza dell'atto compiuto e di ricevere consigli al riguardo. Tale forma di protezione non è necessaria ex articolo 2113, ultimo comma, c.c. in presenza di adeguate garanzie costituite dall'intervento di organi pubblici qualificati, operanti in sedi protette in breve, le associazioni sindacali . Non solo, l'articolo 410 c.p.c. prevede che il tentativo di conciliazione possa avvenire presso la “commissione di conciliazione” e l'articolo 411, terzo comma, c.p.c. parla di conciliazione “in sede sindacale”. Secondo la Corte di Cassazione, tali luoghi hanno carattere tassativo e non ammettono equipollenti, sia perché sono direttamente collegati l'organo deputato alla conciliazione sia in ragione della finalità di assicurare al lavoratore un ambiente neutro, estraneo al dominio e all'influenza della controparte datoriale In tale contesto normativo, quindi, la protezione del lavoratore non è affidata alla sola assistenza sindacale, ma anche al luogo in cui la conciliazione avviene. Assistenza sindacale e sede neutra sono quindi concomitanti accorgimenti necessari al fine di garantire la libera determinazione del lavoratore nella rinuncia a diritti previsti da disposizioni inderogabili. Nel caso di specie, la conciliazione non era stata conclusa ai sensi degli articolo 410,411 c.p.c. e 2113, comma 4, c.c., ma, come si legge dall'intestazione della medesima, l'accordo conicliativo sarebbe stato da ratificarsi successivamente con le modalità inoppugnabili indicate dagli articoli 410 e 411 c.p.c., ossia con la firma in sede protetta. Quest'ultimo adempimento, tuttavia, non si ritiene adeguatamente onorato essendo avvenuta la conciliazione all'interno della sede aziendale che, per sua natura, è un luogo privo della neutralità voluta dal legislatore.

Presidente Esposito – Relatore Ponterio Rilevato che 1. La Corte d'Appello di Napoli ha respinto l'appello della OMISSIS spa, confermando la sentenza di primo grado che, accogliendo il ricorso di P.G., aveva dichiarato la nullità del verbale di conciliazione sottoscritto tra le parti il 15 febbraio 2016 e condannato la società al pagamento, in favore del lavoratore, della somma di euro 11.186,84, oltre accessori. 2. La Corte territoriale ha premesso che, col citato verbale di conciliazione, la società si era impegnata a “non dare seguito ai preavvisati licenziamenti collettivi di cui alla lettera di apertura della procedura di mobilità del 24.11.2015 … a condizione che tutte le maestranze manifest assero la propria accettazione alla proposta… di riduzione della retribuzione mensile nella misura del 20% dell'imponibile fiscale per il periodo dall'1.3.2016 al 28.2.2018 eventualmente prorogabile per un massimo di altri due anni” che l'accettazione della proposta doveva avvenire mediante “la sottoscrizione del verbale di conciliazione, da ratificarsi successivamente con le modalità inoppugnabili indicate negli articolo 410 e 411 c.p.c.” che il lavoratore aveva accettato la proposta di riduzione della retribuzione in misura del 20% allo scopo di scongiurare il rischio di licenziamento che nel verbale sottoscritto dalle parti si dava atto che “il rappresentante sindacale ha previamente e dettagliatamente informato il lavoratore in merito agli effetti definitivi e inoppugnabili ex articolo 2113 quarto comma c.c. della …conciliazione”. 3. La sentenza d'appello ha richiamato l'articolo 2103 c.c., come modificato dall'articolo 3, d.lgs. 81 del 2015, che rende legittimo il patto di riduzione della retribuzione concluso nell'interesse del lavoratore alla conservazione dell'occupazione, stipulato nelle sedi di cui all'articolo 2113 c.c. o davanti alle commissioni di conciliazione, sancendo la nullità di ogni patto contrario ha accertato che la stipula dell'accordo conciliativo era avvenuta, nel caso in esame, presso la sede aziendale, alla presenza del rappresentante sindacale ha ritenuto che la presenza del rappresentante sindacale presso i locali dell'azienda non valesse a sanare il difetto di neutralità del luogo di stipula dell'accordo e che, infatti, le stesse parti avevano previsto la successiva ratifica dell'accordo presso le sedi abilitate. 4. Avverso tale sentenza la OMISSIS spa ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. P.G. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato. La società ha depositato controricorso in replica al ricorso incidentale condizionato. Entrambe le parti hanno depositato memorie. 5. Il Collegio si è riservato di depositare l'ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell'articolo 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. numero 149 del 2022. Considerato che 6. Con l'unico motivo di ricorso la società deduce violazione o falsa applicazione degli articolo 411 c.p.c., 2113 e 2103 c.c. nonché degli articolo 1362, 1363, 1366,1369 c.c. e degli articolo 2727,2728 e 2729 c.c. per avere la Corte d'appello erroneamente giudicato invalida la conciliazione intervenuta tra le parti in quanto svolta, non presso la sede sindacale, bensì presso i locali sede dell'azienda. 7. La ricorrente assume erronea l'interpretazione data dai giudici di appello per aver considerato la “sede sindacale” di cui all'articolo 411 c.p.c. come luogo fisico-topografico e non invece come luogo virtuale di protezione del lavoratore, che si realizza attraverso l'effettiva assistenza in sede di conciliazione da parte del rappresentante sindacale cui lo stesso abbia conferito mandato. Sostiene che è soltanto l'assenza di una effettiva assistenza sindacale, il cui onere di prova grava sul lavoratore, a poter determinare l'invalidità dell'accordo conciliativo, ove pure sottoscritto nella sede “fisica” dell'associazione sindacale. Ribadisce che, nel caso in esame, il lavoratore fu assistito dal rappresentante sindacale che partecipò all'incontro e sottoscrisse il verbale. Rileva che la locuzione contenuta nel verbale di conciliazione con cui si rinvia ad una “ratifica successiva … con le modalità inoppugnabili indicate dagli articolo 410 e 411 c.p.c.” si riferiva all'adempimento già realizzato con la sottoscrizione alla presenza e con l'assistenza del rappresentante sindacale. 8. Il ricorso non è fondato. 9. L'articolo 2103, nel testo modificato dal d.lgs. 81 del 2015 applicabile ratione temporis, prevede al sesto comma “Nelle sedi di cui all'articolo 2113, quarto comma, o avanti alle commissioni di certificazione, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell'interesse del lavoratore alla conservazione dell'occupazione, all'acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro”. 10. L'articolo 2113 c.c., al primo comma, definisce non valide le rinunzie e le transazioni che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile. Il quarto comma esclude il divieto, e quindi legittima le rinunzie e transazioni ove siano oggetto di “conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185,410,411,412-ter e 412-quater del codice di procedura civile”. 11. Il legislatore ha ritenuto necessaria una forma peculiare di protezione del lavoratore, realizzata attraverso la previsione dell'invalidità delle rinunzie e transazioni aventi ad oggetto diritti inderogabili e l'introduzione di un termine di decadenza per l'impugnativa, così da riservare al lavoratore la possibilità di riflettere sulla convenienza dell'atto compiuto e di ricevere consigli al riguardo così Cass. numero 11167 del 1991 in motivazione . Tale forma di protezione giuridica è non necessaria articolo 2113, ultimo comma c.c. in presenza di adeguate garanzie costituite dall'intervento di organi pubblici qualificati, operanti in sedi cd. protette. Le disposizioni richiamate dall'ultimo comma dell'articolo 2113 c.c. individuano quali sedi cd. protette, la sede giudiziale articolo 185 e 420 c.p.c. , le commissioni di conciliazione presso la Direzione Provinciale del Lavoro, ora Ispettorato Territoriale del Lavoro articolo 410 e 411, commi 1 e 2, comma c.p.c. , le sedi sindacali articolo 411, comma 3, c.p.c. , oltre ai collegi di conciliazione e arbitrato articolo 412 ter e quater c.p.c. . 12. L'accordo conciliativo tra le parti in causa integralmente trascritto alle pp. 4 e 5 del ricorso per cassazione è stato concluso ai sensi degli “articolo 410 e 411 c.p.c. e 2113, 4° comma, cod. civ.”, come si legge nell'intestazione, e reca la precisazione che lo stesso è da “ratificarsi successivamente con le modalità inoppugnabili indicate agli articolo 410 e 411 c.p.c.” v. ricorso p. 5, secondo cpv. . 13. È pacifico che tale adempimento non sia mai avvenuto e che l'accordo in esame è stato sottoscritto dal datore di lavoro e dal lavoratore, alla presenza di un rappresentante sindacale, presso i locali della società. 14. Tali modalità non soddisfano i requisiti normativamente previsti ai fini della validità delle rinunce e transazioni in base alle disposizioni richiamate e correttamente la sentenza impugnata ha dichiarato la nullità dell'accordo in esame. 15. Nel sistema normativo sopra descritto, la protezione del lavoratore non è affidata unicamente alla assistenza del rappresentante sindacale, ma anche al luogo in cui la conciliazione avviene, quali concomitanti accorgimenti necessari al fine di garantire la libera determinazione del lavoratore nella rinuncia a diritti previsti da disposizioni inderogabili e l'assenza di condizionamenti, di qualsiasi genere. 16. Le citate disposizioni del codice di procedura civile individuano infatti non solo gli organi dinanzi ai quali possono svolgersi le conciliazioni ma anche le sedi ove ciò può avvenire, come emerge in modo inequivoco dal tenore letterale delle stesse. L'articolo 410 prevede che il tentativo di conciliazione possa avvenire “presso la commissione di conciliazione” e l'articolo 411, terzo comma, fa riferimento alla conciliazione “in sede sindacale”. 17. L'assistenza prestata da rappresentanti sindacali esponenti della organizzazione sindacale cui appartiene il lavoratore o, comunque, dal medesimo indicati, v. Cass. numero 4730 d 2002 numero 12858 del 2003 numero 13217 del 2008 deve essere effettiva e ha lo scopo di porre il lavoratore in condizione di sapere a quale diritto rinunci e in che misura v. Cass. numero 24024 del 2013 numero 21617 del 2018 numero 25796 del 2023 numero 18503 del 2023 in motivazione , così da consentire l'espressione di un consenso informato e consapevole. 18. I luoghi selezionati dal legislatore hanno carattere tassativo e non ammettono, pertanto, equipollenti, sia perché direttamente collegati all'organo deputato alla conciliazione e sia in ragione della finalità di assicurare al lavoratore un ambiente neutro, estraneo al dominio e all'influenza della controparte datoriale non depone in senso contrario Cass. numero 1975 del 2024, concernente una conciliazione ai sensi dell'articolo 412 ter c.p.c. . 19. Le considerazioni svolte conducono al rigetto del ricorso principale, dovendosi ribadire che la conciliazione in sede sindacale, ai sensi dell'articolo 411, comma 3, c.p.c., non può essere validamente conclusa presso la sede aziendale, non potendo quest'ultima essere annoverata tra le sedi protette, avente il carattere di neutralità indispensabile a garantire, unitamente alla assistenza prestata dal rappresentante sindacale, la libera determinazione della volontà del lavoratore. Il ricorso incidentale condizionato è, di conseguenza, assorbito. 20. La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo. 21. Il rigetto del ricorso costituisce presupposto processuale per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. numero 115 del 2002 cfr. Cass. S.U. numero 4315 del 2020 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge, con distrazione in favore dell'avv. Pietro Marzano e dell'avv. Stefano Mazziotti di Celso, antistatari Ai sensi dell'articolo 13, co. 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.