L’autorizzazione alle indagini bancarie ha natura meramente organizzativa ed è funzionale al soddisfacimento dei principi di efficacia ed efficienza.
Produce effetti interni, non è, pertanto, necessaria la motivazione ex articolo 3 l. numero 241/1990, la quale configura un elemento costitutivo degli atti aventi natura provvedimentale. Tizio, esercente l'attività di costruzione di edifici residenziali e non residenziali, riceveva un avviso di accertamento con il quale, sulla scorta dei risultati delle indagini bancarie condotte nei suoi confronti venivano ripresi a tassazione ai fini dell'Irpef e dell'Irap redditi non dichiarati dal contribuente in relazione all'anno 2009 era disconosciuto il diritto alla detrazione dell'IVA con riferimento ad alcune operazioni commerciali ritenute dall'Ufficio inesistenti. Il contribuente impugnava il predetto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, che accoglieva il suo ricorso, annullando l'atto. La decisione veniva confermata dalla Commissione Tributaria di secondo grado che respingeva l'appello presentato dall'Amministrazione Finanziaria. Gli organi di secondo grado asseriscono che all'avviso di accertamento non era stata allegata l'autorizzazione allo svolgimento delle indagini bancarie da cui derivava la nullità insanabile dell'atto impositivo per violazione dell'articolo 7, l. numero 212/2000. Avverso tale pronuncia proponeva ricorso l'Agenzia delle Entrate. La Cassazione ha affermato il principio di diritto secondo cui «l'autorizzazione alle indagini bancarie esplica una funzione meramente organizzativa, incidente esclusivamente nei rapporti tra uffici e non richiede alcuna motivazione, sicché la sua mancata allegazione non comporta l'illegittimità dell'avviso di accertamento». Il decisum in esame, dunque, attribuisce all'autorizzazione alle indagini bancarie la natura di mero atto interno, i cui effetti si producono esclusivamente verso gli Uffici. La natura di atto interno esclude l'obbligatorietà della motivazione e, di conseguenza, la sua assenza non produce alcun vizio di legittimità dell'atto impositivo. Al fine di rispettare i diritti e le libertà individuali, il legislatore ha introdotto taluni presupposti per il corretto agere amministrativo, tra i quali vi rientra l'autorizzazione alle indagini bancarie articolo 31 ss del dpr. numero 600/73 . Ab origine, all'autorizzazione de qua veniva attribuita la natura di atto amministrativo discrezionale idoneo a rimuovere un limite all' esercizio di un diritto previsto ex lege, con il compito di individuare il punto di equilibrio tra attività impositiva e diritti costituzionali cfr. Circolare dell'Agenzia delle Entrate del 19 ottobre 2006, numero 32/E . L'utilizzo delle indagini bancarie, infatti, può comportare il rischio di un affievolimento dei diritti costituzionali, pertanto, il legislatore ha previsto l'obbligatorietà di un atto di autorizzazione preventivo all'accertamento bancario nell'ottica di un rafforzamento delle garanzie riconosciute al contribuente. La natura provvedimentale implica l'obbligo di motivazione, in relazione anche alla scelta delle indagini bancarie come strumento di rideterminazione della pretesa erariale, al fine di consentire al contribuente di verificare la legittimità dell'azione amministrativa. Gli ultimi orientamenti giurisprudenziali cfr. Cass. civ., Sez. V Ordinanza, 26/01/2023, numero 2398 , invece, ivi compreso quello in commento, attribuiscono all'autorizzazione una funzione meramente organizzativa con effetti interni agli Uffici , funzionale al perseguimento dell'efficienza ed efficacia amministrativa articolo 97 Cost. . Il diverso inquadramento determina anche una diversa disciplina, infatti, escludendo la natura provvedimentale, non sarebbe richiesta la motivazione di cui all'articolo 3, l. n 241/90, con conseguente impossibilità per il contribuente di verificare la legittimità dell'azione amministrativa. La mancata allegazione dell'autorizzazione ovvero esibizione all'interessato, pertanto, non comporta l'illegittimità dell'avviso di accertamento fondato su di essa, in quanto produce effetti solo interni. L'illegittimità potrebbe derivare solo dalla mancanza di autorizzazione e qualora ne sia derivato un danno per l'interessato.
Presidente Giudicepietro – Relatore Chieca Fatti di causa La Direzione Provinciale di Cuneo dell'Agenzia delle Entrate notificava a Ma.Ca., titolare di un'impresa individuale esercente l'attività di costruzione di edifici residenziali e non residenziali, un avviso di accertamento con il quale, sulla scorta dei risultati delle indagini bancarie condotte nei confronti del sunnominato a venivano ripresi a tassazione ai fini dell'IRPEF dell'IRAP redditi non dichiarati dal contribuente in relazione all'anno 2009 b era disconosciuto il diritto alla detrazione dell'IVA con riferimento ad alcune operazioni commerciali ritenute dall'Ufficio inesistenti. Il Ma.Ca. impugnava il predetto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Cuneo, che con sentenza numero 138/1/13 del 3 dicembre 2013 accoglieva il suo ricorso, annullando l'atto impositivo. La decisione era in sèguito confermata dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, che con sentenza numero 372/38/16 del 16 marzo 2016 respingeva l'appello proposto dall'Amministrazione Finanziaria. Rilevava il giudice regionale - che all'avviso di accertamento in discorso non era stata allegata l'autorizzazione del Direttore Regionale dell'Agenzia delle Entrate di autorizzazione allo svolgimento di indagini bancarie nei confronti del contribuente - che, ai sensi dell'articolo 7, comma 1, L. numero 212 del 2000, la mancata allegazione di tale documento determinava la nullità dell'atto impositivo, non sanabile dalla sua successiva produzione in corso di causa. Contro questa sentenza l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Ma.Ca. è rimasto intimato. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell'articolo 380-bis.1 c.p.c. . Motivi della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione degli articolo 32 e 42 D.P.R. numero 600 del 1973 e dell'articolo 7, comma 1, L. numero 212 del 2000. 1.1 Si contesta alla CTR di aver erroneamente ritenuto che ai fini della legittimità dell'impugnato avviso di accertamento, si rendesse necessario allegare ad esso copia dell'atto con il quale il direttore regionale dell'Agenzia delle Entrate aveva autorizzato lo svolgimento di indagini bancarie nei confronti del contribuente Ma.Ca. . Viene, al riguardo, obiettato che tale autorizzazione costituisce un mero atto endoprocedimentale, non incidente in alcun modo sulla validità dell'avviso di accertamento, e che, in ogni caso, l'Amministrazione Finanziaria ben può produrre il relativo documento nel corso del successivo giudizio tributario, come accaduto nella specie. 2. Con il secondo mezzo, prospettante l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, si ripropone la medesima questione agitata con il motivo precedente, inquadrandola nel diverso paradigma processuale di cui all'articolo 360, comma 1, numero 5 c.p.c. . 3. Il primo motivo è fondato. 3.1 Per costante giurisprudenza di questa Corte, l'autorizzazione allo svolgimento di indagini bancarie prescritta dall'articolo 32, comma 1, numero 7 D.P.R. numero 600 del 1973 e dall'articolo 51, comma 2, numero 7 D.P.R. numero 633 del 1972 esplica una funzione meramente organizzativa, incidente esclusivamente nei rapporti tra uffici, e non richiede alcuna motivazione, sicchè la sua mancata allegazione ed esibizione all'interessato non comporta l'illegittimità dell'avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite, la quale può essere determinata soltanto dalla materiale assenza della detta autorizzazione e sempre che ne sia derivato un concreto pregiudizio per il contribuente cfr. Cass. numero 11642/2023, Cass. numero 2643/2023, Cass. numero 2398/2023 . 3.2 La surriferita regula iuris, che va qui ribadita, è stata disattesa dalla Commissione regionale, la quale è pertanto incorsa nell'error in iudicando lamentato dalla ricorrente. 4. Il secondo motivo rimane assorbito. 5. Per quanto precede, va disposta, ai sensi dell'articolo 384, comma 2, prima parte, c.p.c., la cassazione della sentenza gravata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi al principio di diritto sopra espresso. 5.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità, a norma dell'articolo 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. . P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo cassa l'impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità