Ai fini dell’accertamento della residenza è il richiedente che deve indicare i periodi in cui non sarà presente

Rigettata la richiesta di una donna che chiedeva al Comune l’iscrizione nelle liste dei residenti. I diversi accertamenti non andati a buon fine presso l’indirizzo di residenza non possono essere giustificati dalla frequenza universitaria presso un’altra città.

Nell'ambito di una controversia relativa all'accertamento della residenza, la Corte di legittimità stabiliva che la nozione di residenza di una persona è determinata dall'abituale e volontaria dimora, intesa come permanenza in tale luogo per un periodo prolungato apprezzabile, anche se non necessariamente prevalente sotto un profilo quantitativo c.d. elemento oggettivo , e dall'intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali, familiari, affettive c.d. elemento soggettivo . Tale permanenza sussiste anche quando una persona lavori o svolga altra attività fuori del Comune di residenza, purché torni presso la propria abitazione abitualmente, in modo sistematico. La verifica della sussistenza del requisito della dimora abituale in capo a chi richiede l'iscrizione anagrafica in un deve avvenire, da parte degli organi a ciò preposti, «con modalità concrete che, pur non previamente concordate, si concilino con l'esigenza di ogni cittadino di poter attendere quotidianamente alle proprie occupazioni, in virtù del principio di leale collaborazione tra soggetto pubblico e privato, con l'onere in capo al richiedente la residenza di indicare, fornendone adeguata motivazione, i periodi in cui sarà certa la sua assenza dalla propria abitazione». In sede di rinvio, la Corte d'appello reputava che nel caso di specie non ricorressero i presupposti per accogliere la domanda dell'istante. In particolare, la documentazione prodotta non dimostrava l'esistenza di una stabile permanenza e il libretto universitario non consentiva di giustificare le assenze rilevate dalla polizia municipale. La questione è così tornata nuovamente all'attenzione della Corte di Cassazione. La richiedente sottolinea che i controlli amministrativi si erano svolti in giorni feriali ed in orari incompatibili con la frequenza universitaria. Sul punto però la Cassazione torna a ribadire che «è onere gravante sul richiedente la residenza di indicare, fornendone adeguata motivazione, i periodi in cui sarà certa la sua assenza dalla propria abitazione, in modo tale da consentire al Comune di concentrare e programmare i propri controlli in quelli residui». Inoltre, in merito alla doglianza dell'assenza di una valutazione globale degli elementi di fatto addotti dalla ricorrente a dimostrazione dell'abituale dimora nel Comune, la Corte condivide l'accertamento dei giudici di merito secondo cui «il pagamento di un'utenza telefonica per il solo costo del canone mensile di abbonamento, oltre a costituire un dato di per sé neutro rispetto al riscontro di una “dimora stabile”, nel caso di specie comprovava che l'utenza non era mai stata concretamente utilizzata». In conclusione, risultando inammissibile ogni censura che proponga una diversa lettura degli elementi presi in esame dal giudice del merito, il ricorso risulta inammissibile.

Presidente Genovese – Relatore Pazzi Rilevato che 1. Il Tribunale di Torino, con sentenza del 10 gennaio 2013, condannava il Comune di OMISSIS ad iscrivere immediatamente l'attrice P.G. nelle proprie liste anagrafiche. 2. La Corte d'appello di Torino, con sentenza del 15 aprile 2015, in accoglimento dell'impugnazione proposta dal Ministero dell'Interno eliminava la condanna alle spese di lite pronunciata dal primo giudice a carico di tale amministrazione, osservando che quest'ultima, non essendo stata a sua volta condannata all'iscrizione nelle liste comunali, non era legittimata ad impugnare un capo della sentenza cui risultava estranea capo, peraltro, che doveva ritenersi passato in giudicato per effetto della mancata impugnazione della sentenza di primo grado da parte del Comune di OMISSIS , unico legittimato passivo per essere stato il Ministero dell'Interno secondo il Tribunale di Torino un mero interveniente adesivo. 3. Questa Corte, con ordinanza numero 3841/2021, rilevava in primo luogo la fondatezza del ricorso incidentale presentato dal Ministero dell'Interno, evidenziando che l'amministrazione non si era affatto limitata a domandare la riforma della sentenza di primo grado limitatamente alla statuizione sulle spese di lite, ma aveva chiesto che in totale riforma della sentenza impugnata fosse dichiarata l'infondatezza della domanda di iscrizione nel registro anagrafico proposta in primo grado da P.G Sottolineava, inoltre, che il Ministero dell'Interno aveva correttamente chiesto nell'atto di appello impedendo così il formarsi del giudicato sul capo della sentenza di primo grado avente ad oggetto la condanna all'iscrizione della P.G. nel registro anagrafico l'accertamento dell'infondatezza della domanda avversaria di iscrizione nel registro anagrafico, quale legittimo contraddittore della cittadina che lamentava il proprio mancato inserimento nell'anagrafe comunale, in quanto in materia di anagrafe della popolazione residente il sindaco agisce quale ufficiale di governo, a norma dell'articolo 3 l. 1228/1954, ed anche l'operato degli organi comunali che allo stesso sindaco sono da supporto non è in alcun modo riconducibile all'ente locale, ma è direttamente imputabile al Ministero dell'Interno, che ne risponde come ente preponente. Riteneva, nel contempo, fondato il ricorso principale della P.G. nella parte in cui era stata lamentata la violazione dell'articolo 2 l. 1228/1954, in combinato disposto con l'articolo 3 d.P.R. 223/1989, enunciando i seguenti principi di diritto i secondo la previsione dell'articolo 43 cod. civ., la nozione di residenza di una persona - rilevante non solo ai fini della sua conservazione, ma anche per ottenere per la prima volta l'iscrizione nelle liste anagrafiche di un determinato Comune - è determinata dall'abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, che si caratterizza per la permanenza in tale luogo per un periodo prolungato apprezzabile, anche se non necessariamente prevalente sotto un profilo quantitativo c.d. elemento oggettivo , e dall'intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali, familiari, affettive c.d. elemento soggettivo tale stabile permanenza sussiste anche quando una persona lavori o svolga altra attività fuori del Comune di residenza, purché torni presso la propria abitazione abitualmente, in modo sistematico, una volta assolti i propri impegni lavorativi o di studi e sempre che mantenga ivi il centro delle proprie relazioni familiari e sociali ii la verifica della sussistenza del requisito della dimora abituale in capo a chi richiede l'iscrizione anagrafica in un Comune, prevista dalla legge all'articolo 19 d.P.R. 223/1989, deve avvenire, da parte degli organi a ciò preposti, con modalità concrete che, pur non previamente concordate, si concilino con l'esigenza di ogni cittadino di poter attendere quotidianamente alle proprie occupazioni, in virtù del principio di leale collaborazione tra soggetto pubblico e privato, con l'onere in capo al richiedente la residenza di indicare, fornendone adeguata motivazione, i periodi in cui sarà certa la sua assenza dalla propria abitazione, in modo tale da consentire al Comune di concentrare e programmare i propri controlli in quelli residui. 4. La Corte d'appello di Torino, a seguito della riassunzione del giudizio, reputava che non ricorressero i presupposti per accogliere la domanda della P.G., tenuto conto delle direttive di indagine fissate dalla Corte di legittimità. In particolare, riteneva privi di rilevanza i fatti definiti come pacifici dalla P.G. e i documenti prodotti dalla medesima, perché gli stessi non valevano a dimostrare l'esistenza di una permanenza stabile a OMISSIS già all'epoca, ben più risalente, della trasmissione della domanda in data 17 settembre 2009. Osservava che neppure la produzione del libretto universitario consentiva di giustificare le assenze rilevate dalla polizia municipale, poiché la giovane non aveva dimostrato di aver previamente comunicato alla autorità i momenti in cui ella si sarebbe con certezza allontanata dalla abitazione per poter assolvere i propri impegni di studio. Riteneva che in questa prospettiva i capitoli di prova orale dedotti fossero irrilevanti, oltre a presentare profili di inammissibilità. Rigettava, pertanto, la domanda introdotta dalla P.G. dinanzi al Tribunale di Aosta e riassunta avanti al Tribunale di Torino, liquidando le spese di lite secondo i criteri stabiliti dal D.M. 10 marzo 2014 e successive modifiche e integrazioni. 5. P.G. ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 13 febbraio 2023, prospettando quattro motivi di doglianza, ai quali hanno resistito con controricorso il Ministero dell'Interno e il Sindaco del Comune di OMISSIS in qualità di ufficiale di governo. Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'articolo 380-bis.1 cod. proc. civ Considerato che 6. Parte ricorrente ha depositato nei termini previsti dall'articolo 372 cod. proc. civ. una dichiarazione del Sindaco del Comune di OMISSIS , resa in data 19 gennaio 2024, con cui si dichiara che la stessa è “regolarmente residente presso il Comune di OMISSIS a far data dal 17 agosto 2009 e non sussistono motivazione per la revoca della stessa”. Questa produzione non è ammissibile. Invero, l'articolo 372 cod. proc. civ., in tema di deposito di documenti nuovi in sede di legittimità, nonostante il testuale riferimento alla sola inammissibilità del ricorso, consente la produzione di ogni documento incidente sulla proponibilità, procedibilità e proseguibilità del ricorso medesimo, inclusi quelli diretti ad evidenziare la cessazione della materia del contendere per fatti sopravvenuti che elidano l'interesse alla pronuncia sul ricorso, purché riconosciuti ed ammessi da tutti i contendenti Cass. 3934/2016 . Nel caso di specie la precedente ordinanza di questa Corte ha espressamente riconosciuto che il Ministero fosse “il legittimo contraddittore della cittadina che lamentava il proprio mancato inserimento nell'anagrafe comunale”. La dichiarazione depositata, resa dal Sindaco con riferimento a un giudizio che lo riguarda quale Ufficiale di Governo, non coinvolge in alcun modo il Ministero dell'Interno quale ente preponente, non è idonea a determinare la cessazione della materia del contendere, poiché il fatto ivi rappresentato non è stato riconosciuto ed ammesso anche dal Ministero dell'Interno e, di conseguenza, non può essere prodotta in questa sede, in violazione del disposto dell'articolo 372 cod. proc. civ 7. Occorre poi rilevare, in via preliminare, la tardività del deposito del controricorso, che è stato depositato il 16 ottobre 2023, quando era oramai trascorso il termine di quaranta giorni dalla notificazione del ricorso avvenuta in data 1° settembre 2023 previsto dall'articolo 370 cod. proc. civ 8. Il primo motivo di ricorso lamenta, ex articolo 360, comma 1, numero 5 , cod. proc. civ., l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in quanto la Corte d'appello non ha considerato che la maggior parte dei controlli amministrativi volti ad accertare l'abitualità della dimora della P.G. a OMISSIS si erano svolti in giorni feriali e segnatamente giovedì 14 gennaio 2010, venerdì 22 gennaio 2010, mercoledì 3 febbraio 2010, lunedì 8 febbraio 2010 e giovedì 11 febbraio 2010 , in orari incompatibili con la frequenza universitaria della P.G., preventivamente comunicata al Comune di OMISSIS . 9. Il motivo è inammissibile. Questa Corte, come detto in precedenza, ha enunciato il principio secondo cui è onere gravante sul richiedente la residenza di indicare, fornendone adeguata motivazione, i periodi in cui sarà certa la sua assenza dalla propria abitazione, in modo tale da consentire al Comune di concentrare e programmare i propri controlli in quelli residui. Ora, lo stesso motivo di ricorso riconosce che la comunicazione telefonica avvenuta nel caso di specie aveva avvertito sì della frequenza universitaria, ma aveva precisato che la P.G. “sarà a OMISSIS ”. Sulla base del tenore di questa comunicazione la Corte di merito ha ritenuto che “neanche la produzione del libretto universitario vale, come la parte pretenderebbe, a giustificare le assenze rilevate dalla Polizia Municipale negli specifici giorni degli accessi, senza la previa dimostrazione, a cura della parte, di aver previamente comunicato alla autorità - nell'ottica di quella “leale collaborazione” tra Amministrazione e cittadino, che la Corte rimettente ha segnalato - i momenti in cui ella si sarebbe con certezza allontanata dalla abitazione per poter assolvere ai propri impegni universitari” pag. 14 . La Corte d'appello, quindi, non ha omesso l'esame delle circostanze di fatto indicate nel mezzo in esame, ma le ha ritenute irrilevanti, in mancanza della dimostrazione dell'assolvimento dell'onere probatorio gravante sulla P.G Rispetto a queste circostanze la doglianza in esame lamenta non tanto un omesso esame, ma un esame non conforme alla lettura che l'odierna ricorrente vorrebbe dare delle emergenze processuali interpretazione, questa, che tuttavia non è coerente con la censura sollevabile ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 5, cod. proc. civ., che consente di lamentare l'omissione dell'esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio e non la valorizzazione di tale fatto in un senso differente da quello voluto dalla parte Cass. 14929/2012, Cass. 23328/2012 . 10. Il secondo motivo di ricorso assume, ex articolo 360, comma 1, numero 4 , cod. proc. civ. in rapporto all'articolo 132, numero 4 , cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata perché la Corte d'appello ha valutato con motivazione contraddittoria e apparente il requisito dell'abitualità o dell'occasionalità della dimora, qualificando apoditticamente come indici di occasionalità singoli elementi di fatto di per sé ambivalenti quali la presenza nel Comune dal 2 al 5 dicembre 2009, la visita della polizia municipale in data 18 dicembre 2009, il ritiro in data 30 gennaio 2010 della raccomandata del 26 gennaio 2010, il nuovo incontro con gli agenti il 28 gennaio 2010, l'accesso all'anagrafe del 29 gennaio 2010 e la disponibilità di un'utenza telefonica e di un'unità immobiliare e suscettibili di entrambe le valutazioni di segno opposto se avulsi da una valutazione complessiva della fattispecie in conseguenza di questa valutazione la Corte distrettuale non ha ammesso i capitoli di prova testimoniale numero 6 , 9 , 10 e 11 malgrado gli stessi vertessero su prove ritenute decisive dalla decisione di legittimità a quo ai fini della valutazione della correttezza dell'operato del Comune di OMISSIS nell'esercizio dei suoi poteri di controllo. 11. Il motivo non è fondato. 11.1 Il mezzo in esame sostiene che la Corte d'appello abbia qualificato apoditticamente - come indici di occasionalità della presenza in loco della P.G. - singoli elementi di fatto, di per sé neutri, da cui si desumeva incontestabilmente la presenza sul posto dell'odierna ricorrente, omettendo, invece, una valutazione complessiva della fattispecie concreta, che avrebbe portato inevitabilmente a qualificare come abituale la presenza della giovane nel Comune di OMISSIS . 11.2 La decisione impugnata spiega che la raccomandata del 26 gennaio 2010 e la nota del successivo 28 gennaio valevano “semmai ad attestare una presenza accidentale della ragazza nel Comune nel limitato periodo 28-30/01/2010, non apprezzabile dunque nella direzione auspicata dalla parte” che, come indicato poche righe prima, intendeva sostenere “una permanenza stabile a OMISSIS già all'epoca, ben più risalente, della trasmissione della domanda in data 17.09.2009” . La sentenza prosegue sostenendo che il pagamento di un'utenza telefonica per il solo costo del canone mensile di abbonamento, oltre a costituire un dato di per sé neutro rispetto al riscontro di una “dimora stabile”, nel caso di specie comprovava che l'utenza non era mai stata concretamente utilizzata. La Corte di merito, tenuto conto, da un lato, del principio fissato dalla Corte di legittimità secondo cui era “onere del richiedente la residenza di indicare, fornendone adeguata motivazione, i momenti in cui sarà certa la sua assenza dalla propria abitazione, in modo tale da consentire al Comune di programmare i propri controlli “a sorpresa” in quelli residui”, dall'altro del fatto che la P.G. aveva comunicato al Comune che sarebbe stata assente soltanto nel settembre 2009, ha poi ritenuto che “ogni accesso successivo, senza preavviso, [anda]va considerato validamente effettuato”, cosicché assumevano rilievo ai fini del decidere i “cinque accessi effettuati dagli agenti nelle seguenti date 14/01, 22/01, 3/02, 8/02, 11/02, tutti conclusi con esito negativo”. In questa prospettiva i giudici distrettuali hanno giudicato irrilevanti i capitoli 9, 10 e 11, relativi alle vicende del 28-29 gennaio 2010, perché anche a volerne ammettere la veridicità, gli stessi sarebbero valsi a riscontrare una presenza episodica, ed inammissibili i capitoli 12, 13, 14 e 15, perché in contrasto con le annotazioni della polizia municipale. 11.3 La motivazione di una decisione assume carattere solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda però percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture Cass., Sez. U., 22232/2016 . La Corte territoriale, attraverso le argomentazioni appena riportate, ha fornito una chiara ed inequivoca spiegazione delle ragioni poste a base della propria decisione, sia rispetto alla valutazione degli elementi di prova già acquisiti, sia in ordine all'irrilevanza delle prove orali richieste. Non è perciò possibile sostenere l'esistenza di una motivazione apparente, poiché nella sentenza impugnata una motivazione esiste ed è ben comprensibile. 12. Il terzo motivo di ricorso denuncia, ex articolo 360, numero 3 , cod. proc. civ., la violazione degli articolo 2727 e 2729 cod. civ. la Corte d'appello ha giudicato come occasionale la dimora della P.G. sulla base di presunzioni prive dei requisiti della gravità, precisione e concordanza, dato che le premesse delle medesime i fatti noti, quali la presenza nel Comune dal 2 al 5 dicembre 2009, la visita della polizia municipale in data 18 dicembre 2009, il ritiro in data 30 gennaio 2010 della raccomandata del 26 gennaio 2010, il nuovo incontro con gli agenti il 28 gennaio 2010, l'accesso all'anagrafe del 29 gennaio 2010 e la disponibilità di un'utenza telefonica e di una unità immobiliare costituivano elementi di per sé neutri che erano suscettibili di entrambe le valutazioni di segno opposto occasionalità - abitualità se avulsi da una valutazione complessiva della fattispecie la Corte distrettuale, dopo aver analizzato tutti gli elementi indiziari per scartare quelli irrilevanti, doveva preoccuparsi di valutare successivamente nel loro complesso quelli isolati, onde verificare se gli stessi fossero concordanti e se la loro combinazione consentisse una valida prova presuntiva. La Corte di merito, quanto meno, avrebbe dovuto giudicare valutare come non irrilevanti i capitoli di prova testimoniale numero 6 , 9 , 10 e 11 , poiché gli stessi riguardavano circostanze ritenute “decisive” dalla sentenza del giudizio di legittimità a quo ai fini della valutazione della correttezza dell'operato del Comune di OMISSIS nell'esercizio dei suoi poteri di controllo. 13. Il motivo è inammissibile. La Corte di merito, una volta registrato che ogni accesso successivo al settembre 2009, senza preavviso, andava considerato validamente effettuato, ha preso atto dei cinque accessi effettuati dagli agenti della polizia municipale, tutti conclusi con esito negativo, per escludere una permanenza stabile della P.G. a OMISSIS . Il contenuto della comunicazione al Comune e i risultati dei successivi accessi costituiscono i fatti gravi e precisi che, alla luce della loro concordanza, hanno indotto la Corte distrettuale a presumere che alla P.G. non potesse essere attribuita una stabile permanenza a OMISSIS . I fatti descritti nel mezzo in esame, al pari di quelli oggetto della prova testimoniale richiesta, sono stati invece ritenuti privi di gravità, perché utili “al solo riscontro di una presenza episodica, accidentale della ragazza nei giorni indicati”. La censura risulta quindi inammissibile, perché, laddove sostiene che sia mancato il momento della valutazione complessiva degli elementi dotati di gravità e precisione, non coglie la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata, che invece esclude un simile carattere nelle circostanze addotte dalla P.G Giova, infine, ricordare che spetta al giudice di merito valutare l'opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico, verificare la loro rispondenza ai requisiti di legge e apprezzare in concreto l'efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, non solo analiticamente ma anche nella loro convergenza globale, accertandone la pregnanza conclusiva, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità si vedano in questo senso, per tutte, Cass. 8023/2009, Cass. 10847/2007, Cass. 1404/2001 . Risulta così inammissibile in questa sede una censura che proponga una diversa lettura degli elementi presi in esame dal giudice del merito al fine di valutarne la pregnanza in termini di prova presuntiva e lamenti la mancata espressa inclusione nel novero degli elementi valutati di talune circostanze, in quanto, come detto, l'individuazione degli elementi rilevanti a tal fine e l'apprezzamento della loro gravità, precisione e concordanza è rimessa all'apprezzamento del giudice di merito, a cui il disposto dell'articolo 116 cod. proc. civ. attribuisce il compito di valutare le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, con una valutazione non rivedibile in questa sede. 14. Il quarto motivo di ricorso prospetta, ex articolo 360, numero 3 , cod. proc. civ., la violazione dell'articolo 91, comma 1, cod. proc. civ. in combinato disposto con l'articolo 9 d.l. 1/2012, convertito con modificazioni nella l. 27/2012, in relazione al regolamento d'attuazione articolo 4, comma 1, e 11, commi dall'1 al 6, d. m. 140/2012 , e con l'articolo 13, comma 6, l. 247/2012 in relazione al regolamento d'attuazione articolo 4, commi 1 e 5, d. m. 55/2014 , perché la Corte d'appello ha liquidato le spese del giudizio, rispettivamente, di primo grado, conclusosi con la sentenza del 30 dicembre 2012, di secondo grado, conclusosi con la sentenza del 10 aprile 2015, e di legittimità, conclusosi con l'ordinanza del 25 novembre 2020, senza applicare i parametri pro tempore vigenti, bensì quelli del 2014 rivalutati al 2022, vigenti alla data dell'emanazione della sentenza gravata. 15. Il motivo non è fondato. 15.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte in materia di spese processuali, i parametri introdotti dal D.M. 55/2014, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti, trovano applicazione ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto, ancorché la prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta nella vigenza della pregressa regolamentazione, purché a tale data la prestazione professionale non sia stata ancora completata. Ne consegue che, qualora il giudizio di primo grado si sia concluso con sentenza prima della entrata in vigore di tale D.M., non operano i nuovi parametri di liquidazione, dovendo le prestazioni professionali ritenersi esaurite con la sentenza, sia pure limitatamente a quel grado. 15.2 Ciò nondimeno, in caso di riforma della decisione, il giudice dell'impugnazione, investito ai sensi dell'articolo 336 cod. proc. civ. anche della liquidazione delle spese del grado precedente, deve applicare la disciplina vigente al momento della sentenza d'appello, atteso che l'accezione omnicomprensiva di compenso evoca la nozione di un corrispettivo unitario per l'opera prestata nella sua interezza Cass. 31884/2018, Cass. 19989/2021 . Questa interpretazione, oltre a rispondere alla lettera del D.M. 55/2014, è maggiormente aderente all'effettivo svolgersi del processo ed alla ratio della disciplina regolamentare, come già individuata dalla Sezioni Unite nell'arresto di cui alla sentenza numero 17405/2012, laddove si è evidenziato che «alcuni degli elementi dei quali l'articolo 4 del decreto ministeriale impone di tenere conto nella liquidazione complessità delle questioni, pregio dell'opera, risultati conseguiti ecc. sarebbero difficilmente apprezzabili ove il compenso dovesse essere riferito a singoli atti o a singole fasi anzichè alla prestazione professionale nella sua interezza». In caso di riforma, dunque, la prestazione professionale deve ritenersi completata soltanto con la pronuncia della sentenza d'appello. 15.3 Nel caso di specie la Corte distrettuale, in sede di rinvio, ha riformato la sentenza del primo giudice, rigettando la domanda originariamente presentata da P.G Ne discende, in applicazione dei principi in precedenza evocati, la correttezza dell'applicazione della disciplina vigente al momento della statuizione pronunciata dal giudice del rinvio. 16. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto. La costituzione dell'amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall'articolo 370 cod. proc. civ. esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite Cass. 22269/2010 di questo giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.