Ha errato la Corte d’appello nel rigettare, per carenza di interesse ad agire, il reclamo dell’ex amministratore di una s.r.l. dichiarata fallita dopo la fusione per incorporazione con una diversa società.
A seguito della dichiarazione di fallimento di una s.r.l. che si era fusa per incorporazione con una società con sede in Romania due anni prima, l'amministratore unico cessato della società incorporata reclamava la sentenza di fallimento sostenendo che, poiché la s.r.l. si era estinta per effetto della fusione, egli aveva perso la legittimazione sostanziale e processuale in relazione all'istanza di fallimento e che il contraddittorio prefallimentare si sarebbe dovuto instaurare con l'incorporante e non già col legale rappresentante dell'incorporata. La Corte d'appello ha dichiarato inammissibile il reclamo posto che, con la fusione, la società rumena era subentrata in tutti i rapporti, anche processuali, riferibili alla s.r.l. e, di conseguenza, l'amministratore veniva ritenuto privo di interesse ad agire. La questione è stata portata all'attenzione della Suprema Corte. Fermo restando che deve essere escluso ogni dubbio sull'effetto della fusione per incorporazione che determina l'estinzione della società incorporata, il ricorso dell'amministratore doveva essere accolto in quanto egli agiva in proprio e non spendendo il rapporto organico con la società. Infatti, precisa la pronuncia, «l'amministratore cessato della società estinta ha interesse a elidere gli effetti negativi che possono derivargli dalla dichiarazione di fallimento, sul piano sia morale, in relazione ad eventuali contestazioni di reati, sia patrimoniale, in relazione ad eventuali azioni di responsabilità». Ciò a maggior ragione nel caso di specie, posto che l'amministratore era stato rinviato a giudizio per reati correlati alla dichiarazione di fallimento. In conclusione, la Cassazione accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello.
Presidente Abete – Relatore Perrino Rilevato che il Tribunale di Roma dichiarò il fallimento di s.r.l. omissis , su istanza dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione, in data 2 aprile 2019 la società si era fusa per incorporazione in s.r.l. omissis , con sede in Romania con atto iscritto nel registro delle imprese in data 30 maggio 2017 C.M., amministratore unico cessato della società incorporata, reclamò la sentenza di fallimento sostenendo che, poiché omissis si era estinta per effetto della fusione, aveva perso la legittimazione sostanziale e processuale in relazione all'istanza di fallimento e che il contraddittorio prefallimentare si sarebbe dovuto instaurare con l'incorporante e non già col legale rappresentante dell'incorporata la Corte d'appello di Roma ha dichiarato inammissibile il reclamo, in base alla considerazione che per effetto della fusione s.r.l. omissis è subentrata in tutti i rapporti anche processuali riferibili a s.r.l. omissis , di modo che anche la legittimazione a proporre reclamo spettava all'incorporante e non già all'amministratore cessato dell'incorporata contro questa sentenza C.M. propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi e illustra con memoria, cui non v'è replica. Considerato che inammissibile è la richiesta di dichiarazione dell'inesistenza della sentenza della corte d'appello, perché proposta per la prima volta con la memoria la memoria assolve difatti esclusivamente la funzione di chiarire e illustrare i motivi di impugnazione che siano già stati ritualmente -cioè in maniera completa, compiuta e definitiva enunciati nel ricorso col quale si esaurisce il relativo diritto di impugnazione tra varie, Cass. numero 8949/23 col primo motivo di ricorso C.M. denuncia l'erronea applicazione dell'articolo 18 l.fall. e degli articolo 75,81,100 e 105, comma 1, c.p.c., là dove la corte d'appello ha trascurato che l'articolo 18 l.fall. consente a ciascun interessato d'impugnare la sentenza di fallimento e che interessato C.M. è senz'altro, considerato che ha ricevuto richiesta di rinvio a giudizio per il reato previsto e punito dagli articolo 110 c.p.c., 216, nnumero 1 e 2, 223, commi 1 e 2, 219 comma 1 2, numero 2, l.fall. proprio in relazione al fallimento di s.r.l. omissis il motivo è fondato indubbiamente, come rileva la corte d'appello, la fusione per incorporazione determina l'estinzione della società incorporata, che non può iniziare un processo, o resistervi per mezzo del proprio ex amministratore Cass., sez. unumero , numero 21970/21 questo principio, tuttavia, è inconferente nel caso in esame, in cui il reclamo non è stato affatto proposto da C.M. spendendo il rapporto organico con la incorporata OMISSIS , ma in proprio la stessa corte d'appello riferisce che il reclamante ha agito quale ex amministratore unico della fallita agendo in proprio, il reclamante, giustappunto nella qualità di amministratore cessato della società incorporata, ha un indubitabile interesse ad aggredire la sentenza di fallimento, facendone valere i vizi procedimentali concernenti l'instaurazione del contraddittorio che, secondo Cass., sez. unumero , numero 21970/21, cit., punto 2.3.5, peraltro, va instaurato nei confronti dell'incorporante, e non già dell'incorporata, alla quale la prima subentra in tutti i rapporti anche processuali anteriori alla fusione, pur conservando la suddetta società la propria identità per l'eventuale dichiarazione di fallimento la fusione determina un fenomeno di successione universale e l'incorporante senz'altro rappresenta il nuovo centro di imputazione dei rapporti giuridici già riguardanti i soggetti incorporati, con la confusione dei patrimoni delle società preesistenti e con la conseguenza che ogni atto, sostanziale o processuale, deve essere indirizzato al nuovo ente, unico e diretto obbligato per i debiti dei soggetti definitivamente estinti ciò non toglie, tuttavia, che l'amministratore cessato della società estinta ha interesse a elidere gli effetti negativi che possono derivargli dalla dichiarazione di fallimento, sul piano sia morale, in relazione ad eventuali contestazioni di reati, sia patrimoniale, in relazione ad eventuali azioni di responsabilità Cass. numero 7190/19 vedi anche Cass. numero 6324/23, che ha riconosciuto legittimazione e interesse all'amministratore cessato di società fusa per incorporazione a esperire l'actio nullitatis della sentenza dichiarativa del fallimento della società incorporata, pronunciata oltre l'anno dalla fusione, posto che in dipendenza della sua veste possono riverberarsi nei suoi confronti gli effetti della sentenza dichiarativa di fallimento punto 14 nel caso in esame, d'altronde, l'interesse risalta con evidenza, considerato che, come il ricorrente ha riferito, egli è destinatario di una richiesta di rinvio a giudizio per reati correlati appunto alla dichiarazione di fallimento di cui si discute il motivo va quindi accolto e l'accoglimento comporta l'assorbimento del secondo motivo, che concerne il merito della contestazione svolta la sentenza va in conseguenza cassata, con rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione. Per questi motivi La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al profilo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.