Contestazione suppletiva dell’aggravante in udienza: nessun sindacato preventivo

Il potere di procedere nel dibattimento alla modifica dell’imputazione e alla contestazione di un reato connesso o di una circostanza aggravante va riconosciuto al Pubblico Ministero senza specifici limiti temporali e il giudice, ai sensi degli articolo 516 e 517 c.p.p., non può esercitare alcun sindacato preventivo sull’ammissibilità della contestazione .

Lo ha confermato la quarta Sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 14710, depositata in cancelleria il 10 aprile 2024. La contestazione di un'aggravante in dibattimento Nel caso di specie, il Tribunale di Torre Annunziata ha dichiarato non doversi procedere ai sensi dell' articolo 129 c.p.p. nei confronti dell'imputato perché l'azione non doveva essere proseguita per mancanza di querela , in relazione al delitto contestato di cui agli articolo 624 e 625 numero 2 c.p. perché, al fine di procurarsi un profitto in qualità di conduttore di un alloggio, si impossessava di un determinato quantitativo di volumi di acqua mediante l'uso fraudolento, consistito nel realizzare un allaccio abusivo sulla montante idrica della società Alfa. Nel dibattimento il Pubblico ministero aveva proceduto alla contestazione suppletiva di cui al numero 7 dell' articolo 625 c.p. , ritenendo l'acqua un bene destinato a pubblico servizio dalla contestazione sarebbe derivata la procedibilità d'ufficio. Il Tribunale ha rilevato la tardività della richiesta di contestazione suppIetiva sul presupposto errato della decorrenza dei termini per proporre la querela da parte della persona offesa e ha deciso sulla base della originaria imputazione, dichiarando la improcedibilità ex articolo 129 c.p.p. Segnatamente il Giudice di primo grado ha affermato che la circostanza aggravante di cui al numero 7 dell' articolo 625 c.p. non poteva considerarsi già contestata in fatto, in quanto sottintendeva valutazioni di natura giuridica per tale ragione avrebbe dovuto essere oggetto di contestazione espressa prima che l'azione diventasse improcedibile. Il Procuratore della Repubblica di Torre Annunziata ha proposto ricorso per cassazione per violazione di legge. L'impugnazione del Pubblico Ministero Il Procuratore della Repubblica di Torre Annunziata ha dedotto in particolare che il Tribunale aveva fissato erroneamente un termine di decadenza per il Pubblico Ministero ai fini della contestazione di cui all' articolo 517 c.p.p. la contestazione in questione può essere validamente effettuata fino alla chiusura del dibattimento . Tale potere deriva dal principio di obbligatorietà dell'azione penale previsto dall' articolo 103 Cost. , non incorre in alcuna preclusione e l'unico limite è quello della pronuncia della sentenza. Il Procuratore ha osservato che nel caso di specie, effettuata la contestazione dell'aggravante suppletiva del furto su cosa destinata a pubblico servizio, il Tribunale avrebbe dovuto procedere ai sensi dell' articolo 520 c.p.p. disponendo l'inserimento della contestazione nel verbale di udienza, con notifica all'imputato, la sospensione del dibattimento e la fissazione di una nuova udienza per il prosieguo. I principi in tema di contestazione suppletiva da parte del Pubblico Ministero La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato. La Corte ha ribadito che, in tema di nuove contestazioni in dibattimento , il giudice non può esercitare alcun sindacato preventivo sull'ammissibilità della contestazione effettuata dal Pubblico Ministero ai sensi degli articolo 516 e 517 c.p.p. Al Giudice spetta unicamente provvedere sul capo d'imputazione come modificato, stabilendo se sussista o meno la responsabilità penale dell'imputato. In tal senso la Suprema Corte ha evidenziato che l' articolo 517 c.p.p. stabilisce esclusivamente che il pubblico ministero « contesta all'imputato » il reato connesso o la circostanza aggravante, purché la cognizione non appartenga alla competenza di un giudice superiore, senza prevedere alcun potere di intervento per l'organo giudicante. Similmente l'articolo 516, rubricato “ Modifica della imputazione ”, stabilisce che « Se nel corso dell'istruzione dibattimentale il fatto risulta diverso da come è descritto nel decreto che dispone il giudizio, e non appartiene alla competenza di un giudice superiore, il pubblico ministero modifica l'imputazione e procede alla relativa contestazione ». L' articolo 518 c.p.p. , invece, con riferimento alla contestazione di un fatto nuovo, stabilisce che il giudice « può autorizzare la contestazione nella medesima udienza, se vi è consenso dell'imputato presente e non ne deriva pregiudizio per la speditezza dei procedimenti » . In caso di modifica dell'imputazione ex articolo 516 c.p.p. , contestazione di reato connesso o di circostanza aggravante ex articolo 517 c.p.p. , dunque, al giudice che procede è preclusa qualsiasi attività discrezionale Quanto alla rilevata tardività della contestazione suppletiva, la Corte ha ricordato i principi affermati dalla Cassazione nella sentenza a Sezioni Unite Barbagallo Cass. Penumero , SS. UU., 28/10/1998, numero 4 , secondo cui la legge delega per il codice di rito attualmente vigente, « prevedendo appunto il potere del pubblico ministero di procedere nel dibattimento alla modifica dell'imputazione, non pone specifici limiti temporali all'esercizio di detto potere nell'ambito di tale fase processuale, né consente di fare distinzioni quanto alla fonte degli elementi dai quali la contestazione “suppletiva” trae causa. E ciò […] perchè la modifica dell'imputazione o la contestazione di una circostanza aggravante come pure di un reato concorrente non possono che considerarsi come eventualità fisiologiche in un sistema processuale che si ispira al rito accusatorio incentrato nel dibattimento, ma che non consente, come più volte ricordato dalla Corte Costituzionale, dispersione degli elementi utili per un “giusto processo” » . Tali principi sono stati da ultimo confermati nella recente sentenza a Sezioni Unite Domingo Cass. Penumero , SS. UU., 28/09/2023, numero 49935 . In tale quadro la Cassazione ha richiamato anche la sentenza a Sezioni Unite De Rosa Cass. Penumero , SS.UU., 25/01/2005, numero 12283 in cui la Suprema Corte ha chiarito che l' articolo 129 c.p.p. enuncia una regola di condotta rivolta al giudice che, operando in ogni stato e grado del processo, presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio la disposizione, però, non attribuisce al giudice un potere di giudizio ulteriore rispetto a quello già riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano l'epilogo proscioglitivo nelle varie fasi del processo. Il Tribunale è incorso in una ipotesi di nullità di ordine generale Ebbene, la Corte di legittimità nella sentenza in commento ha rilevato che il Tribunale ha illegittimamente impedito l'esercizio da parte del Pubblico Ministero in udienza della contestazione suppletiva relativa all'integrazione della rubrica del reato contestato ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere secondo l'originaria imputazione arrogandosi un diritto impeditivo e valutativo sull'esercizio dell'azione penale non riconosciutogli dall'ordinamento ha negato il contraddittorio tra le parti. Più precisamente, il Collegio ha rilevato che il Tribunale, nel pronunciare la sentenza di immediata declaratoria del proscioglimento dell'imputato per mancanza della condizione di procedibilità del reato di furto aggravato , ha anticipato la decisione nonostante fosse stato sollevato dal Pubblico Ministero l'incidente relativo alla contestazione suppletiva. In altri termini il Tribunale, trascurando il fatto che la contestazione suppletiva avrebbe consentito di ricondurre la fattispecie nell'alveo della punibilità d'ufficio, ha omesso del tutto di riconoscere all'imputato le garanzie previste dall' articolo 519 c.p.p. tra cui, in particolare, la possibilità di richiedere un termine a difesa . In tal modo l'ingiustificata accelerazione verso l'epilogo de plano del giudizio ha determinato un rilevante vulnus alla pienezza del contraddittorio. Se l'integrazione del capo di imputazione fosse stata riconosciuta, la fattispecie incriminatrice avrebbe resistito ai mutamenti delle condizioni di procedibilità introdotti, a fare data dal 30 dicembre 2022, dalla disciplina della riforma Cartabia. La Suprema Corte ha quindi ricondotto “ le inosservanze ” in cui è incorso il Tribunale alle ipotesi di nullità di ordine generale di cui all'articolo 178 lett. b c.p.p. riguardanti l'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale e la sua partecipazione al procedimento rilevando che tali inosservanze, « peraltro, si atteggiano altresì quali vulnus alla stessa integrità del contraddittorio nel corso del giudizio, in quanto hanno determinato una ingiustificata limitazione al potere di intervento delle parti su temi decisivi del giudizio » . Annullamento senza rinvio La Suprema Corte ha dunque annullato senza rinvio la sentenza impugnata e ha disposto la restituzione degli atti al Tribunale di Torre Annunziata, in diversa composizione, per l'ulteriore corso.

Presidente Piccialli – Relatore Ferranti Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale di Torre Annunziata, ha dichiarato non doversi procedere ai sensi dell' articolo 129 cod.proc.penumero nei confronti di C.V. perché l'azione non doveva essere proseguita per mancanza di querela in relazione al delitto contestato di cui all'articolo 624 e 625 numero 2 cod.pen, perché al fine di procurarsi un profitto quale conduttore dell'alloggio di proprietà dell'IACP si impossessava di volumi di acqua per un valore stimato di euro 1656,53 mediante l'uso fraudolento consistito nel realizzare un allaccio abusivo sulla montante idrica della società OMISSIS spa. In Castellamare di Stabia il OMISSIS . 1.1. Il Tribunale aveva rilevato all'udienza del 4.04.2023 che era decorso infruttuosamente il termine di novanta giorni per la proposizione della querela così come previsto dall' articolo 85 D.lvo 150/2022 che il Pubblico ministero alla udienza aveva proceduto alla contestazione suppletiva di cui al numero 7 dell' articolo 625 cod.penumero ritenendo l'acqua bene destinato a pubblico servizio che il Tribunale aveva ritenuto tardiva la richiesta di contestazione suppletiva in quanto l'azione era divenuta improcedibile affermava che la circostanza non poteva ritenersi contestata in fatto in quanto, poiché sottintendeva valutazioni di natura giuridica, doveva essere oggetto di contestazione espressa. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Torre Annunziata per violazione di legge. Deduce in particolare che erratamente il Tribunale aveva fissato un termine di decadenza per il PM ai fini della contestazione di cui all' articolo 517 cod. proc. penumero che può essere validamente effettuata fino alla chiusura del dibattimento e tale potere deriva dal principio di obbligatorietà dell'azione penale previsto dall' articolo 103 della costituzione e non incorre in nessuna preclusione con l'unico limite della pronuncia della sentenza. Evidenzia che nel caso di specie, effettuata la contestazione dell'aggravante suppletiva del furto su cosa destinata a pubblico servizio, il Tribunale doveva procedere ai sensi dell' articolo 520 cod. proc. penumero disponendo l'inserimento nel verbale di udienza, con notifica all'imputato, sospensione del dibattimento e fissazione di nuova udienza per il prosieguo. La preclusione dedotta dal Giudice è inconferente perché il reato a seguito della contestazione suppletiva è divenuto perseguibile di ufficio. 3. Il Procuratore generale ha presentato memoria scritta per l'udienza odierna con cui ha chiesto l'annullamento senza rinvio al Tribunale di Torre Annunziata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 1.1. Il Collegio ritiene che la pronuncia impugnata viola la legge secondo quanto prospettato nel ricorso del Pubblico ministero con riferimento all'esercizio del dell'azione penale, in specie al potere-dovere della contestazione suppletiva. Va ribadito che in tema di nuove contestazioni in dibattimento, il giudice non può esercitare alcun sindacato preventivo sull'ammissibilità della contestazione del fatto diverso da come è descritto nel decreto che dispone il giudizio o del reato concorrente o della circostanza aggravante non menzionati in tale decreto, proposta dal pubblico ministero ai sensi degli articolo 516 e 517 cod. proc. penumero , dovendo invece provvedere sul capo d'imputazione come modificato, stabilendo se sussista o meno la responsabilità penale dell'imputato cfr. Sez. 2 numero 9039 del 17/01/2023, Palumbo Fabio+1 Sez. feriale numero 43255 del 22.08.2023, Di Lanno Sez. 4, numero 48347 del 04/10/2023, Scalora, Rv. 285682 Sez. 4 numero 652 del 7.12.2023, dep. Il 9.01.2024, Attanasio Tale affermazione si inserisce in un costante orientamento già ribadito da precedenti pronunce Sez. 6, numero 37577 del 15/10/2010, Rv. 248539 - 01, Marcolin, in motivazione secondo cui l' articolo 516 cod. proc. penumero , e segg., inseriti sotto la rubrica Nuove contestazioni , disciplinano l'esercizio dell'azione penale nel corso del dibattimento, mirando a salvaguardare il principio della necessaria correlazione tra accusa e sentenza. Il pubblico ministero interviene sull'Imputazione enunciata nell'atto che instaura il giudizio, per adeguarla a quanto emerge dalle prove raccolte, in modo che il dibattimento possa proseguire e la decisione conformarsi alla fattispecie concreta corretta e/o ampliata. Effettuare una nuova contestazione è un potere esclusivo del pubblico ministero, inerente all'esercizio dell'azione penale, la cui obbligatorietà è prescritta dall' articolo 112 Cost. Inoltre, nell'ipotesi-ricorrente articolo 517 cod. proc. penumero , non è richiesto né il consenso dell'imputato né l'autorizzazione del giudice. Pertanto, la decisione del giudice del dibattimento che, arrogandosi un potere che nessuna norma gli riconosce, nega al pubblico ministero il compimento di un atto imperativo, insindacabile e obbligatorio qual è la contestazione della circostanza aggravante, rilevando la tardività, è illegittima. Nello stesso senso si era già affermato che avvenuta la contestazione del reato connesso da parte del pubblico ministero, il giudice che procede ha l'obbligo di provvedere in ordine al nuovo capo di imputazione, stabilendo se sussiste o meno la responsabilità penale dell'imputato, ovvero dichiarando la propria incompetenza perché il fatto appartiene a quella di un giudice superiore”. E ove il giudicante ometta di decidere nel senso su riferito, la sentenza da lui resa potrà essere utilmente impugnata in quanto non si è pronunciata su di un capo di imputazione. Anzi, è proprio questo l'unico rimedio a disposizione del rappresentante della pubblica accusa avverso il rifiuto del giudicante a provvedere sulla contestazione effettuata ai sensi dell' articolo 517 cod. proc. penumero , dal momento che la possibilità di procedere autonomamente - da taluni prospettata - è data per il reato connesso, ma non per la circostanza aggravante Sez. 2, numero 5180 del 5.11.1999, Saraceno+altri, in motivazione . A conferma di tale principio è sufficiente osservare che l'articolo 517 stabilisce esclusivamente che il pubblico ministero contesta all'imputato il reato connesso o la circostanza aggravante emersa dagli atti del dibattimento, senza prevedere alcun potere di intervento per l'organo giudicante, come fa invece l' articolo 518 cod. proc. penumero con riferimento alla contestazione di un fatto nuovo, stabilendo che il presidente del collegio può autorizzarla . Emerge pertanto evidente come dalla ricognizione delle norme di riferimento in presenza di una circostanza aggravante al giudice che procede è preclusa qualsiasi attività discrezionale posto che l'unico titolare dell'azione penale, il pubblico ministero, può procedere alla modifica dell'imputazione. 1.2. Ulteriore argomento si trae dalla lettura della motivazione della sentenza della Corte costituzionale del 9 luglio 2015 numero 139 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell' articolo 517 del cod. proc. penumero , nella parte in cui nel caso di contestazione di una circostanza aggravante che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale, non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al reato oggetto della nuova contestazione e che ha precisato che la contestazione tardiva di circostanze aggravanti, è idonea a determinare “un significativo mutamento del quadro processuale , potendo incidere in modo rilevante sull'entità della sanzione - tanto più quando si tratti di circostanze ad effetto speciale - e talvolta sullo stesso regime di procedibilità del reato. La Corte ha osservato, inoltre, che l'imputato che si veda contestare in dibattimento una circostanza aggravante già risultante dagli atti di indagine si trova in situazione non dissimile da quella del destinatario della contestazione tardiva di un fatto diverso sicché, una volta divenuta ammissibile la richiesta di patteggiamento nel caso di modificazione dell'imputazione a norma dell' articolo 516 cod. proc. penumero , la preclusione di essa nel caso di contestazione di una nuova circostanza aggravante, ai sensi dell' articolo 517 cod. proc. penumero , risulta foriera di ingiustificate disparità di trattamento al pari della richiesta di giudizio abbreviato. 1.3. Nel caso in esame il pubblico ministero in dibattimento ha richiesto la modifica dell'imputazione e la contestazione dell'aggravante del 625 numero 7 cod. penumero da cui derivava in astratto la procedibilità di ufficio del reato contestato il Tribunale ha negato l'esercizio di tale potere-dovere rilevandone illegittimamente la tardività sul presupposto errato che erano decorsi i termini per proporre la querela da parte della persona offesa e ha deciso sulla base della originaria imputazione, dichiarando la improcedibilità ex articolo 129 cod. proc. penumero Vanno qui richiamati, quanto alla rilevata tardività della contestazione suppletiva, anche i principi affermati da Sez. U. numero 4 del 28/10/1998 dep. 11/03/1999 , Barbagallo, Rv. 212757, secondo cui la direttiva numero 78, di cui all'articolo 2 della legge delega per il vigente codice di rito L. 16 febbraio 1987 numero 81 , prevedendo appunto il potere del pubblico ministero di procedere nel dibattimento alla modifica dell'imputazione non pone specifici limiti temporali all'esercizio di detto potere nell'ambito di tale fase processuale, né consente di fare distinzioni quanto alla fonte degli elementi dai quali la contestazione suppletiva trae causa. E ciò è stato previsto dalla direttiva in esame, e poi introdotto nel codice di rito, perché la modifica dell'imputazione o la contestazione di una circostanza aggravante, come pure di un reato concorrente, non possono che considerarsi come eventualità fisiologiche in un sistema processuale che si ispira al rito accusatorio incentrato nel dibattimento, ma che non consente, come più volte ricordato dalla Corte Costituzionale, dispersione degli elementi utili per un giusto processo . Ora, è vero che la tendenziale parità delle parti, cui si ispira la logica del sistema accusatorio - nell'esaltare il principio del contraddittorio - richiede che il pubblico ministero formuli l'imputazione in base agli elementi d'accusa già acquisiti nelle indagini preliminari articolo 405-407 cod. proc. penumero e che, a sua volta, l'imputato, posto a conoscenza degli elementi di accusa, possa sin dall'inizio del dibattimento contrastarli efficacemente. Ma ciò non può comportare, come ineluttabile conseguenza, che, se il pubblico ministero, per inerzia o errore, abbia omesso in parte la contestazione di elementi di accusa già acquisiti, non possa provvedervi poi nel dibattimento, e sin dal suo inizio, apportando le necessarie modifiche all'imputazione. Senza contare, infine, che la contestazione suppletiva all'inizio del dibattimento e sulla base di elementi non considerati nella formulazione dell'originaria imputazione, in caso di circostanza aggravante o di modifica dell'imputazione, evita di precludere al pubblico ministero la possibilità di richiedere un accertamento completo del fatto-reato, in sede di giudizio. E ciò perché gli elementi modificativi od integrativi del fatto quali le circostanze aggravanti non potrebbero mai formare oggetto di autonomo giudizio penale, diversamente da quanto sostenuto erratamente nella sentenza impugnata. Si darebbe luogo altrimenti ad una contrazione dell'ambito di esercizio dell'azione penale, con ciò contravvenendosi al disposto dell' articolo 112 Cost. Ed ancora, proprio a garanzia del diritto di difesa, l' articolo 519 cod. proc. penumero dà facoltà all'imputato, nei cui confronti il pubblico ministero abbia proceduto a contestazione suppletiva salvo che la contestazione abbia per oggetto la recidiva , di chiedere al giudice un termine per poter contrastare l'accusa perché in parte integrata o modificata. La norma in esame, peraltro, aggiunge che il tempo concesso dal giudice non può essere inferiore al termine per comparire previsto dall'articolo 429 articolo 519, comma 2 , cioè non inferiore a venti giorni . 1.4. Si è detto che nel caso di cui è processo il pubblico ministero in dibattimento, nel primo segmento processuale utile, aveva richiesto la modifica dell'imputazione e la integrazione della rubrica della imputazione con la contestazione dell'aggravante di cui all' articolo 625 numero 7 cod. penumero da cui derivava in astratto la procedibilità di ufficio del reato contestato ed il Tribunale ha sostanzialmente negato l'esercizio di tale potere-dovere rilevandone la tardività sul presupposto che erano decorsi i termini per proporre la querela da parte della persona offesa a seguito della modifica legislativa e ha deciso sulla base della originaria imputazione rilevando la improcedibilità ex articolo 129 cod. proc. penumero , violando tutti i principi del contraddittorio. In riferimento al momento processuale in cui il potere di precisazione della contestazione, immediatamente derivante dal principio costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale di cui all' articolo 112 Cost. , deve essere esercitato, le direttrici ermeneutiche declinate dalla giurisprudenza di legittimità, nella sua più autorevole composizione, la citata Sez. U. Barbagallo, non assegnano alcuna preclusione correlata alla preesistenza, rispetto all'apertura del dibattimento, degli elementi di fatto che portano alla modifica dell'imputazione di cui all' articolo 516 cod. proc. penumero e alla contestazione di un reato concorrente o di una circostanza aggravante di cui all' articolo 517 cod. proc. penumero , poiché le nuove contestazioni possono essere effettuate dopo l'avvenuta apertura del dibattimento e prima dell'espletamento dell'istruzione dibattimentale, e dunque anche sulla sola base degli atti già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari. Di guisa che il potere di procedere nel dibattimento alla modifica dell'imputazione o alla formulazione di nuove contestazioni va riconosciuto al Pubblico ministero senza specifici limiti temporali o di fonte, in quanto l'imputato ha facoltà di chiedere al giudice un termine per contrastare l'accusa, esercitando ogni prerogativa difensiva come la richiesta di nuove prove o il diritto ad essere rimesso in termini per chiedere riti alternativi o l'oblazione ex multis, Sez. 6, numero 18749 del 11/04/2014, B.L. Rv. 262614 Sez.6 numero 44980 del 22.09.2009, Nasso, Rv. 245284 . Tale linea interpretativa non è smentita dalla recente sentenza delle Sez. U. numero 49935 del 28.09.2023, Domingo, che afferma l'obbligo del giudice di procedere immediatamente alla dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione nel caso di contestazione suppletiva della recidiva, in quanto tale sentenza, nel caso concreto esaminato, ha rilevato un'impossibilità di fatto volto a precludere l'integrazione della contestazione della recidiva rispetto ad un reato già prescritto, a causa dell'inesistenza stessa di idoneo «segmento processuale». Le Sezioni Unite Domingo al paragrafo 7 ribadiscono, invero, i principi sopra illustrati in tema di esercizio della contestazione suppletiva da parte del Pubblico ministero e affermano Va altresì considerato che, in caso di contestazione suppletiva della recidiva in dibattimento, l'imputato presente non ha diritto a un termine a difesa, diversamente da quanto previsto qualora sia contestata una qualsiasi altra circostanza aggravante articolo 519, comma 1, cod. proc. penumero . Quanto sinora evidenziato, però, non consente di escludere, de iure condito, che il pubblico ministero possa procedere alla contestazione suppletiva della recidiva solo in dibattimento, ai sensi delle citate disposizioni, non solo nei casi in cui la sussistenza della circostanza aggravante sia emersa dopo l'esercizio dell'azione penale invero assai difficilmente ipotizzabili si pensi all'accertamento di precedenti penali risultanti a carico dell'imputato con un alias la cui conoscenza sia emersa solo nel corso del dibattimento , ma anche qualora il pubblico ministero supplisca a una inerzia, rimedi a un errore ovvero compia una diversa valutazione discrezionale rispetto a quella fatta al momento dell'esercizio dell'azione penale. Tale conclusione risulta allo stato coerente rispetto alla risalente pronuncia delle Sezioni Unite Sez. U. citata Barbagallo secondo la quale «le contestazioni ai sensi degli articolo 516 e 517 possono essere effettuate dopo l'avvenuta apertura del dibattimento e prima dell'espletamento dell'istruzione dibattimentale, cioè sulla base degli atti già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari» in senso conforme v. Sez. 2, numero 45298 del 14/10/2015, Zani, Rv. 264903-01 Sez. 5 numero 8631 del 21/09/2015, Scalia, dep. 2016, Rv. 266081-01 Sez. 5, numero 16989 del 02/04/2014, Costa, Rv. 259857-01 Non è in discussione, dunque, la facoltà da parte del pubblico ministero di procedere alla contestazione suppletiva nel caso di specie della recidiva, che peraltro non richiede l'autorizzazione del giudice nei casi di cui all' articolo 517 cod. proc. penumero «il pubblico ministero contesta all'imputato» una circostanza aggravante , a differenza di quanto previsto per la contestazione del fatto nuovo, in presenza dei presupposti previsti dall'articolo 518, comma 2, del codice di rito . 1.5. Nel caso all'esame del Collegio, deve rilevarsi che il Tribunale, nel pronunciare sentenza di immediata declaratoria del proscioglimento dell'imputato per mancanza della condizione di procedibilità del reato di furto pluriaggravato, nell'escludere, nel corso del dibattimento, la facoltà del Pubblico ministero di procedere alla contestazione suppletiva della circostanza aggravante della destinazione a pubblico servizio di cui all' articolo 625 comma 1 numero 7 ultima parte cod. penumero , ha anticipato la decisione, pervenendo ad una declaratoria ai sensi dell' articolo 129 cod. proc. penumero , così dettando, ancor prima della chiusura della istruzione dibattimentale, i termini della discussione finale limitata alla ricorrenza di un mutamento del regime della procedibilità del reato ascritto , nonostante fosse stato sollevato dall'organo della Procura l'incidente relativo alla contestazione suppletiva. In sostanza, pertanto, il Tribunale non ha considerato che il Pubblico ministero aveva formulato una contestazione suppletiva la quale - in astratto - avrebbe consentito di ricondurre la fattispecie nell'alveo della punibilità di ufficio, omettendo del tutto di riconoscere all'imputato le garanzie previste dall' articolo 519 cod. proc. penumero una volta che la contestazione suppletiva era divenuta patrimonio del processo e di valutare le sopravvenienze istruttorie, pure intervenute nel corso del giudizio, le quali avrebbero potuto concorrere a confortare la plausibilità della contestazione suppletiva medesima limitandosi a rilevare la sopravvenuta improcedibilità dell'azione penale per mancata presentazione della querela da parte della persona offesa entro il termine di legge e invitando le parti a confrontarsi solo su tale tema, riconosciuto come pregiudiziale. Ne consegue che l'ingiustificata accelerazione verso l'epilogo de plano del giudizio, come sopra evidenziata, ha determinato un rilevante vulnus alla pienezza del contraddittorio sui temi che formavano oggetto del procedimento, da cui è conseguita altresì la limitazione dell'iniziativa dell'ufficio del Pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale in una prospettiva di precisazione-integrazione del capo di imputazione, con riferimento alla ricorrenza di una circostanza aggravante, la quale, se effettivamente riconosciuta come esistente, anche a seguito di contestazione suppletiva, avrebbe assicurato la resistenza della fattispecie incriminatrice al mutamento delle condizioni di procedibilità pure introdotto, a fare data dal 30 dicembre 2022, dalla disciplina della riforma Cartabia. L'inosservanza in cui è incorso il Tribunale sono riconducibili a ipotesi di nullità di ordine generale di cui all' articolo 178 cod. proc. penumero laddove attengono ai limiti dell'esercizio dell'azione penale ai sensi dell'articolo 179 in relazione all'articolo 178 lett. b cod. proc. penumero e al conseguente diritto delle parti private di contraddire sul punto esse, peraltro, si atteggiano altresì quali vulnus alla stessa integrità del contraddittorio nel corso del giudizio, in quanto hanno determinato una ingiustificata limitazione al potere di intervento delle parti su temi decisivi del giudizio. Le Sezioni unite, numero 12283 del 25/01/2005 dep. 30/03/2005 Rv. 230531-01, De Rosa, hanno ben chiarito che «l' articolo 129 c.p.p. non attribuisce al giudice un potere di giudizio ulteriore ed autonomo rispetto a quello già riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano l'epilogo proscioglitivo nelle varie fasi e nei diversi gradi del processo - articolo 425, 469, 529, 530 e 531 stesso codice -, ma enuncia una regola di condotta rivolta al giudice che, operando in ogni stato e grado del processo, presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio». L' articolo 129 cod. proc. penumero - si è evidenziato - enuncia una regola di condotta rivolta al giudice, data la sua collocazione sistematica nell'ambito del capo relativo ad atti e provvedimenti giudiziali, e «prevede l'obbligo recte dovere dell'immediata declaratoria, d'ufficio, di determinate cause di non punibilità che il giudice riconosce come già acquisite agli atti. Si è di fronte ad una prescrizione generale di tenuta del sistema, nel senso che, nella prospettiva di privilegiare l'exitus processus ed il favor rei, s'impone al giudice il proscioglimento immediato dell'imputato, ove ricorrano determinate e tassative condizioni, che svuotano di contenuto - per ragioni di merito - l'imputazione o ne fanno venire meno - per la presenza di ostacoli processuali difetto di condizioni di procedibilità o per l'avverarsi di una causa estintiva - la effettiva ragion d'essere. La citata sentenza De Rosa ha poi osservato che l'espressione immediata declaratoria, presente soltanto nella rubrica dell' articolo 129 c.p.p. , assume una valenza diversa da quella percepibile prima facie non denuncia una connotazione di tempestività temporale assoluta, fino a legittimare, pur nel silenzio della norma, il rito c.d. de plano [ ] ma evidenzia la precedenza che tale declaratoria deve avere, ove ne ricorrano le condizioni, su altri eventuali provvedimenti decisionali adottabili dal giudice . Con la sentenza Tettamanti Sez. U, numero 35490 del 28/05/2009, Rv. 244274-01 , le Sezioni Unite hanno affermato che, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell' articolo 129, comma 2, cod. proc. penumero soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione , ossia di percezione ictu oculi che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento. Inoltre, a conferma della prevalenza della pronuncia di proscioglimento su ogni ulteriore approfondimento - la sentenza ha ribadito che i vizi della motivazione del provvedimento impugnato non sono rilevabili in sede di legittimità in presenza di una causa estintiva, in quanto il giudice, cui andrebbero rimessi gli atti per il giudizio rescissorio al fine di riparare il tessuto motivazionale della decisione, avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva, principio applicabile anche in presenza di una nullità di ordine generale, come già affermato nella sentenza Cremonese Sez. U, numero 1021 del 28/11/2001, dep. 2002, Rv. 220511-01 . In definitiva, il giudice non può pronunciarsi ex abrupto a norma dell' articolo 129 cod. proc. penumero , senza coinvolgere le parti. 1.6. Il potere di procedere nel dibattimento alla modifica dell'imputazione o alla formulazione di nuove contestazioni va riconosciuto al Pubblico ministero senza specifici limiti temporali o di fonte, in quanto l'imputato ha facoltà di chiedere al giudice un termine per contrastare l'accusa, esercitando ogni prerogativa difensiva come la richiesta di nuove prove o il diritto ad essere rimesso in termini per chiedere riti alternativi o l'oblazione ex multis Sez. 6, numero 18749 del 11/04/2014, B.L., Rv. 262614, Sez. 6 numero 44980 del 22.09.2009, Nasso, Rv. 245284 . In conclusione, va affermato che il PM, ai sensi dell' articolo 517 cod. proc. penumero , era pienamente legittimato ad effettuare la contestazione suppletiva della circostanza aggravante in questione relativa all' articolo 625 numero 7 cod. penumero , a seguito della quale il reato oggetto di contestazione non era più in astratto procedibile a querela di parte ma d'ufficio e il Tribunale doveva decidere sulla regiudicanda come risultante dal legittimo esercizio da parte del Pubblico Ministero del potere dovere di formulare la imputazione. Nel caso in esame, l'esercizio da parte del pubblico ministero del potere di integrare la contestazione nel primo segmento processuale utile non poteva essergli precluso dal giudice, come le stesse Sezioni unite Domingo, riconoscono. E una volta che questo potere sia stato validamente esercitato, il giudice aveva l'obbligo di pronunciarsi sulla imputazione da ultimo contestata, non certo sull'imputazione originaria ormai superata, e ciò dopo aver garantito il contraddittorio ai sensi dell' articolo 519 cod. proc. penumero . L'esigenza di correlazione tra l'imputazione contestata e la sentenza articolo 521 cod. proc. penumero impone al giudice di pronunciarsi sul fatto che risulti validamente contestato all'imputato. È priva di qualsiasi fondamento, ed è smentita dalla citata Sez. U. De Rosa, l'idea che l' articolo 129 cod. proc. penumero possa legittimare il giudice a pronunciarsi ora per allora su un'imputazione che non è più attuale. Nel caso in concreto, all'esame del Collegio, il Giudice ha illegittimamente impedito l'esercizio da parte del PM in udienza, nel primo segmento utile dopo il rinvio, della contestazione suppletiva relativa all'integrazione della rubrica del reato contestato con il riferimento all'articolo 625 numero 7 e ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere secondo la originaria imputazione arrogandosi un diritto impeditivo e valutativo sull'esercizio dell'azione penale da parte del Pubblico ministero che non gli viene riconosciuto dal sistema e negando il contraddittorio tra le parti. Il principio di immediatezza di cui all' articolo 129 cod. proc. penumero , non implica, infatti, una pronuncia intermedia prima che la fase processuale nella quale può manifestarsi la causa di improcedibilità sia esaurita. In questo arco temporale deve ritenersi applicabile l' articolo 517 c.p.p. Spetterà al giudice, all'esito del contraddittorio riaperto ai sensi dell' articolo 519 cpp valutare se l'aggravante contestata sussiste oppure no. 1.7. Ne consegue che, qualificata l'impugnazione del pubblico ministero quale ricorso per saltum, Sez. U, numero 3512 del 28/10/2021 Ud. dep. 31/01/2022 Rv. 282473 - 01 e ritenuta sussistente la nullità denunciata con il ricorso del Procuratore della Repubblica ricorrente, poiché in violazione delle norme di legge sopra richiamate il giudice del dibattimento ha precluso al Pubblico ministero il potere-dovere di esercitare e proseguire l'azione penale per il fatto-reato correttamente circostanziato e qualificato, il Tribunale è incorso in una nullità assoluta di ordine generale prevista dagli articolo 178 e 179 cod. proc. penumero , che attiene alla formulazione della imputazione e all'esercizio dell'azione penale nel caso di specie, ricorre, pertanto, il caso di cui all'articolo 569 comma 4 prima parte in relazione al 604 comma 4 cod. proc. penumero e l'annullamento va disposto senza rinvio al Tribunale di Torre Annunziata, in diversa composizione, per l'ulteriore corso. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la restituzione degli atti al Tribunale di Torre Annunziata, diverso giudice.