Gli Stati, avendo doveri di cura e di protezione, malgrado il margine discrezionale loro riconosciuto, hanno l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie ad attuare gli Accordi di Parigi e COP28 per evitare gli effetti nefasti del cambiamento climatico e del surriscaldamento della terra.
Nella fattispecie in esame, la Svizzera non ha adottato alcuna misura per ridurre le emissioni del gas serra e non ha agito in tempo utile ed in maniera appropriata per concepire, elaborare ed attuare un ordinamento e tutte le misure pertinenti. Per la prima volta è riconosciuto sia il diritto ad agire per tutelare la vita, il benessere e la qualità della vita degli interessati contro le minacce e le conseguenze del cambiamento climatico sia la responsabilità dello Stato per non aver fatto nulla per proteggerli e per contrastare gli effetti di detto fenomeno. Riconosciuto ricco indenizzo. È quanto deciso dalla GC Verein KlimaSeniorinnen Schweiz ed altri comma Svizzera ricomma 53600/20 , mentre le altre cause gemelle Careme comma Francia e Duarte Agostinho ed altri c.Portogallo, che aveva anche bambini tra i ricorrenti, sono state dichiarate inammissibili per le questioni meglio spiegate nelle sentenze cui si rinvia. Nella fattispecie quattro cittadini i cui ricorsi sono stati dichiarati irricevibili ed un'associazione di anziane tutte hanno oltre 75 anni accusano i loro Governi di non aver fatto abbastanza e di non aver adottato dovute ed adeguate misure per combattere i cambiamenti climatici con gravi conseguenze sulla loro salute, anche mentale, benessere e valore delle loro abitazioni. Tutti i ricorsi, di ogni ordine e grado, per chiedere maggiori tutele contro gli effetti del cambiamento climatico che avevano sulla loro salute, in particolar modo le ondate di calore la esacerbavano, sono state respinte sostenendo che i diritti delle ricorrenti membri di detta ONG a tutela del clima non erano toccati e che loro non avevano conseguenze dirette per tali cambiamenti climatici né erano state fornite prove dei danni subiti. La legge interna chiede un onere della prova gravoso che l'associazione e gli altri ricorrenti non erano in grado di rispettare. Diritti di nuova generazione e diritto ad un ambiente sano Tutta la documentazione sulle norme internazionali Onu, Corte interamericana dei diritti umani – omologa alla CEDU COE, UE concordano sul fatto che gli Stati abbiano il dovere e l'obbligo di tutelare i diritti delle persone, ivi compresi quelli di nuova generazione frutto dell'evoluzione e dello sviluppo sociale, tecnologico e politico, tra cui si possono annoverare il GDPR, il diritto ad essere informati ed ad informare, il diritto ambientale etcomma In questo ambito è stato elaborato e riconosciuto il diritto a vivere e godere di un ambiente sicuro, sano, pulito e sostenibile. È un diritto primario dell'UE. Gli Stati hanno l'obbligo di adottare leggi e misure pertinenti ed adatte ad attuare questo diritto anche nell'ottica della solidarietà internazionale. Nelle varie COP ultima COP28 sono fissati ogni anno limiti ed obiettivi per promuovere e proteggere i diritti umani dagli effetti del cambiamento climatico sul pianeta e sulle persone, sulla flora e fauna dovendosi attuare politiche specifiche in tal senso. In particolar modo il Consiglio dei Diritti Umani dell'Onu ha nominato un esperto indipendente che, nel 2020, ha formulato una serie di raccomandazioni per una riforma basata sulla tutela dei diritti umani in relazione alle minacce poste dal cambiamento climatico. «L'esperto indipendente rimane convinto che l'assenza di uno strumento giuridico internazionale completo e integrato per garantire la promozione e la protezione dei diritti e della dignità delle persone anziane abbia importanti conseguenze pratiche per le persone anziane, in particolare in situazioni di emergenza. In particolare, sottolinea che gli strumenti attuali non affrontano in modo specifico o non danno loro sufficiente visibilità, il che impedisce alle persone anziane di esercitare pienamente i loro diritti umani, in particolare in situazioni di emergenza». Legittimazione ad agire della ONG La prassi della CGUE e le norme comunitarie, nonché internazionali, ora riconoscono la legittimazione processuale delle ONG se l'interesse tutelato rientra nel loro statuto. A livello di diritto comparato tra gli Stati del COE, di cui solo 5 non sono firmatari della Convenzione di Aarhus, non sempre vi è unanimità sui criteri per riconoscere la legittimazione processuale in materia ambientale delle ONG. «In quasi tutti gli Stati membri studiati, deve esistere un nesso tra gli obiettivi che persegue in base al suo statuto e gli interessi che intende tutelare. In undici Stati membri, tali associazioni devono essere esistite o aver partecipato attivamente alla protezione dell'ambiente per un certo periodo di tempo prima di poter intraprendere un'azione legale in otto Stati membri, l'associazione che ha avviato la causa deve operare in una determinata area geografica. Alcuni Stati membri subordinano il riconoscimento della legittimazione ad agire di un'associazione a criteri supplementari, ma meno frequenti, vale a dire le dimensioni dell'associazione, la precedente partecipazione dell'associazione al processo decisionale, l'organizzazione interna dell'associazione, il divieto per l'associazione o i suoi amministratori di svolgere attività a scopo di lucro e il requisito generale di legalità delle attività dell'associazione. In alcuni sistemi, inoltre, la legittimazione dell'associazione può dipendere dalla legittimazione delle persone fisiche che possono essere direttamente interessate dai rischi ambientali. La legittimazione ad agire dell'associazione può essere accertata direttamente dal giudice o, come avviene in sei Stati membri, mediante un meccanismo che prevede il rilascio di un riconoscimento preventivo da parte di un'autorità amministrativa». Violazione del diritto alla serenità familiare I suddetti doveri dello Stato ad attuare il diritto delle persone ad un ambiente sano ed ad essere tutelate della conseguenze nefaste del cambiamento climatico rientra nelle previsioni dell'articolo 8 Cedu. Come detto questo dovere di protezione dagli effetti nefasti del cambiamento climatico è primordiale. Per raggiungere detti fini diminuzione ed azzeramento dei gas serra, delle emissioni da carbone etc, diminuzione della temperatura di 1,5 gradi etc. gli Stati devono adottare pertinenti obiettivi e calendari che devono essere recepiti dall'ordinamento interno e fare da base alle adeguate e concrete misure di attuazione. Nella fattispecie la Svizzera non ha rispettato i suoi precedenti impegni circa la riduzione dei gas serra, dell'aumento medio della temperatura etcomma stabiliti dagli Accordi di Parigi ed altre convenzioni internazionali e l'ordinamento interno presentava gravi lacune sui limiti dei gas serra e delle emissioni provenienti da fonti come il carbone. Accesso alla giustizia in materia ambientale Nulla questio sullo status di vittima della ONG ricorrente e sulla sua legittimazione processuale. La CEDU critica aspramente la Svizzera per aver rigettato il ricorso dell'ONG solo perché il diritto interno consente il ricorso individuale, non l'actio popolaris. La ricorrente ha subito la lesione del diritto di accesso alla giustizia. Inoltre le Corti interne non hanno saputo esplicare in modo convincente perché hanno escluso un nesso causale tra il cambiamento climatico e le richieste dei ricorrenti ONG e singoli cittadini , non hanno preso sul serio le censure dei ricorrenti né hanno tenuto conto di tutte le evenienze e gli studi scientifici sugli effetti nefasti del cambiamento climatico. Infine si ribadisce, in base ai principi di responsabilità condivisa e sussidiaria, che spetta alle autorità interne ed in primis a quelle giudiziarie rectius giurisdizioni vegliare sul rispetto delle obbligazioni che discendono dalla Ceducosa che non è stata fatta nella fattispecie. Per ogni altro eventuale approfondimento si rinvia alla sentenza.
CEDU, sentenza 9 aprile 2024