Non si è ancora spenta l’era delle massime provvisorie delle Sezioni Unite sul tema delle comunicazioni dei criptofonini e non sono state ancora depositate le motivazioni che è intervenuta una sentenza della Cassazione in materia.
Non si è ancora spenta l'era delle massime provvisorie delle Sezioni Unite sul tema delle comunicazioni dei criptofonini e non sono state ancora depositate le motivazioni che è intervenuta una sentenza della Cassazione in materia. Com'è noto, con le citate decisioni sono state pronunciate due massime provvisorie che risolvendo i contrasti in materia hanno da un lato affermato che il trasferimento all'Autorità giudiziaria italiana, in esecuzione di ordine europeo di indagine, del contenuto di comunicazioni effettuate attraverso criptofonini rientra nell'acquisizione di atti di un procedimento penale, che, a seconda della loro natura, trova alternativamente il suo fondamento negli articolo 78 disp. att. c.pp., 238, 270 c.p.p. e, in quanto tale, rispetta l'articolo 6 della Direttiva 2014/41/UE e dall'altro hanno sostenuto che rientra nei poteri del pubblico ministero quello di acquisizione di atti di altro procedimento penale che l'Autorità giurisdizionale dello Stato di emissione dell'ordine europeo di indagine deve verificare il rispetto dei diritti fondamentali, comprensivi del diritto di difesa e della garanzia di un equo processo che l'acquisizione, mediante ordine europeo d'indagine, dei risultati di intercettazioni disposte da un'autorità giudiziaria straniera, in un proprio procedimento, su una piattaforma informatica criptata e su criptofonini è un atto riconducibile all'articolo 270 c.p.p. e che l'ordine europeo di indagine può essere richiesto dal pubblico ministero che l'Autorità giurisdizionale dello Stato di emissione dell'ordine europeo di indagine deve verificare il rispetto dei diritti fondamentali, comprensivi del diritto di difesa e della garanzia di un equo processo. In particolare, il Supremo Collegio decretava il superamento della tesi per la quale la documentazione trasmessa dalla Francia poteva essere inquadrata come prova informatica ai sensi dell'articolo 234 bis c.p.p. Si è privilegiato la tesi sostenuta dalla VI Sezione che riguardava gli atti quali intercettazioni di procedimenti separati ex articolo 270 c.p.p. Escluso che si potesse trattare di violazione del principio di proporzionalità di cui all'articolo 6 della Direttiva 2014/41/UE trattandosi di comunicazione di singoli atti, la Cassazione rendeva necessaria la verifica da parte del giudice del rispetto delle garanzie del giusto processo e del diritto di difesa. Chiamata a pronunciarsi sulla decisione del tribunale della libertà che aveva rigettato il ricorso dell'imputato, la Cassazione afferma che è necessario “accertare” le modalità con cui l'autorità francese aveva acquisito le conversazioni conservate nel server e poi trasmesse, in esecuzione dell'ordine europeo di indagine, al pubblico ministero italiano che le aveva richieste. Tale accertamento, opportunamente sollecitato dalla difesa con la richiesta di riesame, doveva, invece, essere effettuato perché, come chiarito dalla sopravvenuta pronuncia a Sezioni unite del 29 febbraio 2024, funzionale a stabilire le regole di acquisizione della messaggistica nel procedimento penale e, conseguentemente, i limiti della sua utilizzabilità ai fini della decisione cautelare. Mancando questo accertamento la procedura di utilizzabilità degli atti trasmessi con OIE deve ritenersi vessata, ed il provvedimento annullato Cass. sez. I, 3.04.2024 .